Traduci

giovedì 10 dicembre 2015

Aleppo, una Porta Santa aperta tra le macerie della guerra

Moalem Arabi school in Souk Mahali west Aleppo, shelled yesterday by the "moderate" terrorist rebels.
Oggi 29 martiri, tra cui 10 bambini, 
e più di 100 feriti 

Questa Porta sarà per noi la difesa dal male che vuole sopraffarci e segno della Provvidenza divina che ci assiste”.


S.I.R.  6 novembre 2015
di Daniele Rocchi

Il 13 dicembre nella città martire siriana, sotto assedio dal 2012, verrà aperta la Porta Santa nella parrocchia di san Francesco, colpita e danneggiata il 25 ottobre da un lancio di granate. Poteva essere una strage se l’ordigno fosse esploso all’interno invece che all’esterno. Nonostante ciò saranno centinaia i fedeli che l’attraverseranno. Il vicario apostolico di Aleppo, il francescano Georges Abou Khazen: “vinceremo questa guerra con la preghiera, la solidarietà tra di noi e con la misericordia”


Una Porta Santa tra le macerie di una guerra. Se la parola “misericordia” può avere ancora un senso in mezzo a centinaia di migliaia di morti e feriti, a milioni di sfollati e rifugiati, acquista un valore esemplare in una città come Aleppo, un tempo la più popolosa della Siria (4 milioni circa di abitanti) e sua capitale economica. Dal 2012 Aleppo è al centro di aspri combattimenti tra l’Esercito regolare del presidente Assad, i ribelli e i miliziani dello Stato Islamico (Isis). Per questo è stata definita la “Sarajevo del XXI secolo”. Prima dell’inizio delle ostilità, la comunità cristiana era formata da poco meno di 200mila membri. Oggi si sono dimezzati, attestandosi intorno ai 90mila, tutti concentrati nella parte di città in mano alle forze governative. La popolazione complessiva, invece, è scesa a circa 1,9 milioni di persone.

Porta chiusa al male… “Siamo senza acqua, senza energia elettrica e senza carburanti. Mancano i generi di prima necessità. Granate, bombe e razzi possono colpirci in ogni momento e in ogni luogo – racconta il vicario apostolico di Aleppo, il padre francescano Georges Abou Khazen –. Il 3 novembre l’esercito regolare ha ripreso il controllo della strada che porta in città e così sono ripresi anche i trasporti di viveri e rifornimenti. Ma non sappiamo quanto durerà”. Nonostante la gravità della situazione gli abitanti di Aleppo resistono. Resistono anche i cristiani la cui fede non appare scalfita dalle bombe, dalla violenza e dall’avanzata dell’Isis. “Sappiamo di essere tutti sotto tiro” riconosce il vicario.
Ad Aleppo tutti sono dei potenziali martiri, in modo particolare i cristiani, nel mirino anche per la loro fede che non vogliono abbandonare per nessuna ragione. Per loro celebrare l’Anno santo della Misericordia rappresenta un motivo ulteriore di speranza.
Non è un caso che la Porta Santa di Aleppo si trovi proprio nella parrocchia di san Francesco, nel quartiere di Aziziyeh, colpita alla fine di ottobre da una granata, sparata dai ribelli, che fortunatamente è esplosa prima di sfondare il tetto, squarciando la cupola, ma ferendo solo sette persone in maniera non grave. Quella di san Francesco è l’unica chiesa della zona ad essere ancora agibile, un rifugio per molti fedeli. Delle 30 chiese attive ad Aleppo prima delle ostilità, oggi metà sono distrutte o inaccessibili. Una Porta Santa aperta tra le macerie di una chiesa che non vuole piegarsi al male e alla disperazione. “La vita della comunità cerca di proseguire in una parvenza di normalità – dice padre George – abbiamo aperto le scuole, gli scout, l’oratorio, il catechismo. Il numero dei ragazzi è molto diminuito ma continuiamo ad andare avanti per dare loro sostegno psicologico.
         Nonostante i rischi. Questa guerra la vinceremo con la preghiera, la carità, la solidarietà tra di noi e con la misericordia”.
 …e aperta al bene. “Il prossimo 13 dicembre apriremo la Porta Santa del Giubileo nella nostra Chiesa – annuncia il Vicario – ma altre due porte saranno spalancate a Damasco e a Latakia. Che la misericordia di Dio avvolga il nostro Paese. Siamo chiamati a far conoscere a tutti l’amore del Padre e ad avere misericordia gli uni degli altri. Questa Porta sarà per noi la difesa dal male che vuole sopraffarci e segno della Provvidenza divina che ci assiste”. Da questa porta passa il messaggio di Aleppo al mondo: “il Signore ci dona la sua misericordia. Egli ci accetta così come siamo, con tutte le nostre debolezze morali e materiali. Dio ci insegna ad avere misericordia verso il prossimo. Che questo Giubileo apra il cuore dell’uomo al pentimento, al perdono e all’accoglienza dell’altro desiderando per lui quello che vogliamo per noi stessi”.
Un messaggio e  la sfida. “La guerra in Siria – afferma padre George – ha deteriorato i rapporti di convivenza e i legami un tempo forti che esistevano tra cristiani, musulmani e le altre minoranze. La paura adesso è perdere del tutto la fiducia reciproca. L’Anno della Misericordia deve servire ai cristiani per ricostruire quelle tessere di convivenza e di amicizia che componevano il ricco mosaico siriano composto da 23 diversi gruppi etnici e religiosi. La misericordia può essere il collante giusto per riconciliare il Paese”. Ma serve uscire dalla guerra e, riconosce il Vicario, “questo purtroppo non dipende dai siriani ma dalle Grandi Potenze che decidono la nostra sorte.
Il conflitto ci è imposto da potenze straniere. A queste dico: lasciate dialogare i siriani che sanno cosa vogliono.   Non lo sanno invece gli Usa, l’Ue, l’Arabia Saudita, il Qatar, la Francia e altri paesi che perseguono solo i loro interessi particolari”.http://agensir.it/mondo/2015/11/06/aleppo-una-porta-santa-aperta-tra-le-macerie-della-guerra/

martedì 8 dicembre 2015

Padre Daniel: Il mondo determinerà il destino della Siria, ma la Siria alla fine determinerà il destino del mondo.


Lettera di Padre Daniel
Qara,  venerdì 4 Dicembre 2015

Popolo di Pace
Dal Mercoledì al Sabato (25-28 novembre 2015) la Delegazione di Pace Internazionale, guidata da Mairead Maguire, vincitrice del premio Nobel per la Pace, alloggiava nel nostro monastero. Questo viaggio e soggiorno è stato preparato e organizzato da Madre Agnès-Mariam. Giovedi mattina ho celebrato la messa insieme con padre Timothy e padre Andrew, in cui padre Timothy ha predicato con umorismo inglese. Dopo la colazione siamo partiti con il gruppo verso Qara, dove siamo stati ricevuti dal governatore, dal sindaco e tutto il suo staff presso il municipio. Da lì siamo andati alla moschea centrale, che un tempo era la Chiesa di San Nicola, costruita sopra un tempio pagano, dove ci siamo seduti sul tappeto pregando alcuni momenti insieme in silenzio per la pace.

Poi abbiamo visitato la chiesa di S. Michele del nostro sacerdote bizantino cattolico Abouna Georges e anche la chiesetta ortodossa del 5 ° secolo. Naturalmente abbiamo anche qui pregato insieme per la pace. Il messaggio era ovunque lo stesso: i Siriani di diverse origini e fede sono e rimangono una sola famiglia. Lo hanno ripetutamente presentato in tal modo: “la Siria è stata e rimane per sempre la nostra madre, che si prende cura di tutti i suoi figli”. Le potenze straniere sono urgentemente invitate a smettere di mentire sulla Siria, e a smettere di sostenere i terroristi e a garantire che la sovranità del popolo siriano sia rispettata. Da lì il gruppo è andato a Homs per incontrare il popolo e il governatore. Non è mancata anche una visita alla tomba del padre gesuita olandese Frans Van der Lugt, che è stato assassinato dai terroristi. In serata siamo ritornati a Mar Yakub, dove abbiamo celebrato i vespri in modo molto solenne, perchè era la vigilia della festa del nostro patrono: Giacomo il Mutilato. Infatti, abbiamo fatto una processione di candele con l'icona di San Giacomo, la benedizione del pane e del vino e la benedizione con l'olio santo (leggi la sua affascinante storia di vita : http://www.maryakub.net/english/-in-syria-our-community/saintJames, o nella versione francese). Poi un pasto di festa, con uno schizzo sulla transizione dall’ armonia alla guerra in Siria e con una fine di pace. Una bella serata che si è conclusa serenamente.

In giro con il patriarca
Venerdì mattina, quando il gruppo era sul punto di partire, è arrivato all’improviso il Patriarca Gregorio III Laham con il suo autista e il suo segretario. Un momento particolare. Infatti, da sei anni il Patriarca non era più stato al monastero di Mar Yakub e adesso è arrivato specialmente per la festa del nostro Santo Patrono, il santo della unità della Chiesa, al momento in cui un gruppo internazionale è presente. Cosi siamo andati tutti insieme nella chiesa per pregare e cantare in questo giorno di festa di San Giacomo il Mutilato. 
Dopo una tazza di caffè, siamo partiti per la città costiera di Tartous passando per la citta di Homs. Veramente una giornata molto intensa. Lungo la strada abbiamo guardato con nostalgia e dolore i villaggi come Qusseir, dove i ribelli hanno seminato tanta morte e distruzione. Lungo il percorso, però, non c'erano tanti segni visibili dell’ orrore e della distruzione. Avvicinandosi alla costa, abbiamo visto sempre più serre e anche campi agricoli estesi. Qui i contadini hanno grande sistemi di irrigazione per la presenza di tanta acqua. Quando finalmente siamo arrivati ​​in Tartous, una folla ci stava aspettando con le bandiere siriane e foto del presidente Assad. Il Patriarca insieme con Madre Agnès-Mariam hanno qui inaugurato il terzo "hospitainer" (ospedale mobile) destinato ad Idlib, che si trova nell'estremo nord del Paese. Una piccola cerimonia è stata improvvisata dai notabili per accogliere il nostro gruppo e poi sono stati distribuiti alimentari e altri beni ai bisognosi e noi abbiamo visitato i magazzini di forniture di soccorso. Tutti i membri del nostro gruppo hanno ricevuto un pacchetto di cioccolato che poco dopo è stato regalato spontaneamente ai bambini. In Tartous abbiamo visitato molti altri luoghi. Dapprima siamo andato al centro della Forza di Difesa Nazionale, dove abbiamo pregato per i martiri. Si tratta di volontari, una sorta di paramilitari che hanno dato la vita per loro popolo. Le loro foto sono state montate su una parete lunga, una fila infinita. Poi abbiamo visitato la moschea che è dedicato alla Madonna, che è un “unicum”. Siamo stati accolti da alcuni imam e cosi abbiamo pregato un momento insieme. Un imam ha cantato la famosa “sura” di Maria nel Corano, e insieme con il patriarca abbiamo recitato il Padre Nostro e l'Ave Maria. Sembrava che la Madonna di Fatima (questo villaggio portoghese è stato chiamato come la figlia di Maometto) ci suggeriva che proprio Lei prenderà personalmente cura della conversione dei musulmani, se solo noi la chiediamo personalmente a Lei! Poi siamo stati ricevuti dal Ministro per gli Affari Religiosi e dal Governatore di Tartous. L'incontro tra il Patriarca e il Ministro era cordiale, il loro discorso era molto amicale. Il gruppo ha mangiato in fretta insieme con il Patriarca, il Ministro e il Governatore. In seguito, il Patriaca è partito per essere a casa prima della caduta delle tenebre. Poi il gruppo è andato verso una grande piazza accanto ad un ospedale, dove sono stati onorati i martiri della recente liberazione dell'aeroporto militare di Kuweiris (Aleppo). E' stato un evento molto emozionante. Nel frattempo una grande folla si era radunata qui. Le famiglie portanvano grandi immagini dei loro soldati uccisi, alcuni dei quali molto giovani. Donne, madri e bambini piangevano forte quando le bare, avvolte nella bandiera siriana, venivano portate fuori dal container, sostenute da tanta gente . Proprio qui abbiamo veramente sentito l’unità del ​​popolo Siriano intorno a suoi eroi e abbiamo anche vissuto il grande rispetto per i loro martiri. Qui ci siamo resi conto – come abbiamo già ripetuto tante volte - che in Siria ci sono solo due gruppi : l'esercito con il popolo siriano e i terroristi con loro sostengo straniero e le loro menzogne di una guerra civile. 

Un bambino di quattro anni si è fatto avanti e portando solennemente il saluto dei soldati, ha declamato con voce chiara un omaggio a suo padre e a tutti i soldati uccisi: "mabrouk, maboruk, congratulazioni, congratulazioni, voi non siete morti, ma vivete con Dio!".

Dopo aver lasciato Tartous, siamo ritornati a Homs e ricevuti da Padre Michel, un sacerdote Syro-cattolico, uno dei fondatori del movimento della riconciliazione. Entrando in Homs , avevamo già notato le terribili devastazioni degli edifici. Padre Michel e il suo gruppo hanno raccontando come hanno vissuto e sopravvissuto all’assedio drammatico dei terroristi che è durato 2 anni e mezzo. Dopo Padre Pierre-Michel, un sheik ha preso la parola e ha detto: “Noi vogliamo esprimere la nostra solidarietà con la sofferenza del popolo francese per gli attentati in Parigi, ma non verso il governo francese che prende anche parte qui alle distruzioni e devastazioni di nostro paese.”

Un comunicato stampa
I diversi membri del gruppo stanno pensando come contribuire nel modo più efficace possibile per ottenere la pace in Siria. Il sacerdote anglicano di Winchester, che è consigliere per gli affari interreligiosi, andrà alll'arcivescovo di Canterbury per ottenere una forte disapprovazione dei piani britannici per un intervento militare in Siria. A differenza del nostro paese (Belgio), il governo e il popolo britannico invece danno ascolto all'arcivescovo di Canterbury. Speriamo che abbia un certo effetto. Da Maaloula lanceranno anche un appello insieme con i bambini che continuano a chiedere di fermare i bombardamenti del popolo e del paese della Siria.
A Damasco, il gruppo ha dato una conferenza di stampa il 30/11/2015 per politici e giornalisti con i seguenti contenuti: “Rispettate la sovranità del paese e il popolo siriano; Smettete con tutte le vostre interferenze nel nostro paese e smettete di inviare e sostenere gruppi armati; Fermate le menzogne su quello che sta succedendo qui in Siria; Revocate le sanzioni ingiuste contro il popolo; Aiutate le masse di profughi siriani in Siria stessa.”. Hanno chiesto alle comunità di fede di prendere una posizione ferma contro ogni forma di violenza. La comunicazione si conclude con una parola di ringraziamento al Patriarca Gregorios III, al Gran Mufti Ahmad Badreddin Hassoune, a Madre Agnès-Mariam e al Sheik Sharif Martini.
Noi auguriamo e speriamo che il loro appello sarà seguito.

Con affetto, Padre Daniel

   (traduzione A Wilking)





NOBEL PEACE LAUREATE, MAIREAD MAGUIRE CALLS FOR PEACEFUL NONVIOLENT RESISTENCE TO UNITED KINGDOM AIR STRIKES AGAINST SYRIA.
On 2nd December, 2015 the United Kingdom Parliament voted to bomb Syria and the world watched as British planes, equipped with the latest bombs aptly named ‘Brimstone’ are dropped on Syrian targets and country. The excuse given for this madness of fear politics and war hysteria, is allegedly to stop Daesh (ISIL). Daesh is the name of Islamic fighters whose fundamentalist religious and political ideology allows for the killing and murder of opponents, and to date they have tragically murdered many people. These Islamic fundamentalist fighters do not represent true Islam or the Syrian people and its duly elected President Assad and Government,(7o% voted for their President ) currently trying to hold Syria together. These DAESH (ISIS) fighters are carrying out criminal acts and must of course be stopped by all legal means. But you cannot stop fire with fire, and bomb an ‘idea’ as for every bomb dropped another ten fighters will be created, as every act has it consequence, and violence begets violence.
The Syrian Government has not declared war on the UK or any outside Government, the question to be asked is ‘Why are the UK/NATO/USA Israel and the Coalition instead of working for a diplomatic peaceful solution to the Syrian crisis, putting their forces and energy into Regime Change in Syria? ‘We have already witnessed this madness of militarism and war in Afghanistan, Iraq, Libya, and now it is the turn of Syria to get destroyed for Geo/Political power and domination in the Middle East.
Having returned from my third visit to Syria, the message from the Syrian people is, they do not want outside military interference in their country, they want through peace and reconciliation to stop all violence and build a just and peaceful Syria, and they are already doing this themselves.
The Grand Mufti of Syria, Dr.. Hassoun, has appealed to the UK and to the outside World (he has been refused visa by the British Government for five years now) He told our peace delegation to Syria in December ‘ People of Syria want peace, I am willing to come to London to the British Parliament and people , to go anywhere, to tell the true story of what is happening in Syria and to call for no war, but peace.’ Let the West give the real Peace Moderate voices of Syria a hearing and stop the War against Syria.In the meantime we can all do something for Peace for Syria and peace in the Middle East by saying NO to militarism and war, and yes to peace and a political solution to this crisis.

domenica 6 dicembre 2015

"L’Isis non si sconfigge con i raid": Patriarca Younan. Magari non schierarsi con i suoi finanzieri e strateghi ...


AGGIORNAMENTO 7 DICEMBRE: LA GUERRA MONDIALE INCOMBE, PREGHIAMO!
La coalizione guidata dagli Usa bombarda un campo dell’esercito siriano      http://www.asianews.it/index.php?art=36073&l=it
La Siria dichiara di essere pronta ad abbattere gli aerei NATO che violino la sua  sovranità 
 http://m.sputniknews.com/columnists/20151206/1031325664/syria-nato-planes-cunningham.html#ixzz3tYHI5QIN



Il patriarca della Chiesa siro-cattolica Mar Ignace Youssif III Younan 
di Rafic Greiche
direttore de “Le Messager” organo di stampa della Chiesa cattolica in Egitto e portavoce della Chiesa cattolica egiziana
Il capo della Chiesa siro-cattolica, Mar Ignace Youssif III Younan, accusa i governi dell’Ovest di mantenere un “conflitto infinito in Siria” per una volontà egemonica. I terroristi che usano l’islam come pretesto per la violenza “sono già infiltrati in Europa, sostenuti dai soldi di Arabia Saudita e Paesi del Golfo sotto la supervisione dei governi occidentali”. Papa Francesco “vero difensore della giustizia, è pieno di dolore per quanto sta accadendo in Siria e Iraq”.

AsiaNews, novembre 2015

Beatitudine, qual è la situazione dei siriani, e in modo particolare dei cristiani?
Al momento la situazione in Iraq e Siria è drammatica, e tutto il popolo siriano vive nel dolore. Noi, come pastori, dobbiamo essere vicini al nostro popolo e aiutarli al massimo delle nostre possibilità. I siro-cattolici (così come le altre chiese tipo i caldei, gli assiri e i siro-ortodossi) hanno vissuto per secoli nella parte orientale della Siria, nei pressi del fiume Rafi Din. Ma non ci eravamo mai spostati nella parte occidentale o in Libano come in questi giorni. La nostra presenza andava anzi verso Iran, Afghanistan e India. Le colline afghane note come Tora Bora prendono il nome da un termine siriano che significa ‘le colline più scure’.
Oggi siamo intrappolati in una situazione terribile: sciiti e sunniti, problemi settari ed etnici, gang criminali chiamate Isis e altri gruppi terroristici che usano l’islam come un pretesto per “purificare” in nome della religione le aree sotto il loro controllo, e studiosi musulmani che ci dicono che l’islam è estraneo a questi fatti.
Noi cristiani non siamo in grado di vivere in questo caos che produce milizie, bande armate, gruppi terroristi e partiti islamici. Ma quando manteniamo una posizione ferma contro questi fenomeni, allora l’Occidente ci accusa di essere dittatoriali. Eppure nella storia non importa se vi è un califfo, un re, un emiro, un principe o un presidente della Repubblica; almeno fino a quando questi garantisce pace e sicurezza alle minoranze.
Quando il caos è scoppiato, dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003 fino a oggi, abbiamo capito l’orrore di questa situazione. Le democrazie occidentali che hanno cospirato contro la Siria hanno prodotto la distruzione dell’infrastruttura della nazione, la demolizione di case, città, villaggi, monumenti e siti archeologici. Questo è il risultato di una politica non saggia e di una cospirazione, con il pretesto di portare la democrazia nella regione.
Le nostre nazioni non accettano con facilità la democrazia perché non esiste una reale separazione della religione dallo Stato. Le minoranze implorano per avere una rappresentanza davanti alla maggioranza musulmana, e si sentono come immigrati in terra straniera. Noi cristiani siamo in queste terre da migliaia di anni, molto prima dell’islam. I politici dell’Occidente – e in particolare quelli di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia – sono in favore di un conflitto senza fine in Siria e Iraq. Questo ha prodotto gruppi di terroristi e di ‘takfiriin’ [coloro che condannano gli altri per apostasia-ndr] e i media occidentali rimangono in silenzio, in modo complice e codardo. Non si tratta di difendere la verità e la giustizia: si inginocchiano davanti a chi paga e restano zitti.
Tutti i patriarchi orientali, me compreso, hanno parlato con chiarezza all’Occidente sin dall’inizio: “State attenti, la situazione della Siria non è come quella egiziana, tunisina o libica. È molto più complessa, e un conflitto creerà soltanto caos e guerra civile”. Non hanno ascoltato e hanno risposto: “No, il regime degli Assad cadrà in pochi mesi”. Cosa che non è accaduta, come avevo predetto. E cinque anni dopo un popolo innocente, e in modo particolare i cristiani, non trova più nessuno per sostenerlo. L’Occidente ci ha traditi.

Come legge la questione del flusso di migranti verso l’Europa?
Più di due mesi fa, il mondo si commosse davanti alla fotografia del piccolo Aylan, morto sulle coste turche con la sorella e la madre. Ma i governi occidentali hanno un’altra agenda, in particolare la Turchia che ha cambiato la sua politica nei confronti dei migranti quando ha capito che le Nazioni Unite e l’Unione Europea non l’avrebbero aiutata in modo sufficiente. E quando la signora Merkel ha annunciato che la Germania avrebbe accettato 800mila migranti.
In questo modo il flusso di migranti è aumentato, così come sono aumentati coloro che viaggiano con documenti falsi o in altri modi illegali per raggiungere la Germania o le altre nazioni europee. Non si tratta soltanto di siriani: sono aumentati anche coloro che provengono da altre nazioni.
Oggi le varie parti del mondo sono divenute molto più vicine le une alle altre. Non si può pensare di sconfiggere Daesh con i raid aerei: questa è una grande bugia. Perché i loro sostenitori sono infiltrati nella popolazione, dove sono finanziati e ottengono armi e indottrinamento religioso. Per anni questi gruppi terroristici sono stati foraggiati dall’Arabia Saudita e dalle Nazioni del Golfo sotto la supervisione dell’Occidente.
Ora i siriani chiedono alla Russia di intervenire, sulla base di un accordo di coordinamento militare. Il governo siriano è il governo legittimo, riconosciuto dalle Nazioni Unite. Dobbiamo essere pratici: soltanto l’1% dei cittadini iracheni è ormai di religione cristiana. Se scappano anche questi, la nostra presenza svanirà. Non abbiamo bisogno di parole ma di atti.
..........


La Turchia, l'Occidente e il petrolio dell'ISIS 

footage contrabbando del petrolio siriano in Turchia 
Piccole Note, 3 dicembre 2015

La Turchia fa affari con l’Isis. Un’accusa devastante, relativamente offuscata nei media dalla strage avvenuta ieri in California (14 morti in un centro disabili), ma che pure è riuscita a filtrare e a imporsi su altre.
Un’accusa comprovata da immagini satellitari e aeree di migliaia di camion che attraversano indisturbati la frontiera turca provenienti dalla Siria. «Le foto e le prove presentate da Mosca inchiodano la Turchia», scrive Nicola Lombradozzi sulla Repubblica di oggi.

Un affare di famiglia,  accusano i russi, dal momento che il figlio di Erdogan è «a capo della più grande compagnia energetica del Paese» e suo genero è «stato nominato ministro dell’Energia», come ha spiegato ieri il vice-ministro della Difesa russo Anatoli Antonov.
Da tempo tali circostanze erano note. Cenni e notizie rimbalzavano da giornale in giornale e convergevano in questa direzione. Un segreto noto, che ieri è stato disvelato in tutta la sua drammaticità a tutto il mondo.
Intervistato da Lettera 43, anche l’ex amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni ha affermato: «Le accuse di Mosca a Erdogan, figlio e genero sono tutte da dimostrare, ma sul fatto che la Turchia chiuda un occhio su migliaia e migliaia di barili di petrolio che ogni giorno passano la frontiera con la Siria e che sono raffinati negli stabilimenti turchi non c’è il minimo dubbio. E non da oggi».

Al di là delle cautele del caso sulla famiglia presidenziale, le parole di Scaroni sono pesanti. Né è possibile che i figli di Erdogan, per i posti che occupano, possano ignorare i traffici che avvengono nel territorio anatolico, dal momento che i porti nei quali viene smerciato il petrolio “Made in Isis” sono quelli che smerciano il petrolio prodotto in Turchia.

Non solo petrolio: ieri Mosca ha anche spiegato come dalla frontiera turca passano armi e rifornimenti per l’Isis, che in territorio turco esistono campi di addestramento per miliziani e che solo nell’ultima settimana da qui sono arrivati in Siria 2000 combattenti. Anche in questo caso si parla di fatti notori: basti pensare a tutti i foreign fighters europei che, secondo le cronache dei giornali, per raggiungere la Siria sono passati dalla Turchia.

Insomma, quel che è stato disvelato ieri da Mosca non è che il segreto di Pulcinella, noto a tutte le cancellerie occidentali, eppure obliato in nome dell’appartenenza di Ankara all’Alleanza Atlantica. Una omertà dovuta anche alla paura che questa sveli gli acquirenti finali di questo traffico. Già, perchè qualcuno questo petrolio lo deve pur comprare dai turchi. Lasciamo all’intelligenza dei lettori provare a indovinare dove va a finire…

Tutto questo sarebbe, tra l’altro, materia di indagine da parte delle varie magistrature delle nazioni europee verso le quali sono rivolte le minacce dell’Isis e dove i suoi agenti hanno versato sangue innocente.   Magistrature solerti a indagare su tangenti e altro, ma stranamente inerti di fronte a crimini tanto più gravi.

Così il vero scandalo che si sta consumando in questi giorni non riguarda tanto la Turchia, ma quel che sta avvenendo in Occidente. Che ha scelto di schierarsi con chi sta lucrando grazie all’Isis piuttosto che con chi lo sta combattendo.
Una scelta devastante per quella che viene chiamata, ormai solo nei proclami dall’Isis e di quanti a parole dicono di volerla contrastare, civiltà occidentale. Deriva tragica, foriera di ulteriori tragedie.

venerdì 4 dicembre 2015

Avvento 2015 ad Aleppo: da 5 anni sotto le bombe...

Aleppo si svuota ogni giorno un po' di più dei suoi abitanti:  lettera di Suor Marguerite Slim


Aleppo, 18 novembre 2015

Cari benefattori,
Orrore e speranza convivono nel nostro mondo. Ora è il vostro turno di essere colpiti e, avendolo vissuta, noi conosciamo la misura della vostra sofferenza. Condividiamo il vostro dolore, piangiamo la perdita di tanti giovani. Preghiamo per tutte le vittime e le loro famiglie, e anche per gli autori di tali orrori.

Nonostante questo contesto, vorremmo dire un grande ringraziamento insieme con la comunità di Azzizié, per avere ancora una volta risposto alla nostra chiamata, che ci aiuta a continuare a fornire assistenza nelle migliori condizioni possibili ai malati e ai feriti di guerra che riceviamo.  Non abbiamo mai dubitato della vostra generosità, ma ancora una volta siamo stati colpiti per la vostra vicinanza e il vostro affetto a questa missione, che è opera di Dio.  A tutti e a ciascuno individualmente, assicuriamo la nostra preghiera chiedendo al Signore di donarvi per la misura del vostro cuore e che porti a compimento tutti i vostri progetti.

Che cosa dirvi della nostra vita quotidiana e della vita della gente?
Le carenze continuano .... L'acqua è sempre razionata, per fortuna ci sono pozzi in chiese o moschee per raccogliere l'acqua quando i tagli sono troppo lunghi, e da 25 giorni non abbiamo avuto neanche un'ora di elettricità al giorno. (Normalmente, quando le cose vanno bene abbiamo un'ora al giorno!)

La strada principale che porta ad Aleppo è stata chiusa per due settimane dai ribelli ... E' stata riaperta dall'esercito siriano negli ultimi giorni, il che ha permesso di far arrivare cibo, gasolio, benzina e medicinali ... ma purtroppo a prezzi esorbitanti. L'apertura della strada ha anche permesso l'arrivo dell' UPS che abbiamo aspettato a lungo.  In questo momento gli ingegneri stanno cercando di montarlo.

Nonostante l'ottimismo della popolazione da quando sono iniziati i bombardamenti della Russia sui ribelli, nulla è cambiato nella vita quotidiana, così che la gente continua a lasciare il paese.  Molti dei nostri medici specialisti, dei nostri interni, dei nostri tecnici medici così come il piccolo personale di servizio lasciano o si stanno preparando a partire ....  Aleppo si svuota ogni giorno un po' di più dei suoi abitanti!

In un quadro così, per la grazia di Dio noi perseveriamo e resistiamo con la nostra presenza e la nostra testimonianza di vita!

Insieme, continuiamo a pregare nella fiducia che il Signore viene a visitarci e che Egli ci donerà la Pace, nella giustizia e nella verità.

Suor Marguerite Slim
Responsabile e Direttore dell'Ospedale St. Louis, Aleppo

(L’Œuvre d’Orient ha finanziato il generatore che alimenta il nuovo scanner dell'ospedale per superare le numerose interruzioni di corrente).
  

4 dicembre: san Giovanni Damasceno, dottore della Chiesa
nacque a Damasco in Siria, nel 676 circa.
Qui la Catechesi di Papa Benedetto su questo santo:
http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2009/documents/hf_ben-xvi_aud_20090506.html

"Questo è il quinto anno che celebriamo il Natale sotto le bombe" Arcivescovo Jeanbart


Natale 2015

Cari amici,
ecco, da cinque anni si celebra la festa della Natività sotto le bombe.  
Non so se molti tra voi hanno potuto vivere questa esperienza tanto triste e deprimente? Ma devo assicurarvi, è doloroso dover passare questi bei giorni, tanto attesi ogni anno, nel bisogno e nella insicurezza, senza acqua o elettricità e inoltre tagliati fuori dal mondo per un severo e ben stretto embargo . Un motivo in più per me per uscire da questo recinto, anche solo qualche minuto per avere una boccata d'aria fresca e piacevole scrivendovi queste parole che vengono dal mio cuore e che vorrei riempire di tutto l'affetto che nutro per voi!

Devo dire, ho avuto una grande pena nel conoscere la grande disgrazia che ha colpito i nostri fratelli innocenti in Francia e chiedo al Signore di risparmiare all'Europa questa prova infernale; l'esperienza che viviamo qui, a causa dei terroristi, è terribile per non dire amara e insopportabile. Non la auguriamo a nessuno, nemmeno ai nostri nemici, sono sempre gli innocenti che pagano. Dio onnipotente abbia misericordia di noi tutti, e faccia regnare l'amicizia tra gli uomini, la pietà nei cuori e la pace tra i popoli della terra.

Nonostante tutto, noi continuiamo in questa situazione più difficile che mai ad affrontare la tempesta che colpisce i nostri poveri fedeli, ridotti all'indigenza e direi anche alla miseria.  Facciamo tutto il possibile per sostenerli e aiutarli in questa avversità che li colpisce senza pietà. Ci sforziamo di stare al loro fianco per alleviare le loro sofferenze e dare loro coraggio. I nostri programmi di aiuto umanitario vanno avanti. Oltre alle sovvenzioni finanziarie, offriamo a migliaia di persone borse di studio, cure mediche e cesti di viveri e prodotti sanitari.  Abbiamo lanciato quest'anno un servizio di fornitura di acqua nelle case e per molte famiglie disagiate siamo riusciti ad installare trecento serbatoi da 500 litri che consentono loro di avere una fornitura di acqua disponibile e in più un team di giovani è stato incaricato di rifornire con acqua potabile a casa i più vecchi. Molte famiglie povere possono simultaneamente essere collegate ai circuiti dei generatori che distribuiscono energia elettrica agli iscritti.  Abbiamo appena lanciato poco tempo fa un centro di formazione professionale per i mestieri dell'edilizia e di impresa di restauro di molte case danneggiate a causa dei bombardamenti. Mille famiglie hanno beneficiato quest'anno di aiuto per acquistare il gasolio per scaldarsi. 
Se dovessi continuare l'elenco sarebbe lungo, quindi preferisco fermarmi qui a dire che è grazie a voi e alla generosità dei benefattori, il mio staff ed io non eravamo in grado di fare tutto ciò che è stato fatto per alleviare le sofferenze di migliaia di cristiani presi in ostaggio in casa propria .

In questi giorni benedetti, sicuramente penseremo a voi e alla bontà che avete dimostrato verso di noi continuamente in questo momento di grande prova. 
Con tutto il cuore vi auguriamo un Buon Natale e un buon Anno 2016 pieno di salute e di gioia serena! 

+ Jean-Clément JEANBART " 


    (traduzioni OpS)

mercoledì 2 dicembre 2015

Profughi in Grecia, cento bambini annegati nell'ultimo mese: l'esperienza di un frate della Custodia di Terra Santa

Terrasanta.net
di Carlo Giorgi | novembre 2015
«Sono annegati almeno cento bambini solo nell’ultimo mese, nel tratto di mare che separa Kos e Rodi dalla Turchia! Quella dei profughi è una moltitudine che non si ferma! E il guaio è che non abbiamo i mezzi per aiutarli, sta iniziando a far freddo e il mare è sempre più agitato…».
A lanciare l’allarme è fra Luke Gregory, sacerdote della Custodia di Terra Santa a cui sono affidate le parrocchie cattoliche di rito latino di Rodi e Kos, isole greche del Dodecaneso affacciate alla costa turca. In particolare, Kos dista solo dieci chilometri dalla città di Bodrum ed è diventata, per questo motivo, la «porta» d’ingresso per l’Europa preferita dai profughi che transitano in Turchia. Proprio sulla spiaggia di Bodrum, ai primi di settembre, è stata scattata una foto divenuta tristemente famosa: un bimbo annegato, di al massimo tre anni, con il viso piantato nella sabbia. Quel bimbo stava andando proprio a Kos assieme alla sua famiglia e ad altri disperati.

I profughi giungono sull’isola greca a bordo di gommoni a motore spesso privi di scafista. Chi organizza il traffico affida il timone a uno dei passeggeri, gli indica la rotta e lo fa partire. Sono imbarcazioni capaci di portare al massimo 15 persone, su cui però ne vengono imbarcate almeno 30: bambini e donne al centro, uomini sui bordi. Ognuno paga mille euro per salire. Il gommone parte stracarico, se c’è un’onda un po’ più alta, imbarca acqua facilmente; le persone sono prese dal panico perché molte non sanno nuotare. Accade che il gommone si ribalti, con le conseguenze più tragiche.
«Difficile immaginare quanti siano in Turchia, pronti a imbarcarsi per Kos – racconta fra Luke –, di certo qui ne arrivano in continuazione anche se siamo a novembre. Rimangono al massimo due settimane, il tempo di farsi schedare dalla polizia, ricevere un permesso di soggiorno di sei mesi ed essere portati, a bordo di grandi navi, ad Atene. Il sogno di tutti è raggiungere la Germania».
L’isola di Kos, località turistica rinomata, oggi è irriconoscibile: «Al porto si sente parlare solo arabo – commenta il frate minore – e lungo le mura della città vecchia, vicino al porto, le strade sono un succedersi di centinaia di tende da campeggio che ospitano profughi provenienti prevalentemente dalla Siria, ma anche dall’Afghanistan e dall’Iraq. Quasi tutti sono musulmani. Le tende sono state montate solo da poche settimane, prima dormivano tutti all’addiaccio. Non ha ancora iniziato a piovere: qui quando piove, va avanti per ore senza tregua… La situazione può peggiorare molto soprattutto per i bambini, che patiscono di più. I parrocchiani della chiesa di Kos stanno facendo un’opera meravigliosa per aiutarli. In particolare la comunità degli immigrati filippini, che aiuta la Caritas locale, si sta dando molto da fare per portare cibo e vestiti a tutti».

A Rodi, più lontana dalla coste turche, oggi i rifugiati sono circa 200. Li hanno alloggiati nel vecchio mattatoio italiano, costruito oltre settant’anni fa e da lungo tempo inutilizzato. «È una sistemazione povera – racconta fra Luke –, ma almeno hanno un tetto sulla testa. È difficile aiutarli perché anche i greci, pur facendo del loro meglio, sono essi stessi in difficoltà economiche: in parrocchia abbiamo un ufficio chiamato Food Bank, che ogni martedì consegna un pacco viveri alle famiglie povere. Ieri ne sono venute 34, tutte di greci. Nel pacco trovano riso, fagioli, lenticchie, latte in polvere, il necessario per tre, quattro giorni; il fatto è che, per aiutarli, non possiamo prelevare più di 420 euro a settimana, cerchiamo di dare il massimo aiuto con questi pochi soldi… qualche anno fa abbiamo piantato un orto nel giardino del convento, comprato galline e tacchini per aumentare un po’ il cibo a disposizione. In estate, il sindaco di Rodi ha chiesto a tutti gli alberghi di portare cibo ai profughi, a turno. Da parte mia, chiedevo ai turisti, durante la messa, di portarci cibo, dentifrici, sapone giochi e cioccolata per i bambini, che poi distribuivamo… Ora però i turisti non ci sono più e quasi tutti gli alberghi sono chiusi. Non riapriranno prima di aprile…».

domenica 29 novembre 2015

Avvento in Siria 2015: I Focolari e la condivisione del dolore

I bombardamenti a Damasco e in altre località siriane sono l'altra faccia della guerra sulla sponda opposta del Mediterraneo. La gente vuole la pace e si chiede chi invece continui a volere la guerra e a fornire armi al posto di cibo e farmaci


21-11-2015  Diario dalla Siria, a cura di Maddalena Maltese
fonte: Città Nuova

Mentre i colpi di mortaio stanno cadendo vicino a noi, la paura e la preoccupazione ci assalgono sia per la nostra vita che per quella di tutti quelli che conosciamo crisitiani o musulmani, siriani o stranieri: ci accomuna l'appartenenza all'umanità e l'essere tutti fratelli e sorelle. In queste vie di Damasco si vive e si muore insieme, senza distinzione alcuna.

Il bilancio del bombardamento è tragico: 9 morti e 52 feriti. Nessuno ne parla. Parigi ha per ora la ribalta. Ma questi sono i numeri della guerra dall'altra parte del Mediterraneo, sono i numeri di questa giornata. Non voglio fare somme che rendano ancora più raccapricciante quanto qui è per tutti una normale quotidianità. Appena il frastuono termina, perchè il rumore delle bombe è assordante, prendo il cellulare e chiamo tutti: "Stai bene? Dove sei? Non muoverti! Aspetta...". Queste sono le domande ricorrenti dopo ogni lancio di bombe o dopo i colpi sul quartiere. Ci raccomandiamo a vicenda di restare fermi nel posto che per ora ci ha dato rifugio e scampo e lì si resta perchè non si capisce dove andare.
L'ufficio, la cucina, l'androne diventano rifugi o tombe a seconda se le bombe ti hanno risparmiata o ti hanno centrata. Dentro di me le domande persistono, continue come un mantra: "Ma è normale vivere con questa agitazione? E' normale che la gente debba vivere sempre nella paura? Perchè l'altra parte del mondo tace? Fino quando dovrà durare questa assurdità? E' possibile che il potere, i soldi, gli interessi possono vincere sulla volontà di pace dei popoli e della gente semplice?

Aleppo all'inizio di novembre è rimasta per 15 giorni senza viveri e le strade di accesso erano chiuse. Le mine sono un altro dei lasciti di questa guerra. Prima di riaprire ogni via di transito, bisogna sempre sminarla. Un villaggio vicino Homs è stato preso di mira dall'Isis e ci sono circa tremila sfollati. La gente desidera che la guerra finisca e si fa tante domande: "Chi procura le armi a queste milizie crudeli? Perchè non arriva il cibo ma arrivano munizioni e ordigni bellici?".
Questi interrogativi ci lacerano, mentre la preghiera diventa il balsamo, la nostra roccia. La comunità cristiana cerca di vivere nella normalità, si incontra alle celebrazioni, lavora a tanti progetti di solidarietà, ma siamo in pochi.
Si parte inesorabilmente, si lascia una terra amata perchè non si vedono prospettive e tutto è costosissimo, dai farmaci ai cibi. Ma anche chi parte, desidera tornare: la vita è salva, ma non è la vita in Siria, non gli stessi rapporti, non gli stessi gusti, non la stessa complicità. Eppure non si è divisi. Si è sparsi, ma si continua a vivere tutti insieme per la stessa pace.

giovedì 26 novembre 2015

Senza patrie, senza difesa. Perché i cristiani sono carne da macello in un conflitto in cui non valgono nulla

La situazione dei Cattolici oggi in Siria

26 novembre: nostra Signora di Soufanieh 

Il FOGLIO , novembre 2015
di Maurizio Crippa

I cristiani sono il fianco debole delle nostre società. Quando c’è caos, tutti attaccano loro”. Sua Beatitudine Mar Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei maroniti del Libano, è un uomo pragmatico, la stoffa del buon politico. Bisogna partire da un aneddoto che ha raccontato qualche settimana fa, di passaggio a Milano, durante un rapido briefing organizzato dalla rivista Oasis. Un giorno andò da lui un personaggio importante, ha raccontato, un religioso sciita dell’Iraq: “Mi chiese cosa potevano fare per proteggere i cristiani. Io gli risposi che non accettavo la parola ‘proteggere’, perché i cristiani sono cittadini iracheni come tutti gli altri. Poi ribaltai la domanda: ‘Cosa fate voi per proteggere i cristiani? Perché li ammazzate mentre pregano e fate esplodere le chiese?’. E lui mi rispose, indicandomi il fianco: ‘I cristiani sono il fianco debole delle nostre società. Quando c’è caos, tutti attaccano loro’”.

La persecuzione sempre più cruenta dei cristiani nel medio oriente e in Africa ha la sua origine recente nell’islamismo fondamentalista, e una radice più profonda nell’islam in sé, che non riconosce altra religione oltre sé e non ha mai avuto una Nostra Aetate, una “dichiarazione” sulle relazioni con le altre religioni. E’ un dato che la chiesa cattolica, pur mantenendo con puntiglio e pazienza e i suoi distinguo teologici e storici, conosce e riconosce. Almeno da Ratisbona, almeno da quando anche Papa Francesco ha iniziato a dire che oggi i cristiani sono  perseguitati “più che nei primi secoli”. Béchara Boutros Raï, come dicesse un’ovvietà, spiegava che “nell’inconscio dei musulmani il giudaismo è stato completato e soppiantato dal cristianesimo e questo è stato completato e soppiantato dall’islam. Perciò il cristiano non è accettato come cristiano, è semplicemente un uomo che deve diventare musulmano e ancora non l’ha fatto”. E’ un concetto insito nell’islam. Anche quando, magari per secoli, resta dormiente e permette lunghe convivenze: come in Libano, in Siria. Ma Boutros Raï è un pragmatico, non dimentica il contesto storico e politico: i cristiani mediorientali, da sempre ma oggi ancora di più, sono perseguitati anche perché non contano nulla. Non hanno patria. Con realismo, ricordava che quando “Giovanni Paolo II convocò il Sinodo speciale dei vescovi per il Libano, prima di annunciarlo mandò una delegazione nel paese per parlare con i capi religiosi musulmani e informarli, ed evitare che questo venisse interpretato come un gesto di ostilità nei loro confronti”. La preparazione del Sinodo fu fatta “insieme ai musulmani”. Una condizione difficile, ma la condizione per cui “viviamo insieme da 1.400 anni” e che è l’essenza della cultura del medio oriente. Però oggi, dopo un’escalation di quasi un secolo, i cristiani sono divenuti pura carne da cannone per tutti i contendenti. E contano poco, come già in passato, per il cinismo delle nazioni occidentali, quelle “cristiane”. Il motivo è demografico, minoranza delle minoranze. Poi c’è un motivo politico-territoriale: i cristiani non hanno uno stato, né “terra in cambio di pace” da offrire. Non c’è nulla di loro di cui si debba tenere conto, in un conflitto che ha scatenato imperi regionali, o tra opposte visioni del mondo. Nemici di nessuno, sono tragicamente un comodo nemico per tutti. Avevano una certa vischiosa, costosa, influenza nell’Iraq di Saddam e Tareq Aziz, nella Siria di Assad, nella Libia di Gheddafi. Per i copti in Egitto, dopo lo spavento di Morsi e il tallone di Mubarak, forse ora si aprirà qualche spiraglio di agibilità politica quasi inesistente in passato. Per il resto, oggi i cristiani non hanno influenza, né potere.

Se si indagano con un po’ d’attenzione le motivazioni per cui due anni fa Francesco si espose così tanto contro l’intervento militare in Siria, ce n’è una nascosta, ma evidente, che supera il “pacifismo”: il timore che la guerra avrebbe provocato la caduta definitiva delle chiese di Siria, le più antiche della cristianità. Il vuoto storico che ne sarebbe derivato sarebbe stato incolmabile. L’arcivescovo metropolita di Aleppo, Jean-Clément Jeanbart, ha dichiarato giorni fa ad Asianews: “Aleppo è la più antica città del mondo e Damasco la più antica capitale del mondo. Per secoli vi hanno pacificamente convissuto non solo gli appartenenti alle tre religioni monoteiste, ma fino a quindici culture, etnie e popoli diversi”. Ma ora, nella guerra – o senza la protezione-alleanza di Assad – la nobile storia di Aleppo non ha valore di scambio, né corso legale nei futuri assetti. Da qui anche la linea diplomatica di lunghissima durata della Santa Sede – bisogna risalire al tempo del Protettorato britannico e oltre – tesa a garantire condizioni minime di sopravvivenza nel solco di uno status quo imperfetto, ma di millenario equilibrio. Oggi resta poco più che “l’ecumensismo del sangue” di Bergoglio. E resta la definizione di una dottrina di difesa della libertà religiosa e dei diritti umani ancorata a una visione onusiana della gestione dei conflitti. La scorsa primavera, l’osservatore della Santa Sede all’Onu, a Ginevra, monsignor Silvano Tomasi, aveva ricordato che l’intervento armato difensivo è “una dottrina sviluppata sia nell’ambito delle Nazioni Unite che nell’insegnamento sociale della chiesa cattolica”. Ma tutto questo non basta a conferire uno status politico ai cristiani in quelle terre, né basta a chiarire il motivo della loro “indifendibile” condizione storica.

In un’intervista al Foglio dello scorso aprile, la storica Bat Ye’or osservava che la vulnerabilità dei cristiani deriva dall’aver scelto, per “disperato tentativo”, di sostenere nei decenni scorsi il potere islamico “che li avrebbe poi distrutti”. E notava che “Inghilterra e Francia” – si parla di tempi remoti – “hanno diviso l’identità cristiana persuadendo i cristiani che erano arabi e che dovevano militare con i musulmani per formare una nuova ideologia: il nazionalismo arabo”. Si può obiettare sul fatto che i cristiani del medio oriente siano, in effetti, in grande parte arabi. Ma il problema posto da Bat Ye’or è quanto pesi – come risvolto geopolitico e moderno, per così dire – la “dhimmitudine”, la condizione giuridicamente servile e separata vissuta dai cristiani nel mondo islamico per secoli. Ma la condizione di senza patria e rango politico non è, nella storia, un’esclusiva dei cristiani mediorientali. Con tutte le cautele storiche del caso, si può affermare che è quanto capitato per secoli agli ebrei all’interno degli stati e imperi cristiani d’Europa.

La storica invitava anche a tenere in considerazione che le potenze occidentali “Francia, Inghilterra e America” già dopo la Prima guerra mondiale rifiutarono di assumere come priorità la protezione dei cristiani, tracciando in questo modo il solco di una irrilevanza ancora maggiore di quella che la Santa Sede paventava già al tempo della fine dell’amministrazione turca. Persino con sfumature antisioniste, se il cardinal Pietro Gasparri, segretario di stato di Benedetto XV, temeva che il mandato britannico sulla Terra Santa avrebbe favorito l’infiltrazione protestante e del sionismo in Palestina. Se questa è la storia, l’attualità rileva che per l’arcivescovo di Aleppo Jeanbart, forse è un politico meno sottile di Béchara Boutros Raï, il problema dei cristiani del suo paese  è che “in Siria si sono concentrati molti, tanti interessi sia delle potenze economiche occidentali che orientali… Vi sono poi gli interessi di Israele, della Turchia, che vagheggia un ritorno all’impero ottomano, seppur in chiave moderna, degli Emirati arabi. Una situazione complessa in cui i cristiani rappresentano una sorta di spina nel fianco”. Ritorna la metafora del fianco debole, la condizione di un meccanismo di tipo politico che precede e va oltre i termini della persecuzione di carattere religioso.  
Oggi la carne di scambio dei cristiani non è utile in Siria né in Iraq, né all’Iran né alla Turchia. Non solo infedeli, ma carne da macello.

http://www.ilfoglio.it/esteri/2015/11/23/senza-patrie-senza-difesa-perch-i-cristiani-sono-carne-da-macello-in-un-conflitto-in-cui-non-valgono-nulla___1-v-135282-rubriche_c379.htm





Un drone sopra quel che resta di Maloula: novembre 2015