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venerdì 12 giugno 2015

Comunicato finale dell'incontro dei cinque Patriarchi di Antiochia , svoltosi a Damasco l'8 giugno scorso



Patriarcat grec-orthodoxe d'Antioche et de tout l'Orient 

1: L'8 giugno 2015, su invito di Sua Beatitudine il patriarca Giovanni X, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente dei Greci Ortodossi, si sono riunite nella chiesa al-Maryamiah a Damasco le loro Beatitudini e Santità Mar Béchara Boutros Al Raï, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente dei Maroniti, Mar Ignace Efram II, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente dei siro ortodossi, capo supremo della Chiesa siriaca ortodossa nel mondo, Grégorios III Laham, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei greco cattolici Melkiti e Mar Ignace Youssef III Younan, patriarca dei siro cattolici di Antiochia. Hanno partecipato a questa assemblea Sua eccellenza il Nunzio apostolico in Siria, l'arcivescovo Mario Zenari, e la gerarchia cristiana a Damasco, Il comunicato seguente è stato emesso alla fine di questo incontro spirituale
Ai nostri cari figli nel Signore delle chiese di Antiochia
2 :   "Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso, secondo la volontà di Dio e Padre nostro,al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen." (Gal 1, 3-5)
Innanzi tutto noi ringraziamo il Signore che ci ha permesso di incontrarci, Noi  Patriarchi a cui è stata affidata la missione della protezione del popolo cristiano sparso nello spazio di Antiochia, a Damasco, questa città benedetta che ha accolto Paolo, l'apostolo dei gentili. Da questo Patriarcato fiorente che ha sempre difeso le giuste cause nel corso del tempo, noi eleviamo la voce e preghiamo continuamente Dio per voi perché in questi tempi tenebrosi “ voi conducete una vita degna del Vangelo” , voi testimoniate senza vergogna per il nostro Signore Gesù Cristo, “che ha annientato la morte e illuminato la vita “, voi sopportate le difficoltà fiduciosi della potenza di Dio e armati “dello spirito di forza, di carità e di discernimento “. Non è necessario chiedervi, cari figli, di pregare per noi vostri pastori, affinché il Signore ci dia la forza di “seguire con dirittura la Sua parola” e di glorificare nelle nostre azioni il suo nome santo mentre noi guidiamo il vascello della Chiesa in queste circostanze storiche esistenziali.
3 :  Dirigendoci a voi, vorremmo esprimervi che la nostra grande gioia dovuta a questo incontro fraterno si rinnova come si approfondisce attraverso il nostro scambio e si accresce attraverso la cooperazione per un' unica testimonianza cristiana antiochena perché è ad Antiochia che “ per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani “ ( Atti degli Apostoli 11, 16) là dove Dio ha voluto che noi fossimo i suoi testimoni, Di conseguenza, nel quadro della vostra piena fedeltà alle vostre Chiese, alle sue dottrine e ai suoi insegnamenti, noi vi chiamiamo ad aiutarvi mutuamente, a servire i poveri con dedizione, a informarvi sul pensiero ricco delle nostre Chiese, a scoprire la luminosa santità che ne emana, a radicarvi nell'eredità Antiochena, a pregare per l'unità dei cristiani, a operare per questa unità tanto desiderata, voluta dal Signore, sperando che essa si realizzerà nel nostro mondo, a partire da Antiochia.
Noi vi chiediamo anche di portare le vostre patrie nel pensiero e nelle preghiere, di domandare con insistenza l'instaurazione della pace in esse, che tutti i nostri figli sperimentino la vera gioia e vivano insieme nella dignità dei “figli di Dio”. Non dimenticate di operare per l'unità dei vostri paesi, il loro ammodernamento e lo stabilirsi dello stato civile. Conservate la diversità in tutta la sua ricchezza e non perdete né la vostra unicità né la vostra differenza.
Andate a fondo nella fede e testimoniate per “la speranza in voi” in tutti gli ambiti della vostra vita. Non utilizzate mai la vostra fede come elemento di separazione o come schermo che nasconde lo splendore e la grandezza dell'altro.
4:    Noi vi invitiamo cari figli a continuare a intrattenere le migliori relazioni con i nostri fratelli musulmani, nostri compagni nella patria e nel destino, con i quali noi viviamo su questa terra e con cui condividiamo, in queste circostanze, le disgrazie della violenza e del terrorismo generati dal pensiero takfiri e dalla assurdità delle guerre che rinvigoriscono gli interessi dei grandi che strumentalizzano la religione sfigurandola. I nostri vicini sentono le vostre sofferenze e ne soffrono. Essi operano con le loro gerarchie religiose per sradicare le radici del pensiero takfiri che ha raccolto e non cessa di raccogliere sempre più decine di migliaia di esseri umani.  Con loro, con la fedeltà del compagno fedele, noi alziamo la voce ed annunciamo che è il tempo di affrontare il pensiero takfiri , di far seccare le sue sorgenti inculcando un'educazione religiosa che diffonda la cultura dell'apertura, della pace e della libertà religiosa. È necessario stabilire un pensiero critico che conduca ad annullare l'espressione “casa della guerra” e “soggetto non musulmano in uno Stato islamico” e a stabilire la cittadinanza.
5: Quale cattivo momento è il presente in cui i terroristi strumentalizzano il nome di Dio per servire le proprie passioni, i propri interessi e quelli dei grandi di questo mondo! In questo momento in cui dominano la paura, la violenza, la schiavitù della donna, il rapimento, il massacro, la distruzione e lo sfollamento forzato, dei criminali senza Dio né misericordia obbligano gli individui a convertirsi.  Essi non hanno compreso che per saggezza Dio ha creato i suoi adoratori nella pluralità. I vostri assassini non comprendono che assassinandovi essi si condannano alla miseria eterna e la loro patria al sottosviluppo. Al centro di questa crisi oppressiva, non dimenticate che il Signore ha promesso: “ non temere piccolo gregge, perché è piaciuto al vostro Padre di darvi il Regno” ( Luca 12. 32). Sì cari figli, in questi giorni difficili in cui si è raggiunto “l'apice della distruzione” e in cui si conducono le persone come gregge al mattatoio, siate forti e non disperate. Siate forti e potenti per la grazia che colma ogni debolezza. Custodite “la resistenza dell'anima “ che si basa sulla purificazione, il perdono e la carità. Seguite l'etica del Vangelo. Siate fiduciosi in Dio che ha vinto il male e la morte perché “ egli non si allontanerà da voi”. Egli è il vostro compagno sulle strade dell'esilio, della partenza e dell'emigrazione. Egli è il vostro sostegno nella povertà, la fame e il bisogno, Egli è la vostra consolazione quando i giorni diventano ingiusti, ogni aiuto svanisce e il dubbio che Dio abbia cura di voi aleggia tra di voi.
Egli vi salva nella tribolazione, Egli è la luce che vi guida nelle tenebre di questo mondo, Egli è la vostra resurrezione dalla disperazione e morte, Egli è la vostra vittoria sul cattivo, sui suoi trucchi e strumenti.
6:  In questo tempo di tribolazione, unitevi intorno alla Chiesa che è il prolungamento del Cristo Dio nel mondo. Seguite le vostre Chiese, perché lo spirito di responsabilità pastorale ci impegna a moltiplicare i nostri sforzi, a renderci solidali con le persone di buona volontà per intraprendere sempre più le iniziative necessarie per conservare la nostra presenza sulla nostra terra, a far fronte ai vostri bisogni familiari, esistenziali e a garantire un avvenire per i nostri giovani. Essi sono la forza vivente e promettente nelle nostre patrie. Noi esprimiamo i nostri ringraziamenti e la nostra stima a tutti i volontari che si dedicano al servizio della carità nelle nostre istituzioni. Riunitevi intorno alla Chiesa. Sollecitate l'intercessione dei martiri caduti per la difesa della fede. Seguite l'esempio dei martiri che hanno sofferto nel loro corpo per rafforzare questa fede. Pregate per i perseguitati e le persone rapite tra i vostri pastori e fratelli, in particolare per i due Vescovi di Aleppo, Boulos Yaziji et Youhanna Ibrahim, ma anche per i sacerdoti sequestrati tra cui recentemente il padre Jacques Mourad. Sostenetevi gli uni gli altri e condividete insieme le disgrazie e le sofferenze, la gioia e le lacrime. Occupatevi dei poveri nella loro disgrazia perché essi sono i prediletti di Cristo. Consolate le vedove e gli orfani. Condividete il pane con gli affamati. Alleviate la sofferenza degli sfollati, seguite l'opera caritativa delle vostre Chiese nella loro organizzazione e nel loro servizio sociale. Donate il vostro denaro con generosità e il vostro tempo in favore “ dei piccoli fratelli di Gesù”.
7:  In riferimento ai nostri figli siriani.
Dopo che il popolo innocente e pacifico della Siria è caduto sotto il giogo di un terrorismo che le forze di questo mondo utilizzano per frammentare la Siria, cancellare la sua civiltà, dominare i suoi abitanti e cacciarli dalla loro terra, noi confermiamo il nostro attaccamento alla unità di questo paese, al diritto dei suoi cittadini di vivere in sicurezza, in libertà e in dignità. Noi ci rivolgiamo al mondo perché operi seriamente per trovare una soluzione politica a questa guerra assurda che percorre la Siria, una soluzione che garantisca l'instaurazione della pace, il ritorno dei rapiti, degli sfollati all'interno e all'esterno del paese, il diritto del popolo siriano all'autodeterminazione, in piena libertà, lontano da ogni ingerenza straniera.
Per l'Iraq, Questo paese risente le ricadute di una successione di guerre che hanno sradicato popoli interi dal territorio dei loro antenati, come gli avvenimenti che si sono svolti lo scorso anno anno a Mossul e nei villaggi e città della valle di Ninive. Sono state commesse atrocità tali da ricordare al mondo intero le ferocie commesse nel corso dei secoli più antichi ma che continuano a distruggere civiltà antichissime allo scopo di servire progetti razzisti e confessionali, estranei alla cultura dei iracheni.
Ma per il Libano. Il paese è un messaggio. Noi invitiamo a consacrare ogni fedeltà a lui solo, a servirlo e a servire gli interessi del suo popolo, a eleggere un Presidente della Repubblica che ridia alle istituzioni costituzionali il regolare svolgimento e infine operare a costruire una patria che rallegri tutti i libanesi.
Ai nostri amati in Palestina. I Padri assicurano con insistenza che essi rimangono il centro della loro preoccupazione. La loro voce non smetterà mai di difenderli e di difendere la loro causa anche se il mondo intero tenta di ignorarla e di indebolirla suscitando guerre e conflitti, il cui scopo consiste nel lasciare i violentatori della terra palestinese vivere in pace e tranquillità,
8:  Noi domandiamo alla Comunità Internazionale di assumere la propria responsabilità fermando le guerre sulla nostra terra, di trovare soluzioni pacifiche e politiche ai conflitti, nell'operare con serietà ad aiutare gli sfollati e gli emigrati a recuperare le loro case e le loro proprietà e a proteggere i loro diritti come cittadini. Noi diciamo loro che noi siamo i proprietari fin dalle origini di questa terra, radicati in essa. Essa è stata irrigata dal sudore della fronte dei nostri padri ed antenati. Noi assicuriamo più che mai che noi vi restiamo per costruirla con i nostri compagni nella cittadinanza. Noi abbiamo la responsabilità di questa terra per la quale il nostro sangue è stato effuso per difenderla. Il sangue dei nostri martiri è santificato. Noi ci rivolgiamo a tutte le persone che vogliono occuparsi del nostro destino perché ci aiutino a restare e a radicarci nella nostra terra per lavorarla, svilupparla e godere dei suoi beni, e non a facilitare il furto del nostro patrimonio, dei nostri beni, non a distruggere la nostra cultura, non a sottomettere il nostro essere vivente alla schiavitù, non ad imporci il cammino dell'emigrazione. Lanciamo il nostro grido e rinnoviamo la domanda di mettere fine alla guerra sulla nostra terra e di sostenere le basi della stabilità in tutta la regione.
9O nostri prediletti. In questo momento in cui si uccide in nome di Dio, siamo chiamati a comprendere che “ la carità è più forte della morte”. Uccidere in nome di Dio è ferire Dio. La nostra fedeltà al nostro Cristo che dice: “ Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” ci obbliga a diventare i messaggeri di pace in questo Levante. Il nostro compito consiste nell'affrontare ogni pensiero o ideologia che elevi al rango di sacro la violenza, il massacro e la vendetta.  La nostra fede in Dio non può manifestarsi che nella carità e pace verso l'umanità, la protezione della nostra terra e delle nostre Chiese nel quadro della libertà dei figli di Dio di cui uno dei più semplici fondamenti è il rispetto della diversità e della differenza.
10:   Da questa chiesa al-Maryamiyah noi invochiamo la Madre di Dio, nostra madre la cui intercessione è potente presso il Salvatore, perché ci salvi, e di salvare le nostre patrie dalle difficoltà che attraversiamo, di accordarci la forza per essere a sua immagine, persone che testimoniano per Cristo nella notte di questo mondo.
Che Dio vi accordi la benedizione e la forza per restare i Suoi testimoni in questa regione. La vostra vocazione consiste nell'essere "il sale del mondo e il piccolo lievito nel pane". Non trascurate questo invito per la liberazione del mondo.  Siate sicuri che in voi il Vangelo di Cristo resterà presente e operante nella chiesa di Antiochia.

Traduzione fatta dalla nunziatura apostolica a Damasco

(Traduzione dal francese di FMG)

martedì 9 giugno 2015

Chi finanzia l’Isis in Siria?

Ribelli moderati confiscano le case cristiane in Idlib
Gli ex residenti di Al-Ghassaniyah hanno riferito che le loro case, le imprese, e le chiese sono state tutte
sequestrate illegalmente dai membri del gruppo di Al-Qaeda in Siria "Jabhat al-Nusra" ed dai loro affiliati
 Harakat Al-Ahrar Sham e Ajnad Al-Sham; 
questi stessi militanti non solo hanno sfrattato
i restanti abitanti cristiani, ma anche, sommariamente giustiziato coloro che
non aderiscono alle loro politiche.









Intervista a Ghaleb Kandil, esperto di geopolitica libanese
di Naman Tarcha

ZENIT, 9 Giugno 2015

Ghaleb Kandil, giornalista libanese, è direttore dell’agenzia di stampa New Orient News, analista politico e membro della commissione per l’audiovisivo libanese, presidente del Centro Nuovo Medio Oriente per gli studi strategici di Beirut. ZENIT ha approfittato della presenza dell’illustre esperto di Medio Oriente, intervistandolo durante la sua visita in Italia, in occasione della quale è stato ospite dell’Associazione Amici del Libano.


Il cosiddetto “Stato Islamico” ha occupato Palmira, un sito archeologico di grande importanza e una zona strategica per Damasco. Malgrado la Coalizione Usa, l’IS avanza, come mai?
Palmira è un punto importante per la prossima controffensiva dell’esercito siriano, che sta combattendo lo Stato Islamico su ogni fronte. Nella guerra ci sono obiettivi, ritiri, offensive e controffensive. Diverse zone sono state occupate dai terroristi e liberate dopo mesi. 
Quello che non viene riportato è il flusso di danaro, di armi e di jihadisti verso la Siria, attraverso il confine turco, giordano e libanese. Questo sostegno umano, militare e finanziario, proviene dalla Turchia, dal Qatar, dall’Arabia Saudita e dalla Giordania. Ogni volta che arriva questo supporto, lo Stato Islamico fa un passo avanti.


Chi finanzia lo Stato Islamico?
Oggi l’Isis è sostenuta finanziariamente dalla Turchia. Come accade? Lo Stato Islamico ruba il petrolio siriano e iracheno, lo trasporta tramite camion verso la Turchia, lo vende dai porti turchi nel mercato nero. Il denaro viene pagato attraverso società turche, alcune delle quali riconducibili perfino a parenti di Erdogan. Il gruppo che è al potere in Turchia prende la sua tangente e il resto di quei soldi finisce nelle casse dell’Isis. 
Questa operazione è in corso, sotto gli occhi degli Stati Uniti e dell’Onu. E accade ogni ora di ogni giorno. Dal Qatar e dall’Arabia Saudita poi un flusso di finanziamenti arriva all’IS ma anche ad Al Nusra e ai Fratelli Musulmani, che dopo la riconciliazione, fra Arabia Saudita e Turchia, promossa da Usa, hanno riunito i gruppi terroristici sotto il nome di Jaish al Fath, per una nuova escalation di attacchi contro la Siria. 


Come sta conducendo la battaglia contro i terroristi l’Esercito siriano?
L’esercito siriano agisce secondo i propri piani. Ha una lista di priorità dei suoi obiettivi, adeguata alle proprie capacità umane e pratiche. Cerca di contenere queste aggressioni e si prepara a lanciare le controffensive. L’esito della battaglia di Qalamon sarà decisivo, liberando la forza di migliaia di militari siriani che ora sono impegnati lì e sono appoggiati dalla resistenza libanese di Hezbollah, forte e al suo fianco, e in prima linea a difesa della Siria e del Libano.
lanciamissili turchi decisivi per la vittoria di al Nusra ad Idlib

Come si può raggiungere una soluzione per la crisi siriana?
Bisogna fermare ogni attività terroristica, ogni rifornimento di soldi e di armi ai terroristi. Se ciò accadesse l’esercito siriano ci metterebbe pochi mesi per spazzarli via tutti. Chi è che sta impedendo la risoluzione o l’applicazione della risoluzione del consiglio di sicurezza Onu? Gli Stati Uniti, con la strategia di una guerra di logoramento. 
Infatti tutte le soluzioni nasceranno dai pesi e dagli equilibri locali e dentro l’area. Non credo che con l'eventuale firma dell’accordo nucleare, l’Iran riuscirebbe ad imporre a Washington a rinunciare a questo progetto. Ci vorrebbe uno sforzo più ampio. Non basta l’Iran, insieme alla Russia o alla Cina, bisogna che si aggiungano voci europee.

La divisione della Siria in cantoni su base religiosa: uno stato sunnita, uno sciita, uno cristiano. Questa è una delle soluzioni promosse anche in Europa…
In Siria non ci sono i presupposti per una divisione o una spartizione. In Siria c’è una grande massa sunnita popolare che è al fianco del governo. Il presidente Assad non gode solo del consenso alawita o cristiano ma anche l’appoggio della comunità sunnita, perché in Siria c’è un vero stato nazionale. Ma poi c’è, da parte di Assad e del suo governo, una forte volontà politica a mantenere salda l’unità della nazione anche a costo di una lunghissima guerra.

Il Presidente Assad era il nemico da sconfiggere, ora invece, anche se l'Occidente non vuole ammetterlo, è un alleato nella lotta al terrorismo. Quanta ipocrisia c’è?
È vero, per l'Occidente lo Stato Islamico è terrorista, ma sottobanco, i potenti chiudono gli occhi riguardo l’appoggio di Erdogan ai terroristi dell' IS, e di Qatar e Arabia Saudita ad Al Nusra, oltre alle organizzazioni terroristiche sostenute e finanziate legate ai Fratelli Musulmani. 
I Fratelli Musulmani, dapprima legati ai servizi segreti britannici e ora insieme agli americani, sono il fulcro di queste organizzazioni terroristiche. Diversi gruppi di intelligence europei hanno preso contatti in segreto con Damasco, perché i loro governi sono incapaci, miopi, e senza visione.

domenica 7 giugno 2015

Incontro ecumenico a Damasco con il Patriarca Bechara Rai


lI patriarca maronita Rai è a Damasco.
Dalla cattedrale di sant' Antonio a Bab Tuma ha detto queste parole:
Il popolo siriano paga il prezzo e si chiede come e quando finirà .
Per questo domani ci riuniremo con i patriarchi di Antiochia.
Saremo sempre davanti e dietro di voi per proteggervi..
Portiamo la causa cristiana dovunque andiamo.
Chiediamo la pace : occorre trovare una soluzione politica e condannare chi fornisce armi ai gruppi in Siria”-
I cinque patriarchi sono: John Yazigi  patriarca greco-ortodosso di Antiochia e primate della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia. Ignatius Ephrem II Patriarca di Antiochia e tutto l' oriente, capo supremo della Chiesa ortodossa siriaca nel mondo. Gregorios III Laham, Patriarca di Antiochia e tutto l'Oriente dei melchiti cattolici. Ignatius Joseph III Younan, Patriarca dei cattolici siriaci, oltre al Patriarca maronita cardinale Bechara Rai.

A Tartous la prima moschea del mondo islamico dedicata alla Vergine Maria


Il ministro siriano degli Affari Religiosi ha inaugurato

 il 
06/06/2015 la prima moschea nel mondo arabo e islamico

che porta il nome di "Vergine Maria",

nella città di Tartous. 

venerdì 5 giugno 2015

Patriarca Younan: Daech è lo stesso in Iraq e in Siria

La 'lotta per la sopravvivenza' dei Cristiani in Siria 




Var.matin , 3 giugno 2015

Il Patriarca dei siro-cattolici ha lanciato a Tolone un nuovo grido d'allarme sulla situazione dei cristiani in Siria, lamentando che "i potenti di questo mondo" non intervengono.

Il Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente dei siriaci, l'equivalente di un papa, è stato accolto ieri a Tolone dai rifugiati ed espatriati cristiani iracheni, siriani, libanesi della diocesi. Prima di celebrare la messa nella cattedrale, alla presenza del vescovo Dominique Rey di Fréjus-Toulon, Sua Beatitudine Ignace Joseph III Younan ha accettato di testimoniare.

Qual è la situazione dei cristiani in Siria?
La situazione è drammatica.  E non è solo la preoccupazione, siamo devastati da quello che accade. 
Non si tratta più di interrogarci su come potremmo migliorare le nostre condizioni di vita, ma di una lotta per la nostra sopravvivenza.  Si può parlare di ecatombe, con la complicità degli Occidentali, che tuttavia si dicono difensori della democrazia e dei diritti umani.

Voi capite la posizione della Francia in Siria, diversa da quella in Iraq?
No, il cambiamento di atteggiamento della Francia ci rattrista perché Daech è lo stesso in Iraq e in Siria.   L'opposizione moderata non esiste in Siria.  
I cristiani e le altre minoranze sono molto minacciati.  E sono impotenti, non possono mantenere la loro fede dentro i villaggi conquistati dalle orde barbariche dello Stato islamico. 
La situazione è allarmante, perché non riusciamo a convincere le potenze mondiali a intervenire per stabilire un vero dialogo. 
America e l'Unione europea conducono una politica ipocrita e machiavellica.

Quale messaggio vuol trasmettere oggi alla Francia?
Io non sono un politico, io sono un uomo di Chiesa.  Sono venuto a pregare con i miei, che sono stati sradicati dalla loro terra. E a congratularmi con loro di essere stati accolti dalla Francia, una nazione di libertà, uguaglianza, fraternità. 
Siamo molto grati ai cattolici francesi che ci hanno mostrato la loro solidarietà.

( trad FMG)

http://www.varmatin.com/toulon/les-chretiens-dorient-%C2%ABluttent-pour-leur-survie%C2%BB.2171507.html

NDR: e il grido del Patriarca vale anche per l'Italia, che - per altro- neppure concede il visto ai cristiani siriani!

mercoledì 3 giugno 2015

Mons Abou Khazen: I cristiani non giustificano mai la vendetta con argomenti religiosi


Vescovo di Aleppo: poco attendibili le voci sullo jihadista decapitato da un soldato assiro. E i cristiani non giustificano mai la vendetta con argomenti religiosi


Agenzia Fides 30/5/2015

Il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, considera “poco attendibili e comunque non verificabili” la voce diffusa da Londra dal Syrian Observatory for Human Rights e rilanciata dai media inglesi secondo cui un miliziano jihadista affiliato allo Stato Islamico (Is) sarebbe stato decapitato “per vendetta” da un soldato cristiano assiro, dopo essere stato preso come prigioniero nella provincia siriana nord orientale di Jazira. Secondo l'organizzazione operante a Londra, il soldato cristiano avrebbe catturato il combattente jihadista a Tal Shamiram, uno dei villaggi della valle del Khabur recentemente abbandonati dalle milizie dello Stato Islamico dopo un' occupazione durata più di 3 mesi e tornati sotto il controllo delle formazioni militari curde e assire. Una volta scoperta l'appartenenza del prigioniero alle milizie jihadiste, il soldato assiro lo avrebbe decapitato “per vendetta davanti agli abusi compiuti da quel gruppo nella regione”.
 La vicenda è presentata in termini generici, senza precisarne i dettagli o senza citare i nomi dei protagonisti e degli eventuali testimoni. 

“La manipolazione dell'informazione” fa notare a tale proposito il Vescovo Abou Khazen “è anche essa uno dei mezzi usati per moltiplicare le violenze e gli orrori di questo conflitto. E alcune centrali sono specializzate in manipolare le cose per fomentare o giustificare rappresaglie. In questo caso” prosegue il Vescovo francescano “sappiamo che più di 230 cristiani assiri sequestrati nei villaggi del Khabur sono ancora ostaggi dei jihadisti. Solo uno sconsiderato potrebbe aver compiuto un gesto del genere, quando gli altri sono in pericolo, e tutto può essere preso a pretesto per giustificare ritorsioni. E soprattutto” aggiunge il Vicario apostolico di Aleppo “noi cristiani non giustifichiamo alcuna vendetta o violenza con argomenti religiosi. L'unica vendetta che conosciamo è il perdono, per essere anche segno di luce per tutti, e mostrare che ci sono alte vie da percorrere. Le vendette approfondiscono solo le ferite, e allungano la spirale dell'odio” . 


Il Vescovo Abou Khazen conferma che “questo sentimento si ritrova in tutti i cristiani, soprattutto nei più semplici, che vivono le sofferenze come agnelli in mezzo ai lupi: sono loro i primi a ripetere che il circolo perverso della violenza e della vendetta va interrotto da qualcuno, e questa è l'unica strada per non soccombere e aprire strade di riconciliazione”. 


Abou Khazen conferma all'Agenzia Fides che nella parrocchia latina della città di Aleppo, tra tante difficoltà e sofferenze, i padri e i loro collaboratori hanno comunque aperto il “campo estivo” per i bambini e i ragazzi: “E' un segno di speranza, in questa città martire. E' un'occasione per dare un po' di sollievo a tanti poveri bambini, permettere loro di uscire dalle case dove vivono costantemente reclusi, e dove spesso manca anche la luce e l'acqua”.

domenica 31 maggio 2015

APPELLO CONTRO LA DISTRUZIONE DELLA SIRIA, DELL'IRAQ E DEL MEDIORIENTE


di 'Coordinamento Nazionale per la pace in Siria'
Come Associazioni che seguono da vicino la crisi siriana abbiamo da tempo documentato questo stato di cose. Oggi in prossimità del 'punto di non ritorno' poniamo alcune domande evitate accuratamente dai governi e dalla grande stampa (che sembra essere diventata anzichè una garanzia democratica per i cittadini il contro-coro del potere).  Rivolgiamo un appello a tutte le persone oneste del nostro paese, di ogni colore politico e credo religioso. Aiutateci, fate sentire la vostra voce in ogni ambito, affinchè i nostri governi occidentali si trovino a dover giustificare questo loro immorale comportamento. Aiutateci perchè si interrompa una politica dissolutrice che soddisfa solo le alleanze dei paesi arabi produttori di petrolio ( fondate solo sul tornaconto economico) e che mira a costruire un mondo le cui rovine sono oggi anticipate davanti ai nostri occhi e che, vediamo chiaramente, non è fatto di giustizia e di progresso.Non possiamo tacere. Nessuno può tacere davanti a tutta questa devastazione, agli stermini di massa e al grido disperato che si leva da quelle regioni in cui l'occidente , anzichè operare per la pace e la riconciliazione, arma ed addestra e rifornisce chi perpetua la devastazione ed infligge nuovi lutti e sofferenze alla popolazione civile.

DUNQUE L’OCCIDENTE VUOLE CHE L’ISIS PRENDA SIRIA,  IRAQ, YEMEN…?
L’evidente incapacità della sedicente “coalizione internazionale anti-Isis” di fronte all’avanzata dei terroristi in Siria e in Iraq è forse frutto di una strategia? Il ministro Alfano ha detto in Parlamento: “Facciamo parte della grande comunità occidentale che combatte al meglio il terrorismo”. Doveva dire: “la comunità occidentale che aiuta al meglio il terrorismo”...

Perché  in Iraq nella provincia di Anbar la sedicente coalizione anti-Isis non è riuscita a fermare  con bombardamenti aerei una visibilissima colonna motorizzata di terroristi armati nel deserto iracheno (ecco le foto  http://www.thegatewaypundit.com/2015/05/isis-holds-massive-military-parade-in-west-anbar-celebrating-victory-in-ramadi-wheres-the-coalition/)? Come mai gli Usa hanno intimato giorni fa al governo iracheno di respingere nelle retrovie le milizie sciite anti-Isis, e lo stesso è accaduto a Tikrit (http://nena-news.it/iraq-ora-baghdad-ha-bisogno-di-teheran-per-riprendere-ramadi/#sthash.WNozyjdp.dpuf)?

Come mai l’Italia non vede quel che sta succedendo a Palmira e in tante altre parti della Siria dove l’avanzata dei terroristi lascia una scia di assassini settari? Come mai non vede che se le forze jihadiste prenderanno il paese, la mattanza in corso si estenderà dappertutto assumendo dimensioni inimmaginabili di vendetta settaria e catastrofe umanitaria? Presto non ci sarà un luogo dove fuggire. L'unica forza residua che può contrastare questa funesta prospettiva è il governo e l’esercito siriano, in grave difficoltà per la mancanza di rifornimenti e la scarsità di uomini. Quindi volenti o nolenti esortiamo i governi coinvolti a far  prevalere la ragione.
Bisogna mettere da parte ogni considerazione di natura politica e salvaguardare la vita umana: il pericolo che incombe non è solo un pericolo per i siriani è un pericolo per tutti, è il pericolo che diciamo a parole di fronteggiare anche nei nostri paesi. Bisogna togliere dall'agenda la 'non soluzione' di rovesciare il governo, sorpassata abbondantemente dagli eventi ma che inopinatamente è ancora l'obiettivo numero uno della coalizione occidentale e delle monarchie del Golfo.  L’azione delle autorità siriane va appoggiata, non boicottata.


Perché invece l’Occidente lavora per indebolire l’esercito siriano, avversario dell’Isis, addestrando i gruppi armati islamisti – lo fanno gli Usa in Turchia e Giordania con la coalizione di salafiti, al Nusra, Fratelli musulmani detta Esercito della Conquista che controlla Idlib (http://www.analisidifesa.it/2015/05/i-nostri-amici-dello-stato-islamico/)?

Perché l’Italia e i paesi occidentali non interrompono le collusioni dirette e indirette che favoriscono l’avanzata delle forze jihadiste in Siria e Iraq, dove diversi membri della sedicente coalizione anti-Isis (Arabia saudita, Turchia, Qatar, Stati uniti) continuano ad appoggiare l’avanzata di gruppi terroristi rifornendoli di armi e denaro, facendoli passare attraverso le frontiere, addestrandoli (http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2687)?

Perché il sedicente  “Gruppo di lavoro per il contrasto al finanziamento dello Stato islamico” presieduto da Arabia Saudita, Italia e Stati Uniti (http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2015/03/costituzione-del-gruppo-di-lavoro.html) non fa nulla, o peggio? Doveva contrastare lo sfruttamento delle risorse della regione (petrolio, beni archeologici, depositi bancari trafugati), interrompere il flusso di fondi dall’estero (donazioni o riscatti). Ha forse fatto il contrario? L’Isis ottiene quel che vuole ed “esporta” petrolio.  A chi?

Perché  l’Italia non si è opposta ai bombardamenti dell’Arabia saudita sullo Yemen che hanno causato moltissimi morti civili e danni enormi, favorendo l’espandersi di al Qaeda? Perché l’Italia continua a essere complice della distruzione di interi paesi?

Perché la sedicente Coalizione anti-Daesh raduna i padrini di tutte le al Qaede, Stati che hanno alimentato, protetto, foraggiato, politicamente agevolato i gruppi terroristi? Prima con la guerra di Bush in Iraq (http://www.telesurtv.net/english/news/Hillary-Clinton-Says-Killing-of-Thousands-in-Iraq-a-Mistake-20150519-0052.html). Poi con la guerra della Nato in Libia. Poi con il sostegno a “ribelli” siriani. L’Italia è grande alleata commerciale e politica dell’Arabia saudita (http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2934), regno che, secondo lo stesso ex ambasciatore statunitense in Siria Robert Ford (http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=11418), ha praticamente fondato – con il consenso Usa – l’Isis nella regione per destabilizzare i governi di Siria e Iraq, alleati dell’Iran.

Firmato:  Rete No War, Coordinamento nazionale per la pace in Siria (SiriaPax), Assadakah Centro italo-arabo e del Mediterraneo

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parliamone insieme il 27 giugno a Roma


giovedì 28 maggio 2015

Appello da Aleppo: "Solo il Papa può salvare la Siria"

La testimonianza di un medico dei Maristi di Aleppo e l’appello al Santo Padre : ‘solo Lei ci può salvare’



Intervista realizzata dal 'Coordinamento per la Pace in Siria' a Nabil Antaki, medico e direttore di uno degli ultimi due ospedali funzionanti ad Aleppo. Nabil Antaki appartiene alla congregazione dei Maristi blu, che conta tra i suoi membri sia laici che religiosi. Quando la guerra ha investito Aleppo nel maggio 2012 lui ha deciso di rimanere con la moglie. «La Siria è il nostro Paese, le nostre radici sono qui. È qui che possiamo fare il nostro dovere e rendere il nostro servizio».


Dottor Nabil, sulla base di quanto a lei consta, cosa pensate dei reports di Amnesty International e di Medici senza frontiere, che parlano di una Aleppo distrutta (compresi diversi ospedali) dai barili bomba dell'esercito siriano?
Aleppo è divisa in due parti, la parte est con 300.000 abitanti è nelle mani dei gruppi armati e la parte ovest con 2 milioni di abitanti è sotto il controllo dello Stato siriano; lì viviamo e operiamo noi. Noi non sappiamo quello che accade nell'altra parte della città, dunque io non posso né confermare né smentire, ma so due cose. La prima è che noi siamo bombardati quotidianamente dai ribelli e molti ospedali dalla nostra zona della città sono stati distrutti, bruciati o danneggiati dalla loro azione. La seconda è che siamo in una situazione di guerra ed è possibile che le bombe sganciate dall’esercito siriano abbiano toccato un ospedale, ma sicuramente non in modo intenzionale. Gli statunitensi e gli occidentali con le loro armi tanto sofisticate hanno spesso mancato i loro bersagli e causato dei ' danni collaterali '…Ciò che rimprovero a Medici senza frontiere è che danno conto delle sofferenze solo dell'altro lato della città, la parte ribelle, e mai delle sofferenze della nostra parte. I loro rapporti sono parziali.

Cosa pensate della proposta di Sant'Egidio e dell'ex ministro Riccardi di fare di Aleppo una “città aperta” e anche di introdurre una no- fly-zone?
L'iniziativa di Sant'Egidio era buona quando fu lanciata, nel luglio 2014. Allora l'acqua era stata tagliata in Aleppo (dai gruppi armati) per ben 70 giorni consecutivi. Bisognava “salvare Aleppo” in primis. Ora questa iniziativa è superata. Noi non abbiamo più bisogno che Aleppo sia dichiarata città aperta e che siano aperti dei corridoi umanitari. Benché la situazione sia cattiva, Aleppo non è più sottoposta a un blocco come un anno e mezzo fa. Le persone e i prodotti entrano ed escono attraverso una strada che l’esercito ha aperto 17 mesi fa. I viveri entrano, nessuno muore di fame anche se l'80% della popolazione deve ricevere un aiuto alimentare. Sì, la città è accerchiata ma c'è sempre questa strada che ci collega all'esterno. La città è danneggiata ma le persone continuano a vivere adattandosi alla penuria di acqua, di elettricità --- Dunque, attualmente i vantaggi della proposta di Sant'Egidio sono meno importanti che il pericolo rappresentato da una no-fly-zone e da una forza di interposizione, che avvantaggerebbero i gruppi armati e metterebbero la città e i suoi abitanti in pericolo, alla mercè di Daesh e al Nusra.

Perché anche i gruppi cristiani sul luogo esitano a parlare delle cause della loro sofferenza?
Avete ragione quando dite che parliamo soltanto della sofferenza degli aleppini e non delle cause. Lo facciamo per molte ragioni. Uno: per essere ascoltati dall'opinione pubblica occidentale che è stata a tal punto disinformata che le dichiarazioni in ambito politico che dicono la verità non sono neppure lette, ascoltate, prese in considerazione. Dunque, a partire dalle sofferenze degli aleppini e dei siriani, riusciamo almeno a far passare il messaggio che i ribelli armati sono responsabili della sofferenza dei siriani o, perlomeno, corresponsabili. Quanti amici intimi occidentali ho perso, all'inizio degli avvenimenti, perché io dicevo loro la verità sulle interferenze esterne! Essi mi rispondevano: voi arabi, vedete complotti ovunque! Adesso utilizzo un'altra tattica: non parlo più di complotto o di piano prestabilito, ma dico che ciò che era accaduto e che accade attualmente in Siria non era affatto spontaneo… E ora il mio discorso è accettato. L'importante è far passare il messaggio. In secondo luogo, le persone hanno paura per le loro vite e dunque parlano soltanto delle sofferenze e non delle cause e dei responsabili delle nostre disgrazie. Hanno paura di essere uccisi. È più facile parlare quando si vive all'esterno della Siria.

Cosa pensate dei media che parlano di Aleppo e della Siria? Perché essi credono a fonti non affidabili? Perché per esempio descrivono come angeli i cosiddetti “elmetti bianchi” di al Nostra?
I giornalisti che ci intervistano orientano sempre l'intervista verso il piano umanitario e rifiutano che si parli di altre cose. E tuttavia, noi tentiamo di dire la verità. In tutti i miei scritti io dico che noi siamo bombardati dai gruppi armati ribelli che ci lanciano mortai, razzi e bombole di gas riempite di esplosivi e chiodi. Dal 2011, i siriani hanno compreso che ciò che accadeva non era una rivoluzione per portare in Siria una maggiore democrazia, un maggior rispetto dei diritti umani e minor corruzione. I siriani sapevano, fin dall'inizio, che la “primavera araba” era il nome nuovo del “caos costruttivo” di Condoleeza Rice e del “nuovo Medio-Oriente” dell'amministrazione Bush e che questa “primavera” in Siria sarebbe sfociata o nel caos e nella distruzione del paese o in uno Stato islamico. Disgraziatamente, le due alternative forse riusciranno entrambe.
Per tornare ai media occidentali, essi non hanno che una sola fonte di informazione, l'Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo basato a Londra, che nasconde, sotto un nome molto credibile, un centro di diffusione della disinformazione.

Il giorno di preghiera per la Siria organizzato dal Papa Francesco nel settembre 2013 è stato molto importante, ha contribuito a evitare gli imminenti bombardamenti statunitensi in seguito alla disinformazione sulle armi chimiche a Ghouta. Cosa pensate che egli potrebbe fare ora? Cosa dirgli?
Direi a  Papa Francesco:  fin dal primo giorno del vostro pontificato, i siriani L’hanno amata e hanno adottata. Le Sue svariate dichiarazioni, omelie, tweets, sono tanto apprezzati e diffusi tra di noi. Noi sentiamo che, in Lei, il Vangelo è al centro di tutto, sfidando la burocrazia e il politicamente corretto di una falsa diplomazia.
Lei ha domandato più di una volta ai cristiani di Siria (e del Medio Oriente) di non lasciare la terra dei loro antenati, di restare attaccati alle loro radici per dare un senso alla loro appartenenza e alla loro presenza in Siria. È esattamente ciò che il mio gruppo e io stesso ci sforziamo di fare da decenni (in allegato un video realizzato ormai vent'anni fa *)

Diverse organizzazioni cattoliche internazionali (e molte Ong tra cui la nostra) fanno del loro meglio per dare sollievo alle sofferenze dei siriani e in particolare dei cristiani sul piano umanitario.

Santo Padre,  La imploriamo di fare ancora di più. Le dichiarazioni, il sollievo alle sofferenze, l'incitazione a restare nel paese non hanno impedito alla metà dei cristiani di Aleppo di andarsene definitivamente. I cristiani di Siria hanno una duplice paura: temono fisicamente i fanatici islamisti di Daesh, e hanno anche paura di perdere il loro futuro e quello dei loro figli a forza di pazientare e di aspettare la fine del conflitto. Se si vuole che l'altra metà dei cristiani rimanga, bisogna fermare la guerra.

Noi La imploriamo di usare la Sua autorità morale, il Suo prestigio incontestabile per fare pressione sui diversi governi affinché cessino di armare e di finanziare i gruppi armati, perché lottino effettivamente contro Daesh e perché facciano fermare il passaggio dei terroristi attraverso le nostre frontiere del Nord.
Perché una soluzione politica negoziata possa riuscire, bisognerebbe che l'opposizione accetti l'attuale governo della Siria, perché non si può negoziare con qualcuno di cui si esige, come precondizione, l'eliminazione.
Santo Padre,  solo Lei può fare qualche cosa per fermare la distruzione del nostro bel paese, per far cessare la morte di centinaia di migliaia di esseri umani e per permettere ai cristiani di Siria di restare, o di ritornare, nel loro paese.

lunedì 25 maggio 2015

"Ci vogliono morti, ma noi rimarremo qui, con la nostra gente": voce unanime dei religiosi da Damasco e da Aleppo


Intervista a don Alejandro Leon, salesiano di Damasco


Don Alejandro si occupa di un centro giovanile a Damasco e come tutti i religiosi di Siria è in mezzo ai suoi fedeli anche in queste ore difficili in cui i miliziani di Isis sembrano avvicinarsi minacciosamente alla capitale.

ilsussidiario.net. 

Don Leon, lei conosceva di persona il sacerdote rapito, padre Murad?
Non di persona, ma il suo nome era noto. Il suo prodigarsi per i suoi fedeli e non solo era ben noto in Siria.

Ha idea di chi ci sia dietro a questo rapimento?
No, non ho idea, ma in Siria non vengono rapiti solo i preti, i cristiani siriani rischiano la vita ogni giorno, siamo tutti in pericolo allo stesso modo. E' una situazione di pericolo, la nostra, che vive tutto il popolo.

Dopo la caduta di Palmira la situazione è ancora più difficile. La gente fugge di casa?
Sì, tanta gente fugge. Tutto il nord, tutta la zona di Aleppo è nelle mani dell'Isis e tutti sappiamo cosa fa questa gente quando conquista una città, uccide e fa violenze terribili. Quando si avvicinano a un villaggio è logico che la gente fugga, ha paura di essere uccisa. 

Adesso si sono avvicinati ulteriormente a Damasco. Come vivete questa situazione?
Con tanta paura. Ci sono sempre più missili che arrivano sulla città, armi sempre più potenti, i miliziani dispongono, è evidente, di armi nuove e sempre più distruttive. 

Il rapimento di padre Jacques che si era rifiutato di lasciare la sua comunità, riporta in primo piano la testimonianza di voi religiosi in Siria.
Non è nulla, è il minimo che possiamo fare. Quella che voi chiamate testimonianza da parte di noi religiosi in Siria, è solo il minimo che possiamo fare, è un obbligo con la nostra coscienza di religiosi, con l'impegno che abbiamo preso. Come cristiani prima che come religiosi, noi rimarremo qui, con la nostra gente. 

Vi sentite abbandonati dall'occidente?
Sappiamo che c'è tanta gente che ci accompagna, con la preghiera e l'aiuto economico, tante persone preoccupate per noi, ma da voi in occidente c'è anche tanta disinformazione, tanta manipolazione delle notizie.

In che senso?
Chi ha il potere in occidente manipola l'informazione e non dice la realtà di quello che succede qui. 

Cosa vorreste che si dicesse?
Semplicemente la verità: che i governi occidentali continuano ad appoggiare e aiutare la gente sbagliata.

Intende che l'occidente avrebbe dovuto appoggiare Assad?
Esattamente, con lui la situazione non era certo questa, la libertà religiosa era rispettata. I governanti occidentali dovrebbero togliere le sanzioni contro di lui, ad esempio.

Come vivono i cristiani di Damasco questa situazione?
Non è uguale per tutti, non tutti sanno vivere queste prove che sono molto forti. Il centro giovanile di cui mi occupo ospita circa 650 ragazzi e non c'è uno di loro che non abbia perso almeno un parente o un vicino di casa. Tutti sono toccati dalla guerra e c'è chi vive crisi di fede. Ma in generale questa situazione ci ha spinti a essere più autentici, a cogliere maggiormente l'essenziale, che vuol dire Cristo. Tanta gente soffre duramente, ma la comunità cristiana adesso ha una fede più forte, il sentimento che prevale è la testimonianza di fede del popolo che è molto forte. 

Cosa vorrebbe dire ai cristiani d'occidente?
Io ringrazio di cuore tutti, perché so che tanta gente con la preghiera e gli aiuti che ci possono inviare sono con noi. Ma bisognerà che questa testimonianza, anche se so che è molto difficile, questo sentimento popolare arrivi a chi ha il potere.
 I vostri governanti appoggiano la parte sbagliata, continuano a vendere armi o a comprare il petrolio di contrabbando perché più economico. Qualcuno in occidente lo compra e questi sono soldi che servono per uccidere i cristiani di qui. Se il vostro popolo facesse la voce più forte per noi sarebbe una grande cosa.



Antoine Audo SJ, Vescovo caldeo di Aleppo: 

a orchestrare l’espulsione dei cristiani dal Medio Oriente sono i Paesi della regione da sempre allineati con l’Occidente


VATICAN INSIDER, 
Intervista di gianni valente

«Forse rimarremo in pochi. Ma rimarremo. Anche se ci imporranno di pagare la Jizya, la tassa di sottomissione». È vescovo nella città martire di Aleppo, il gesuita Antoine Audo. E vescovo della Chiesa caldea, la comunità cattolica orientale più decimata dall'emorragia di fedeli innescata dalle convulsioni mediorientali degli ultimi decenni.


Lei ha detto che nei conflitti in Medio Oriente c'è chi usa anche le sofferenze dei cristiani per nascondere le dinamiche reali delle guerre.
L'allarme ricorrente sui cristiani perseguitati può essere letto da almeno due punti di vista.
In certi ambienti c'è una propaganda intensa che punta a aumentare la paura indistinta dell'Occidente nei confronti dell'islam, per suscitare la spinta emotiva popolare e così giustificare un maggior controllo sugli ambienti musulmani, soprattutto in Europa.
Dall'altro, ci sono Paesi della regione che con il loro islam wahhabita e l'ansia di rivalse storiche verso la cristianità non riescono a sopportare nemmeno l'idea di una presenza dei cristiani in Medio Oriente. Queste due logiche, per paradosso, si sostengono l'una con l'altra, e convergono fatalmente nello spingere i cristiani fuori da tutta la regione. In Siria non era così. E anche adesso è falso presentare il conflitto siriano come una guerra tra cristiani e musulmani. Ma è questo il messaggio che vogliono far passare, perché fa comodo a tutti.

Il tema della persecuzione dei cristiani viene strumentalizzato nelle strategie geopolitiche?
I Paesi che ho citato sono gli unici che si muovono nella prospettiva di “ripulire” il Medio Oriente dai cristiani autoctoni. Il wahhabismo poi collega il cristianesimo alla modernità, all'eguaglianza dei diritti e al principio di cittadinanza. Tutte cose che loro rifiutano.
Eppure proprio quei Paesi sono gli alleati storici dell'Occidente nella regione. E i circoli occidentali che fanno propaganda e mobilitazione permanente sul tema della persecuzione dei cristiani si accordano splendidamente con la loro strategia. E intanto usano il tema della persecuzione dei cristiani per spingere le loro opinioni pubbliche a giustificare i loro nuovi interventi armati nella regione e aumentare la paura verso gli islamici.
Dicono che le guerre servono per difendere i cristiani. Così cercano di motivare la loro presenza nella regione. Una cosa che non era successa ai tempi delle guerre nel Golfo, quando Papa Wojtyla non aveva dato nessuna sponda a chi voleva presentare gli interventi a guida Usa come nuove Crociate.

Però anche capi delle Chiese cristiane d'Oriente hanno applicato alle sofferenze attuali dei cristiani la definizione di “genocidio”.
Certe affermazioni vanno messe nel contesto del Centenario del Genocidio degli armeni e del Genocidio assiro. In molti siamo ancora segnati da quelle vicende. Anche il mio bisnonno è morto in Turchia in quei massacri, e il resto della famiglia si salvò trovando rifugio a Aleppo. Ci viene spontaneo parlare di Genocidio, anche esagerando. Ma un modo per dire che abbiamo paura. Temiamo che possa riaccadere quello che abbiamo già visto accadere.

Servono a qualcosa le mobilitazioni, o le richieste di interventi internazionali?
Per quattro anni ho ripetuto instancabilmente che l'unica via d'uscita era la soluzione politica del conflitto, che potesse aprire la via alla riconciliazione. Ma ora mi sembra sempre più chiaro che c’è una agenda per distruggere il Paese, spezzettarlo su base settaria senza mettere in conto la permanenza dei cristiani, che devono solo andare via. Questo è il messaggio che ci arriva adesso.

Domenica 24 maggio, una bomba ha colpito l'Arcivescovado siro-ortodosso di Aleppo, danneggiando la preziosa biblioteca del Vescovo Mar Gregorios Yohanna Ibrahim, rapito il 22 aprile 2013 (foto Jamil Diarbakerli)

Stavolta, come ne uscirete?
Come Chiesa faremo di tutto per rimanere. Anche se dovessimo vivere sotto il potere dei jihadisti e pagare la Jizya, la tassa di sottomissione. Quelli che vogliono partire, partiranno. Ma un piccolo gruppo resterà. I vecchi, i poveri, i sacerdoti, i religiosi. Continueremo in ogni modo a confessare la nostra fede nel nostro Paese, nella condizione data. Anche se si consolidasse il regime del Califfato. Rimarremo lì, e vedremo cosa succede. Possiamo provare a trovare una soluzione, un modo per andare avanti, come abbiamo già fatto nella storia. Non è la prima volta. Questo è il mistero della Chiesa, che nel mondo rimane inerme. E la sua forza non consiste mai negli interventi e nei sostegni esterni. 

Ci sono organizzazioni che aiutano i cristiani a andar via. E il Patriarca caldeo è da tempo in conflitto con alcuni preti che sono emigrati in America senza il consenso dei superiori, dicendo che erano minacciati di morte certa.
Io rispetto le famiglie che hanno i bambini e vanno via. Non dirò mai una parola, un giudizio non benevolo su chi va via perché vuole proteggere i suoi figli dalle sofferenze. Ma per i sacerdoti è diverso. Chi ha delle responsabilità nella Chiesa e va via, lo fa perché sceglie la soluzione più comoda. Se poi si giustifica presentandosi come vittima della persecuzione, questo è anche oltraggioso nei confronti dei veri perseguitati.