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giovedì 9 aprile 2015

Individui disintegrati in un “nuovo ordine mondiale”

"In Occidente la persecuzione non fa strage di sangue, è più subdola e passa attraverso non le armi ma le carte. In nome dell’uomo e della libertà si vuole distruggere l’uomo. Cari Amici, se non ascoltassimo questo grido che sale dalla terra bagnata dal loro sangue, la nostra preghiera non avrebbe ali per salire fino al cuore di Dio. 
Non dobbiamo temere. “Non temete, sono io”, dice il Risorto. Il dovere della vicinanza e della condivisione è serio, ma anche il dovere della speranza è serio. La fede ci dice che il Signore è uscito dalla tomba a vita nuova, gloriosa: con Lui un nuovo mondo è nato, più bello e umano, perché abitato dalla presenza di Dio che è Amore, Luce, Vita. Vi sono momenti nella storia nei quali il potere delle tenebre sembra sovrastare, ma – ricordiamo – sulla barca in mezzo al mare infuriato, Gesù c’era, anche se sembrava che dormisse. C’era. Il Signore è risorto e vive con noi. Per questo la speranza non può morire né per noi né per il mondo." 
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo di Genova

lettera da padre Daniel Maes
Qara, 27 marzo 2015

I nostri media sono sintonizzati con gli ultimi eventi, presentati senza prospettiva più ampia, scrivono quello che è appena successo e lo scrivono subito. Tutto questo crea sensazione e divertimento. Tuttavia, le persone che considerano gli eventi in modo più ampio non possono negare che stiamo vivendo una globale disintegrazione della dignità dell'uomo. Allo stesso tempo, l’umanità non è solo testimone di questa situazione, ma è anche la vittima di questo sviluppo.  In breve: stanno staccando l’uomo da Dio, dal suo paese, dalla sua cultura, e anche dalla sua famiglia e alla fine da se stesso. E questo è contemporaneamente elaborato dalla tecnica, dall’ etica e dalla politica. Tutte le forze mondiali collaborano per ridurre l’uomo ad un individuo artificiale, solo, indifeso, disposto ad accettare qualsiasi cosa offerta dal "nuovo ordine mondiale”

In primo luogo, l'essere umano è staccato da Dio. Di questo, l'Europa è un esempio eloquente. Le radici cristiane sono state spezzate, mentre la civiltà occidentale è proprio nata e cresciuta dalla fede giudaico-cristiana. Il nostro intero sistema della sicurezza sociale trova la sua origine nelle iniziative di sacerdoti, religiosi e fedeli, spinti dallo spirito del Vangelo per curare con cuore i malati, i disabili, i poveri, gli orfani e le vedove, e anche l'educazione dei figli. Le nostre università sono emerse dalle istituzioni religiose. Nel campo culturale, le più grandi opere d'arte (cattedrali, sculture, pitture, musica, letteratura, teatro) sono ispirate dalla Bibbia e dalla fede cristiana. 
La Rivoluzione Francese non era nient’altro che un precursore dello Stato Islamico con gli orrori di omicidio e distruzione. La libertà, l’uguaglianza e la fraternità sono valori evangelici e hanno senso solo alla luce della fede cristiana. Ora si rimuovono e si vietano in modo sistematico tutti i riferimenti alla fede cristiana. E in tutto il mondo, i cristiani sono i più perseguitati e loro chiese distrutte. 
L’unico obiettivo di tutto questo: creare un uomo nuovo, distaccato da Dio, secondo i principi della massoneria.

In seguito, l'uomo è staccato dalla propria cultura e dal proprio paese. Per questo, la sovranità dei popoli e dei paesi è abolita in tutto il mondo. Questo processo è in fase avanzata. Contemporaneamente all'eliminazione di 2000 anni di cristianesimo, i  resti della più antica civiltà mesopotamica in Iraq e in Siria sono quasi tutti rasi al suolo. Le loro atrocità vengono visualizzate, non con immagini da dilettanti ma con riprese di qualità alla Hollywood, per scioccare l'opinione pubblica, per quanto possibile in modo tale che i padroni reali (dagli Stati Uniti-Israele, NATO, Stati del Golfo) ricevano ancora più credito per continuare. Una coalizione mondiale opera non per combattere il terrorismo, ma per distruggere le infrastrutture dell'Iraq e della Siria. Nel frattempo, i terroristi sono riforniti con le ultime armi, con il migliore addestramento, e con il migliore materiale di comunicazione, sotto la protezione occidentale e con tantissimi soldi provenienti dal petrolio rubato. 
La Francia fornisce le armi, l'Inghilterra invia ora 75 istruttori in Siria per aiutare i terroristi. Adesso, gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita stanno aiutando al Qaeda e Daesh per distruggere lo Yemen. Stanno bombardando Idlib con missili TOW americani e nella città antica di Bosra, che era già nominata in papiri egiziani dell' ottavo secolo a.C. - e riconosciuta come eredità mondiale , stanno distruggendo questi preziosi tesori archeologici. Poiché la Russia è l'unica potenza mondiale che ha il coraggio di protestare contro questo folle nuovo ordine mondiale, tutte le forze, potenze e organizzazioni mondiali, sono mobilitate per distruggere l'Ucraina,  imporre pesanti sanzioni e sabotare il gasdotto di Gazprom, far deprezzare il rublo, per far collassare il prezzo del petrolio, ecc. ecc. Fortunatamente, queste barbarie occidentali contro la Russia evocano una rinascita come mai prima. Allo stesso modo in Siria, dove le uccisioni e le distruzioni causate dall'Occidente e dai suoi alleati hanno anche suscitato una resistenza unita che non può essere rotta.

Inoltre, l'uomo viene strappato dalla sua famiglia e dai suo parenti. Il nuovo ordine mondiale offre individui separati. Il matrimonio e la famiglia sono già eliminati in gran parte e sostituiti da tutti tipi di relazione senza impegno. Le famiglie sono frammentate. Le persone non sono più considerate come appartenenti ad una famiglia stretta e allargata, ma come individui separati. La famiglia non è più la cellula fondamentale della società, ma è diventata una vittima della società. Nello stesso tempo, c’è anche da menzionare la tendenza di strappare l’uomo da se stesso e di distruggere la sua identità con la cosiddetta ideologia del gender. La distinzione tra l’uomo e la donna, tra ragazzo e ragazza, è abolita. La realtà della differenza dei sessi che ci è stato data come il più grande ricchezza dalla creazione è stata sostituita da qualcosa di neutro, dove ognuno può scegliere. Con tutto questo ci fanno credere che noi siamo uguali alle scimmie.

Come è stato organizzata questa lotta per la disumanizzazione a livello tecnico, si può costatare nei bambini in provetta. Ora ci manca ancora un utero artificiale per fabbricare "l’uomo perfetto" in laboratorio, in modo freddo e inumano. Le pratiche eugenetiche dei nazisti, che sono stati respinte con disgusto, sono ora difese con passione dai nostri teologi autorevoli e dai nostri medici e anche propagandate come progresso. Il buon senso ci dice invece che non è il compito della medicina di produrre in modo artificiale un bambino per una coppia che soffre di infertilità. Il compito della medicina invece è di studiare le cause dell’infertilità e di porvi un rimedio. Questa è la ginecologia degna e questo è il progresso vero.

Sul livello morale, la popolazione mondiale è già al massimo del degrado dei valori umani: la sessualità è stata staccata dalla fertilità ed è generalmente accettata come un modo di rilassarsi, il matrimonio è stato sciolto e la famiglia non c’è quasi più. La causa di tutto è la contraccezione. Già la parola "contra" indica una rivolta contro la concezione, cioè contro la vita. Qui si tocca direttamente la responsabilità. E la responsabilità è il nucleo della vita umana. Dalla contraccezione sono emanate tutte le altre disfunzioni come l'aborto, la sterilizzazione, l'eutanasia, le relazioni senza impegno in tutte le combinazioni possibili, l’eliminazione dell’essenza dell'uomo e della donna, del ragazzo e della ragazza dalla teoria del “gender", le tecniche di riproduzione veterinarie, l'abolizione della distinzione tra madre e padre ... Nel frattempo, i "diritti" dei LGBT (Lesbiche, Gay, Bi, Trans) sono onorati nell’ONU e nell'UE come pilastri della democrazia.

Sul piano politico, il nostro mondo è un disastro, ma i media e i politici sono riusciti a presentare l’attuale situazione miserabile come una fase intermedia necessaria verso un mondo di libertà e di democrazia, di prosperità e di sicurezza. Le devastazioni in Iraq, Libia, e in Siria sono intese come il poter consentire a queste popolazioni di poter fruire della democrazia occidentale e della prosperità. Cosi si presenta l’utopia della prosperità e della democrazia, della libertà e della stabilità sotto il potere di un super-stato-mondiale, un totalitarismo, con la maschera di un volto amichevole, una sorta di fascismo e di nazismo. Qui i presidenti e i capi di stato non sono i veri leader. Loro ottengono il potere se dimostrano che sono brave marionette. Invece sono I super-banchieri e i padroni dell'industria delle armi, che tirano le redini come oligarchi nell'ombra. Anche tutte le grandi organizzazioni mondiali e le multinazionali sono sottomesse a loro. La pace non rende nulla a loro. La guerra e il caos sono i mezzi per abolire e ri-organizzare gli stati sovrani secondo le norme del loro nuovo ordine mondiale. Le guerre sono miniere d'oro per loro, cioè ricchezza e potere. 

Un mezzo più sofisticato per arricchirsi e far crollare gli altri in povertà è creare “l’ideologia dell'ecologia." Negli ultimi mille anni, il nostro pianeta terra ha subito sempre periodi di riscaldamento e raffreddamento. Questo non ha nulla a che fare con l'attività dell'uomo, ma con il sole, come ci hanno insegnato I veri scienziati e come hanno mostrato anche sugli altri pianeti. Tuttavia, gli oligarchi hanno visto nel riscaldamento un mezzo ideale per imporre tasse su tutta la terra e su tutto ciò che fa l’uomo. Cosi si possono impoverire i poveri popoli ancora di più e cosi si può tassare qualsiasi cosa, come per l’auto, il treno, l’aereo, ogni lavoro umano in agricoltura, nell'industria o dovunque. E così questi dominatori possono imporre leggi arbitrarie a tutte le nazioni. Ecologia, nel vero senso, vuol dire dimostrare rispetto per la creazione di Dio, per l’uomo e per il ritmo umano, per il matrimonio e per la famiglia, che implica alcune limitazioni nella vita personale e sociale. Ma la persona che osa menzionare tutto questo sarà presto "scomunicata" nei media e nella politica, perché nessuna restrizione del divertimento e del consumo individuale è accettata.

I pensieri qui sopra riportati, li ho elaborati a modo mio. Alcuni elementi li ho prelevati dallo splendido discorso di Madre Agnes Mariam a Parigi. Le idee di base sono di Guillaume de Prémare. Guillaume di Prémare, il delegato generale di "Ichthus", è un editorialista di Radio Espérance e lui é anche l'ex presidente del movimento “Manif Pour Tous”. Insieme con il giornalista Eric Letty, Guillaume de Prémare ha pubblicato questo mese il libro: "La déshumanisation, 'autoroute vers l’utopie du meilleur des mondes", Ed. Pierre-Guillaume de Roux, 2015. È stato intervistato da "Rouge et Noire" (R & N), un sito web di informazioni, di riflessioni e di analisi. R & N non vuole presentarsi come la voce ufficiale della Chiesa o del clero, ma vuole essere al centro della Chiesa e in unione con il Papa di Roma.

Il punto di partenza è il romanzo dello scrittore e filosofo inglese Aldous Huxley, Brave New World (1932) con sua “fiction” satirica di un mondo nuovo. Si tratta di un mondo cosiddetto "perfetto", immorale, totalitario, senza amore, senza fortuna. Lui percepisce che le persone vivono in una grande prigione senza mura, da cui non si pensa neppure di scappare. L’unica cosa che fanno queste persone è rilassarsi e consumare. Questo mondo è suddiviso in diversi gruppi di persone: dalle persone molto intelligenti fino ai più sciocchi. Huxley ha già pre-sentito lo spostamento dalla modernità alla cosi detta società perfetta con una immagine dell'uomo completamente nuova, che è del tutto disumanizzata. Qui l'uomo è diventato un individuo infermo, bisognoso d’aiuto, completamente dipendente da ciò che il super-stato mondiale gli offre o gli impone.


Che possiamo fare?

Ci vuole una resistenza attiva. Sul campo politico, vediamo che la Russia sta ritornando alle sue radici tradizionali e che sta vivendo una rinascita come mai prima. La vita monastica e religiosa è in piena fioritura. La maggior parte dei russi ha capito la strategia distruttiva dell'Occidente e vogliono proteggere il loro paese contro questo. Per questa ragione, la Russia è sempre più il bersaglio della propaganda di guerra internazionale. La Siria, la culla della civiltà e del cristianesimo è già stata distrutta, ma non si piega al nuovo ordine mondiale imposto. La Siria resiste ed è un modello per gli altri paesi di resistenza.

I princìpi della resistenza sono quelli della fede cristiana e della dottrina sociale della Chiesa. L'ispirazione per la resistenza si trova nel genio del cristianesimo. Il punto centrale è la dignità dell'uomo, di ogni uomo e di tutto l'uomo. Noi riconosciamo l'unità dell'uomo nella sua dimensione fisica, psicologica e spirituale, con una vocazione terrena ed eterna. Qui ci appoggiamo sui grandi principi della dottrina sociale della Chiesa: l'interesse comune, la libertà e la responsabilità di ogni essere umano, il principio di sussidiarietà, la destinazione universale dei beni della terra, la solidarietà sulla base dell'amore cristiano. Infine, una rivoluzione autentica richiede sempre una conversione personale.

La base-cellula della resistenza è la famiglia. Una famiglia cristiana contiene tutte le risposte alle disintegrazioni di questo tempo. La Francia sta facendo un' azione buonissima con il suo LMPT (Manif Pour Tous) cioè di protestare in modo massiccio contro tutte le leggi che attaccano la dignità del matrimonio e della famiglia. Naturalmente, ci vogliono molte più azioni, cioè la formazione di normali sane famiglie cristiane, in cui i bambini sono educati in tutta la ricchezza della fede cristiana per poter sviluppare la loro individualità. Per questo, però, c’è prima da pulire i resti della cultura contraccettiva distruttiva dell' ultimo mezzo secolo. Pierre Simon, l'ex Gran Maestro della massoneria francese, si rese conto molto presto che la contraccezione, era il “trigger/la leva” di tutti gli altri mezzi di disintegrazione desiderati. I nostri teologi e tutti gli nostri intellettuali lo hanno seguito, consciamente o inconsciamente. Contro la dottrina della Chiesa, hanno sostenuto che la contraccezione non era "un male in sé". Usavano grandi parole come "olistici" e "personalistica" e non si rendevano neanche conto che tramite la pillola stavano riducendo la sessualità umana ad un livello puramente biologico. Quasi tutti i nostri teologi autorevoli, giornalisti e leader della chiesa hanno utilizzato un personalismo deforme per permettere una cauta apertura verso la contraccezione. Una generazione più tardi, "la pillola" è già stata data alle ragazze adolescenti con naturalmente tutte le conseguenze disintegranti nefaste.. Tanta gente non ha ancora capito le conseguenze distruttive della contraccezione sul livello fisico, morale, sociale e religioso. Durante un mezzo secolo ci hanno fregato. Le devastazioni sono ormai molto chiare. Il tempo è maturo per trarne le conclusioni. Nello stesso tempo ci sono state presentate nuove prospettive. Hanno sviluppato una meravigliosa "teologia del corpo" che dimostra la dottrina costante della Chiesa e ci sono anche abbastanza metodi naturali scientificamente fondati per la regolazione della fertilità, come il Sensiplan® per genitori auto-coscienti. Il mito della "contraccezione sicura" è finito. Nuove prospettive stanno emergendo, basate sulla dottrina autentica della Chiesa. Non si tratta di slogans, ma è solo la punta dell’ iceberg; e sono tutti provati in modo esplicito. 
Cerchiamo tutti di partecipare in modo attivo alla lotta per la verità liberatrice per preparare il prossimo Sinodo della famiglia dell' ottobre prossimo.

P. Daniel 

(traduzione di A. Wilking)

lunedì 6 aprile 2015

Radici e frutti, la fede siriana che non muore

Ricorre il 7 aprile il primo anniversario dell'assassinio del padre gesuita Frans van der Lugt a Homs






QUI SONO LE RADICI DEL CRISTIANESIMO


"Questo audiovisivo è stato scritto e realizzato da noi 20 anni fa , per mostrare ai nostri giovani cristiani della Siria le loro radici cristiane. E' stato proiettato ( seguito da scambi e dialoghi) centinaia di volte per tantissimi gruppi di ragazzi.  Lo pubblichiamo ora in rete per: 1- visualizzare il ricco patrimonio architettonico della Siria cristiana (le città morte del nord della Siria), che è, forse, stato demolito o saccheggiato; 2 - richiamare ai cristiani siriani che le loro radici sono qui in Siria; 3 - rispondendo all'invito del Papa che chiede che i cristiani d'Oriente non l'abbandonino "
Dura 15 minuti, la musica è bizantina liturgica.
 Nabil Antaki, per i fratelli Maristi di Aleppo






«Rimaniamo ad Aleppo perché qui è nata la fede»

L'appello dei Maristi blu
Dopo quattro anni di conflitti sempre più selvaggi, non si vede una soluzione. I siriani sono stanchi di una vita costantemente in pericolo, di vedere i loro figli crescere in questo clima e i giovani rassegnati a non avere futuro, di dover constatare che il loro Paese è sull’orlo della distruzione. Molti scappano dalle loro case e cercano rifugio dove è possibile, molti emigrano. Soprattutto i cristiani: ad Aleppo la metà di loro se ne sono già andati. 
Noi che restiamo, lo facciamo solo per la fede che ci anima, che ci permette di sperare contro ogni speranza. 

Viviamo con i piedi fondati sull’essenziale: «Non temere, ti porto nel palmo della mia mano, stabilisco con te la mia alleanza». La speranza che ci tiene in piedi, che ci permette di guardare a testa alta il male che scorre sotto i nostri occhi, è alimentata da Gesù che è morto sulla croce per noi, è resuscitato e vive in noi.



La Siria è stata la culla del cristianesimo. È qui che i seguaci di Gesù sono stati chiamati per la prima volta «cristiani ». Prima della guerra non c’erano tensioni tra cristiani e musulmani: tutti si sentivano siriani prima di “marcare” la loro appartenenza religiosa. Questa guerra non è mai stata un conflitto confessionale né un conflitto contro i cristiani, anche se i jihadisti in più di un’occasione si sono scagliati contro i cristiani. Anche oggi viviamo una grande fraternità con i musulmani. Nella nostra Ong dei Maristi blu ci sono volontari islamici che lavorano avendo come riferimento i nostri stessi valori. I beneficiari del nostro aiuto alimentare, medico, scolastico, sono sia musulmani sia cristiani. E i musulmani hanno condannato più volte e con nettezza i terroristi che dicono di agire in nome dell’islam. 

Tutti i siriani desiderano la pace e rimpiangono il tempo, un tempo non così lontano, in cui si viveva in un Paese stabile, sicuro, prospero e laico, che rispettava e tutelava tutti i cittadini al di là della loro etnia e dell’appartenenza religiosa.
I siriani sanno che questa è una guerra importata, e sono persuasi che essa, anziché produrre una primavera raggiante, è precipitata in un freddo inverno. Per raggiungere la pace è necessario anzitutto che lo vogliano gli attori “esterni”, chiudendo i rubinetti dei finanziamenti agli estremisti. È necessario che i “gendarmi del mondo” pongano fine ai loro interventi nefasti. Sono sotto gli occhi di tutti i risultati di tutti i conflitti combattuti da queste potenze dopo la seconda guerra mondiale: hanno avuto come risultato la distruzione. 



Quanto ai siriani, essi sapranno – quando verrà il giorno – fare pace tra di loro perché questo conflitto non è mai stato un conflitto tra siriani.

di Nabil Antaki,  Avvenire, 5 aprile 2015

venerdì 3 aprile 2015

Santa Pasqua 2015


IL DONO DELLA LA MORTE E RESURREZIONE DI CRISTO, CUI SI SONO UNITI I MARTIRI E TUTTI I CRISTIANI PERSEGUITATI, OLTRE ALLA GLORIA FUTURA SIA L'OCCASIONE PER CIASCUNO DI FORZA NELLA TESTIMONIANZA E PACE NEI RAPPORTI.

BUONA PASQUA!

giovedì 2 aprile 2015

Intervento della Santa Sede sulla situazione siriana. Per il rispetto dei bambini vittime della guerra

L'Osservatore Romano 



Pubblichiamo la traduzione italiana della dichiarazione dell’arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali, pronunciata a Ginevra il 17 marzo 2015, in occasione della 28ª sessione del Consiglio dei Diritti dell’Uomo.

Signor Presidente,

I conflitti hanno costretto un numero sbalorditivo di 5,5 milioni di persone a fuggire dalle proprie case nei primi sei mesi del 2014. Si tratta di un’importante aggiunta al record di 51,2 milioni di persone in tutto il mondo che già erano forzatamente dislocate alla fine del 2013 (Unhcr, Mid-Year Trends 2014, p. 3).
La Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sulla Repubblica Araba di Siria di recente ha riferito che, dall’inizio della crisi, «più di 10 milioni di siriani sono fuggiti dalle loro case. Si tratta di quasi metà della popolazione del Paese, ora privata dei suoi diritti elementari a un riparo e a un alloggio adeguato, alla sicurezza e alla dignità umana. Molti sono vittima di violazioni di diritti umani e di abusi e hanno urgente bisogno di misure protettive e di sostegno». Ad aggravare questa tragedia, più di 3 milioni di persone, per la maggior parte donne e bambini, sono fuggite dalla Repubblica Araba di Siria e vivono come rifugiate nei Paesi limitrofi (Relazione della Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sulla Repubblica Araba di Siria, Consiglio per i diritti umani [27ª sessione], 5 febbraio 2015). La violenza continua a produrre vittime in particolare in Medio Oriente, ma anche altrove, dove l’odio e l’intolleranza sono i criteri per le relazioni tra i diversi gruppi. I diritti umani di queste persone forzatamente dislocate vengono violati impunemente in modo sistematico. Diverse fonti hanno fornito testimonianze di come i bambini soffrano per le brutali conseguenze di uno stato di guerra persistente nel loro Paese. I bambini vengono reclutati, addestrati e utilizzati in ruoli di combattimento attivo, talvolta perfino come scudi umani negli attacchi militari. Il cosiddetto gruppo dello Stato Islamico (Isis) ha aggravato la situazione addestrando e usando bambini come kamikaze; uccidendo bambini che appartengono a comunità religiose ed etniche diverse; vendendo bambini come schiavi nei mercati; giustiziando un numero rilevante di ragazzini; e commettendo altre atrocità (Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, Concluding observations on the combined second to fourth periodic reports of Iraq, p. 5, punto 23 [a], 4 febbraio 2015, Ginevra). I bambini costituiscono circa la metà della popolazione di rifugiati nei campi profughi in tutto il Medio Oriente e sono il gruppo demografico più vulnerabile in tempi di conflitto e di migrazione. La loro vita in esilio è piena di incertezza e di lotte quotidiane. «Molti sono separati dalle loro famiglie, hanno difficoltà ad accedere ai servizi di base e vivono in una povertà crescente. Solo un bambino siriano su due tra quelli rifugiati nei Paesi limitrofi riceve un’educazione» (A. Guterres, discorso durante la sessione di apertura della conferenza su Investing in the Future a Sharjah, 15 ottobre 2014). Al di là delle situazioni specifiche che devono affrontare i bambini internamente sfollati e quelli che vivono nei campi profughi della regione, e al di là delle immense tragedie che li colpiscono, appare importante immaginare il loro futuro, focalizzandosi su tre ambiti di preoccupazione.
Anzitutto, il mondo deve affrontare la situazione dei bambini apolidi che, come tali, secondo la legge, non sono mai nati. Le Nazioni Unite stimano che solo in Libano ci siano circa 30.000 di questi bambini. Inoltre, a causa dei conflitti mediorientali e dello sradicamento di massa delle famiglie, diverse migliaia di bambini non registrati sono sparsi nei campi profughi e nei Paesi d’asilo (Unicef Monthly Humanitarian Situation Report, Syria Crisis, 14 ott. – 12 nov. 2014). Si tratta di “bambini fantasma” i cui genitori sono fuggiti dalla Siria, ma dei quali il nome e la data di nascita non sono mai stati registrati in nessun ufficio. Di fatto, l’Unicef rileva che 3.500 bambini “ufficialmente” non hanno una famiglia o un’identità. Ciò accade perché tutti i documenti personali sono stati distrutti sotto le macerie della guerra o, talvolta, semplicemente perché i genitori non avevano avuto il tempo o i soldi per registrare la nascita. I bambini apolidi attraversano da soli i confini internazionali e si ritrovano totalmente abbandonati. Il numero di persone apolidi nel mondo ammonta a 10 milioni. Mentre tutti devono affrontare grandi difficoltà, coloro che fuggono dalla Siria si trovano di fronte a sfide ancora più drammatiche: un bambino di età inferiore agli undici anni e privo di documenti non ha accesso nemmeno ai servizi più elementari. Ovviamente questi bambini non possono andare a scuola ed è probabile che vengano adottati illegalmente, reclutati in un gruppo armato, abusati, sfruttati o costretti alla prostituzione. Ogni bambino ha il diritto a essere registrato alla nascita e quindi a essere riconosciuto come persona dinanzi alla legge. L’attuazione di questo diritto apre il cammino che permette di accedere al godimento di altri diritti e benefici che riguardano il futuro di tali bambini. Semplificare i meccanismi e i requisiti per la registrazione, rinunciare alle tasse, impegnarsi per una legislazione sulla registrazione che includa i rifugiati sono alcuni passi per risolvere la piaga dei bambini apolidi.
In secondo luogo, un altro elemento fondamentale che incide sul futuro dei bambini sradicati è l’educazione. Sia in Siria sia nei campi profughi nella regione, fornire un’educazione è diventato estremamente problematico. Circa 5.000 scuole (Relazione della Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sulla Repubblica Araba di Siria, Consiglio per i diritti umani [27ª sessione], 5 febbraio 2015) sono state distrutte in Siria, dove oltre un milione e mezzo di studenti non riceve più un’educazione e dove gli attacchi contro gli edifici scolastici continuano. Gli estremisti dell’Isis hanno già chiuso un numero consistente di scuole nei territori sotto il loro controllo. La situazione di pericolo del Paese non permette ai bambini di frequentare la scuola, né di accedere a un’educazione adeguata. La comunità internazionale nel suo insieme sembra aver valutato male l’entità della crisi siriana. Molti ritenevano che il flusso di rifugiati siriani fosse temporaneo e che quei rifugiati avrebbero lasciato i Paesi d’asilo entro pochi mesi. Ora, dopo quattro anni di conflitto, appare probabile che questi rifugiati rimarranno e che la popolazione locale dovrà imparare a vivere con loro fianco a fianco. A causa del conflitto, i bambini sono indietro nell’educazione e stanno perdendo la gioia della loro infanzia. Nei campi ci sono solo 40 insegnanti per oltre 1.000 studenti, di età compresa tra i 6 e i 17 anni. La maggior parte degli insegnanti sono volontari, spesso anch’essi rifugiati. Le lezioni sono incentrate sul disegno e sulla musica per aiutare ad alleviare il trauma; quando sono disponibili i libri vengono insegnati scrittura e matematica. In Turchia i bambini hanno difficoltà ulteriori dovute alla barriera linguistica. I rifugiati parlano arabo o curdo, quindi non possono frequentare le scuole pubbliche dove si parla solo il turco. Per ragioni diverse, sia nel loro Paese natale sia nei campi profughi i bambini trovano un sistema educativo inadeguato che sconvolge il loro futuro. Ovunque c’è urgente bisogno di un sistema educativo che possa assorbire questi bambini e portare una qualche normalità nella loro vita.
In terzo luogo, un’altra seria conseguenza della violenza persistente che tormenta il Medio Oriente è la separazione dei membri della famiglia, che costringe tanti minori a cavarsela da soli. Alla radice della destabilizzazione della società c’è la violenza generalizzata che porta alla disgregazione della famiglia, l’unità fondamentale della società. Al fine di evitare l’ulteriore sfruttamento dei bambini e di proteggerli in modo adeguato, occorre compiere uno sforzo aggiuntivo per facilitare il ricongiungimento dei minori con le rispettive famiglie.

Signor Presidente,
I diritti a un’identità legale, a un’educazione adeguata e alla famiglia sono elementi chiave e requisiti specifici in un sistema comprensivo di protezione dell’infanzia. Tali misure esigono la stretta collaborazione di tutte le parti interessate. L’accesso a una buona educazione e a un’assistenza psico-sociale, come anche ad altri servizi fondamentali, è estremamente importante. Tuttavia, i bambini non possono beneficiare di tali servizi a meno che non vengano registrati alla nascita e che le loro famiglie e comunità vengano aiutate a proteggerli meglio. Se la violenza non finisce e non si riprende il ritmo normale dell’educazione e dello sviluppo, questi bambini rischiano di diventare una generazione perduta.
La pace in Siria e in Medio Oriente è la priorità per una sana crescita di tutti i bambini. Con convinzione, durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa Papa Francesco ha affermato: «Cessino le violenze e venga rispettato il diritto umanitario, garantendo la necessaria assistenza alla popolazione sofferente! Si abbandoni da parte di tutti la pretesa di lasciare alle armi la soluzione dei problemi e si ritorni alla via del negoziato. La soluzione, infatti, può venire unicamente dal dialogo e dalla moderazione, dalla compassione per chi soffre, dalla ricerca di una soluzione politica e dal senso di responsabilità verso i fratelli» (Incontro con i rifugiati e con giovani disabili nella chiesa latina a Bethany beyond the Jordan, sabato 24 maggio 2014).
Grazie, Signor Presidente.

L'Osservatore Romano, 28 marzo 2015

martedì 31 marzo 2015

Il Coordinamento per la Pace in Siria scrive al ministro Gentiloni: l'Italia promuova pace vera.


Dopo anni di mezze verità e di disinformazione sulla situazione siriana, finalmente qualcuno comincia a mettere in fila i fatti, a raccogliere testimonianze di prima mano, a informare la gente e a fare pressione sui nostri politici. E' il caso del "Coordinamento Nazionale per la Pace in Siria". 

Il 29 marzo 2015, con una lettera aperta al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Paolo Gentiloni, il Coordinamento denuncia l'inizio del piano triennale di addestramento militare USA di 15.000 "ribelli moderati"  in Turchia, sancendo così l'inizio di un nuovo triennio di guerra mentre l'incaricato ONU cerca di avviare inutili negoziati di pace. Ancora armi ed addestramento a guerrieri pronti a passare nelle fila dei fondamentalisti, come se l'Afganistan, la Libia, e tutte le "primavere arabe" non avessero insegnato nulla.


E' tutta da leggere la lettera del Coordinamento per la Pace in Siria, per non cadere nella trappola degli slogan e per dare credito alla voce dei nostri fratelli cristiani che oggi soffrono la guerra e domani la persecuzione.


La leggiamo avendo negli occhi Myriam, motivo di speranza e di fede sopra tutti i giochi sporchi di un occidente senza Dio.



 missili USA utilizzati da al-Nusra, branca di al-Qaeda, nella conquista di Idlib la settimana scorsa. 

Giunge intanto la notizia che padre Ibrahim Farah di Idlib è stato catturato e dovrà 

comparire davanti alla corte della sharia 

.
 Preghiamo per lui e per tutti i cristiani perseguitati.



Egregio signor ministro degli Esteri Gentiloni,
come Lei sa, è stato avviato il progetto turco-statunitense di addestrare 5.000 ‘ribelli moderati’ anti-ISIS. 15.000 combattenti nell’arco di tre anni saranno addestrati  dalle forze speciali statunitensi presso i campi di addestramento situati in Turchia (Kirsehir), Arabia Saudita e Giordania.
I primi 2.000 saranno principalmente scelti tra elementi turcmeni notoriamente ostili ad Assad. Le parole di Abdurrahman Mustafa (capo dell’Assemblea turkmena) alla televisione statale turca Trt chiariscono che la posizione di Ankara sposa perfettamente il punto di vista dei turcmeni: ”Aleppo è e rimarrà una città turca “.  
Anche le successive aliquote avranno una forte caratterizzazione antigovernativa. In Siria, dopo 4 anni di guerra, si combatte o con Assad o contro Assad e pensiamo che i ribelli saranno scelti tra quelli anti-Assad…
E' di dominio pubblico che conserveranno la denominazione di 'ribelli', appartenendo alle forze anti-Assad. A questa qualifica è stata aggiunta quella di 'moderati': a queste forze sarà messo in mano il futuro della Siria, il compito di risolvere il conflitto siriano.
Si sarà accorto, Signor Ministro che è già un non senso: i veri moderati sono quelli che non combattono, quelli che non hanno mai avuto l'attenzione della Comunità Internazionale e non sono mai stati invitati a trattative di pace…
Ma andiamo avanti: l’inizio del training è imminente, forse è già iniziato. L'addestramento in grande stile di 'ribelli moderati' era già stato deciso mentre l'incaricato Onu De Mistura cercava una difficile intesa per avviare nuovi negoziati di pace, questa volta più inclusivi.  
Signor Ministro, come si può affermare che da parte occidentale si vuole negoziare se si era già pianificato il proseguimento della guerra prima che quei negoziati iniziassero? Se l'incongruenza l'hanno colta i ribelli (che infatti hanno rifiutato ogni negoziato), l'avrà colta anche il governo italiano…
Il progetto per il quale le potenze occidentali stanno spendendo più energie è infatti che l'opposizione 'moderata siriana' formata da USA e Turchia dovrà essere in grado di combattere IS e successivamente il 'regime' di Bashar Assad. Le dichiarazioni del portavoce del Pentagono ammiraglio John Kirby e del Capo di Stato Maggiore Martin Dempsey sulla duplice finalità di queste forze, sono inequivocabili.
E anche se l'impiego dei ribelli moderati mutasse in corso d'opera con sole finalità anti-ISIS, non si può trascurare che l'utilizzo di ribelli 'moderati' è significato sinora il puntuale passaggio 'in toto' di uomini e mezzi ai vari gruppi jihadisti. Inoltre le stesse brigate di 'ribelli moderati' che saranno i primi ad essere addestrati continuano a combattere ad Aleppo le forze governative che devono così distogliere ingenti risorse dalla guerra contro ISIS: è un non senso.
Siamo certi che riconoscerà l'ambiguità di quando sta succedendo. Inoltre Lei sa benissimo che tutte le potenze regionali che hanno aderito a supportare il suddetto training non hanno mai nascosto di fornire basi e mezzi per il training solo a condizione che la nuova forza sia usata contro Assad.
Lei conosce benissimo i sentimenti delle forze regionali: queste forze regionali hanno fatto fuoco e fiamme alla sola ipotesi affacciata dal Segretario di Stato USA  Kerry (nel corso di una recente intervista televisiva) di aprire ad Assad per una soluzione pacifica del conflitto..
Non sfugge che se questi piani 'dominanti' si dovessero realizzare, la prospettiva per la Siria sarebbe quella di veder continuata l'opera di devastazione in corso. Facciamo nostro il giudizio del vescovo di Aleppo Abou Kazen, apparso in una recente intervista di Radio Vaticana: La guerra continuerà finché le potenze straniere vorranno alimentarla. Statunitensi e turchi hanno appena dichiarato di avere un piano di sostegno e addestramento dei gruppi ribelli per i prossimi tre anni.
Quindi hanno già messo in programma che la guerra durerà altri tre anni, e la gente qui continuerà a soffrire e a morire per altri tre anni
”.
Come Coordinamento Nazionale per la pace in Siria ci associamo al giudizio espresso dalla rete No War Italia e da altri soggetti, circa l'ambiguità occidentale usata nella guerra libica e poi in quella siriana per giustificare una non lungimirante e ingiusta politica estera.
E' avvilente che per nascondere questi interventi armati fatti solo per meri interessi geopolitici, si è usato impropriamente il ricorso alla guerra 'umanitaria' con il solo scopo di bypassare le Costituzioni nazionali e i Trattati internazionali.
Si tratta di scelte spregiudicate perché si basano più che sulla giustezza delle decisioni prese su ciniche scelte di campo. L'appartenenza a storiche alleanze di area, le motivazioni geopolitiche ed economiche non possono e non devono prevalere su ogni altra considerazione etica e morale! Inutile dire che aver intrapreso questo percorso espone a pericolose derive. Oggi proprio vicino alle nostre coste mediterranee ne vediamo le nefaste conseguenze.
Le nostre considerazioni sono quelle di migliaia e migliaia di italiani, perciò le chiediamo signor Ministro:
– di voler assumere una posizione autonoma e critica in merito al nuovo addestramento dei 'ribelli moderati' siriani;
– di voler riesaminare insieme al governo la permanenza dell'Italia nel gruppo 'amici della Siria' alla luce degli eventi attuali che mettono in chiara luce la natura settaria del conflitto siriano;
– di voler promuovere l' eliminazione delle sanzioni alla Siria che si accaniscono soprattutto sulla società civile, diventate ingiustificate anche verso il governo siriano che sta combattendo contro gli jihadisti;
– di voler riaprire i rapporti diplomatici con il governo di Damasco in considerazione del fatto che non esiste preclusione ad un negoziato da parte sua, bensì dalla parte antagonista.

                                                                              La ringraziamo dell'attenzione
                                                   
                                                                Coordinamento per la pace in Siria
http://www.siriapax.org/?p=5031

domenica 29 marzo 2015

Camminando ancora oggi sulla Via Dolorosa

I  quattro anni rubati ai bambini della Siria


AVVENIRE, 27 marzo 2015

di Marco Perini

In quattro anni un neonato si stacca dal seno della mamma, inizia a camminare, parla ed è pronto ad andare a scuola. In quattro anni un bambino ha quasi completato il suo ciclo di scuola primaria, ha imparato tante cose e Peppa Pig inizia ad essere noiosa. In quattro anni un ragazzo forma il suo carattere, gioca tanto con i suoi amici e usa il cellulare meglio dei suoi genitori. 
Ma questa è più o meno la vita normale, cioè proprio quella che non hanno vissuto le decine di migliaia di bambini profughi che in questi anni AVSI ha assistito nel sud del Libano. 
Loro, scappati dalla guerra in Syria, sono rimasti senza scuola e libri; hanno sofferto nei freddi inverni sotto a una tenda che è diventata casa loro; hanno contratto almeno una malattia della pelle, dovuta al fatto che l’acqua è un lusso sovente troppo caro anche per lavarsi; hanno sofferto della mancanza del papà rimasto a combattere o ucciso; non fanno sogni d’oro, ma piuttosto sono svegliati dagli incubi di un mortaio che scoppia; giocano a calcio senza scarpe perchè quelle che hanno, al posto dei tacchetti, hanno i buchi dell’usato o sono ciabatte in gomma; non programmano il futuro perche’ il presente è sufficientemente difficile da affrontare che non c’è più tempo per pensare al domani, bisogna sopravvivere oggi. 
Ormai più di quattro anni son passati da quando qualche ragazzo di Daraa manifesto’ per una Siria più libera e da quando immediatamente i soliti noti presero in possesso le loro giovani speranze trasformando una rondine che non fece mai primavera (araba) in un lungo e mortifero inverno dell’uomo. Oggi i morti si sommano oltre i 200mila e le persone che tecnicamente si definiscono bisognose di assistenza umanitaria sono 12 milioni. Tutto questo solo a causa della guerra in Siria, ma se aggiungiamo l’Iraq e il Kurdistan questo raccapricciante conteggio non può che salire. 
Il mondo ha ricordato questo triste compleanno più per la paura dello spietato Stato Islamico che per i bisogni di innocenti in fuga verso una destinazione senza futuro. Ma lo Stato Islamico non è nato dal nulla, senza un dollaro e formato da quattro accattoni: esiste da prima che i riflettori lo inquadrassero ed è stato addestrato e foraggiato anche da chi oggi vorrebbe combatterlo. 
 
Dopodichè contro di loro potremo vincere delle battaglie, ma mai la guerra e la ragione e’ tanto crudele quanto semplice: fino a quando questo nostro sistema continuerà a produrre guerre e miseria, di ragazzi senza futuro sarà pieno il mondo. Neonati sofferenti, bambini analfabeti, ragazzi rifugiati, giovani senza lavoro, padri morti, mamme disperate: un incredibile terreno fertile per chi propone loro una 'guerra santa' per un mondo migliore, tanto uno peggio di quello che stanno vivendo oggi non riescono ad immaginarlo. 

Ecco perche’ solo attraverso l’aiuto a queste persone, che da quattro anni sopravvivono in un campo profughi lontane da casa, si può immaginare un futuro diverso dal presente: un bambino che va a scuola, una mamma che lo aspetta con il pranzo fumante o una medicina in caso di malattia e un padre che porta a casa un salario, difficilmente vorranno diventare carne da macello per una “guerra santa”. Ma se manca anche quel minimo di normalità che ognuno di noi cerca, allora continueremo a chiederci senza trovare risposta perchè le periferie del mondo continuano a produrre tanta disperazione. 
Monsignor Antoine Audo, presidente di Caritas Syria scrive: “…In questo momento non c’è né sicurezza né lavoro. I ricchi hanno lasciato la Siria e la regione, la classe media è diventata povera e i poveri sono nella miseria”. Il quarto compleanno non è un bel giorno, però ognuno di noi può fare qualcosa perche’ il prossimo sia migliore.


Gregorio III Laham: Il Libano chiude le frontiere e cresce il dramma dei cristiani siriani


Il patriarca melchita racconta ad AsiaNews di “moltissimi” sfollati interni in Siria, un problema “ancor più grande” dei rifugiati oltreconfine. Oggi i varchi restano aperti per i cristiani di Hassakeh, vittime dell’offensiva dello Stato islamico. La guerra "origine di tutti i mali". In Quaresima chiese di Damasco gremite di fedeli che pregano per la pace. 




AsiaNews

  La decisione del Libano di chiudere le frontiere "ha reso ancor più grave e drammatico" il problema dei rifugiati cristiani. Oltre a quelli che vivono nei campi profughi oltreconfine, adesso vi sono "moltissimi sfollati interni" in Siria ed essi rappresentano "un problema ancora più grande".
È quanto afferma ad AsiaNews il Patriarca melchita Gregorio III Laham, il quale chiede con forza "la fine della guerra" perché "è solo da essa" che derivano tutti i mali non solo della Siria, ma di tutta la regione mediorientale.
Intanto i cristiani siriani e irakeni fuggiti nei mesi scorsi in Libano lanciano un appello per "ulteriori aiuti dalla comunità internazionale": vi è un bisogno crescente di nuove abitazioni per accogliere gli esuli e garantire loro un tetto sotto il quale vivere. 
Dall'inizio della rivolta contro il presidente Bashar al Assad, nel 2011, oltre 3,2 milioni di persone hanno abbandonato la Siria e altri 7,6 milioni sono sfollati interni. Almeno 200mila le vittime del conflitto, molte delle quali civili per i quali il 2014 è stato l'anno peggiore. Proprio nel contesto del conflitto siriano è emerso per la prima volta, nella primavera del 2013, in tutta la sua violenza e brutalità lo Stato islamico, che ha strappato ampie porzioni di territorio a Damasco e Baghdad.

In questi giorni migliaia di persone hanno affollato due chiese di Beirut, per ricevere scorte alimentari e altri generi di aiuti distribuiti da organizzazioni attiviste internazionali che operano a favore dei rifugiati.
Iman Chamoun, 42enne cristiana originaria di Mosul, in Iraq, prima grande città a cadere nelle mani dei jihadisti, da nove mesi vive nel campo profughi: "Ci hanno preso tutto, casa, libri, persino le porte. Il lavoro di 25 anni - piange - perso in un minuto". 
Una donna del villaggio di Tel Nasri, a maggioranza cristiana assira nella provincia nord-orientale di Hassakeh, sottolinea che "vivevamo come re nella nostra terra, i nostri figli potevano andare a scuola. Avevamo tutto, e guardate ora in che condizioni siamo". Accanto a lei due materassi e un cesto di cibo, appena ricevuti. Due settimane fa ha lasciato il villaggio di origine con i figli, mentre il marito è rimasto a guardia della casa. 
Nelle ultime settimane il Libano ha chiuso le frontiere con la Siria, perché non è più in grado di accogliere altre ondate di profughi. Resta valido l'ingresso per i cristiani della provincia di Hassakeh, teatro di recente di un'offensiva dello SI che ha sequestrato centinaia di fedeli, molti dei quali tuttora nelle loro mani.


Per i cristiani siriani è "più facile" la scelta del Libano, spiega il patriarca Gregorio III Laham, perché "da lì resta viva la speranza di tornare nelle proprie case, un giorno" e di "non svuotare la regione della presenza cristiana". Ora però Beirut "ha chiuso le frontiere" e "non accetta più nessuno, se non quanti sono fuggiti dai villaggi di Hassakeh", perché "non è più in grado di ricevere altra gente, altri profughi, mancano gli aiuti, mancano le scuole per far studiare i bambini".

Per il patriarca melchita si tratta di un "duplice dramma", perché oggi lo Stato e le organizzazioni internazionali "non bastano più" per rispondere ai bisogni dei profughi e "la portata della tragedia si fa sempre più ampia". Per questo, sottolinea, "sono sì importanti gli aiuti, ma quello che davvero serve è la fine della guerra".
Egli lancia un appello "per la fine dei conflitti" e si rivolge ai governi stranieri "perché la smettano di dare denaro e armi", elementi che favoriscono l'inasprirsi delle tensione e delle violenze. "La guerra, ecco il vero, grande e unico problema - accusa - per questo preghiamo per la fine degli scontri".

In questi giorni di Quaresima, conclude il patriarca, le chiese di Damasco "sono gremite di fedeli" che chiedono la pace, "che pregano con rinnovato vigore per un futuro di pace" in Siria e in tutto il Medio oriente.

martedì 24 marzo 2015

'Ad Aleppo continua la Via Crucis con la scoperta, ogni santo giorno, di nuove Stazioni della sofferenza' : da fra Ibrahim

23 marzo: 13 morti e 35 feriti 
per i lanci dei 'cannoni dell'inferno' dei ribelli
 sui quartieri civili di Aleppo 
al Jamiliyeh e Baron Street
























Terza lettera di fr. Ibrahim da Aleppo 
Aleppo, 5 marzo 2015

Aleppo: “città devastata”
Per descrivere la realtà di Aleppo, non ci sono parole sufficienti. L’intelletto con tutto il suo talento creativo in composizioni concettuali si trova impotente. La mano che scrive ha una grande esitazione e non va più avanti e la penna si blocca con riverenza, davanti al mistero della Crocifissione dell’umanità, umanità creata dal “Principio d’amore” a Sua “immagine e somiglianza” con tanta cura e creatività. Aleppo è una città devastata, colpita profondamente!
Un sacerdote, facendo confronto fra quello che è successo durante la guerra civile in Libano e ciò che sta accadendo in Siria oggi, mi ha detto: “È vero che in Libano eravamo sotto tiro, eravamo in piena guerra porta a porta, ma continuavamo a lavorare: c’era lavoro. Il problema con la guerra siriana, in special modo ad Aleppo, è che la gente ha perso il lavoro. La prima devastazione ha comportato la distruzione delle risorse di base e delle industrie”.
Assistiamo ad una catastrofe del sistema economico, a un crollo dell’intera società, di un popolo e di una cultura. In mezzo a tutto questo disastro noi, come Chiesa, cerchiamo di essere quella rete di relazioni che impedisce all’uomo di crollare.
Mentre Damasco è stata colpita duramente con la mancanza di elettricità, con il caro vita e con i bombardamenti sulle abitazioni, Aleppo è stata colpita più duramente, con l’aggiunta della mancanza d’acqua, di viveri e, soprattutto, di lavoro.
Nonostante tutto ciò, io vedo che le famiglie e le singole persone, almeno la maggior parte di loro, riescono ancora a reggersi in piedi. I cuori non si sono ancora indeboliti al punto da perdersi d’animo. C’è una forte resistenza di tipo passivo che attinge la sua vera forza nella preghiera, nella fede retta e nella speranza certa. E questo accade sotto i colpi durissimi che essi ricevono ogni giorno, con la morte di bambini e di giovani, con l’emorragia dell’emigrazione dei giovani maschi e con lo stillicidio della perdita del lavoro.
Quello che m’incoraggia ad andare avanti nella mia missione quotidiana, nonostante tutti i segnali di morte che vedo quotidianamente, sono quelle parole che Gesù ha pronunciato sulla figlia di Jairo: “non è morta, ma è solo addormentata”.

C’è ancora Speranza”: questa frase è diventata, ad Aleppo, la professione di fede del Parroco di Aleppo, dei suoi parrocchiani, di tutti i cristiani. Questa è la frase che dimora nei nostri cuori e che è sulle nostre labbra, quella che pronunciamo instancabilmente al posto delle diverse e antiche professioni di fede dei primi cristiani: “Gesù è Signore” oppure “Maranatha (Vieni Signore Gesù)”.


La missione pubblica di Gesù che continua oggi ad Aleppo
Ultimamente nella Liturgia eucaristica, vi era il racconto di S. Marco della missione pubblica di Gesù. Egli percorreva le strade delle città predicando il Vangelo, scacciando i demòni e guarendo la gente da ogni sorta di malattia. Pensando alla mia missione ad Aleppo con tutte le dure realtà di cui vi ho già parlato, in special modo con i casi difficili che quotidianamente affronto nell’accoglienza in parrocchia, veramente mi scopro, come persona credente e come sacerdote, a continuare la missione pubblica di Gesù. E non solo con gli interventi miracolosi di guarigione dalle malattie del corpo, quelle psicologiche e spirituali, attraverso la Parola e i Sacramenti, ma anche con i piccoli gesti concreti di carità che faccio ogni giorno. Come ci ha detto Papa Francesco nel suo recente “Messaggio per la Quaresima”, la Chiesa è “la mano di Dio”, una mano che guarisce.
E io mi sento parte di questa tenera mano, che sfiora le ferite molto profonde dell’umanità curandole, di quell’umanità devastata che è qui in Aleppo e che nient’altro è che il Suo Corpo violentato incessantemente. Io sono sinceramente fiero di essere parte e strumento della Sua tenerezza, presenza amorevole del buon Pastore. Sperimento ogni giorno quella “forza di guarigione” che è presente nella Parola di Dio e nei sacramenti, in modo speciale nella santissima Eucaristia e nel sacramento della Riconciliazione. Sono sempre più consapevole di come questa mano “ricca di tenerezza” non possa fermarsi ad ammaestrare richiamando alla santità; occorre anche che concretamente accada quello che era proprio del “tocco di Gesù”: quella pienezza di compassione che arriva a toccare il lebbroso prima di guarirlo (Mc 1, 39).

Visite nella zona di Middàn
Il nome di Middàn significa in arabo il campo. Da quando è iniziato il “caos” ad Aleppo, Middàn è diventato seriamente un campo non di fiori, ma un campo di battaglia, un campo dove si muore con estrema facilità. In questa zona popolare abitano tante famiglie cristiane di origine armena, numerose di figli. I negozi sono prossimi alle loro abitazioni vicinissime l’una all’altra; le case sono piccole e gli edifici alti, di cinque o sei piani.
Questa zona di Middàn ha subìto e continua a subire la sorte peggiore. Le famiglie, in maggioranza poverissime, non ce la fanno ad abbandonare le case poiché non hanno altro luogo in cui rifugiarsi. Se ne stanno rintanati nelle loro case a distanza di solo 100 metri dalle milizie armate, che continuamente lanciano i loro “regali di morte”: bombole di gas, mortai e missili.
Si odono insistenti i rumori delle sparatorie e le strade non sono agibili se non correndo e a rischio della vita per la presenza dei cecchini che si divertono a puntare e ammazzare uomini e donne disarmati, costretti a uscire dalle case in cerca di lavoro o per comprare qualcosa da mangiare.
Due famiglie le cui case sono state visitate da quei “regali di morte” e che, nonostante ciò, continuano ad abitare in quelle case notevolmente danneggiate, mi hanno chiesto un aiuto per ripararle, anche se parzialmente. Dopo uno studio accurato, li ho incoraggiati a cominciare a fare delle riparazioni seppur limitate, in modo da poter continuare a viverci dignitosamente, nonostante il reale pericolo di venir bombardati di nuovo…

Bassam, il marito della prima famiglia, mi ferma alcuni passi prima dell’edificio per spiegarmi come e dove è caduta la bombola di gas che ha distrutto il suo balcone, tutte le finestre e le porte della casa e, fissando lo sguardo su di me, mi dice: “Padre, è una grande gioia che tu venga a casa nostra in questo momento di grande pericolo. Io e mia moglie siamo senza parole dalla gioia di ricevere la benedizione della casa, questo nonostante i molti impegni che tu hai. Il valore di questo gesto è che, visitando la nostra casa, tu ci porti la benedizione dal Signore”.
All’uscita dell’edificio egli mi mostra la strada dove sono morte 18 persone a causa di un cecchino delle milizie armate che sparava sulla gente inerme, disarmata. Quando siamo entrati ho benedetto con l’acqua santa la casa, abbiamo pregato di fronte a una piccola icona della Madonna, dove egli prega solitamente con sua moglie. Abbiamo controllato parte dei lavori già terminati e poi siamo scesi di nuovo. Nel timore per la mia vita per via dei cecchini, egli, che sa come muoversi, mi accompagna alla seconda casa; però lui non entra, per rispetto dell’intimità delle persone che vi abitano.

La seconda casa è quella di una coppia, marito e moglie. Lui lavorava come autista, ma poi ha perso il lavoro e ora a mala pena trova qualcosa da fare. Sua moglie è casalinga. Entro da loro e vedo che la casa è composta di una stanza da letto, una cucina e una stanzetta piccolissima dove possono sedersi strette strette quattro persone. È proprio questa stanza che è stata colpita da un “regalo di morte” mentre loro due erano in casa.
L’esito dell’esplosione è stato il tetto forato, la distruzione di una parete e tutto l’arredamento poverissimo andato perduto nell’incendio. Da quel momento la moglie ha sofferto ripetutamente di collassi nervosi e il marito era molto preoccupato ma, nonostante tutto questo, il sorriso non ha mai lasciato il suo volto. Dopo aver pregato con loro, li ho benedetti con quel che rimane della casa e ho ispezionato i lavori di ricostruzione già cominciati.
Il tetto è stato coperto con una “lastra di zinco” che ha sostituito i precedenti mattoni, ma ancora ha da essere cementata. La scelta di non costruire con i mattoni è stata loro, per via del pericolo quotidiano di subire nuovi crolli. È stata rifatta una finestra e sono arrivate alcune sedie, prestate da famigliari.

Il terzo caso che vi racconto è quello di una signora, madre di cinque figli, che si presenta informandomi che il marito è stato ricoverato d’urgenza all’ospedale perché soffre di “cirrosi virale del fegato”. Egli ultimamente non lavorava più e lei è casalinga e tutti e cinque i figli sono troppo piccoli per lavorare. Come fare a pagare l’ospedale, le ricette mediche e il farmaco, molto caro, necessario per curare la malattia del marito? Come Parrocchia abbiamo contattato la clinica dove Mosés (questo il nome del marito) è stato ricoverato e abbiamo promesso di coprire tutte le spese di ricovero e per i medicinali. Dopo le dimissioni dalla clinica, Mosés è ritornato a casa stanco e senza forza. Ora, egli necessita di un nuovo trattamento medico e di nuove cure e per questo deve raggiungere la città di Homs oppure Damasco. Per i viaggi, i ricoveri e la lunga lista di medicinali che sta prendendo e che deve continuare a prendere… si accumulano le fatture!
Ho trovato l’intera famiglia riunita in una stanza: i figli tutti insieme raccolti come pulcini attorno alla madre e al padre senza fiato. Mi hanno raccontato della loro esperienza con la Provvidenza divina che non è mai mancata, della speranza che tutto questo finisca presto e che la figlia più grande, studentessa universitaria, si possa finalmente laureare aiutando con il suo lavoro l’intera famiglia. Abbiamo poi pregato tutti insieme, quindi ho benedetto loro e la casa, assicurando che la mano tenera di Dio, che è la Chiesa loro madre, sarà sempre presente accanto a loro, non esitando ad aiutarli spiritualmente e anche nel bisogno concreto.



Sulla via del ritorno alla Parrocchia, mentre riflettevo sull’esperienza e sul dono di questi “incontri”, ho capito di aver percorso una Via Crucis vera e propria. Sono infatti, entrato profondamente nel Mistero della sofferenza di Gesù, della sua Morte e della sua Risurrezione: in modo unico, speciale. Mi pareva, mentre mi incamminavo tra una casa e l’altra, in quella zona colpita così duramente, di percorrere con i miei Confratelli le Stazioni (della Via Crucis) nella vecchia città di Gerusalemme. Spero che il Signore mi dia la forza di non smettere mai di vivere quotidianamente questa “Via Crucis” reale per poter essere segno efficace del Suo tenero amore alle membra più sofferenti del Suo Corpo, che è qua ad Aleppo.
Vi ho testimoniato solo tre Stazioni, ma ve ne sono tante altre che vivo ogni giorno... Sembra veramente che il “cuore” della mia missione ad Aleppo sia proprio questa continua Via Crucis con la scoperta, ogni santo giorno, di nuove Stazioni della sofferenza… all’infinito.

La Mano tenera di Dio
Valeva la pena di visitare le case semi-distrutte con gli uomini, le donne, i ragazzi e i bambini che le abitano? E incontrare quell’uomo ammalato con la sua famiglia? Non potevo pensare ad un aiuto “da lontano”, senza sottopormi al rischio di un incontro improvviso con “sorella morte”?
Questa è una bella domanda che io come Parroco ho continuato a pormi fino a quando il buon Pastore stesso ha mi dato la risposta, con un’altra domanda che spiega tutto: “Valeva la pena di toccare il lebbroso, prima di guarirlo? Non si poteva cioè guarirlo senza toccarlo?”.
Se si tratta di manifestare la tenerezza di Dio che distrugge tutte le divisioni e le barriere fra l’uomo e il suo Dio, se si tratta di manifestare il Suo Amore verso la Sua creatura colpita e martoriata, questo gesto del toccare è il gesto ESSENZIALE della “liturgia divina della guarigione”.
È il mio piccolo gesto della visita alle persone sofferenti nelle loro case, a rischio della mia vita stessa, è questo gesto di starci, di esserci fisicamente, che ha degli effetti quotidiani di “guarigione” nella vita delle famiglie.
La visita a queste case di Midàn, è il gesto più bello e più vero per testimoniare come anche oggi Gesù non si vergogna di toccare la lebbra, pur di manifestare quanto Lui è presente. Non c’è cosa più vera e concreta di quel tocco di Gesù al lebbroso (la conversione di Francesco comincia con l’incontro e il bacio dell’Amore al lebbroso!), quel tenero tocco della Chiesa che aiuta a riparare materialmente la casa danneggiata dalla bomba o quel tocco della Chiesa che aiuta a guarire un padre di famiglia, altrimenti condannato da una malattia che non perdona.
Questo gesto concreto vale più di tantissime parole poiché ha la forza di guarire, anzi, di risuscitare dalla morte!
Al gesto del “tocco” al lebbroso se ne aggiunge un altro che manifesta l’immensa tenerezza di Dio.
È il dono compassionevole del cibo offerto da Gesù alla folla affamata, attraverso il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mc 6, 34-44).

Quanta letizia ho sperimentato, dopo questa giornata faticosissima, ma ricolma di segni di tenerezza e di compassione, appoggiando il capo sul cuscino prima di addormentarmi in pace, consapevole di essere stato il tramite affinché la missione pubblica di Gesù abbia a continuare qui e ora: manifestando Egli stesso la tenerezza del Padre nei confronti dei suoi figli!

Quanta più gioia c’è nel dare che nel ricevere!” (At 20,35)

fr. Ibrahim
E-Mail: francescovai@hotmail.com; francescovai22@gmail.com