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giovedì 12 marzo 2015

'Gli Stati Uniti vogliono ridisegnare la carta del Medio oriente, favorendo la nascita di Stati federali fragili, con l'obiettivo di garantire la sicurezza di Israele'

AsiaNews, 12 marzo 2015

Con Riyadh, Ankara e Doha, Washington “resuscita” i Fratelli musulmani contro lo Stato islamico
di Fady Noun

L’ascesa al trono di re Salman in Arabia saudita ha cambiato la politica del regno. Archiviata l’era del potente capo dell’intelligence Bandar ben Sultan, rafforzato l’asse con gli Stati Uniti. Il progetto di ricostituire la Fratellanza come come forza di influenza in tutto il mondo arabo. Gli Usa vogliono annientare lo SI e frammentare il Medio oriente per proteggere Israele. 

 L'avvento alla guida dell'Arabia saudita di re Salman ha causato una vera e propria rivoluzione a Palazzo. Due gli eventi principali, come sottolinea dietro anonimato un ricercatore franco-libanese residente a Parigi: la partenza del 65enne principe Bandar ben Sultan, il potente capo dei servizi di intelligence del regno wahabita e del suo gruppo, che hanno contribuito a plasmare la politica estera e di sicurezza del Paese per decenni; e la decisione di ricongiungersi con la Fratellanza musulmana.
Lo studioso spiega che questa decisione è stata caldeggiata con vigore dalla Casa Bianca. Al tempo stesso, il Dipartimento di Stato americano ha ricevuto di recente la visita di una delegazione di leader dei Fratelli musulmani e ricordato che, per quanto concerne gli Stati Uniti, "la Fratellanza non è né un gruppo terrorista, né seguaci della violenza". Anche lo stesso presidente Barack Obama ha ricevuto non molto tempo fa l'emiro del Qatar, molto vicino ai Fratelli musulmani.
Chiaramente, questo cambiamento di rotta nella diplomazia saudita e statunitense intende prima di tutto coinvolgere i Fratelli musulmani nella lotta contro lo Stato islamico (SI, Daesh in arabo) e al Qaeda in Iraq, in Siria, in Libia, in Tunisia, in Egitto e nello Yemen.
A fronte dei vantaggi per gli Stati Uniti nel caso di una simile svolta, vi sono anche elementi di preoccupazione per gli arabi democratici, primo fra tutti la conseguente destabilizzazione del presidente egiziano Abdel Fattah Sissi, in guerra aperta contro gli "Ikhwan". Washington finirebbe per commettere un errore madornale, come è avvenuto in precedenza in Iraq. Ben sapendo, peraltro, che anche lo stesso presidente al Sissi non è certo esente da colpe.

Il fallimento di una strategia
Ripercorrendo il tempo del regno di re Abdallah, l'esperto franco-libanese ricorda che Bandar ben Sultan per contrastare l'Iran e la Russia ha scelto per diversi anni di sostenere in modo massiccio le organizzazioni wahabite estremiste, in particolare in Iraq e Siria. Fra queste vi sono proprio al Qaeda e, soprattutto, lo Stato islamico con il suo progetto del Califfato.
Lo studioso sottolinea due elementi sorprendenti della strategia perseguita a lungo dall'ex responsabile dei servizi sauditi: la diffidenza - per non dire l'odio aperto contro l'amministrazione democratica americana, e contro gli Stati Uniti in generale. Questo atteggiamento potrebbe risultare sorprendente, sapendo che Bandar ben Sultan - durante il lungo soggiorno come ambasciatore a Washington - aveva stretto forti legami con la classe politica statunitense, oltre che con il gotha dello star system americano. Con una menzione particolare per la famiglia Bush e i magnati dell'industria militare a stelle e strisce.
Forse un giorno torneremo sui motivi profondi, "intimi" dell'anti-americanismo che albergano in Bandar, nella moglie e nella sua cerchia (il clan degli Al-Faisal). Per l'esperto non pare plausibile l'ipotesi che l'uomo e quello che egli rappresentava siano stati colpiti dagli attentati del 2001 negli Stati Uniti o, più di recente, dalle decapitazioni di cittadini americani.

"Rivoluzioni democratiche" 
Un altro elemento attira la nostra attenzione, per quanto concerne la politica seguita da Bandar ben Sultan negli ultimi mesi: egli temeva che il presidente Obama potesse sollevare "rivoluzioni democratiche" guidate dai Fratelli musulmani nella penisola arabica e nel regno stesso... Al punto da correre il rischio di favorire la conquista dello Yemen da parti degli sciiti Houthi pro-Iran, perché ciò avrebbe messo all'angolo i membri di Al-Islâh, la potente branca yemenita dei Fratelli musulmani!
In breve, dal 25 gennaio il nuovo re Salman d'Arabia e il suo clan Soudeyri - che trae le proprie origini dalla sposa prediletta del fondatore della dinastia, Ibn Saud - hanno imposto una svolta netta, in collaborazione con il presidente americano sbarcato a Riyadh per la cerimonia di intronizzazione, accompagnato da dozzine di alti funzionari, funzionari dell'intelligence ed esperti.
La "nuova" strategia congiunta americano-saudita sarebbe quella di ripristinare la Fratellanza musulmana, come forza di influenza in tutto il mondo arabo. Il tutto, potendo contare sul sostegno di due storici protettori della Fratellanza: Qatar e Turchia.

Il breve e il lungo periodo 
Quali sono le ragioni di questa nuova svolta? Nel breve periodo, se possibile, il presidente Obama vuole annientare lo Stato islamico, divenuto il nemico numero uno dell'America. Per questo può già contare sui curdi di Siria e Iraq (che non smette di armare) e sugli sciiti irakeni (sostenuti dall'Iran e da Hezbollah).
In Iraq Obama e i suoi alleati stanno preparando con cura la riconquista di Mosul, la grande metropoli sunnita della piana di Ninive. Una partecipazione dei Fratelli musulmani e delle tribù sunnite irakene in quest'assalto sembra indispensabile.
In Yemen, di fronte agli Houthi sciiti, al Qaeda, asserragliata nel sud e a est, pretende di incarnare essa sola "la resistenza sunnita". Per gli americani, è tempo di resuscitare al-Islâh (i Fratelli musulmani e le tribù) per offrire un'alternativa a quel 55% di sunniti yemeniti.
In Egitto, Obama spera di riconciliare il presidente Sissi e i Fratelli musulmani per fermare l'avanzata dei jihadisti wahabiti, che moltiplicano attacchi e attentati, soprattutto nel Sinai e nelle grandi città.
Anche in Libia un riavvicinamento fra i Fratelli e l'alleanza diretta dal generale Haftar (Cia) potrebbe forse rallentare la crescita di Daesh e di Ansar al Sharia, che minaccia il Sahel e il Magreb.
Ecco dunque che oggi, agli occhi del presidente Obama, solo i Fratelli musulmani - presenti in tutti i Paesi arabi, ben organizzati e presunti "moderati", disposti a collaborare con Washington - sono in grado sul versante sunnita di sfidare lo Stato islamico, in un periodo in cui il mondo arabo, diversi milioni di sunniti, è sensibile ai richiami dai toni radicali del wahabismo.

Nel lungo periodo, gli Stati Uniti vogliono - secondo quanto emerge da numerosi elementi - ridisegnare la carta del Medio oriente, favorendo la nascita di Stati federali fragili (sullo stile della Bosnia), associando fra loro diverse componenti etniche e religiose. Con l'obiettivo di garantire la sicurezza di Israele.
Se si riveleranno alleati "credibili", i Fratelli musulmani saranno chiamati a rappresentare, almeno in parte, la componente araba sunnita nei diversi Paesi coinvolti.
Le tattiche e strategie degli Stati Uniti a cosa conducono? Lo Stato islamico sarà sconfitto? I Fratelli saranno un alleato efficace e accomodante verso l'Occidente? L'attualità non tarderà a fornirci le risposte.

http://www.asianews.it/notizie-it/Con-Riyadh,-Ankara-e-Doha,-Washington-%E2%80%9Cresuscita%E2%80%9D-i-Fratelli-musulmani-contro-lo-Stato-islamico-33699.html

15 mars 2015 : Journée mondiale de prière pour la Syrie

Appel au monde entier : « Assez ! Assez ! Assez de la guerre en Syrie ! »

L’appel du Patriarche Grégoire III :

« Le carême est un chemin de croix, et les pays arabes en sont à leur cinquième année de chemin de croix. La tragédie que nous vivons aujourd’hui est la plus importante depuis la seconde guerre mondiale. Nous sommes désemparés devant la douleur et la souffrance de toutes les communautés chrétiennes et musulmanes de notre peuple. Tout le monde a été touché par la pauvreté, la faim, le froid, le manque de vêtements, les maladies et invalidités
Du plus profond de nos souffrances et de notre douleur en Syrie, nous crions avec notre peuple qui souffre, qui marche sur le chemin sanglant de la Croix, et lançons un appel au monde entier : Assez ! Assez ! Assez de la guerre en Syrie ! 
Nous croyons en la puissance de la prière et nous appelons à une journée de solidarité avec la Syrie, une journée de prière pour l’espérance et la paix en Syrie. »

martedì 10 marzo 2015

Farouq: "Ci dobbiamo chiedere: chi sta facendo propaganda per l’Isis? Chi sostiene i suoi crimini?"



Intervista a Wael Farouq 
di Pietro Vernizzi

“In caso di un attacco dell’Isis questo avverrà contro una figura simbolica come il Papa”.
Lo denuncia Wael Farouq, intellettuale egiziano e professore dell’Università Cattolica di Milano, secondo cui “lo Stato Islamico ha i mezzi e soprattutto i finanziamenti per riuscire a organizzare questo tipo di attentato”. 

Partiamo dai raid voluti dal presidente Al-Sisi. Quale ruolo può giocare l’Egitto in Libia?
Al-Sisi non ha attaccato la Libia né ha cercato di combattervi di sua spontanea iniziativa. Ciò che ha fatto è stata una semplice reazione allo sgozzamento di 21 cristiani egiziani. Non ha compiuto nulla di diverso rispetto a quanto ha fatto il re di Giordania dopo che il pilota Muadh al Kassasbe è stato bruciato vivo. Eppure la reazione internazionale all’azione della Giordania è stata molto diversa rispetto all’azione dell’Egitto. Il problema è esattamente questa differenza, e soprattutto il motivo per cui questa guerra è continuata fino a ora.

Lei ritiene necessario un intervento militare in Libia?
Sono contrario al tentativo di combattere la violenza con la violenza, e ritengo che non si debba intraprendere una nuova guerra. Ma in tempi di violenze così efferate e di un male così brutale, dobbiamo tutti essere chiari di fronte alla nostra coscienza.

Che cosa le sembra poco chiaro?
Non riesco a capire perché la comunità internazionale, e in particolare gli Stati Uniti ed alcuni Paesi europei, non siano scandalizzati per il fatto che il Qatar abbia continuato per anni a finanziare i gruppi terroristi, tra cui Isis e Al-Nusra. In questo modo il Qatar si è reso responsabile delle persone bruciate vive e dello sgozzamento dei cristiani in tutto il Medio Oriente. Non solo offre rifugio ai terroristi, ma Doha è l’unica capitale al mondo a ospitare una rappresentanza ufficiale dei talebani. Il Qatar è profondamente colluso con tutti i misfatti compiuti da Stato Islamico e Al-Qaeda. Questi problemi resteranno insoluti fino a quando gli interessi politici ci impediranno di dire ad alta voce che Qatar, Arabia Saudita e Turchia sono la fonte principale di tutta la violenza in Medio Oriente.

Che cosa ne pensa dell’attentato compiuto dall’Isis contro l’ambasciata iraniana a Tripoli?
L’Isis sta attaccando chiunque, perché è convinta che gli unici veri musulmani nel mondo siano i 40mila militanti che combattono sotto le sue bandiere. Per l’Isis insomma siamo tutti miscredenti. La vera questione su cui dovremmo indagare non è la natura dell’ideologia dell’Isis, ma i motivi per cui Paesi come Turchia, Qatar e Arabia Saudita stiano sostenendo i suoi crimini. Stiamo parlando dei tre principali alleati del mondo occidentale in Medio Oriente, eppure nessuno osa interrogarli sul loro sostegno al terrorismo.

Quanto è potente lo Stato Islamico?
I militanti dell’Isis sono soltanto dei tagliagole e da soli non potrebbero fare nulla senza il sostegno finanziario e le armi di Turchia, Qatar e Arabia Saudita. Ciò che ci dobbiamo chiedere è chi stia acquistando petrolio dallo Stato Islamico e chi stia facendo propaganda in suo favore.

Chi sta facendo propaganda per l’Isis?
Al-Jazeera, dopo l’attacco egiziano contro le basi dell’Isis in Libia, ha affermato che nei raid sarebbero rimasti uccisi dei civili tra cui un bambino. Si è poi scoperto che queste persone sono morte per una fuga di gas notturna avvenuta nella loro casa. E’ nostro dovere denunciare questa ipocrisia. Per Matteo Renzi, “il tema è molto delicato e serio, ma non servono esagerazioni, non siamo sotto attacco, non possiamo sottovalutare niente. Serve fermezza e non fughe in avanti”.

Che cosa ne pensa della posizione italiana?
Il vero rischio non è un lancio di missili contro l’Italia, che ritengo del tutto inverosimile. Il pericolo è un attacco terroristico contro il Vaticano e Papa Francesco. Queste persone cercano simboli, e colpire un simbolo come il Vaticano scatenerebbe il desiderio di guerra del mondo occidentale. Piazza San Pietro è un luogo altamente simbolico non solo per i cristiani, ma per l’Europa intera.

Quali sono le probabilità che questo attentato riesca?
Lo Stato Islamico è in grado di organizzare un attentato contro il Vaticano, e il motivo è che riceve sostanziosi finanziamenti dai Paesi del Golfo Persico. Dobbiamo temere un’azione compiuta da militanti che vivono in Europa, e che sono sostenuti dalle monarchie della Penisola Arabica e dai milionari wahabiti. Ci sono centinaia di milioni di euro l’anno che entrano in Europa dagli Stati del Golfo.

Che cosa ne pensa del dibattito sull’Islam in corso in Italia?
Da un lato c’è la Lega nord secondo cui l’Islam in quanto tale andrebbe respinto. Dall’altra la sinistra italiana risponde che in nome della democrazia va accettato anche lo stesso islamismo. Nessuna delle due parti comprende però i veri termini della questione. Il punto è che l’islamismo, inteso come attività politica che utilizza la religione quale suo programma, è ugualmente pericoloso per l’Europa e per l’Islam stesso. Ogni volta che si riduce l’Islam a una dottrina politica, la conseguenza diretta è che ci sono delle persone che uccidono e che sono uccise in suo nome. Il pericolo non sono i musulmani ma l’islamismo.

IL SUSSIDIARIO.  Pubblicazione: lunedì 23 febbraio 2015
http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2015/2/23/LIBIA-vs-ITALIA-Farouq-il-vero-obiettivo-dell-Isis-e-colpire-papa-Francesco/584779/



Il caso Qatar. Come finanziare tutti i 

terroristi islamici del mondo senza 

finire nella lista degli stati canaglia


Leggi di Più: Il caso Qatar, l'emirato che tifa Califfato | Tempi.it 
http://www.tempi.it/caso-qatar-come-finanziare-tutti-i-terroristi-islamici-del-mondo-senza-finire-nella-lista-nera-degli-stati-canaglia#.VP9XF_yG911

sabato 7 marzo 2015

Aleppo: lezioni di coraggio e motivi di speranza nella fede di chi resta



                                                    Triste Anniversario

Aleppo, lettera n° 21 del 1° marzo 2015
dai Fratelli Maristi


Quando ho aperto il mio computer per scrivere questa lettera, il telefono ha squillato per informarmi che una pioggia di granate aveva colpito Azizie, il quartiere centrale di Aleppo, vicino alla Cattedrale latina, mentre la gente usciva dalla messa delle ore 17.  Pochi minuti dopo, mi chiamava l'Ospedale Saint Louis per informarmi che alcuni feriti gravi li avrebbero portati a casa nostra e che c’erano stati diversi morti tra cui una ragazza di 19, Sima K. 
Purtroppo, da diverso tempo, è quello che ci aspetta ogni giorno, soprattutto negli ultimi 20 giorni, in cui i gruppi di ribelli armati si sono riversati sul nostro quartieri facendo ogni giorno, diversi morti e feriti o con i mortai, o facendo esplodere bombole di gas piene di esplosivo e di chiodi o mediante i cecchini (una delle ultime vittime dei cecchini è A. Nour, di 25 anni, guida del nostro gruppo scout e campionessa di basket). Vittime innocenti di una violenza cieca. 
Il nostro ospedale è pieno di feriti curati gratuitamente nel quadro del nostro programma 'feriti di guerra'.

Triste Anniversario.  Tra pochi giorni inizieremo il nostro quinto anno di guerra in Siria, cominciata nel marzo del 2011. 
In Siria nessuno si sarebbe immaginato che le cose sarebbero andate in questo modo; nessuno in Siria voleva saperne di questa guerra, compresi gli oppositori al regime; nessuno (e mi riferisco proprio alla Siria) voleva la distruzione del paese, la morte di 250.000 persone (per non parlare delle centinaia di migliaia di persone ferite e/o mutilate) e l'esodo di milioni di rifugiati e la sofferenza di 8 milioni di evacuati.

Triste Anniversario.  I siriani soffrono nel vedere il nome del loro paese associato al terrorismo internazionale, soffrono nel sapere che 30.000 persone provenienti da 80 paesi sono venute per combattere per la jihad in Siria come se la jihad facesse parte della tradizione siriana, come se la Siria fosse un paese di estremisti islamici mentre il paese è sempre stato un esempio di tolleranza e di convivenza tra le diverse religioni. I siriani, musulmani o cristiani, si sono sempre considerati prima di tutto siriani e poi appartenenti alla loro religione.

Triste Anniversario.  I siriani temono il Daesh, questa mostruosità che vuole stabilire uno stato islamico che non ha nulla a che fare con il vero Islam, che ha allungato la mano su migliaia di siriani molto prima di uccidere ostaggi americani, inglesi o giapponesi.

Triste Anniversario.  I cristiani siriani sono sconvolti dagli attacchi mirati del califfato islamico contro i cristiani caldei di Mosul, dal brutale assassinio dei cristiani copti egiziani in Libia, e più recentemente dall’allontanamento dei cristiani assiri dalla provincia di Hasaka in Siria. A chi toccherà la prossima volta? I cristiani della Siria sono angosciati... Noi abbiamo paura!


L'intera città senza acqua. Per il giorno quinto consecutivo! 

Triste Anniversario.  Manchiamo sempre di tutto: petrolio, gas, elettricità, acqua, medicine e di tante altre cose necessarie. Gli Aleppini hanno freddo a causa di un inverno rigido come quello di quest'anno. L’unico mezzo per riscaldarsi sono le coperte. Anche l’acqua è razionata e ci viene fornita un giorno alla settimana.

Triste Anniversario.  Il costo della vita è salito alle stelle, i prezzi di prima della guerra dei vari prodotti si sono  moltiplicati per 5 e a volte per 10. La gente è diventata più povera... la disoccupazione è spaventosa. Secondo le agenzie delle Nazioni Unite, il 70% della popolazione siriana vive sotto la soglia della povertà.

Triste Anniversario.  I siriani sono disperati, non riescono a vedere una via d'uscita dalla crisi. Se ne vanno dal paese in modo definitivo, senza idea di ritornare. La Siria e in particolare Aleppo, si spopola soprattutto di cristiani. Abbiamo paura di finire come i cristiani di Mosul ... o come quelli di Hassake ... oppure di morire stupidamente colpiti da una scheggia o da un cecchino.

Triste Anniversario..  I siriani sono, a dir poco, delusi dall'atteggiamento dei governi occidentali e dalla comunità internazionale, da questi pompieri-piromani che non vogliono spegnere il fuoco che hanno promosso e finanziato mediante dichiarazioni televisive, ma che non hanno il coraggio di avviare una soluzione politica in contrasto con i loro interessi egoistici. Siamo disgustati da tutti i media che mostrano o parlano soltanto della sofferenza di 300.000 persone che vivono nei quartieri di Aleppo controllati dai gruppi di ribelli armati, dimenticando i 2 milioni di persone che vivono nella parte che si trova sotto il controllo del stato siriano e che soffrono come gli altri e forse più degli altri.

Di fronte a tante tragedie, delusioni, sofferenze, angosce, paure, disperazioni… che cosa possiamo fare? ... Possiamo fare qualcosa? Rimanere... perché ? Rimanere… per che cosa? ... Siamo degli eroi o degli stupidi? ... C’è ancora una speranza di ritorno ad una vita normale? Di ritorno alla pace?
Gli Aleppini, rimasti sul posto, ci danno lezioni di coraggio e motivi di speranza.
Quando li vedi fare qualsiasi lavoro per sopravvivere, mandare i figli a scuola o all'università nonostante l'insicurezza, uscire ogni mattina da casa senza alcuna garanzia che ti assicuri che una pallottola di un cecchino non ti colpisca lungo la strada, rimanere in casa sapendo che la prossima bomba potrebbe cadere sulla loro costruzione, giorno dopo giorno contando solo su se stessi e… su Dio. Sì, quando si vede il loro coraggio e la loro capacità di recupero, le nostre domande senza risposta tacciono e noi assorbiamo il colpo e andiamo avanti.


Ed è proprio per loro che noi, Maristi Blu, continuiamo i nostri programmi e progetti.
Il progetto Maristi Blu per alloggiare gli sfollati sta crescendo e continua il suo percorso. Abbiamo già sistemato 57 famiglie di sfollati, e, se non siamo stati in grado di fare di più, è solo per mancanza di mezzi.
I nostri vari cesti alimentari mensili sono sempre distribuiti con grande generosità (questi cesti oltre ai generi di prima necessità come zucchero, riso, formaggio, marmellata, lenticchie, olio, ecc, contengono uova, carne, pollo e latte in polvere per bambini. Nel cesto vi sono circa 22 prodotti); il cesto della montagna per le famiglie cristiane sfollate da Jabal Al Sayed, il cesto dei Maristi Blu per gli sfollati di famiglie musulmane ed il cesto Orecchio di Dio per le famiglie che vivono in estrema precarietà senza essersi spostate . Oltre al cibo, diamo a queste famiglie vestiti, materassi, coperte e utensili da cucina, ecc. Presto, distribuiremo le scarpe a tutti i bambini. Ogni giorno alle ore 12 distribuiamo 550 pasti caldi. 

Il programma 'feriti di guerra' continua la sua missione curando, gratuitamente, nel migliore ospedale di Aleppo i civili feriti. Grazie alla generosità e al volontariato dei migliori medici e chirurghi della città e la dedizione delle Suore di san Giuseppe dell'Apparizione, in due anni abbiamo curato centinaia di casi e salvato decine di feriti dalla morte. In questo ultimo periodo purtroppo non possiamo prenderci un giorno di riposo: sono troppi i civili colpiti da colpi di mortaio che cadono improvvisamente ovunque.
Continuiamo anche a prenderci cura dei bambini e dei giovani che per noi sono sempre una priorità.
I due progetti 'Imparare a crescere' e 'Voglio apprendere' intrattengono ogni giorno di più di 150 bambini di età prescolare e scolare (che non vanno a scuola per vari motivi).
Il gruppo Skill School (incontri per adolescenti per realizzare progetti comuni) e Tawassol (corsi per le giovani mamme per imparare l’inglese, l’informatica, realizzare lavori pratici…) ha ripreso a funzionare dopo la pausa natalizia.
Il nostro centro di formazione M.I.T. (Marist Institute for Training: conferenze di tre giorni di riflessione e arricchimento culturale) è tempestato di richieste di partecipazione ai vari workshop che organizziamo due volte al mese per 20 giovani adulti. I temi degli ultimi laboratori sono stati: la gestione del tempo, come scrivere un resoconto, la creatività, la contabilità con un programma per computer… Anche le conferenze mensili sono molto apprezzate.
Infine Oasi, il nostro centro di formazione spirituale per i giovani cristiani che da diversi mesi organizza seminari-ritiri per i giovani che lo desiderano e che sta prendendo sempre più consistenza.
Venerdì 27 febbraio abbiamo organizzato una giornata di formazione per 70 volontari Maristi Blu. Abbiamo affrontato il tema marista di quest’anno : l’Anno Montagne: essere sensibili alla condizione dei poveri, come lo è stato San Marcellino Champagnat che, di fronte al giovane analfabeta che stava morendo, decide di fondare la Congregazione dei Fratelli Maristi. I nostri volontari sono straordinari, sensibili verso gli altri, generosi, rispettosi della dignità degli altri e vivono la solidarietà secondo lo stile evangelico.
Quello che ci conforta e ci incoraggia è la rete di migliaia di amici che noi Maristi Blu abbiamo nel mondo, sono centinaia i messaggi di amicizia e di solidarietà che riceviamo ogni mese dai 5 continenti.

Cari amici, noi apprezzano la vostra amicizia, la vostra solidarietà ci conforta, le vostre donazioni rendono possibile il nostro lavoro, il vostro incoraggiamento ci permette di andare avanti e le vostre preghiere ci sostengono.
Un secolo fa nel 1915 è stato compiuto dagli Ottomani il genocidio contro gli armeni e i siriani. Un sacerdote domenicano, Jacques Rhétoré, un grande studioso, ne è stato testimone e scrisse la sua testimonianza in un libro intitolato “Cristiani alle bestie”. Purtroppo i cristiani, nel nostro paese, sono ora in preda ai barbari. Possiamo essere testimoni o vittime di un eventuale secondo volume di questo libro.
Tuttavia, e nonostante tutto, anche se abbiamo perso un po' la speranza, manteniamo intatta la nostra Speranza, senza la quale la nostra fede è priva di significato.

Nabil Antaki
A nome dei Maristi Blu

PER INVIARE AIUTI AI MARISTI DI ALEPPO POTETE CONTATTARE IL DOTTOR NABIL ANTAKI A QUESTO INDIRIZZO: nabilantaki@hotmail.com 



Siria. Mons. Khazen: conflitto pianificato da potenze straniere

Il rifiuto opposto dalle forze anti-Assad alla tregua umanitaria ad Aleppo proposta dall'inviato Onu Staffan de Mistura rappresenta “un fatto grave” e dimostra per l'ennesima volta che il conflitto siriano “non avrà fine fino a quando vorranno farlo durare tutte le forze che lo stanno alimentando dall'esterno”. Così il vescovo Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, considera il rifiuto con cui i gruppi – compresi quelli sostenuti dall'Occidente – hanno respinto l'ipotesi di un cessate il fuoco che consentisse di portare aiuti alla popolazione della metropoli martoriata da anni di conflitto.

I ribelli hanno rifiutato la tregua
Lo stesso inviato Onu de Mistura ha riferito che il governo di Damasco si era detto disponibile a una tregua di sei settimane. Sull'altro fronte, la galassia delle opposizioni militari – che comprende sigle jihadiste come al-Nusra e minoritari e ininfluenti gruppi di “ribelli” riconosciuti e sostenuti da Paesi occidentali – ha risposto di non essere disposta a prendere in considerazione il piano, se esso non comporta anche l'uscita di scena finale di Assad e degli uomini del suo apparato, da sottoporre a giudizio per crimini di guerra.

La guerra continuerà finchè le potenze straniere vorranno alimentarla
I Gruppi di opposizione collegati nella Commissione rivoluzionaria di Aleppo hanno finora rifiutato di incontrare De Mistura, sostenendo che una tregua prolungata avrebbe solo l'effetto di rafforzare le posizioni dell'esercito governativo. “La nettezza del rifiuto - sottolinea dialogando con l'agenzia Fides il vescovo Abou Khazen – conferma, a suo modo, il dato che tutti noi abbiamo ben chiaro da tempo: la guerra continuerà finché le potenze straniere vorranno alimentarla. Statunitensi e turchi hanno appena dichiarato di avere un piano di sostegno e addestramento dei gruppi ribelli per i prossimi tre anni. Quindi hanno già messo in programma che la guerra durerà altri tre anni, e la gente qui continuerà a soffrire e a morire per altri tre anni... Prima delle rivolte, i novecento chilometri con la frontiera turca erano presidiati, e se per caso un pastore varcava il confine per recuperare una pecora fuggita, gli sparavano e lo ammazzavano. Adesso migliaia di miliziani da lì entrano in Siria con armi pesanti, mentre vengono respinti i profughi che dalla Siria provano a andare dall'altra parte per fuggire alle violenze dei jihadisti”.

Il destino della Siria è nelle mani di Dio
Davanti a questo tragico scenario – spiega il vescovo  – rimane solo la speranza che nasce dalla fede: “Come San Paolo, speriamo contro ogni speranza. Perché sappiamo per esperienza che il nostro Signore è grande e buono. Il nostro destino è nelle sue mani, e non nelle manovre interessate di una o dell'altra tra le potenze del mondo, per quanto grande essa sia”.

http://it.radiovaticana.va/news/2015/03/04/siria_potenze_straniere_ci_pianificano_dallesterno/1126930

martedì 3 marzo 2015

Padre Daniel : ai 'reporter di guerra' che dopo 4 anni ancora continuano con la propaganda ....



da Padre Daniel Maes
Qara, venerdì 27 febbraio 2015

Una Quaresima bizantina con tante varietà

Venerdì, sabato e domenica scorsi erano collegati a celebrazioni speciali nella liturgia bizantina di quaresima. Adesso ogni venerdì si canta in piedi il lungo ”acathist”, cioè  un inno cantato in onore alla Madonna. Tanto tempo fa, con questo inno fu posto fine all’assedio di Costantinopoli. In ogni caso nel novembre 2013, quando eravamo assediati, abbiamo anche noi cantato questo inno ”acathist” nel nostro rifugio (anche quando eravamo stesi sul nostro materasso) e siamo anche stati risparmiati in modo più miracoloso. I terroristi erano improvvisamente scomparsi come neve al sole.

Il sabato della prima settimana di Quaresima, abbiamo celebrato il cosiddetto 'miracolo dei granelli di zucchero'. La tradizione afferma che Giuliano l'Apostata, il 16 febbraio 362 aveva ordinato di far vendere solo carne che era stata sacrificata agli idoli e dunque contaminata, in modo che tutti i cristiani, ignoranti di questo, avrebbero comprato e mangiato questo cibo. Il Patriarca Eudosso, però , era stato avvertito in una visione e aveva messo in guardia i cristiani, in tal modo che in quel giorno si mangiarono solo cereali bolliti e zuccherati. Cosi, abbiamo mangiato in questo sabato come dessert questi cereali zuccherati.

Mentre la liturgia latina ricorda la lotta spirituale di Gesù nel deserto, qui la prima Domenica di Quaresima è dedicata alla cosiddetta ortodossia, con la quale si celebra la vittoria sugli iconoclasti o distruttori d’icone. Quest'ultima eresia che infuriava e divideva la Chiesa d’Oriente, è stata respinta in modo solenne dal Concilio di Nicea nel 787, che decretò che la venerazione delle icone è focalizzata sul mistero che è raffigurato sull'icona e quindi è del tutto giustificata. Dopo l’Eucaristica si è svolta una processione in cui ognuno portava un'icona.

I nostri rifugiati musulmani condividono la nostra Quaresima a modo loro. Cosi loro digiunano con noi durante la giornata e la sera fanno festa. Qualche volta loro ci portano la sera alcuni piatti gustosi con i quali loro vogliono incoraggiarci nella Quaresima.

 Perché Rudi Vranckx (un giornalista belga) non osa scrivere la verità?

Questa domanda vale naturalmente anche per molti altri giornalisti della stampa “mainstream”. Ci limitiamo a lui perché è il più noto “reporter” di guerra in Belgio.
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Il 17/2/2015  ha scritto "Una nuova guerra basata sul Terrore?". L'articolo comincia così: "L'illegalità e uno Stato disintegrato, frustrazioni, ribellioni, violenze e milizie armate ... Quel mix d’ingredienti che conosciamo già da tanto tempo in Siria e in Iraq. Questi ingredienti sono il terreno di coltura ideale per il terrore del Califfato. "

Con questo egli vuole offrire ai lettori una spiegazione per la nascita dei gruppi terroristici in Siria e in Iraq, scritto in modo tale da piacere all’Occidente. Lui spiega anche come la NATO ha posto fine "alla dittatura di Gheddafi." Nel mezzo, sta il "grande potenziale di jihadisti Egiziani", come “reazione di malcontento contro il colpo militare di al-Sissi". Questo è esattamente in linea con l’attuale opinione pubblica, così politicamente e giornalisticamente corretto. Quindi la miseria in Siria, Iraq, Egitto è provocata da quei paesi stessi. Sulla base di queste chiare insinuazioni le persone possono loro stesse compilare la fine della storia, cioè: il popolo si è ribellato contro un dittatore terribile, che è la causa di una guerra civile, e da qui è nato il movimento pericoloso dello Stato islamico. Infine egli ci offre riflessioni su ciò che l’Occidente nella sua innocenza – come spettatore compassionevole a distanza – può o dovrebbe fare. "Un intervento congiunto?", "Nuove misure"? Ma anche qui ritorna di nuovo il rischio che "i Russi non saranno d’accordo." In breve, come un maestro di scuola per bambini, che dà loro l'impressione di sapere tutto, cosi il signor giornalista enumera in modo conciso le diverse opinioni e aspettative circa la situazione, esattamente come previsto dall'odierna opinione pubblica occidentale. Con ciò egli ha detto quasi tutto, tranne la verità, e quella era davvero l'unica cosa che doveva scrivere.

Dopo 30 anni di dominio coloniale dall’Italia e 20 anni da parte del Regno Unito e degli Stati Uniti, la Libia è nata nel 1969. L'anno successivo, tutte le basi militari del Regno Unito e degli Stati Uniti sono state abolite e la British Petroleum è stata nazionalizzata. La banca mondiale (nella lingua fiamminga si scrive con lettera maiuscola, che io rifiuto) ha scritto nel 2010 che la Libia aveva "un alto livello di crescita economica". La Libia aveva il suo sistema bancario e l'accesso del pubblico alle università con non meno di 46%. Anche un paio di milioni d’immigrati africani lì avevano trovato lavoro con un reddito elevato, a parte le generose sovvenzioni che sono state donate al popolo in quasi tutte le occasioni (studiare, sposarsi, costruire ...). Gheddafi, senza dubbio un tipo strano, ha elevato in breve tempo la povera Libia e la sua povera popolazione al 21° più ricco stato del mondo. I cittadini comuni vivevano agiatamente. E' stato il paese africano più prospero e Gheddafi stava anche per formare una sorta di Unione Africana. Gheddafi aveva deciso che la ricchezza petrolifera doveva essere a beneficio del popolo di Libia e non dell' America (come a suo tempo fece anche Chavez di Venezuela). La NATO, sostenuta dagli Stati Uniti – Israele e alleati, ha macellato  e distrutto questo paese sovrano, una verità che apparentemente il nostro giornalista belga non ha mai sentito .

Nel mese di aprile 2009, Hillary Clinton riceve molto affettuosamente il figlio di Gheddafi in Washington e gli assicura che la cooperazione tra i due paesi sarà approfondita e ampliata. E' esattamente questa Hillary, che organizzerà  l’invasione della Libia. Petrolio e oro erano troppo seducenti e il fatto che la ricca Libia avrebbe potuto essere il leader di un'Africa prospera doveva essere impedito a tutti costi. Sempre nel 2011, la Libia protesta contro la consegna di armi agli jihadisti, fatta “dal Qatar con il permesso della NATO". Fu una protesta senza successo. “L'azione liberatrice" dell'Occidente doveva continuare. Noi stessi nel 2012 abbiamo avuto un colloquio presso il nostro Ministero degli Affari Esteri. Anche se era stato previsto un colloquio personale, all’ultimo momento il ministro non potè essere presente, ma inviò un alto funzionario. Alla nostra domanda se nei mesi di bombardamenti della Libia, i nostri F16 belgi non hanno provocato morti di civili, lui scosse la testa, guardò l'orologio e si  scusò perché doveva partecipare con urgenza un'altra riunione. Una flotta di F16 che sa bombardare per mesi un paese sovrano senza che cada un solo morto, merita una menzione nel record dei Guiness.

Dopo l'assassinio di Gheddafi, sono passati alcuni giornalisti indipendenti nel nostro monastero e ci hanno spiegato esattamente com’è andata. Loro hanno partecipato a un famoso incontro di giornalisti internazionali. Per un grande ritratto di Gheddafi hanno bruciato dell'incenso, che è stato ampiamente filmato. Questo serviva come prova di come Gheddafi si lasciava adorare come un dio dal popolo. Ci sono storie di repressioni sanguinose e massacri del suo popolo da parte del leader libico, ma senza alcuna prova. La metà dei cosiddetti "giornalisti internazionali" erano agenti segreti delle potenze occidentali, che dovevano assicurare il coordinamento dei bombardamenti. Tutte le accuse di omicidio del proprio popolo da parte del leader libico sono state smascherate come menzogne (come  l'esistenza di armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, le torture orribili del presidente siriano, che erano invece tutti pretesti per invasioni militari). Ma il nostro giornalista di guerra, Rudi, continua a raccontarci che tutto era  colpa del popolo libico e del suo leader stesso!

Quando io sono arrivato in Siria nel 2010, non c'era niente da notare dell'  "illegalità e uno Stato disintegrato, frustrazione, ribellione, violenza e milizia armata ... " tra la gente. C'era una prosperità decente.  Non c’erano armi da temere. C’era una sicurezza quotidiana che non esisteva in nessun paese europeo. Quando avevi dimenticato una fotocamera costosa da qualche parte in un luogo pubblico, si poteva andare prenderla più tardi nello stesso posto. Ogni turista ripeteva le stesse storie di sicurezza di una società armoniosa e cordiale. Certamente c’erano punti deboli (in quale paese non ci sono?) soprattutto nel settore delle libertà politiche personali. Nel frattempo, il governo ha lavorato con impegno attraverso elezioni democratiche e un sistema multipartitico. Il nostro giornalista belga Rudi non può segnalare questo, perché la CIA ha determinato che questa non è informazione “politicamente corretta” ?

Ho visto con i miei occhi la nascita della ribellione nel nostro villaggio, come ho già descritto tempo fa, e così è  andato anche altrove. Sono venuti degli estranei dall'esterno. Ma no, secondo Rudi si trattava di uno Stato disintegrato, d’illegalità e di frustrazioni del popolo stesso...

In Egitto il compito di Morsi – eletto con estrema difficoltà, soprattutto con l’aiuto massiccio dell’occidente – era di consegnare il paese al terrore dei fratelli musulmani ed egli ha cominciato il suo compito di disintegrazione del paese appena seduto al potere. Ho già pubblicato una lettera dettagliata degli amici di Egitto, che hanno vissuto tutto. E' incredibile il disastro che Morsi insieme con i suoi amici fratelli musulmani ha causato tra la gente. Il popolo ha costretto il capo dell'esercito al-Sissi a proteggere il paese. Al-Sissi ha fermato il terrore dei Fratelli Musulmani, sostenuto dall'Occidente.  Inoltre Al- Sissi non ha avuto alcuna ambizione politica, ma la gente l’ha forzato a prendere la presidenza, vista la situazione disastrosa del paese. Ma no, il nostro Rudi si sente tuttavia chiamato ad aiutare i Fratelli musulmani terroristi a ritornare al potere.

Anche l’Iraq doveva venire sotto il dominio occidentale. L'America aveva già appurato che mezzo milione di bambini sono morti a causa di pesanti sanzioni. Quando un giornalista ha chiesto al Segretario di Stato americano Madeleine Albright se questi morti fossero giustificati dalla guerra, lei rispose semplicemente: “noi pensiamo di sì”. Nel 2003, la menzogna delle armi di distruzione di massa poteva essere sufficiente per un’invasione militare devastante, uccidere centinaia di migliaia di persone innocenti e "re-organizzare” il paese verso il caos. Nel frattempo, i gruppi dell’IS erano già stati formati dall’occidente in tal modo che loro potessero ormai fare il lavoro più sporco. Ma no, della distruzione del paese attraverso un'invasione militare degli Stati Uniti e del Regno Unito, di questo il nostro Rudi ancora non ha mai sentito parlare. La colpa è di nuovo del popolo stesso.

Negli primi anni ottanta, era già previsto di mettere anche la Siria sotto il terrore dei Fratelli Musulmani. Hanno iniziato con una serie di attacchi. Hanno selezionato 80 reclute, di origine alauita, in una scuola di cadetti e le hanno subito decapitate. Poi ci fu un attentato al presidente Hafez stesso, con due granate. Uno di loro l'ha ricevuta indietro con un calcio, mentre l'altra granata ha ucciso la sua guardia del corpo. Per lui era abbastanza, e ha sradicato i focolai dei fratelli musulmani con 10 o 20.000  morti. Le persone che hanno vissuto quel periodo hanno dichiarato che la reazione tra il popolo era di un grande sollievo. All'inizio della guerra nel 2011, alcuni anziani hanno accusato l'attuale presidente di non aver fatto la stessa cosa di suo padre. Ma Assad era abbastanza saggio da capire che la situazione attuale è completamente diversa e molto più grave.

Dopo quattro anni, chiunque - anche un giornalista di VRT (la televisione belga) – può essere informato che i combattenti fanatici sono di origine mondiale e che questi ragazzi sono reclutati e inviati da tutto il mondo per destabilizzare il paese come una preda per l’occidente. Gli interessi del vecchio dominio mondiale anglosassone sono immensi. Strategicamente, la Siria è il luogo più importante del Medio Oriente, sia militarmente sia economicamente. Chiunque è al potere in Siria  può controllare tutto il Medio Oriente e si trova anche davanti alla porta di Iran, Russia e persino la Cina. Di più, la Siria dispone inoltre d’immense riserve di gas ed il luogo centrale per la sua distribuzione si trova in Homs. Ma, a queste cose il nostro Rudi non ha ancora pensato.

Una sola superpotenza vuole a tutti costi rimanere un sovrano assoluto e ha già reso questa terra piena di basi militari con materiali di distruzione. Qualsiasi paese che rifiuti di sottomettersi sarà irrevocabilmente destabilizzato . Il governo sarà rovesciato e sostituito da burattini occidentali o quella terra sarà semplicemente bombardata. Tutto secondo le regole stabilite dagli USA.  La NATO ora  è il servo docile di questa macchina da guerra mondiale e ha già riempito l'ex blocco orientale europeo di personale e di attrezzature militari . Il fatto che migliaia di persone innocenti sono uccise, milioni condannate a una vita di povertà e paesi colpiti bombardati all'età della pietra, ciò non ha nessuna importanza per i governanti occidentali, ma significa solo una nota a piè di pagina. Ieri era l'Afghanistan, l'Iraq, la Libia, adesso la Siria e ancora una volta l'Iraq, domani la Russia, la Cina o l'Iran? E le motivazioni rimangono sempre le stesse. Solo perché Putin vuole impedire tutto questo, vuol dire che egli è considerato un pericolo?  Se Putin avesse capito più presto le vere intenzioni dell’occidente,  probabilmente la Libia sarebbe ancora oggi un paese sovrano con un popolo fiorente. Umanamente parlando, noi dobbiamo ringraziare Putin che la Siria esiste ancora (e che noi siamo ancora vivi) e dobbiamo anche ringraziare Putin perché siamo ancora capaci di resistere alla follia dell’occidente, con un popolo siriano unito, con un esercito siriano, con un governo siriano e con un presidente siriano, una situazione che i paesi occidentali possono solo sognare ....

Io rimprovero Rudi e soci, con una conscia o inconscia (?) cecità, di voler ritornare ai tempi pagani arcaici dei miti greci, che non erano in grado di rivelare la verità delle vittime innocenti e si schieravano sempre dalla parte degli oppressori. Con i loro articoli e relazioni si schierano sempre dalla parte degli assassini, anche quando visitano con un’aria di compassione mascherata un campo di profughi. Grazie ai loro articoli e servizi il flusso di profughi e gli attacchi terroristici possono continuare senza punizione.
Ma secondo tutti i Rudi, le difficoltà in questi paesi sono comunque il risultato dell’ illegalità e della frustrazione del popolo stesso e non sono per niente la creazione dell’occidente. E cosi questi giornalisti sono complici di crimini contro l'umanità. Questo deve fermarsi.

Rudy, in nome del popolo siriano e dei popoli del Medio Oriente, racconta una volta la verità e finisci di ripetere a pappagallo la propaganda occidentale. Se un imprenditore ricco paga alcuni criminali per incendiare la compagnia del suo concorrente e se tu descrivi quanto il fuoco sia già progredito con tutti i dettagli circa le tende, senza dire chi, di fatto, sono i criminali che hanno attizzato il fuoco, allora tu sei un impostore.

Se l'America, affiancata da 19 paesi - dall’agosto 2014 - combatte presumibilmente l’IS e se invece l’IS diventa sempre più forte, allora si dovrebbe essere da qualche tempo consapevoli che non c'è l'intenzione di combattere l' IS, ma che loro scopo è piuttosto la distruzione delle infrastrutture della Siria. Se oggi invece le grandi potenze chiudessero in modo efficace il flusso di denaro e qualsiasi aiuto all’IS, l’IS crollerebbe come un castello di carte, già la settimana successiva. Quando l’IS in giugno 2014 entrava dal deserto siriano in Iraq con una lunghissima coda di furgoni Toyota (com’è possibile in pieno deserto senza protezione aerea?), un bombardamento avrebbe potuto eliminare tutti in poche ore. Tuttavia, l’unico scopo di queste foto era che ci volevano ancora molti più bombardamenti in questa zona.

"Il gruppo armato dello stato islamico non è solo protetto dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, ma anche addestrato e finanziato da Stati Uniti e  NATO, con il sostegno di Israele e degli Stati del Golfo", scrive Michel Chossudovsky, il direttore del centro di ricerca sulla globalizzazione e professore emerito di scienze economiche presso l'Università di Ottawa, su Mondialisation.ca, il 20 febbraio 2015. Il 23 febbraio, due aerei inglesi sono precipitati in  Al-Anbar (Iraq). Questi aerei erano pieni di armi per l’IS e la Siria ha abbattuto due elicotteri, anch'essi pieni di materiale per IS. Tuttavia, i nostri giornalisti faranno di tutto per tenere nascosta questa informazione e al contrario  danno tutta la colpa al popolo di Siria e di Iraq. Così l'Occidente può continuare a fare la guerra e a sostenere l’IS.

Rudi Vranckx, a Damasco i bambini muoiono di fame e di freddo, mentre la Siria in passato generava un’abbondanza di cibo ed energia. Ogni giorno la gente muore in attentati in un paese in cui la popolazione prima viveva nella massima sicurezza. Questo accade in parte anche perché tu incoraggi questa guerra assurda contro la Siria con le tue mezze verità e bugie intere.

La mia unica conoscenza e penso anche la mia sola autorità è quella di una vittima innocente per più di quattro anni (che è sopravvissuta a questa follia di guerra fino ai giorni nostri in modo miracoloso).

D. Maes o. praem. Mar Yakub, Siria,
27 febbraio 2015

(traduzione dal fiammingo di A.Wilking)

domenica 1 marzo 2015

Aleppo senza tregua, ma la vita non si ferma. Parlano il vescovo Abou Khazen e fra Ibrahim


TERRASANTA.NET
25 febbraio 2015

Nonostante l’assedio, i bombardamenti, la mancanza sul mercato di ogni bene di consumo, e il terribile freddo che patisce da mesi, Aleppo desidera vivere con tutte le sue forze. Negli ultimi giorni la morsa intorno alla seconda città della Siria si è stretta in modo drammatico: il 17 febbraio l’esercito regolare del presidente Bashar al Assad, con il sostegno di Hezbollah, ha sferrato la cosiddetta Operazione Ora zero, un attacco a sorpresa contro i ribelli che sono insediati nella regione immediatamente a nord di Aleppo, con l’obiettivo di prendere le vie di comunicazione che collegano la città al nord del Paese e alla Turchia. I ribelli avrebbero rintuzzato l’attacco, rafforzando le proprie posizioni. Oltre 150 soldati governativi sarebbero stati uccisi.


La tregua temporanea, ventilata qualche giorno fa dall’inviato Onu Staffan De Mistura, è quindi saltata: «Al posto della tregua ci sono atroci scontri a fuoco nelle periferie settentrionali ed orientali della città – ci scrive oggi fra Ibrahim Sabbagh, francescano della Custodia di Terra Santa e parroco latino di Aleppo –, con una pioggia di bombardamenti sulle zone abitate…».

Quello che colpisce, in una situazione di totale incertezza e di catastrofe imminente, è come la comunità cristiana della città stia lottando con tutta sé stessa per la normalità e la vita.
«I giovani rimasti ci sollecitano; fanno volontariato in parrocchia, si sposano; i bambini vengono battezzati, si celebrano feste… - racconta mons. Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo -. Noi vogliamo rimanere membri della Chiesa universale: la vita continua».
«Noi cristiani, siamo una piccola minoranza in Siria, composta da varie Chiese – spiega il presule – ma non siamo mai stati così uniti». I vescovi cattolici si riuniscono ogni sabato, mentre l'ultimo sabato del mese viene organizzato un incontro ecumenico aperto a tutti coloro che lo desiderano. 
Di nuovo il vescovo francescano: «Una delle principali sfide che, a mio parere, devono affrontare i cristiani del Medio Oriente è il superamento delle nostre paure e la riscoperta della fiducia, una fiducia che è stata distrutta da ciò che abbiamo vissuto. È questa mancanza di fiducia che ci impedisce di prevedere il futuro. La nostra sfida è di sentirci dire che la nostra presenza in Medio Oriente è una chiamata, una missione».

I quartieri di Aleppo a maggioranza cristiana oggi accolgono numerosi profughi di confessione musulmana ed è un'esperienza nuova e feconda per mons. Abou Khazen, che dice: «Durante il conflitto, abbiamo sviluppato nuove modalità d’incontro. Non è stato facile ma continuo a ribadire che è molto importante saper accogliere. Non dobbiamo creare alibi per l’esclusione o il settarismo. Dobbiamo nutrirci di tale convivenza e, credetemi, numerosi musulmani sono sorpresi dalla carità dei cristiani soprattutto verso i bambini, le donne, gli anziani...». 
Il vescovo porta come esempio una sala parrocchiale affidata al Waqf (istituzione islamica di beneficenza) e trasformata in casa d'accoglienza per persone anziane, orfani e handicappati o, ancora, il generatore della parrocchia che permette agli studenti di studiare quando in città l’interruzione dell'energia elettrica si prolunga troppo.


 «Ad Aleppo, in questo periodo invernale, il freddo intenso sta drammaticamente condizionando la gente – racconta fra Ibrahim, il parroco –. Di gasolio non ce n’è quasi più e noi, per il servizio alla gente facciamo ricorso alle autorità civili ottenendone delle “gocce” di tanto in tanto; lo stesso vale per il gas. Siccome il 5 gennaio è cominciato in tutta la Siria il periodo degli esami per gli studenti universitari, ho fatto partire un progetto di aiuto per loro e per gli studenti della maturità. Nelle loro case non vi è disponibilità né di elettricità, né di riscaldamento e, visto che anche le biblioteche ospitate nelle diverse chiese di Aleppo sono ormai chiuse per mancanza di gasolio, ho deciso di “nuotare contro corrente” e di aprire una biblioteca ad hoc in parrocchia. Siamo in grado di accogliere fino a 60 studenti nei locali del catechismo. Abbiamo sistemato e arredato all’occorrenza il luogo, riscaldandolo alla bell’e meglio l’ambiente con un minimo consumo di gasolio. I locali restano aperti agli studenti dalle 9 del mattino alle 8 di sera».

L’accoglienza prevede la possibilità di una bevanda calda e anche il pranzo per coloro, e non sono pochi, che non possono permetterselo. «Nel progetto abbiamo coinvolto due giovani sposi e alcune famiglie senza lavoro come responsabili dell’accoglienza. Oggi mi ha raccontato uno di loro che il numero degli studenti registrati, con la richiesta da parte nostra di una somma minima di denaro per l’iscrizione, è arrivato a 80. Sono veramente soddisfatto di questo tipo di servizio concreto che riusciamo ancora ad offrire ai nostri giovani e spero, se la Provvidenza continuerà a manifestarsi e ad assisterci».

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=7309&wi_codseq=SI001+&language=it


Carissimi, 
ieri, 26 febbraio 2015, alle ore 17.05 durante la Messa serale, è caduta una bombola di gas vicino alla nostra chiesa di Azizieh. Essa è entrata in un negozio dei più vicini a noi ed è esplosa lasciando due cadaveri e diversi feriti. Al livello della chiesa e dei nostri spazi era solo materiale: alcuni vetri delle finestre alte della chiesa sono spaccati e caduti in mille pezzi sulla gente che pregava, senza nessuna ferita, e così anche per diverse finestre e vetri delle aule degli scout e del catechismo. 
Purtroppo, per la strada, il risultato era la morte di un uomo (Agop) e una giovane (Sima, 20 anni); quell’ultima frequentava la nostra sala di lettura.

Ogni volta che succede qualcosa del genere, la gente cade in disperazione e tutte le ferite si aprono di nuovo. Così, oggi, mentre i funerali sono stati celebrati, un' onda di dubbio, di paura, di spavento, di amarezza e di disperazione, prendono il sopravvento sulla gente che abita ad Aleppo; in modo speciale quella cristiana.
Cominciamo quindi da capo a seminare il terreno devastato, con i semi della fede e della speranza.

fr. Ibrahim Alsabagh



ANGELUS Papa Francesco , 1 marzo 2015

"Chiedo a tutti, secondo le loro possibilità, di adoperarsi per alleviare le sofferenze di quanti sono nella prova, spesso solo a causa della fede che professano."

Cari fratelli e sorelle,
non cessano, purtroppo, di giungere notizie drammatiche dalla Siria e dall’Iraq, relative a violenze, sequestri di persona e soprusi a danno di cristiani e di altri gruppi. Vogliamo assicurare a quanti sono coinvolti in queste situazioni che non li dimentichiamo, ma siamo loro vicini e preghiamo insistentemente perché al più presto si ponga fine all’intollerabile brutalità di cui sono vittime. Insieme ai membri della Curia Romana ho offerto secondo questa intenzione l’ultima Santa Messa degli Esercizi Spirituali, venerdì scorso. 
Nello stesso tempo chiedo a tutti, secondo le loro possibilità, di adoperarsi per alleviare le sofferenze di quanti sono nella prova, spesso solo a causa della fede che professano. Preghiamo per questi fratelli e queste sorelle che soffrono per la fede in Siria e in Iraq…. Preghiamo in silenzio…..

venerdì 27 febbraio 2015

«Non abbandonateci, non lasciateci soli»

Samaan Daoud: il nostro desiderio della vita è più forte della morte 


Il Sussidiario , giovedì 26 febbraio 2015

INTERVISTA a Samaan Daoud

Duecento cristiani assiri sono stati rapiti dall’Isis nel corso di raid nei villaggi nella provincia siriana di Hasakeh, mentre quasi mille di loro sono dovuti fuggire per evitare la stessa sorte. La maggior parte delle persone catturate sono donne, bambini e anziani. Le milizie curde e cristiane stanno combattendo nella zona contro i militanti dello Stato Islamico. Il rapimento dei cristiani assiri da parte dell’Isis ha provocato un vero e proprio esodo da parte di famiglie terrorizzate che hanno abbandonato le loro case. Ne abbiamo parlato con Samaan Daoud, un cristiano siriano che vive in un quartiere di Damasco a circa un chilometro e mezzo dall’area controllata dai ribelli.

Daoud, decine di villaggi cristiani sono sotto attacco da parte dell’Isis…
E’ un atto che non sorprende, perché l’Isis non fa più nessuna distinzione nel compiere i suoi atti efferati. Ha già attaccato sia i villaggi curdi sia quelli musulmani sunniti. A Nord, nell’area di Kobane sono circondati, con l’esercito che li sta spingendo nella parte est verso Aleppo. Dovevano quindi sfogarsi contro qualche minoranza pacifica, e così hanno scelto i cristiani. Nel conflitto in Siria l’anello più debole sono i cristiani, perché non credono nella violenza e non hanno scelto di armarsi.
I cristiani la stanno pagando cara, questo fa parte del nostro martirio. Noi cristiani in Siria siamo dei martiri che camminano.

E’ un martirio che riguarda la vita quotidiana di tutti i cristiani siriani?
Noi non cerchiamo il martirio, ma quanto ci sta accadendo è qualcosa che è stato progettato a tavolino. Turchia e Israele vogliono privare completamente il Medio Oriente di qualsiasi presenza cristiana. Non dimentichiamoci che nel 2004 i cristiani in Iraq erano quasi un milione e mezzo e oggi sono rimasti solo in 500mila. In Siria ora si sta ripetendo lo stesso scenario.

Qual è il ruolo della Turchia in questo progetto?
Erdogan ha un progetto neo-ottomano, e sta occupando parte del territorio siriano con la scusa che la tomba del nonno del fondatore dell’Impero Ottomano si trova in Siria, in un’area non molto lontana dal punto in cui i cristiani sono stati rapiti. Non dimentichiamoci che Erdogan è il capo dei Fratelli musulmani, e si sente il nuovo sultano ottomano. Il suo obiettivo è riconquistare il territorio dell’antico impero, anche se si dovrà scontrare con il fatto che i siriani non accettano di buon grado la presenza dei turchi nel nostro Paese.

Qual è invece il ruolo di Israele?
Ritengo che non sia un caso che Israele abbia stabilito dei collegamenti costanti con la zona del nord dell’Iraq e del Kurdistan. In quest’area hanno comprato dei terreni molto vasti e c’è una grande comunità ebraica che sta crescendo. Israele mira a espandersi dal fiume Eufrate fino al Nilo. Non dimentichiamoci che l’Isis è sempre più presente nella stessa area, dal Sinai fino a Mosul, e in questo modo favorisce molto il progetto sionista che mira a impadronirsi di risorse come il petrolio e a indebolire politicamente quest’area.

Com’è la vita quotidiana di un cristiano a Damasco?
Un’ora prima che lei mi chiamasse sono uscito per fare la spesa, per strada ho sentito un colpo e un mortaio è caduto accanto a me. Il mio quartiere si affaccia sulla zona controllata dai gruppi ribelli, a circa un chilometro e mezzo di distanza, e siamo abituati a convivere con questi colpi di mortaio e con il lancio di missili Katiuscia. Ormai fanno parte della vita quotidiana. Uno esce di casa già consapevole che può arrivare un colpo di mortaio quando meno se lo aspetta. Nonostante tutto ciò noi viviamo con una grande gioia: le chiese sono affollate di gente, gli oratori sono una realtà viva e piena di giovani.
Il desiderio della vita è più forte di qualsiasi volontà di morte e di qualsiasi disperazione.

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2015/2/26/CRISTIANI-RAPITI-DALL-ISIS-Douad-il-nostro-desiderio-della-vita-e-piu-forte-della-morte/585810/


Centinaia di cristiani catturati dallo 'Stato Islamico' ...

Radio Vaticana . France

Mgr Jacques Behnan Hindo, l’évêque syro-catholique d’Hassaké. Il revient sur le contexte de cet enlèvement et dénonce quelques faits dérangeants.

Que savez-vous de cette attaque de l'Etat islamique dans la région d'Hassaké ?
Daesh, qui est aux alentours d’Hassaké, à l’Est de la rivière Khabur, tient la montagne d’Abd al-Aziz. Ils ont commencé par le premier village, Chamiram, puis ils ont pris onze villages sur la rive Ouest du Khabur, de Chamiram jusqu'à Tel Hermoz. Nous savons qu’à Chamiram, ils ont encerclé à peu près une trentaine de familles. Un autre petit village, Tal Jazeera, a aussi été encerclé. Il y a une trentaine de familles qui ont été déportées vers la montagne. Ils ont pris à peu près tous les villages. Les gens ont fui. Ils ont brûlé l’église de Tel Hermoz. Hier (lundi), nous avons eu toute la journée les gens qui venaient, à bord d'un tracteur ou de tout ce qu’ils trouvaient comme véhicule de fortune. Nous avons à peu près une centaine de personnes qui sont arrivées hier midi ainsi que toute la journée. Il y en a autant qui se sont réfugiées dans les villages vers l’Est. À Hassaké elle-même, les gens sont reçus et ils ont été logés, dans les églises ou dans les maisons. Les choses vont un peu mieux. Seulement, il y a cette peur, cette crainte.

Les gens que vous avez vu fuir vous ont-ils raconté comment cela s’est passé ? Pourquoi est-ce qu’ils ont enlevé ces chrétiens ? Est-ce que ce sont tous des chrétiens ? Est-ce qu’ils demandent quelque chose ?
Nous savons que tous les villages occupés maintenant sont des villages assyriens. Donc ils sont tous chrétiens. Ils avaient déjà émigré. Pourquoi ? Apparemment parce que de temps en temps les djihadistes venaient faire des incursions, demandant qu’on enlève les croix et ainsi de suite. Mais cette fois-ci, ils ont décidé de mettre la main sur ces villages-là et peut-être, peut-être, attaquer Hassaké. En septembre, j’avais écrit une lettre à sa Sainteté, à Obama, à Rohani en Iran, à Poutine et au président de Chine, leur demandant d’intervenir pour combattre les terroristes en Syrie. J’avais même lancé un SOS avant Noël parce que Daesh commençait à perdre un petit peu de terrain en Irak. Aujourd'hui, ils viennent s’installer dans la Mésopotamie syrienne. Maintenant, ils sont aussi en train de perdre le nord d’Alep. Ils sont en train de s’installer dans notre région. Dans cette région, il y a maintenant un nombre énorme de « Daeshiens ». Daesh est au Nord, à peu près à 7 km d’Hassaké, 5-7 km de Kahtanieh et des autres villes le long de la frontière turque. Cela pose un sérieux problème parce qu’ils peuvent attaquer en grand nombre. Nous, les chrétiens, les Kurdes et les Arabes, nous sommes à peu près un million et demi de personnes. En plus, il y a 300.000 réfugiés des zones de Raqqa et autres, qui sont maintenant dans la région d’Hassaké, Kameshli et ailleurs. On n’aura pas de refuge. Comme on sait que Daesh a une dent contre les Kurdes, tous les Kurdes sont massacrés. Elle a une dent contre les chrétiens sauf que les chrétiens ont trois alternatives : devenir musulman, payer la dîme ou bien, partir. Mais où ? La situation commence vraiment à être très dangereuse.

Vous êtes évêque à Hassaké. Combien de chrétiens reste-t-il ? Quelle est la situation au quotidien sachant que la menace djihadiste se fait de plus en plus pressante ?
Nous étions trois évêques. L’évêque syriaque orthodoxe est aujourd’hui en Europe depuis six, sept mois. Nous restons donc deux évêques : moi-même, syrien catholique et l’évêque assyrien. C’est sa communauté qui trinque, c’est cette communauté qui souffre. Nous souffrons tous avec elle. Nous devons être à peu près 120.000-130.000 habitants chrétiens dans la région, éparpillés un peu partout. La majorité est à Hassaké et à Kameshli. Il y en a pas mal qui ont émigré. Depuis quatre ans que la guerre dure, il y a à peu près 20-25% qui ont émigré. On ne peut vraiment pas avoir un chiffre exact parce que tous les jours, il y a des familles qui émigrent. La seule voie, c’est par avion, de Kameshli à Damas pour pouvoir partir ailleurs. Et même pour tout, il faut aller à Kameshli : pour prendre l’avion et sortir de ce blocus que nous avons tout autour de nous. Au Nord, la Turquie a tout fermé, absolument tout fermé. Elle laisse seulement passer les camions, les « Daeshiens », les troupes de Daesh, le pétrole volé à la Syrie, le blé, le coton. Tout cela peut passer la frontière mais personne ne peut passer.

Quel est l’état d’esprit des chrétiens qui restent, de cette communauté dont vous êtes le pasteur ?
Tout le monde est très mal à l’aise. Depuis Noël, on était beaucoup plus tranquilles. Daesh était à 17 km, ils n’avançaient pas. Tout allait bien dans la ville parce que c’était calme. Mais depuis hier, on sent que Daesh peut à tout moment franchir facilement ces 17 km. À chaque fois que nous avons un problème, le nombre d’émigrés augmente. Maintenant, par exemple, quand cela sera fini - je l’espère d’ici demain, parce que les Kurdes se renforcent pour aller les combattre - vous verrez après cela les avions qui seront remplis de chrétiens, de Kurdes. Tout le monde fuit. Les gens ont peur, c’est absolument normal. Surtout que Daesh a une tactique, une stratégie : elle envoie la peur, la terreur devant elle. Les gens fuient cette terreur. D’ailleurs, ce qui m’exaspère, c’est quand je vois les télévisions en Occident qui ne font que diffuser des égorgements et toutes les exécutions possibles. Ils les diffusent toute la journée. Nous aussi, on les voit et puis, tout le monde a peur. Chacun dit : « je ne veux pas être égorgé, je ne veux pas être brûlé vif ».



Ain Dara (Aleppo) come Mosul?

Vous êtes donc encerclés, sous pression islamiste. Est-ce qu’il y a quand même une quelconque aide humanitaire qui arrive à vous parvenir ?
Il y a une chose que je voudrais dire : la Croix Rouge aide, fournit de l’argent au Croissant Rouge. Or, le Croissant Rouge ne donne absolument rien aux chrétiens. Hier, il y a eu le Croissant Rouge, UNHCR, etc, qui se sont baladés devant les télévisions, qui ont parlé comme s’ils avaient aidé les gens. Or, ils n’ont distribué, même pas une livre syrienne. Jusqu’à maintenant, le Croissant Rouge n’a rien donné aux chrétiens, et ce depuis quatre ans (ndlr : le début de la guerre). Je l’ai dit sur une grande chaîne arabe et là, je vous le dis aussi. Il faut que la Croix Rouge le sache. Il faut qu’il le sache. Ici, les responsables sont tous des Frères musulmans ou apparentés. Je le dis à voix haute parce que cela m’exaspère et me révolte.

Alors de qui provient l’aide que vous recevez ?
Par exemple, de l’Œuvre d’Orient, du Vatican, de la Congrégation orientale. Sinon, la Croix Rouge ne donne rien puisqu’elle donne tout au Croissant Rouge et le Croissant Rouge, ici, ne distribue même pas un milliardième de ce qu’il reçoit, rien aux chrétiens.

Que se passe-t-il par exemple, lors d’une grande distribution, si une personne s’avance et dit qu’elle est chrétienne ?
À chaque fois qu’un chrétien se présente chez eux, ils disent « rien ». Tandis que nous, à l’Église, Caritas, etc, nous donnons aux chrétiens, aux musulmans, à tout le monde. Eux ne donnent rien. 
http://fr.radiovaticana.va/news/2015/02/24/syrie__des_dizaines_de_chr%C3%A9tiens_captur%C3%A9s_par_letat_islamique/1125449

giovedì 26 febbraio 2015

Nei villaggi cristiani lungo il fiume Khabur, fonti confermano il rapimento di civili, la liberazione di alcuni e la distruzione di chiese. Il ruolo della Turchia.


Ultim'ora:  «Siamo riusciti a liberare le donne, i vecchi e i bambini cristiani rapiti dallo Stato islamico»

TEMPI, 25 febbraio
di Leone Grotti

Aggiornamento delle 18.00: Appena contattato da tempi.it, padre Ayvazian Antranig, responsabile dell’eparchia armeno-cattolica di Qamishli e rappresentante del WFP delle Nazioni Unite nel Nord Est della Siria, ha dichiarato: «Tre minuti fa mi ha chiamato un mio uomo, che ho inviato a trattare con i terroristi: siamo riusciti a liberare le donne, i vecchi e i bambini rapiti dallo Stato islamico. Siccome però gli scontri continuano, non siamo ancora riusciti ad andarli a prendere per non metterli in pericolo. Dovremmo riuscirci domani. Si trovano ora a 57 chilometri dal primo posto sicuro, nel villaggio di Msherfe. In tutto sono state rapite 163 persone. Di queste, 72 restano nelle mani dell’Isis a Mafluja mentre 26 o 28 a Habbade. Come li abbiamo liberati è un po' un segreto, ma loro ci rispettano». Domani l’intervista integrale.
http://www.tempi.it/siria-isis-ha-ucciso-milad-conquistato-villaggi-cristiani#.VO4jdGB0wqS

"Vogliono svuotare il Medio oriente dei cristiani e creare molti piccoli Stati confessionali."

AsiaNews , 25-02-2015


......
"Si parla di oltre 90 fedeli rapiti, ma secondo alcuni il numero ancora più grande, forse 150; una chiesa è stata distrutta, almeno tre villaggi di rito assiro sono stati occupati, la gente è dovuta scappare. Non abbiamo ancora notizie esatte, ma dalle prime testimonianze la situazione è drammatica". È quanto afferma ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, commentando l'attacco sferrato il 23 febbraio scorso dallo Stato islamico contro alcuni villaggi cristiani assiri nel nord-est della Siria. Colpiti numerosi centri fra cui Tel Tamar, Tel Shamiran, Tel Hermuz, Tel Goran e Tel Khareta...

Il vicario apostolico di Aleppo si rivolge all'Occidente e alla comunità internazionale affermando con forza che "l'intervento militare contro lo Stato islamico non è la via giusta" per risolvere la crisi e restituire pace e sicurezza alla Siria e all'Iraq. "Non ho mai creduto nella guerra - precisa - perché essa crea ancora più odio e divisioni". 
L'Occidente, prosegue il prelato, dice di combattere questi gruppi "ma li aiuta dall'altra parte. Chi compra il loro petrolio, chi vende loro le armi, chi è coinvolto nel traffico di reperti archeologici, di beni antichi di inestimabile valore?". 
Mons. Georges Abou Khazen vede molta "ipocrisia" nella lotta ai terroristi, "che non si risolverà certo con le bombe, ma smettendola di finanziarli a livello economico e militare. Quello che chiediamo è di non aiutare questa gente, non vendere loro le armi, lo diciamo da tempo ma nessuno ci ascolta". 
Il prelato ricorda inoltre che la comunità assira sotto attacco vive "da migliaia di anni nella zona, con le proprie tradizioni e riti antichissimi. Li hanno sradicati senza difesa alcuna. Si fanno campagne per salvare gli animali in via di estinzione, per lasciarli nel loro habitat - accusa - e per noi cosa si sta facendo davvero?".
Fra i fedeli c'è un sentimento di paura, conferma mons. Georges, "tanti vogliono scappare ed è un segnale molto pericoloso. Svuotare queste terre del cristianesimo è una disgrazia per tutti quanti. Forse si vuole dar vita a un altro Afghanistan, nelle mani dei nuovi talebani". 
Questa è la nostra lettura, conclude il prelato, vogliono "svuotare il Medio oriente dei cristiani e creare molti piccoli Stati confessionali. Noi cristiani siamo gli unici sparsi per tutto il territorio di Siria e Iraq, siamo il solo elemento che difende l'unità del Paese e mantiene vivo il valore del pluralismo... un elemento che vogliono sempre più distruggere".

http://www.asianews.it/notizie-it/Siria:-150-cristiani-rapiti-dallo-Stato-islamico,-donne-stuprate-e-uccise.-Vicario-di-Aleppo:-“situazione-drammatica”-33561.html

La barbarie dell'Isis e il ruolo ambiguo della Turchia

L'esercito turco ha violato la sovranità territoriale siriana per evacuare una statua in ricordo dell'Impero ottomano. Nessuna interferenza nella operazione da parte dell'Isis, che controlla la zona

ZENIT.ORG, 25 febbraio 2015
di Naman Tarcha 

Ancora una volta la storia si ripete. Negli stessi territori in cui, cento anni fa, i turchi commisero il primo genocidio ai danni dei cristiani mediorientali (armeni, siri, caldei e assiri), le stesse vittime sono oggi perseguitate dai terroristi dello Stato islamico.
I jihadisti hanno compiuto un nuovo feroce assalto a 30 villaggi siriani della comunità cristiana degli assiri nella provincia di Hasakah, nel nord-est della Siria. Il tentativo è stato quello di riconquistare terreno e trovare vie di fuga e rifornimenti, dato l'avanzamento delle Forze armate siriane a nord di Aleppo e la resistenza delle forze di difesa curde. Tal Hermez, Tal Tamer, Tal Shmeram, Tal Tawil sono solo alcuni dei villaggi sul fiume Khabur, assaltati dai miliziani con circa 40 mezzi armati all'alba di lunedì.
Jack Bahnam Hindo, vescovo della chiesa siro-cattolica a Hasakeh, ha confermato che la maggior parte degli abitanti sono stati sfollati nella città vicina di Qameshli, ma almeno 70 civili - per lo più donne e bambini - risultano in mano ai terroristi, portati in un luogo sconosciuto.
"Decine di cristiani assiri sono stati presi in ostaggio dai jihadisti, probabilmente allo scopo di usarli come scudi umani o merce di scambio con riscatto o rilascio”, sottolinea mons. Hindo. Il quale critica duramente la coalizione occidentale: "Voglio dire chiaramente che noi abbiamo la sensazione che siamo lasciati soli nelle mani di Daash (acronimo arabo di Stato islamico di Iraq e Levante ndr), i caccia americani sorvolavano la zona, ma non sono mai intervenuti".
Fonti locali riferiscono di case e abitazioni occupate e bruciate dall'Isis: quattro uomini delle guardie locali rimasti uccisi negli scontri, mentre é stata data alle fiamme la chiesa di Al Shamiye, una delle più antiche della Siria.
Gli attacchi dei terroristi sono avvenuti per rompere l'assedio imposto alla zona strategica, Ras Al-ain, cittadina di confine con la Turchia, e riconquistare l'autostrada che collega le città siriane di Qameshli e Hasakeh, lungo la quale si trova Al Raqaa, dichiarata capitale dello Stato islamico.
Le forze di difesa assire sostenute dai raid aerei dell'esercito siriano hanno respinto i terroristi e si preparano alla controffensiva, mentre le forze di difesa curde avevano già ripreso il controllo di 20 villaggi negli ultimi giorni.

Si registrano intanto tensioni anche tra la Siria e la Turchia. La scorsa notte l’esercito turco è entrato in territorio siriano per evacuare il mausoleo dedicato a Suleyman Shah, nonno di Osman, fondatore dell'Impero ottomano, che morì annegato, nel 1231, mentre attraversava il fiume Eufrate, vicino la fortezza di Jaabar. Malgrado la salma non fosse mai ritrovata, fu costruito un mausoleo in suo ricordo.
L’edificazione avvenne in un sito extraterritoriale, soggetto a sovranità turca a seguito di un accordo franco-turco del 1921 (durante l’epoca coloniale francese). Tuttavia la statua fu trasferita dalle autorità siriane nel 1972 dal luogo originale per consentire la costruzione della grande diga siriana.
L’intervento dei militari turchi a difesa della statua di Suleyman Shah è stato definito dal Governo di Damasco “una palese aggressione” per cui “Ankara ne risponderà”.
Da segnalare che i miliziani dell’Isis, nonostante abbiano fatto saltare in aria decine di santuari, mausolei e tombe sacre in Iraq e in Siria, hanno sempre risparmiato il mausoleo, l'unico rimasto in piedi, anche se dista solo 100 km dalla città siriana Al Raqaa, dichiarata capitale del cosiddetto Stato Islamico.
L'operazione dei militari turchi non è stata disturbata né da parte dei combattenti curdi di Kobane, né dall'Isis che controlla la zona, suscitando molti interrogativi.
La Turchia è stata ad oggi l'unico Paese in grado di liberare i propri ostaggi dalle mani del cosiddetto Stato islamico: 49 persone sono state tratte in salvo tra diplomatici e loro familiari, sequestrati presso il consolato turco a Mosul dopo l'assalto dell'organizzazione terroristica alla città irachena.
Il Governo turco ha subito precisato che quella della scorsa notte è solo un'operazione temporanea, e presto costruirà un mausoleo nuovo, sempre però sul territorio siriano, a 200 metri dal confine turco nei pressi di Ain Al-arab (Kobane).
Alla Turchia di Erdogan viene attribuito un ruolo ambiguo, visto il rifiuto di partecipare alla Coalizione guidata dagli Stati Uniti. Anche l'opposizione turca accusa Erdogan e il suo partito di condurre politiche dannose a scapito della stabilità e della sicurezza interna al Paese, attraverso il sostegno ai gruppi armati in Siria.

http://www.zenit.org/it/articles/la-barbarie-dell-isis-e-il-ruolo-ambiguo-della-turchia