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sabato 15 marzo 2014

Una Storia vera..




Sono ormai tre anni. Tre anni lunghi, duri, che ne equivalgono dieci o quindici, per la morte e la distruzione che hanno causato. Tre anni che non segnano la fine, ma solo, purtroppo, un anniversario, una tappa. Il cammino verso la pace è ancora lungo. 
Eppure, la stessa durata di questo conflitto, per assurdo che possa sembrare, sta diventando un’opportunità di vita. Quando le cose accadono in fretta, in tempi brevi, non abbiamo molta occasione di riflettere. Un attimo e sono già storia. Viene già un’altra guerra, uno scandalo, uno tsunami… Per ciò che è successo, accettiamo le spiegazioni di chi ha il potere per darle, un altro tassello si aggiunge alla nostra visione delle cose, un altro luogo comune.
Questa volta però non ha funzionato: col tempo, notizie, immagini, voci contrastanti sono ormai dilagate. E finalmente i nostri giudizi sono un po’ più consapevoli, un po’ più cauti.. 
E se mai in tutto questo c’è una primavera, allora è adesso : dopo tanta morte, la vita urge, preme, e tanti siriani cominciano a dire “basta”. Non così vogliamo fiorire: non nutrendoci del sangue dei nostri fratelli. Non così vogliamo essere liberi: non calpestando i corpi di chi ieri ci viveva accanto. Non così vogliamo costruire il nostro futuro: non sulle macerie della nostra cultura e della nostra storia. Non così vogliamo crescere i nostri figli: non mettendo loro un fucile in mano e l’odio nel cuore.

“Ecco, sto facendo una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete ? “. 
Questa vicenda, in cui Dio ci ha messe a percorrere il nostro cammino monastico, ci sta insegnando tanto. E ci interroga. E’ come se, almeno apparentemente, negli eventi la storia si svolgesse a due livelli : il desiderio sincero, della “gente” (o almeno di alcuni), di libertà, di verità, di uguaglianza, di bellezza… Cose per cui magari ci si infiamma, si scende in piazza, si espone la vita, o almeno il cuore.. E poi il livello di chi tiene i fili. Non solo manipola, ma prevede, suscita, strumentalizza le nostre pur vere passioni, i nostri ideali sinceri, e le nostre reazioni.  Siria? Forse anche Iraq, Libia, e Africa ed ora Ucraina…e forse anche Venezuela… e cos’altro?

Dov’è finita Ginevra ? non se ne parla più. L’affare è stato spostato… La “rete globale” che avvolge il nostro mondo e la nostra mente è una gran bella cosa, ma è pur sempre una rete, e se le sue maglie si infittiscono ci fa correre solo in orizzontale, schiacciandoci sulla superficie della terra. Ed è uno strumento potente per influenzare il nostro giudizio, la nostra libertà... 
Ma allora, a noi cosa resta? Che cosa possiamo davvero vivere con verità? Come possiamo difendere e rendere feconda la nostra libertà? Accorgendoci che c’è un’altra storia, una Storia vera… Che si rinnova ogni anno da duemila anni, potente, salvifica. Sempre di primavera. Anche duemila anni fa le giornate si stavano allungando, il sole si faceva più caldo, i campi più verdi. Si preparavano giorni di festa. E un Uomo si lasciava tradire, consegnare, uccidere, per la salvezza di molti. Oggi ancora, di nuovo.
Che razza di soluzione è? Cosa c’entra con la nostra libertà, col nostro impegno nel mondo? A questo ognuno deve dare la sua risposta, nessuno può farlo per un altro. Sapendo però che si tratta di una Pasqua, un passaggio. In questi giorni, come ogni anno, passa nei nostri cieli un grande stormo ( forse aironi?) in migrazione…Qualcuno fa punta, in formazione… fa breccia nell’aria… Altri dietro fanno ala, ingrossano le fila, si disperdono, si raggruppano di nuovo.. Una marea in volo, che passa vociando da una regione all’altra della terra per salvaguardare la vita.

L’uomo deve migrare in altro modo, il viaggio è interiore, dal freddo dell’inverno al calore del bene cercato insieme. E’ questa la nostra primavera. Siamo popolazioni “stanziali” nella perseveranza, ma anche pellegrini nella storia, in transumanza verso pascoli che ci sazino davvero, insieme.. ed ecco..! ci si accorge che la speranza è qualcosa di reale , di concreto… I pascoli da cui nutrirsi sono già qui, fuori casa: è il fratello, diverso da te, da riscegliere, da perdonare, con cui lavorare insieme. 

Certo è e resta sempre una libera scelta. In questo momento c’è anche chi continua ad uccidere, con crudeltà. C’è chi ruba, incurante del fatto che accanto a lui c’è il cadavere di un amico che magari avrebbe potuto salvare. Episodi atroci.. Uomini e donne che si odiano, e provano il piacere della vendetta e della violenza.

Ma ci sono tanti- tanti- che aprono gli occhi, che ricostruiscono insieme, che scelgono il bene, la vita, il perdono. Qualche giorno fa, dopo la ripresa dei voli di civili tra l’’aeroporto di Damasco e quello di Aleppo, uno dei piloti, intervistato, diceva: “Vorrei dire a tutti i terroristi, a tutti coloro che usano la violenza, che la cultura della vita è più forte della cultura della morte”.
E così sia. 

Le Sorelle Trappiste della Siria

giovedì 13 marzo 2014

Nel triste anniversario del 15 MARZO....

LOSSERVATORE ALEPPINO RIFLETTE 

Aleppo, 10 marzo '14 

Ieri, 8 marzo, nel mondo intero si e’ celebrata la festa della donna, eccetto che nel Medio Oriente perchè qui da noi la donna la onoriamo (cristiani e musulmani) il giorno 21 dello stesso mese. Oggi ascoltavo le notizie dall’Italia, anche la Rai annunciava che sono state liberate le suore prese prigioniere a Maaloula, in cambio di oltre un centinaio di donne detenute dal regime siriano. Sarà questo un segno di buona volontà d’ambo le parti per porre un termine a tanta violenza fatta di distruzione e morte, che stiamo vivendo e subendo da ormai tre anni? Sarà questo un segnale per riavere liberi i due vescovi rapiti il 22 aprile scorso? I due sacerdoti rapiti il 9 febbraio 2013? Il rev.do gesuita Paolo Dell’Oglio? 
Il prossimo sabato, 15 marzo, per la Siria ed i siriani ricorre un ben triste anniversario. E’ il giorno in cui iniziò ciò che fu chiamato “Primavera araba”.  Ma dobbiamo ammettere, per essere onesti, che non siamo dinanzi ad una primavera, ci troviamo dinanzi una vera e propria catastrofe che si può benissimo definire un inferno in cui non v’è altro che distruzione e morte. Ormai ai poveri siriani non sono rimaste altro che lacrime, hanno perduto il senso della gioia, l’unica cosa di cui possono andare ancora fieri ed in cui sono saldamente radicati è la loro fede in Dio e sono certi che arriverà il momento in cui “Egli visiterà il suo popolo” liberandolo da ogni angoscia causata loro da chi dice di essere  fratello di fede e di patria. 

In questi tre anni centinaia di migliaia sono stati i morti, o caduti sotto i bombardamenti,  o, peggio ancora, uccisi in nome di un Dio che si fregiano di chiamare “clemente e misericordioso”, o perchè sono semplicemente cristiani.
Durante questi tre anni il così detto mondo civile e democratico non ha saputo fare altro che vendere armi alle diverse fazioni che si affrontano. Dico diverse perchè ormai tutto il mondo deve sapere, nel caso fingesse di non saperlo, che in Siria non è più l’opposizione siriana che combatte il governo, ma sono le differenti frange del terrorismo mondiale che si identifica in al-Qaeda o in Daesh o nelle Jamaat al-Nousra, e qui convogliate dall’Occidente sponsorizzato dalle petromonarchie.
Il giorno, però, verrà in cui anche l’Occidente e le petromonarchie dovranno fare i conti con questi portatori di morte, violenza, stupro e qualsiasi atto contro il comandamento di Dio di amarsi e rispettarsi l’un l’altro perchè Egli ci ha creati e siamo tutti Suoi figli e quindi fratelli.
Il così detto mondo civile, ricco e mai sazio del benessere di cui dispone, continua a vendere armi ed in nome della Libertà e della Democrazia non sa fare altro che Guerra per saccheggiare e derubare i vari tesori che altri posseggono.
In questi tre anni di Guerra, qui in Siria, è stato distrutto tutto ciò che si poteva distruggere. E’ stato distrutto il patrimonio storico-archeologico appartenente all’umanità tutta, distrutto semplicemente perchè testimoniava della presenza di un cristianesimo che ha sempre dovuto subire fin dal VII secolo. E l’Occidente dinanzi a questi scempi sacrileghi ha taciuto e continua a tacere. Bravo! Bravissimo!  
Perche’ si tace dinanzi a queste distruzioni? Perchè queste sono cose secondarie... "Noi vogliamo abbattere il dittatore, un regime assolutista". 
la festa per la sposa-bambina
E sì, perchè gli Occidentali ne sanno qualcosa dei vari dittatori che si sono succeduti nei vari paesi d’Europa. Per onestà dobbiamo una certa scusante agli occidentali. Chi governa i popoli d’Europa non è vissuto nel mondo dei Paesi arabi, non conosce la loro lingua, i loro costumi, la loro mentalità e quindi può facilmente essere raggirato. Non hanno capito che quando le petromonarchie si sono rivolte all’Occidente per eliminare un dittatore "che non dà i diritti umani ai propri sudditi, ecc"….- non hanno capito o forse non hanno voluto mai capire - che non si trattava di diritti umani non rispettati e quindi non concessi, si trattava semplicemente di eliminare un regime laico che non può esistere nella nomenclatura del mondo islamico.

Il nostro Presidente, da quando è stato eletto per la prima volta, non ha fatto altro che mettere in pratica i principi di uno Stato Laico, esattamente come fanno i Governi occidentali. Naturalmente, trattandosi di uno Stato islamico e sapendo che la laicità dello Stato non può esistere nel mondo coranico, ha iniziato gradatamente questo processo portandolo avanti con determinazione. In questo Stato Laico tutti i cittadini erano liberi di agire, di andare dove si voleva, di viaggiare, di impiantare fabbriche, di aprirsi al commercio con l’estero. Ogni cittadino mangiava il proprio pane guadagnato con il sudore della propria fronte. Le leggi erano uguali per tutti. Basti pensare che ogni etnia religiosa era libera di praticare , in pubblico ed in privato, la propria religione. Cose che non troviamo in qualche petromonarchia  di là del Mar Rosso. Ora tutto ciò, grazie alla lungimiranza occidentale, grazie alle petromonarchie, è stato distrutto; ai siriani profughi che vivono nei campi di concentramento non è rimasto altro che piangere e magari vendere le proprie bambine ai magnati che arrivano con le tasche piene di petrodollari, perchè non hanno più nulla. Le vendono allettati dalla promessa che saranno educate ed avranno una vita migliore,  non riescono a capire, accecati dalla fame e dalla disperazione, che le loro figliolette saranno alla mercè di loschi individui che pensano soltanto a soddisfare i loro bassi istinti animaleschi.  
Tutto ciò, caro Occidente, nella vostra incauta ignoranza, ce l’avete causato voi. Voi, gente civile, gente democratica, gente che predicate il rispetto dei diritti umani. Avete anche tentato la farsa di una Conferenza di pace detta “Ginevra 2”. Siete andati a Ginevra con la vostra solita boria che soltanto voi capite e sapete tutto. L’unica soluzione è e resta quella di eliminare il dittatore. Non sapendo e non conoscendo neppure a chi ci venderete. Svegliatevi una buona volta, riflettete a cosa avete fatto fino ad oggi nei vari paesi arabi dove avete sostenuto la vostra "primavera”. 

Possibile che la storia di appena qualche giorno fa l’abbiate già messa da parte? Siete diventati talmente ciechi che non riuscite a capire i guai che avete combinato sull’altra sponda del Mediterraneo? Svegliatevi e riflettete! Abbiate il coraggio e l’onestà di dire, almeno una volta: abbiamo sbagliato!  
Che il Signore vi perdoni! 
l’Osservatore di Aleppo

Testimonianza di S. E. Jacques Behnan Hindo,  Arcivescovo Syro-Cattolico di Hassaké-Nisibi :

mercoledì 12 marzo 2014

Per finire questi 3 anni di tormento, cominciamo da qui:

Awad (leader cristiano): gli Usa smettano di finanziare i terroristi   



Il Sussidiario , mercoledì 12 marzo 2014 
intervista a Adeeb Awad  
di Pietro Vernizzi

I vescovi cattolici e ortodossi e i leader protestanti della Siria si sono 
recati a Washington per chiedere che gli Stati Uniti smettano di sostenere i 
gruppi jihadisti che combattono contro i regime di Damasco. Si tratta della 
prima delegazione di questo tipo ad avere visitato la capitale americana 
dall’inizio della crisi siriana. I vescovi hanno chiesto a senatori e membri del Congresso di esercitare pressioni su Paesi come Arabia Saudita, Qatar e Turchia affinché smettano di finanziare i terroristi presenti in Siria. 
Ilsussidiario.net ha intervistato Adeeb Awad, leader del Sinodo Nazionale 
Evangelico di Siria e Libano.



Per quale ragione ha deciso di recarsi negli Usa insieme agli altri leader 
cattolici, ortodossi e protestanti?

La ragione principale è che ci rendiamo conto che c’è un’ipocrisia nella 
politica americana, e occidentale in generale, nei confronti del terrorismo in 
Siria. I cittadini e i leader religiosi in Siria hanno una grande storia per 
quanto riguarda l’integrazione con la nostra società e con il nostro governo. 
Quando le manifestazioni sono incominciate nel 2011 per chiedere riforme, 
eravamo contenti e simpatizzavamo con i manifestanti. La Siria è un grande Paese  che ha bisogno di riforme, come tutti gli altri Paesi civilizzati. Presto però  abbiamo scoperto che quelle dei manifestanti non erano richieste genuine, in  quanto sono emerse fin dall’inizio infiltrazioni terroristiche da tutto il  mondo. Ovunque esistono terroristi preparati, equipaggiati e allenati dai servizi segreti occidentali, in primo luogo americani, ma anche francesi, 
britannici e tedeschi.


Lei non auspica che in Siria si affermi la democrazia?

Non siamo andati negli Stati Uniti per chiedere loro di smettere di insistere 
affinché in Siria siano fatte le riforme. Abbiamo però scoperto una serie di 
elementi che ci hanno spinto a questo passo. In primo luogo gli alleati in Medio  Oriente di Francia, Usa, Regno Unito non sono democratici. Le monarchie del  Golfo sono Stati di polizia, e la Siria fino a tre anni fa era pur sempre  migliore di loro.


A che cosa si riferisce?

In Bahrein sono presenti decine di migliaia di militari sauditi per reprimere i 
manifestanti senza che l’Occidente dica una sola parola. In Siria inoltre 
abbiamo fatto esperienza del peggior tipo di terrorismo da parte dei gruppi 
jihadisti provenienti da 80 Paesi nel mondo, che entrano in Siria passando da Turchia e Giordania e che sono sostenuti dagli alleati dell’America. L’Occidente su questo non ha detto una sola parola, e mi domando come ciò possa essere compatibile con la sua identità cristiana.


Che cosa accadrà ai cristiani in Siria se i ribelli prevarranno?

I cristiani in Siria hanno sempre avuto piena cittadinanza, a differenza di 
quanto avviene in altri Paesi del Medio Oriente. In passato abbiamo goduto di una libertà religiosa che altrove era impossibile. In Siria cristiani e  musulmani non vivono come due gruppi di cittadini divisi, ma come persone che  condividono amore, pace, coesistenza e talora anche le stesse famiglie. Il recente rapimento di due vescovi impegnati in una missione di pace ha come scopo  quello di terrorizzare i cristiani. Lo stesso vale per il sequestro di 11 suore  che non stavano combattendo, ma erano impegnate in attività caritatevoli. Dio che consente queste tribolazioni sarà con noi in questo duro viaggio fino alla  fine dei tempi.


Che cosa è emerso dai colloqui a Washington?

Incontrando i senatori americani, ho chiesto loro perché in tre anni non sia mai  intervenuto un solo funzionario occidentale per chiedere libere elezioni in Siria. Uno dei senatori si è alzato e mi ha detto: “Non sono sicuro che non le abbiamo mai chieste”. A quel punto ho replicato: “Non è una buona risposta”.


Perché?

Perché gli stessi servizi segreti americani affermano che in libere elezioni, 
Bashar Assad vincerebbe.


E se invece Assad perdesse?

Lasciamo che perda, nella democrazia può avvenire anche questo. 
Ma nella realtà gli Stati Uniti non vogliono libere elezioni e democrazia in Siria, perché nessuno degli alleati dell’America in Medio Oriente è uno Stato democratico.

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2014/3/12/SIRIA-Awad-leader-cristiano-gli-Usa-smettano-di-finanziare-i-terroristi/474201/

lunedì 10 marzo 2014

Ecco i frutti della carità di Cristo dentro l’inferno della guerra


TEMPI, 9 marzo 2014 
Reportage  di  Rodolfo Casadei

Improvviso un pianto di donna rompe il silenzio della corsia. Lo attutisce la porta chiusa della stanza da cui proviene. Come a un segnale convenuto la dozzina di uomini che fanno capannello nel corridoio china la testa. La mamma di Gima ha appena saputo che la figlia dodicenne è morta nell’attentato che ieri sera (27 febbraio, ndr) ha visto esplodere una bomba collocata fra il marciapiede e la sede stradale quasi davanti all’ingresso dell’ospedale francese di Damasco, nel quartiere a maggioranza cristiana di Qassaa (foto sotto a destra). E qui nell’ospedale stesso sono stati ricoverati o trattati i trenta feriti dell’attacco. Fra loro la donna e un’altra figlia, che non sono in pericolo di vita. Invece a Gima, le schegge hanno squarciato la schiena.

Un uomo si stacca dal gruppo e mi viene incontro. È il padre di Gima, cristiano ortodosso. Mi parla come a un nemico: «Perché attaccate i civili? Se ce l’avete col regime, fate la guerra contro l’esercito, contro la polizia. Lasciate stare i bambini! Questo è successo per colpa dell’Europa, per colpa dell’America». La voce non è adirata ma implorante, come se temesse che io possa fargli di peggio. Uno zio mi si avvicina. Parla con dignità, contenendosi: «Voi appoggiate la cultura della morte. Noi difendiamo la cultura della vita».

Nel corridoio seguente dentro a una stanza c’è Ronza, un’altra mamma cristiana con le sue due bambine: tutte ferite, ma vive. Una era compagna di scuola di Gima, ed è quella che desta più preoccupazione: ha ancora una scheggia in corpo, piantata nel collo, il chirurgo non ha osato intervenire per paura di ledere organi vitali. «Non è la prima volta che rischiamo la vita per questa guerra», dice la mamma con un filo di voce, sdraiata nel letto con un frammento di bomba nel petto. «L’anno scorso un colpo di mortaio ha colpito la classe di fianco a quella di mia figlia nella scuola cristiana che frequenta. E l’anno prima io mi sono salvata per miracolo, quando un’autobomba è esplosa a Jaramana uccidendo cinquanta persone».

Jaramana è un quartiere della periferia, sulla strada per l’aeroporto, abitato principalmente da cristiani e drusi. Nel 2012 subì due attacchi sanguinosi, in agosto e a novembre, ad opera di Jabhat al Nusra. Nel secondo, all’esplosione della prima autobomba fece seguito, dopo pochi minuti, quella di un’altra sopraggiunta sul luogo dell’attacco quando già si era radunata una folla di soccorritori: una tecnica omicida di tipica marca qaedista, mirata a causare il maggior numero di vittime. La colpa di Jaramana, stando ai terroristi, era quella di non lasciare libero passaggio ai rifornimenti per i ribelli dei quartieri più vicini al centro città, Jobar e Daraya. Da allora i proiettili di mortaio non hanno mai cessato di tormentare la vita dei residenti di Jaramana, nonostante l’esercito abbia spianato a cannonate tutti gli edifici – una moschea compresa – della vicina Mleha, da cui i colpi provengono.
Nell’incrocio principale del quartiere è stato innalzato un memoriale alle vittime della strage (foto sotto a destra): un grande cuore blu di plastica lucida e luci al neon che spunta da un supporto di pietra e fiancheggiato da due specie di grossi petali coi colori della bandiera siriana. Sulla superficie del cuore le foto a colori e sorridenti dei volti delle vittime: cristiani, drusi, musulmani sunniti, profughi iracheni che avevano trovato rifugio nel quartiere. Lo stesso assortimento di ogni attentato contro le zone cristiane di Damasco, compreso quello del 27 febbraio davanti all’ospedale francese. Perché là dove ci sono i cristiani, ci sono anche tutti gli altri volti del popolo siriano.

Non ci sono dubbi: i cristiani di Siria sono bersagli intenzionali dei ribelli che combattono il regime di Damasco. Lo dimostra il rosario di villaggi espugnati dai jihadisti con successivi eccidi di abitanti cristiani: Maloula, Sadad, Deir Atieh. Lo dimostrano i puntuali tiri di mortaio contro obiettivi civili dei tre quartieri damasceni dov’è concentrato il grosso della popolazione cristiana: Jaramana nella periferia, Bab El Touma e Qassaa nel centro.

I martiri decapitati
L’11 novembre scorso alle 13.30 una pioggia di proiettili di mortaio si è abbattuto sulla scuola armena che sorge nei pressi della porta orientale di Bab El Touma. Quelli che sono caduti nel recinto che racchiude la scuola e la chiesa di San Sergio hanno solo danneggiato cornicioni e marmi, compresi quelli del memoriale del genocidio. Ma quello che ha colpito un autobus scolastico fuori dalle mura ha ucciso quattro bambini di sei anni (due armeni apostolici, un greco ortodosso e un melchita) e l’autista, ferendone molti altri. «Tutti i passanti ci hanno aiutato a soccorrere i nostri piccoli», racconta il presidente del consiglio di gestione. «Se in Italia avete specialisti del trauma psicologico disponibili ad aiutarci ce li faccia conoscere, perché ne abbiamo ancora bisogno per i nostri studenti».
Il sacerdote Makarios Kallouma è il segretario del patriarca della Chiesa melchita, ed è originario di Maloula. Fra i cristiani locali ostaggi dei jihadisti di Jabhat al Nusra ci sono anche un suo fratello e un suo cugino. «Avevano detto che non avrebbero attaccato il villaggio, ma non hanno mantenuto la promessa. Hanno scelto come pretesto i vetri rotti dell’unica moschea, presi a sassate da alcuni ragazzi. Loro hanno devastato e razziato le chiese e abbattuto le croci! Conoscevo alcuni dei cristiani che sono morti martiri».
Makarios racconta la storia di Antoine, Mikhail e Sarkis. Insieme ad altri si trovavano in una casa al momento della presa della località. Riuniti in una stanza pregavano: «Se dobbiamo morire, moriremo cristiani». Quando i ribelli sono entrati nell’edificio ai presenti hanno detto: «Avete salva la vita». Ma appena Mikhail e Sarkis sono usciti dalla casa, sono stati abbattuti dai ribelli che sostavano fuori. Al 21enne Antoine, studente di ingegneria, i jihadisti hanno imposto: «Se non ti converti all’islam, morirai». Le sue ultime parole: «Sono nato cristiano e morirò cristiano».

domenica 9 marzo 2014

Sono state liberate le Monache di Maaloula: grazie a Dio!






















Le Sorelle di Maaloula (13 religiose e tre aiutanti ) libanesi e siriane, che erano state rapite dalla storica città cristiana di Maaloula nel mese di dicembre ,  oggi sono state rilasciate e sono in viaggio verso la Siria , ha riferito una fonte della sicurezza libanese .

Le suore erano state trasferite al villaggio di Arsal , nel Libano occidentale, all'inizio della settimana, ha riferito la fonte a Reuters.La loro ubicazione e le condizioni erano rimaste sconosciute per oltre tre mesi , dopo le prime notizie del sequestro emerse ai primi di dicembre quando ribelli islamici hanno conquistato l'antica località di Maaloula , una città a maggioranza cristiana, riconosciuta anche come patrimonio UNESCO, situata nella  Siria orientale."Quello che l'esercito siriano ha realizzato in Yabroud ha facilitato questo processo", ha dichiarato il  Vescovo siriano greco-ortodosso Louka Khoury parlando con i giornalisti alla frontiera .

Non è ancora chiaro esattamente chi aveva tenuto prigioniere le suore e perché sono state rilasciate oggi . Tuttavia, l'Osservatorio siriano per i diritti umani , un gruppo di monitoraggio  in gran parte legato con l'opposizione , ha identificato i ribelli che hanno preso le suore come militanti del Fronte al-Nusra, affiliato di Al- Qaeda e uno dei gruppi radicali che combattono le forze del presidente Bashar Assad .  Il Generale Capo della Sicurezza del Libano e il capo dei servizi segreti del Qatar sono stati segnalati per aver giocato un ruolo importante nei negoziati .In precedenza , il Fronte al-Nusra aveva riferito di avere richiesto la liberazione di 500 militanti detenuti in Siria e in Libano in cambio per le Monache, secondo quanto riferito dal canale satellitare Al - Mayadeen .L'Osservatorio , così come una fonte ribelle , hanno detto che il rilascio delle Suore è stato concordato come parte di uno scambio di prigionieri, con decine di donne detenute nelle carceri del presidente Bashar al - Assad ."L'accordo è per il rilascio di 138 donne provenienti da carceri di Assad ", ha detto la fonte dei ribelli , riferisce Reuters.

Le suore erano state rapite durante feroci combattimenti tra le forze ribelli e l'esercito siriano per il controllo strategico di Damasco - autostrada Homs , che passa proprio vicino a Maaloula .Subito dopo essere state rapite, le Monache erano state spostate in una vicina città in mano ai ribelli, Yabroud distante 20 km. La data di rilascio, è stato riferito, è impostata per coincidere con un cessate il fuoco in Yabroud , iniziato al tramonto di domenica .Nel mese di dicembre un video delle Suore è stato trasmesso su Al - Jazeera . Un commentatore riferiva che le suore erano in buona salute e stavano aspettando il loro rilascio per tornare al loro convento in Maaloula , nel Monastero di Mar Thekla . Il video non dava alcuna indicazione di dove le suore si trovavano.

La minoranza cristiana della Siria si è trovata coinvolta in mezzo ai combattimenti di una guerra  che , iniziata nel marzo del 2011, sta compiendo il suo terzo anno e sta diventando sempre più settaria

http://rt.com/news/syria-nuns-release-maaloula-782/


8 marzo per onorare le suore di Maloula e la loro delicata, dolorosa resistenza alla furia islamista

il momento della liberazione

TEMPI, 8 marzo 2014
di  Annamaria Falco

Nella festa della donna, la testimonianza di una professoressa amica delle religiose siriane sequestrate dai ribelli legati ad Al Qaeda



   leggi su: 
http://www.tempi.it/8-marzo-per-onorare-le-suore-di-maloula-e-la-loro-delicata-dolorosa-resistenza-alla-furia-islamista#.UxznRkaYbwo

venerdì 7 marzo 2014

Dhimmitudine e legge islamica




di Fr. Georges Massouh

Non è sorprendente che il gruppo "Stato islamico in Iraq e Siria" stia imponendo le disposizioni della dhimmitudine sui cittadini cristiani di al-Raqqa. Inoltre non è sorprendente che ciò che questo gruppo ha fatto sia stato accolto con censura da molti tra i musulmani. ISIS ha riportato in vita un sistema che era stato messo in pratica in molti periodi della storia e che ha molte giustificazioni nella giurisprudenza islamica, che non ammette, né nel passato né oggi, l'uguaglianza dei diritti e dei doveri dei cittadini in uno stato basato sulla legge islamica.

Tale giurisprudenza, anche se pretende di adottare la cittadinanza come la base delle norme, continua a discriminare tra cittadini,  su basi religiose e settarie. Quando alcuni giuristi e pensatori islamici parlano della cittadinanza, li vedi fare eccezioni legislative o riserve per quanto riguarda la partecipazione dei non-musulmani nello stato islamico.
Oggi, le posizioni degli islamisti variano in relazione alla questione dell'applicazione della jizya nei paesi islamici, dove gruppi di "dhimmi"  vivono.  Queste posizioni oscillano tra riportare l’ imposizione della jizya, in quanto è stabilita nel Corano, e cancellare o cambiarne  il  nome se disturba i  cittadini "dhimmi".

Gli Islamisti considerano che  il principio della jizya è una distinzione per il popolo del Libro stabilita nel Corano, che distingue tra gente del Libro – tra cui i cristiani -, e politeisti. Così, mentre il Corano pone i politeisti tra due scelte, o inserirsi  nell'Islam o essere uccisi, chiede  ai cristiani solo di pagare la jizya, in cambio di essere mantenuti sani e salvi. Così essi deducono che l'Islam ha dato solo ai cristiani una distinzione, poiché ha  imposto loro la jizya, mentre comanda ai musulmani di combattere i politeisti fino a che non si sottomettano.

Lo Sheikh Yusuf al-Qaradawi, un pilastro di moderazione, insiste sulla dominanza  delle obbligazioni religiose su eventuali altri legami. Così egli rifiuta  tolleranza e apertura che si basano sul  "diluire" la religione con il pretesto di "nazionalismo o patriottismo" poiché egli ritiene che sia ipocrisia assoluta  far prevalere il legame patriottico o nazionale sul legame di religione o  elevare la laicità sopra il  legame della religione. Per lui, "Non è tollerato per i musulmani il tornare indietro dai decreti della loro religione e dalla legge del loro Signore, nel vanificare i suoi confini e nel dissolvere  il suo stile di vita per il bene delle minoranze non musulmane, in modo da non da farle preoccupare o non ferire i loro sentimenti. "
Per lui, la tolleranza si basa "sul buon vicinato comandato da entrambe le religioni, l'amore del bene per tutti, e l'obbligo di giustizia con tutti."

Lo Sheikh Said Hawwa dei Fratelli Musulmani in Siria, segue esattamente la stessa tendenza quando rifiuta di abbandonare i principi islamici per la preferenza di una formula non-islamica che riunisce insieme musulmani e non musulmani in un unico stato. Egli dice: "I popoli della Umma islamica non abbandoneranno l'Islam. La Storia testimonia. I fatti testimoniano.  E così i non -musulmani hanno una scelta: partire o fare un accordo con i musulmani sulla base di una sola formula. Se si vuole una terza opzione - per i musulmani  abbandonare il  loro Islam - né loro né altri potranno avere questo ".
Hawwa poi avverte i non-musulmani che l'Islam inevitabilmente governerà e così li consiglia di affrettarsi "per trovare le formule per un accordo con i musulmani che piaccia a tutte le parti, prima del giorno in cui venga  imposto unilateralmente loro l'accordo."

Il sistema di dhimmitudine non è un'invenzione di ISIS. Infatti, si trova nel cuore della giurisprudenza islamica. Ora abbiamo un urgente bisogno di innovazioni giuridiche islamiche che ammettano la partnership nazionale e l'uguaglianza totale tra i cittadini senza riserve, siano esse legislative o di qualsiasi altro tipo.

  traduz. FMG

giovedì 6 marzo 2014

La Chiesa sofferente e orante di Damasco riceve la Grande Quaresima




Damasco , 3 marzo 2014



La Chiesa che soffre di Damasco ha celebrato, il 3 Marzo 2014, l'inizio della Grande e Santa Quaresima, nel primo giorno chiamato "Lunedi del Monaco".
 Infatti, i cristiani  un tempo salutavano  i monaci che erano presso di loro e che, in quel giorno, lasciavano i villaggi per recarsi nei deserti e grotte della regione, per fare ritorno il Sabato di Lazzaro e celebrare la Domenica delle Palme e Settimana Santa.       
Diverse parrocchie hanno celebrato questo "Lunedi del Monaco" intorno a mezzogiorno, consumando insieme il piatto popolare chiamato Moujadara (lenticchie e riso), cotto in enormi recipienti.       

Sua Beatitudine il Patriarca Gregorios III ha celebrato il "Lunedi del Monaco" nel villaggio Jdeidit Artouz, vicino a Damasco, dove si sono rifugiate  persone di diverse regioni della Siria, molte delle quali suoi parenti di Daraya. Il parroco, padre Dott. Abboud  Chehade ha invitato i suoi parrocchiani ad accogliere il Patriarca, che ha presieduto la celebrazione della Ora sesta (Sesta), in ricordo della Passione di Cristo, che continua nella sofferenza del popolo siriano.       
Nel suo sermone, il Patriarca ha presentato la sua lettera di Quaresima, intitolata "La grazia del digiuno." Poi, Sua Beatitudine ha visitato la scuola materna della parrocchia e poi ha condiviso il pasto tradizionale quaresimale con i parrocchiani: insalate e Moujadara.
       Molte parrocchie hanno celebrato questo "Lunedi  del Monaco", allo stesso modo, offrendo la  Moujadara a circa 5.000 persone.       
Al Patriarcato, SER Kyr Joseph Absi, arcivescovo vicario patriarcale, ha presieduto una breve preghiera e il pasto di Moujadara offerto da IMAC (presieduto da Ghassan Talab) a circa 500 bambini e giovani.        

Vale la pena ricordare gli ingredienti cucinati nelle pentole giganti: Lenticchie  (50 kg), riso (45 kg), cipolle (20 kg), olio d'oliva (16 litri), olio di girasole (16 litri), cavolo (40 kg), limoni (  20 kg) .
  
Lunedì sera, nelle nostre parrocchie si è  iniziato a celebrare il bell' Ufficio quaresimale della  Grande Compieta, che è conosciuto sotto il nome di una delle sue invocazioni: " Dio Potente, sii con noi".

Ringraziamo il Signore che la Chiesa sofferente di  Damasco diventi la Chiesa orante  per 40 giorni, culminando nella Settimana Santa.  Siamo orgogliosi  che la Chiesa di Damasco si distingua per la sua partecipazione agli Uffici durante la Santa Quaresima. Quasi ogni giorno, quasi tutte le nostre chiese sono pressochè piene.      
 La Chiesa sofferente a Damasco si trasforma in migliaia di mani in preghiera che invocano il Signore per le vittime della guerra, della violenza e del terrore, la pace, la sicurezza, la riconciliazione, l'amore, la stabilità e la fine delle sofferenze di milioni di sfollati, disabili, di feriti, di coloro che sono in lutto.       

Così la Chiesa di Damasco e la Chiesa di tutta la Siria continuano il loro cammino di croce, senza lasciare che  la fiamma della speranza si spenga nei cuori e nelle anime dei loro fedeli, come raccomandato da Sua Santità Papa Francesco, chiamandoci a mantenere "il coraggio della preghiera."       
La Chiesa di Damasco e di tutta la Siria avanza  con coraggio, fede, speranza e carità per la sua strada di croce durante questa Santa Quaresima, nella speranza che risplenda su tutti  i suoi cittadini, in tutte le regioni, l'alba della pace e della risurrezione, e augura a tutti una buona e santa Quaresima.       

 Sua Beatitudine ha elaborato un piano di visite alle parrocchie dell'Eparchia Patriarcale di Damasco durante questo tempo di Quaresima, per incontrare i  sacerdoti e i fedeli. Ad ogni visita, il Patriarca pronuncerà un sermone sulla Quaresima.       
Rapporti e fotografie di queste visite quaresimali saranno pubblicati per accompagnare i parrocchiani nelle loro speranze e dolori, le loro preghiere per la pace nella nostra amata Siria, in Terra Santa, nel Medio Oriente e nel mondo.

http://www.pgc-lb.org/fre/news_and_events/view/Damascus-suffering-and-praying-Church-begins-Great-and-Holy-Lent

martedì 4 marzo 2014

DOPO TRE ANNI DI GUERRA

























Gregorios III Laham, Patriarca melchita di Antiochia, di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, non ha dubbi: "Se non ci fossero pressioni indebite e milizie straniere nel nostro Paese, i siriani potrebbero risolvere la crisi da soli". 

da SIR , 25 Febbraio 2014
Intervista di Daniele Rocchi
 Cosa salverà la Siria?:  La sua lunga storia fatta di convivenza pacifica dei suoi abitanti, di ogni etnia e fede.
Ginevra 2?:  Dopo tre anni di guerra, il fatto che regime e opposizione si siano in qualche modo parlati è positivo.
Il problema oggi è rappresentato dai miliziani integralisti stranieri che con le armi stanno distruggendo il Paese seminando divisione, oltre agli interessi particolari delle grandi potenze internazionali. 
 


Sul negoziato di Ginevra 2 si erano appuntate tante attese purtroppo andate deluse. Ora si attende un terzo round negoziale, con data da destinarsi...

“Credo che il fatto che si siano tenuti dei colloqui negoziali, anche se le due parti si sono parlate solo indirettamente, è già positivo. Guardando ai tre anni di guerra trascorsi, alle drammatiche condizioni in cui la popolazione, soprattutto ad Aleppo, vive oggi, non deve essere risparmiato nessuno sforzo per compiere anche un minimo passo in avanti. Ginevra 2 è stata percepita positivamente dalla gente siriana che mantiene la speranza in un dialogo possibile. Ora andiamo avanti e preghiamo affinché una nuova data di colloqui possa essere fissata al più presto”.

Di concreto, per ora, c’è solo un accordo minimo per portare aiuti ed evacuare la città di Homs. Un po’ poco, non crede, per guardare con fiducia al futuro?

“L’Occidente deve capire che il Governo non sta lesinando sforzi per aiutare la popolazione. Chi ostacola questa azione sono quelle milizie armate ribelli, costituite da combattenti stranieri, non controllabili dall’opposizione. Quest’ultima è aperta a far passare gli aiuti. Come Chiesa cerchiamo di aiutare quanto più gente possibile, senza distinzione alcuna”.

Sabato scorso, 22 febbraio, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha adottato una Risoluzione che esige pieno accesso umanitario alla popolazione siriana. Crede possa aiutare?
“Penso di sì. Questa decisione, così come l’accordo per evacuare i civili da Homs, significa che l’aspetto umanitario è prioritario nel dossier siriano. Ogni aiuto in questo momento è necessario e dona speranza al popolo. Salutiamo con soddisfazione questa decisione ed esortiamo regime ed oppositori perché facciano di tutto per attuare questa Risoluzione del Consiglio di sicurezza. Purtroppo, si sente ancora parlare di forniture di armi alle fazioni in lotta che non farà altro che allargare il conflitto e aumentare la preoccupazione del popolo”.

Com’è oggi la situazione a Damasco e nelle altre città?
“A Damasco e dintorni negli ultimi due mesi e mezzo la situazione sembra molto più calma, si sentono meno esplosioni. Scuole e università svolgono regolarmente le lezioni. Le attività sociali vanno avanti piuttosto regolarmente. I combattimenti interessano altre zone, come Aleppo, dove la situazione è davvero drammatica”.

Continuano gli attacchi ai cristiani?

“La minaccia di un aggravamento della guerra anche in altre zone del Paese, al Sud per esempio, ci preoccupa non poco. Lì ci sono ancora delle comunità cristiane. Va detto che ad oggi le chiese, i luoghi di culto e i santuari cristiani colpiti, danneggiati o profanati sono 91. Ci sono gruppi di ribelli incontrollabili che si macchiano di gravi violenze contro le nostre chiese. I luoghi di culto non possono essere terreno di battaglia. Ci sono villaggi cristiani ormai spopolati a causa di queste violenze. Lo scopo di questi integralisti è quello di seminare distruzione e divisione tra cristiani e musulmani, interrompendo con la forza delle armi la plurisecolare storia di convivenza pacifica siriana”.

Un legame che esiste ancora, nonostante tre anni di guerra?
“Sì esiste. L’odio tra i siriani è ancora abbastanza lontano. Quel legame storico che unisce siriani di fede islamica e di fede cristiana sembra resistere. Continuo a sostenere che se non ci fossero pressioni indebite e milizie straniere nel nostro Paese, i siriani potrebbero risolvere la crisi da soli. A salvare la Siria sarà la sua storia di pacifica convivenza, ne sono certo, ora più che mai”.

domenica 2 marzo 2014

Raccogliendo aglio e cipolle

da Padre Daniel,
Mar Yakub , 28 febbraio 2014



foto Roald Sieberath

La Siria vive una crisi che offre non solo difficoltà, ma anche qualche opportunità. La Siria soffre, ma è anche diventata più forte interiormente e anche più unita. Questo ha anche ripercussioni sulle relazioni politiche del mondo intero. Quando emerge una cosi detta rivoluzione del popolo in una parte del mondo,  adesso più gente riconosce la manipolazione dello stesso potere mondiale. 

Così anche la nostra comunità è richiusa su se stessa in questa crisi. Ma nello stesso tempo la nostra comunità ha imparato a vivere più intensamente.
      Dalla fine del 2013, abbiamo cambiato 4 volte di nascondiglio. Prima con 14 persone (incluso il  bebé e i bambini) e dopo anche con alcune famiglie musulmane. In una sola stanza, che fungeva da cucina, refettorio, cappella, luogo di lavoro, ricreazione e dormitorio - abbiamo sopravvissuto per un tempo interminabile. Per tutta la notte si traslocava, si faticava, si lavorava con la legna, in modo primitivo, ma molto creativo. 
Due volte siamo stati tutti pronti per partire, ma “felicemente” la situazione era troppo pericolosa per uscire da qui. Voi siete sorpresi che adesso tante cose sono rotte, perse o non–trovate?

 
Per molto tempo non abbiamo avuto mezzi di comunicazione, né acqua, né corrente elettrica. Abbiamo mangiato tanti giorni nello stesso piatto, ma non è grave. Servizi igienici senza acqua è già più difficile. Abbiamo usato secchielli con sabbia fine del deserto. Quando ha cominciato a nevicare forte, siamo stati salvati. Poco dopo è ritornata la corrente e l’acqua, benchè in modo irregolare. Nel frattempo questa situazione miserabile è quasi passata. Solo a volte non c’è corrente. 
Gli edifici non sono crollati, ma tutto é danneggiato. Non possiamo ancora muoverci liberamente sul nostro terreno: è troppo insicuro. Tutto il raccolto è stato fatto dagli altri. L’aglio e le cipolle sono ancora fuori. Le abbiamo selezionate. Tanto raccolto è diventato marcio. Comunque abbiamo impacchettato circa 100 kg di aglio per portarlo a vendere in Libano. Adesso stiamo selezionando le cipolle. 
Il nostro seminario continua. Durante le battaglie  più aspre abbiamo scritto probabilmente le più belle cose con la penna, un poco di carta e sotto la luce delle candele.
 
La convivenza con i musulmani ha favorito la nostra conoscenza reciproca e anche il nostro apprezzamento. Un musulmano ha spiegato il ruolo della Madonna nel Corano e nel Vangelo. Con i frati stiamo preparando un tipo di teologia partendo dall’Islam con la domanda: “Come fare capire Gesù Cristo ai musulmani?”.  I nostri musulmani sono molto interessati a questa ricerca. Loro non cercano le scienze teologiche comparative dell’Occidente che sono oggi di moda come un articolo in un “super-bazar” (= supermercato) o come un prodotto in un self-service individualistico. No, loro vogliono trovare la verità che libera.
 
Noi proviamo a riprendere la vita normale quotidiana. La preghiera e l’Eucaristia non sono mai mancate. Vogliamo riprendere a seminare nell’orto, vogliamo a riprendere a restaurare e riparare e pulire tutto. E vogliamo riprendere anche a dipingere icone. 
foto Roald Sieberath

Anche le lezioni dei bimbi ricominciano, ma... il nostro piccolo vicino, che è un potere mondiale e un superpotere militare, continua a destabilizzare la Siria a tutti costi, il che implica anche pericolo per noi! 
Nonostante e attraverso tutto questo, desideriamo la fine definitiva di questa guerra distruttiva.
 
Di cuore,
Padre Daniel