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lunedì 24 febbraio 2014

'Risoluzione per aiuti umanitari'...: sostenere chi già è presente e opera!

" I cristiani li andiamo a cercare e non ci scusiamo per questo"

«Per favore, Santo Padre, lei è probabilmente l’unica persona sulla terra che può porre fine a questa guerra, per favore faccia qualcosa per arrivare alla pace»: dai cristiani ce lo aspettiamo, ma che da così tanti musulmani si levi questa supplica ....


da: Terrasanta. net
di Manuela Borraccino 

intervista a  Monsignor John E. Kozar, segretario generale della Cnewa.


 «Andiamo a cercare i cristiani per aiutarli ovunque si trovino, e non ci scusiamo per questo: del resto assistiamo tutti, senza distinzione. Non chiudiamo la porta in faccia a nessuno», rimarca in un colloquio con Terrasanta.net mons. John E. Kozar (67 anni, statunitense), dal giugno 2011 segretario generale dell’Associazione per l’assistenza ai cattolici del Vicino Oriente (Catholic Near East Welfare Association, Cnewa), braccio umanitario della Santa Sede per i cristiani mediorientali, nonché d’Etiopia, Eritrea e India.
Monsignor Kozar, qual è la visione d’insieme che emerge dalle vostre attività regionali?
La crisi siriana sta avendo un impatto enorme su tutte le nostre missioni: c’è un afflusso continuo di rifugiati in Libano e in Giordania, siamo preoccupati per il peggioramento delle condizioni dei rifugiati iracheni e palestinesi che già seguivamo, e per l’instabilità in alcune regioni dell’Egitto. È una situazione di sofferenza intollerabile: stiamo parlando di quasi tre milioni di rifugiati, nove milioni di sfollati interni, un milione e 200 mila bambini che sono stati separati dalle loro famiglie, 12 mila bambini uccisi…

Che impressione ha tratto dai recenti colloqui avuti in Vaticano?
Questa guerra va fermata per le conseguenze incalcolabili su tanti piani diversi. Non c’è solo l’assassinio di un popolo con lo scontro fra i cosiddetti ribelli e i fedeli al regime. Così tante potenze esterne sono coinvolte in questa guerra… con danni interni, per il degrado dei rapporti fra le varie comunità; danni esterni, per il deterioramento dei rapporti internazionali; danni economici, per la distruzione e la povertà che la guerra ha creato; danni ecologici per la siccità e la carestia, con il rischio di far morire di fame migliaia di persone; danni religiosi, per il conflitto fratricida fra sunniti e sciiti e le altre minoranze non musulmane.

Cosa l’ha colpita dei resoconti ascoltati?
Personalmente sono rimasto molto impressionato dalla testimonianza dell’arcivescovo caldeo di Aleppo, mons. Antoine Audo, che ha messo davanti ai nostri occhi le emergenze pastorali che tutto ciò sta creando. Ci ha raccontato della collaborazione fra cristiani e musulmani per salvare il maggior numero di vite possibile e degli appelli che si levano dalla popolazione. Mi ha colpito che le vere vittime di questa guerra, le persone più povere - non solo i cristiani ma anche tantissimi musulmani - gli stiano chiedendo di portare al Papa questo messaggio: «Per favore, Santo Padre, lei è probabilmente l’unica persona sulla terra che può porre fine a questa guerra, per favore faccia qualcosa per arrivare alla pace». Dai cristiani ce lo aspettiamo, ma che da così tanti musulmani si levi questa supplica è molto significativo della considerazione che questo Papa si è conquistato in pochi mesi, come autorità morale mondiale.

Pensa che sia realistico il raggiungimento di un cessate il fuoco totale e una cessazione del traffico di armi, come chiesto a più riprese dalla Santa Sede?
Io resto moderatamente ottimista, pur non ritenendomi un ingenuo. È chiaramente l’unica cosa da fare per tutte le parti coinvolte, poiché non c’è una soluzione militare alla crisi siriana. Le dirò di più: l’appello rivolto dal Vaticano è il segno del multiforme impegno messo in campo dalla Santa Sede a tutti i livelli - non solo umanitario ma anche politico, diplomatico, del dialogo interreligioso - per arrivare a una soluzione. Lo si è visto fin dalla decisione personale di Papa Francesco di indire una giornata di preghiera e di digiuno per la pace, lo scorso 7 settembre. Questo Papa, in particolare, sembra aver toccato il cuore di tutti, io spero anche dei più estremisti. Egli chiede alla Chiesa di essere parte del dialogo di riconciliazione nazionale. La Chiesa sta facendo tantissimo sul piano umanitario, ma è urgente che dalla conferenza di Ginevra emerga una soluzione politica e diplomatica.

C’è qualcosa di distintivo che viene fatto per i rifugiati cristiani siriani?
Molti siriani non vogliono registrarsi nei campi profughi delle agenzie umanitarie e i cristiani per loro scelta e cultura non vogliono stare nelle tende: non si sentono a loro agio, preferiscono cercare rifugio da amici e parenti. In Libano, in particolare, dove già avevamo delle attività per i 400 mila rifugiati palestinesi e dove il governo non permette di costruire dei campi, li raggiungiamo nelle case e nelle parrocchie dove si trovano, attraverso la rete di sacerdoti maroniti, siriaci, ortodossi con cui collaboriamo. I cristiani li andiamo a cercare e non ci scusiamo per questo: del resto non chiudiamo la porta in faccia a nessuno e non rifiutiamo aiuti a nessuno. Anzi in vari Paesi molte nostre attività, in particolare quelle socio-sanitarie, servono al 90 per cento dei musulmani: perciò non chiediamo scusa per cercare i cristiani. Il nostro compito è quello di accompagnare le Chiese locali nel far fronte ai bisogni delle persone, e da sempre facciamo del nostro meglio perché i cristiani restino in Medio Oriente: dopotutto è un loro diritto fondamentale e una richiesta legittima dal punto di vista storico, giuridico, morale, culturale e spirituale.

Come li state aiutando ad affrontare questo periodo di gravi disagi?
Con l’aiuto di tanti eroiche suore e sacerdoti, cerchiamo di portare a tutti conforto e protezione e di preservare la dignità delle persone, che è la loro prima richiesta di base. Cerchiamo di fornire istruzione, che riteniamo fondamentale per la ricostruzione umana e materiale dopo la guerra, e di insegnare la cittadinanza: già insegnare ad essere buoni cittadini, diffondere la dottrina sociale della Chiesa, è un grande aiuto in questi Paesi.

In Iraq la Chiesa porta avanti da anni una battaglia di civiltà sul rispetto degli uguali diritti di cittadinanza per tutti. Ma finora i risultati sono scarsi…
L’Iraq è un’altra catastrofe e un motivo di dolore per tutti noi. L’intervento del mio Paese è andato nel peggiore dei modi: tutto ciò che di male poteva accadere, è accaduto. Gli scenari peggiori si sono realizzati e vediamo ora ripetersi per i cristiani siriani quello che è accaduto ai cristiani iracheni, costretti a fuggire. Le sfide sono per molti versi simili, sia in Iraq che in Siria.


Quali sono per lei i segnali di speranza?
Quello che mi fa ben sperare è l’aver visto con i miei occhi in ogni parte del mondo - non solo in Medio Oriente ma anche in Africa e in India - gli effetti della presenza delle nostre eroiche suore. La maternità, la tenerezza, la protezione, la fiducia che esse ispirano ha un valore inestimabile: riescono a infondere, anche nei conflitti più violenti, un senso di calma e di sicurezza che restituisce a bambini, anziani e adulti il senso di umanità perduto per le atrocità che hanno vissuto. Per me le suore rappresentano la prima linea della Chiesa, per così dire le sue truppe di fanteria. Non cercano riconoscimenti e sono pronte a morire per difendere i loro piccoli: lontano dall’Occidente, spesso sono l’unica esperienza cristiana per molti non cristiani. L’abbiamo visto anche con le 12 religiose sequestrate a Maalula, con i tre sacerdoti e i due arcivescovi rapiti in Siria: anche nelle situazioni più disumane, restano fedeli alla loro missione senza arretrare di un centimetro.

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=6020&wi_codseq=SI001 &language=it

venerdì 21 febbraio 2014

Usa e Arabia Saudita di nuovo assieme... per l'offensiva di primavera?



 da: La Nuova Bussola Quotidiana, 21-02-2014
di Gianandrea Gaiani

Nonostante il supporto saudita ai gruppi armati qaedisti jihadisti, Washington ha rinsaldato nelle ultime settimane l’intesa con Riyadh per ridare slancio alla rivolta siriana anti-Assad puntando nuovamente sui “moderati” sull’Esercito Siriano Libero. La formazione militare che diede il via alla rivolta contro il regime di Damasco raccogliendo migliaia di disertori sunniti che avevano lasciato l’esercito regolare è stata schiacciata nel centro nord del Paese dalle forze estremiste islamiche dei movimenti al-Nusra e Stato islamico di Iraq e Levante. Sul fronte meridionale, dove i ribelli vengono alimentati dagli aiuti che affluiscono sul confine giordano, l’ESL ha ancora  quasi l’esclusiva nella guerra contro Assad ed è qui che sembrano puntare sauditi e statunitensi per sbloccare il conflitto dopo il fallimento dei colloqui tra regime e opposizioni di Ginevra.

Due gli elementi che sembrano indicano questi sviluppi. Il più recente lo ha raccontato ieri il quotidiano panarabo al-Hayat, edito a Londra, che citando fonti dei ribelli ha riferito di 3 mila miliziani siriani ostili al regime di Damasco e ai movimenti estremisti islamici addestrati negli ultimi otto mesi dalle forze americane nel nord della Giordania in cooperazione con l'esercito di Amman e altri non meglio precisati eserciti arabi. Il giornale cita anche il leader di una brigata ribelle siriana, Ali Rifai, operativo nella regione meridionale di Daraa confinante con la Giordania, secondo il quale l'addestramento di migliaia di ribelli siriani definiti "moderati" dura da 8 a 12 giorni in basi militari dell'esercito giordano. L'addestramento è monitorato da ufficiali statunitensi e si concentra sull'uso di armi leggere e medie, come missili antiaerei e anticarro giunti recentemente dalla Giordania. 
La presenza di campi d’addestramento per l’ESL gestiti in Giordania da personale statunitense non è una novità ma il numero di miliziani che hanno ricevuto un addestramento basico da fanteria e specialistico circa l’uso di alcune armi dimostra cosa bolla in pentola.

Il secondo elemento risale a lunedì scorso quando fonti diplomatiche arabe e alcuni leader dell’opposizione siriani hanno riferito al Wall Street Journal che l’Arabia Saudita sta fornendo per la prima volta in modo ufficiale missili antiaerei e anticarro ai ribelli siriani. 
Si tratterebbe di missili contraerei portatili FN-6 di fabbricazione cinese e missili guidati anticarro russi Konkurs. Armi, soprattutto gli FN-6, che l’Occidente non vorrebbe vedere in mano ai ribelli per il timore che possano finire a milizie qaediste che potrebbero usarli contro aerei civili a scopo terroristico.

Un alto funzionario dell’amministrazione, contattato dal Wsj, ha ribadito l’opposizione di Washington alla consegna di queste armi ai ribelli che oggi da Washington ricevono  maggiori aiuti finanziari inclusi milioni di dollari necessari a pagare gli stipendi ai miliziani. 
La posizione statunitense (1) pare però contraddittoria perché i missili sarebbero in arrivo attraverso la Giordania a quanto precisato da una fonte diplomatica occidentale, e sono quindi destinati a quel fronte meridionale dove l’ESL riceve aiuto e addestramento dagli americani.

In questo settore i ribelli stanno preparando un’offensiva contro i quartieri meridionali di Damasco riconquistati negli ultimi mesi dai lealisti. L’obiettivo di Washington e Riad  sembra essere quello di far guadagnare posizioni ai ribelli “affidabili” per costringere il regime a negoziare con loro una soluzione politica del conflitto. Il Fronte meridionale è guidato da Bashar al-Zoubi, considerato in diretto contatto con le agenzie di intelligence occidentali e arabe.

La rinnovata intesa tra statunitensi e sauditi sulla crisi siriana sembra confermata anche dalla decisione di Riad di affidare Riad ha affidato la gestione della crisi siriana al ministro degli Interni, il principe Mohammed bin Nayef (gradito a Washington per il suo impegno contro al-Qaeda), estromettendone il potente capo dell'intelligence, principe Bandar bin Sultan. La notizia è riportata ancora una volta dal Wall Street Journal che cita consiglieri della famiglia reale saudita, sottolineando come l'avvicendamento apra la strada a una normalizzazione dei rapporti con Washington, dopo le tensioni emerse negli ultimi mesi tra i due alleati sulla strategia da seguire in Siria. Secondo fonti americane l’avvicendamento potrebbe favorire anche un maggior impegno saudita contro i miliziani jihadisti.

Al di là degli intenti dei sostenitori dei ribelli, sul campo di battaglia siriano sono però le forze lealiste a registrare successi. Nei giorni scorsi gli uomini di Assad hanno riconquistato Maan, il villaggio alauita (sciita) nella provincia centrale di Hama teatro il 9 febbraio scorso di una vera e propria carneficina di civili da parte dei miliziani jihadisti.

Offensiva dei governativi (e degli hezbollah libanesi loro alleati) anche su Yabrud, ultima importante località in mano ai ribelli delle brigate islamiste e dei jihadisti del Fronte al-Nusra nei pressi del confine libanese. Le difficoltà militari dei ribelli hanno riflessi anche sulla tenuta dello stesso Esercito Siriano Libero il cui comandante militare, il generale Selim Idriss, è stato destituito domenica scorsa per gli “errori e la disattenzione” nella conduzione guerra battaglia e per la “scarsa distribuzione delle armi” fra i ribelli.

Idriss, in carica dal dicembre 2012, è stato sostituito con il colonnello Abdelilah al-Bashir promosso generale di brigata. Una destituzione respinta però dallo stesso Idriss e dai cinque comandanti delle brigate che chiedono la “ristrutturazione totale” della catena di comando dell’ESL. Le forze “moderate” su cui punta Washington per rovesciare Assad non sembrano in grado neppure di mettersi d’accordo su chi deve comandare le operazioni militari. 
Una situazione che facilita da un lato le offensive di Assad e dall’altro rafforza le milizie islamiste e qaediste come unica forza militare credibile tra i ribelli.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-usa-e-arabia-saudita-di-nuovo-assieme-8499.htm 

[1] “Spymasters gather to discuss Syria”, par David Ignatius, Washington Post, 19 février 2014.

http://www.washingtonpost.com/opinions/david-ignatius-regional-spymasters-make-tactical-changes-to-bolster-syrian-moderates/2014/02/18/5d69596c-98f0-11e3-b931-0204122c514b_story.html



"pronti all'offensiva di primavera" per il controllo di Damasco

  

da: Papaboys 3.0
di Francis Marrash

I terroristi che operano nella parte meridionale della Siria stanno organizzando una “offensiva di primavera” contro Damasco. 
Secondo fonti del governo e dell’opposizione, all’interno di questa offensiva è previsto lo spiegamento di quei combattenti che sono stati addestrati dalle forze occidentali in Giordania. 
Allo stesso tempo l’esercito regolare siriano sta riposizionando le proprie truppe nella provincia di Quneitra, nei pressi del confine israeliano, e punta a fermare l’avanzata dei ribelli a Daraa. 
Dal canto suo, il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha dichiarato che “solo i colloqui di Ginevra” possono portare la pace nel Paese e ha invitato “tutte le parti in causa” a tornare al tavolo del dialogo dopo il fallimento del secondo round di incontri. 

Sul campo si teme l’arrivo di migliaia di ribelli addestrati dagli Stati Uniti. Abdullah al-Qarazi, ex ufficiale dell’esercito regolare e oggi comandante ribelle, ha messo in chiaro che l’offensiva ci sarà: “La provincia di Daraa è il cancello di Damasco. È da qui che inizia la battaglia per la capitale”. Per ora, ha aggiunto, “abbiamo solo la garanzia che le armi arriveranno da quelle nazioni che sostengono la rivolta contro Assad. Se le promesse saranno onorate, a Dio piacendo arriveremo nel cuore della capitale”. 
Dall’estate del 2013, i ribelli possono vantare il controllo di parti della città di Daraa e di alcune posizioni strategiche nei pressi del confine giordano: queste potrebbero divenire il corridoio per il passaggio delle armi. Inoltre hanno formato una coalizione composta da 47 fazioni e aperto canali di comunicazione con i combattenti della provincia di Damasco e con quelli che lottano a Quneitra, nel Golan. 
Da parte sua, l’esercito regolare non ha intenzione di cedere: secondo un funzionario del governo, “tutto è pronto” per la battaglia di Daraa. 

http://www.papaboys.org/siria-i-terroristi-pronti-alloffensiva-di-primavera/

martedì 18 febbraio 2014

"Vi saluto a nome della delegazione della Repubblica Araba Siriana ..."

CI GIUNGE DA ALCUNI AMICI RELIGIOSI DI ALEPPO LA RICHIESTA DI TRADURRE IN ITALIANO E FAR CONOSCERE IL TESTO DEL DISCORSO DI APERTURA A GINEVRA2  DEL DOTT. WALID AL-MOUALLEM , MINISTRO SIRIANO DEGLI AFFARI ESTERI, CAPO DELLA DELEGAZIONE SIRIANA AI COLLOQUI.

E' molto lungo , ma ci pare importante proporlo nella sua integralità in quanto  illuminante circa la visione del Governo riguardo alla drammatica crisi, e secondo le parole stesse dei nostri amici: "è la verità e la realtà che noi viviamo in Siria".


  

Ginevra, 22/01/2014

Signore e Signori ,

Vi saluto a nome della delegazione della Repubblica araba siriana.. "Repubblica laica" che alcuni, presenti in questa sala, hanno tentato di riportare al Medioevo ... " Repubblica araba" fieramente e saldamente radicata nel suo arabismo , nonostante le azioni di alcuni arabi ritenuti fratelli. Io vi saluto nel nome della " Siria ", la cui storia è sette volte millenaria!

Non ho conosciuto mai una situazione tanto difficile come quella di oggi. Sulle mie spalle, e quelle della delegazione siriana, pesano tutte le sofferenze patite dal mio paese da tre anni, tutto il sangue dei martiri, tutte le lacrime delle vedove, tutte le speranze delle famiglie che sopportano l'assenza di un parente rapito o scomparso, tutte le grida di ogni scolaro paralizzato dalle esplosioni che prendono di mira la sua scuola, tutte le aspettative di una generazione che vede i suoi sogni futuri in frantumi, , tutto il coraggio dei padri e delle madri che hanno inviato i loro figli a difendere il paese , tutto lo sconforto delle famiglie che hanno perduto il loro focolare e si ritrovano sfollate o rifugiate.....


Sulle nostre spalle, signore e signori, pesano le speranze del popolo siriano per gli anni a venire , il diritto di ogni bambino di andare a scuola in sicurezza , il diritto di ogni donna di poter uscire di casa senza rischiare di essere rapita o violentata e assassinata , il diritto di ogni giovane di costruire il suo futuro come meglio crede , il diritto di ogni cittadino di essere in grado di tornare a casa con serenità.

Oggi noi siamo di fronte a un momento di verità. Una verità che si è provato sistematicamente a sfigurare con la disinformazione e le menzogne, fino ad arrivare agli omicidi ed al terrorismo! Una verità che veniamo a svelare, nettamente, a tutti i giudici e censori; noi, la delegazione della Repubblica araba siriana che rappresenta il suo popolo, il suo governo, le sue istituzioni, il suo Esercito, ed il suo Presidente Bachar al-Assad.

Mi dispiace, Signore e Signori, sì mi dispiace e dispiace al popolo della " Siria che resiste" che rappresentanti di paesi che hanno il sangue siriano sulle mani siano qui presenti. Paesi che hanno esportato il terrorismo e che si pongono come distributori di indulgenze , giungendo al punto di impedire a certi fedeli di andare alla Mecca, come se Dio li avesse incaricati di aprire il paradiso a certuni e di chiuderlo ad altri...
Paesi che hanno incoraggiato i terroristi, li hanno finanziati, li hanno aiutati, hanno deciso della legittimità o no degli uni e degli altri, secondo il loro beneplacito. Non si sono mai preoccupati delle loro case di vetro incrinato, ma si sono messi a lapidare i nostri forti castelli secolari ed a darci, senza alcun senso di vergogna ,  lezioni di democrazia, di sviluppo e di progresso mentre sono immersi nell'ignoranza e all'arretratezza. Paesi che accordano, rifiutano, legittimano, negano, distribuiscono doni e gratifiche a loro modo e come loro abitudine; l'abitudine di coloro il cui paese appartiene ad un re o ad un principe che dà ciò che vuole a chi vuole, e priva chi vuole come vuole!

Hanno vilipeso la Siria civilizzata, sovrana ed indipendente. Hanno intaccato l'onore e la libertà delle sue donne e figlie , mentre essi stessi annegano nel fango delle loro discriminazioni abominevoli e della loro ignoranza. 
Hanno fatto tutto questo ... Ma ora che le maschere sono cadute , la verità del loro piano si è svelata. Quello di destabilizzare la Siria e di distruggerla esportando il loro principale prodotto nazionale: il terrorismo! Coi loro petrodollari, hanno acquistato le armi, reclutato i mercenari, inondato lo spazio mediatico delle loro menzogne, per dissimulare la ferocia di ciò che fanno sotto un velo che hanno finito per chiamare " La Rivoluzione siriana voluta dal popolo siriano" !

Che cosa tutto ciò ha a che vedere con ciò che accade in Siria? Come un terrorista ceceno, afgano, saudita, turco, francese o britannico potrebbe rispondere alle aspirazioni del popolo siriano? Come? Con l'installazione di uno stato islamico che non sa nulla di Islam , ma si nutre della devianza dell'ideologia wahhabita ?
 Chi vi ha detto, e chi ha detto loro, che il popolo siriano cercherebbe di ritornare indietro migliaia di anni ?

In Siria, Signore e Signori , le donne incinte sono sventrate ed i frutti delle loro viscere sono assassinati, le donne sono violentate prima e dopo essere state uccise, secondo un rituale vergognoso ed osceno che non è è ispirato che dagli esportatori di quella ideologia!

 
In Siria, Signore e Signori, i padri sono decapitati con i coltelli davanti ai loro bambini in nome della "rivoluzione". Peggio ancora, proprio i figli di coloro che decapitano, che pretendono di rispondere così alle nostre aspirazioni di siriani, strillano e danzano.
In Siria, si divora il cuore dei siriani, così pretendendo di realizzare l'ambizione delle vittime: l'ambizione di una vita libera, prospera, tranquilla e democratica! Quale assurdità è questa? E di chi ci si prende gioco?

In nome di una pretesa " gloriosa rivoluzione siriana", si massacrano civili tra i vecchi, le donne ed i bambini . Si polverizzano le infrastrutture e le istituzioni senza stare a preoccuparsi dell'orientamento politico, ideologico o intellettuale delle proprie vittime. Si bruciano i libri e le biblioteche. Si fruga nelle tombe . Si rubano le reliquie e i tesori archeologici.
In nome della "rivoluzione" , i bambini vengono uccisi nelle loro scuole e gli studenti nelle loro università. Ci si arroga il diritto di disonorare le donna attraverso ogni tipo di " fatwa perversa " legittimando il Jihad sessuale, l'incesto o altre proibizioni. Si bombardano le moschee mentre i fedeli sono in preghiera . Si tagliano le teste e si esibiscono nelle vie. Si arrostiscono persone ancora vive, in un vero olocausto che la storia tratterrà e che molti paesi poi denunceranno, ma senza parlare mai di antisemitismo!
Sempre in nome della " rivoluzione", un padre è ridotto a farsi esplodere con moglie e figli per sfuggire agli stranieri che gli sono entrati in casa. Degli stranieri che pretendono essere venuti ad offrirgli la democrazia e liberarlo dal giogo e dall'oppressione " del regime" !?
 
Signore e Signori; voi di cui la maggior parte siete genitori, immaginate i sentimenti che spingono un padre ad uccidere la sua famiglia, con le proprie mani, per sottrarli ai mostri travestiti da esseri umani e che dicono di combattere per la libertà! È ciò che è accaduto ad Adra ... Adra dove questi stranieri hanno fatto irruzione nella città e hanno ucciso, saccheggiato, impiccato , decapitato, bruciato gente ancora viva .

Non avete sentito parlare forse di Adra, ma avete sentito parlare certamente di altre città dove hanno commesso gli stessi orrori dirigendo le loro dita accusatorie, sgocciolanti del sangue degli innocenti, verso lo Stato e l'Esercito siriano. Questa è la volta in cui la loro menzogna insensata non ha più potuto convincere, e che per questo hanno smesso di raccontare!


In ciò, questi mostri hanno eseguito quello che gli era stato ordinato di fare da parte di Stati diventati oggi la punta della lancia che smembra il corpo siriano. Stati che sono arrivati finalmente al proscenio, dopo avere messo da parte altri Stati; altri Stati hanno provato, mediante il sangue dei siriani, di imporsi come potenze regionali, acquistando coscienze e influenze, finanziando questi mostri dall'apparenza umana; mostri impregnati della detestabile ideologia wahhabita prima di essere lanciati all'assalto di tutto il territorio siriano.

Ma io sono qui in questo forum per dirvi che sapete, come me, che essi non si accontenteranno di restare in Siria, sebbene sappiamo che alcuni partecipanti a questa assemblea non vogliono né comprendere, né sentire!


Signore e signori, tutto ciò che è accaduto non sarebbe stato possibile se, approfittando della crisi, i confinanti della Siria non avessero derogato dalle relazioni di buon vicinato. Quello del Nord l'ha accoltellata alla schiena. Quelli dell'Ovest sono rimasti spettatori se hanno taciuto la verità. Quelli del Sud hanno dovuto ubbidire agli ordini perché deboli. Mentre quello dell'Est è lui stesso spossato da tutto ciò che è stato programmato contro lui da lunghi anni, per distruggerlo, prima di distruggere la Siria!

Tutto questo non sarebbe stato possibile se " il governo Erdogan" non avesse usato il territorio turco per accogliere, addestrare, armare, poi inviare i terroristi verso la Siria. E' un governo che ha rifiutato di prevedere che la magia avrebbe finito per ritorcersi contro il mago. Ma eccolo che comincia ad assaggiare il calice di amarezza, perché il terrorismo non ha religione ed è fedele solamente a se stesso. Eccolo passato da zero problemi con i vicini , a zero in politica estera , in diplomazia internazionale , in credibilità politica e in tutto , il che non gli impedisce di persistere sempre nella sua ignobile aggressione.


E questo , perché il governo Erdogan ha immaginato che il sogno storico di Al- Qutb e del suo predecessore , Mohamed Abdel Wahab , stava per essere realizzato. Da qui la sua offensiva che semina la corruzione dalla Tunisia, fino in Libia, in Egitto ed in Siria, con la ferma decisione di realizzare una chimera che esiste solamente nel suo cervello malato. Un governo che, malgrado l'insuccesso e la nullità delle sue ambizioni, persiste e sottoscrive. Altrettanti comportamenti che non possono ragionevolmente essere misurati che in termini di stupidità ... Colui che non impara le lezioni della storia perderà il presente. .. Colui che accende il fuoco a casa del suo vicino non può sperare di rimanere al sicuro !



Altri vicini hanno contribuito ad accendere il fuoco, alcuni addirittura fino ad importare i terroristi dal mondo intero. Ma ecco, è apparso uno strano paradosso, anche dei più iniqui. Ottantatre nazionalità si battono in Siria, senza che nessuno se ne lamenti, non denunci, modifichi il suo sguardo, smetta di parlare sfacciatamente di " la gloriosa rivoluzione siriana" ; mentre quando alcune decine dei giovani combattenti della Resistenza si sono unite all'esercito siriano per difendere certe zone, questo "piccolo mondo" si è trovato disorientato e ha parlato di "intervento straniero " ed esigito l'uscita di quelli che ha qualificato " truppe straniere" che sono venute a violare "la sovranità della Siria" !
Riguardo la sovranità siriana, vi assicuro che la Siria , paese libero e indipendente , farà tutto il necessario che esige la propria difesa con ogni mezzo che riterrà necessario. Questa è una decisione rigorosamente siriana, e tale resterà!

Malgrado quanto ho detto, il popolo siriano resiste. Resiste, malgrado le sanzioni destinate a farlo piegare prendendo dl mira il suo pane quotidiano ed il latte dei suoi bambini. Resiste, malgrado i saccheggi, le distruzioni ed i sabotaggi del suo cibo, delle sue fabbriche di medicinali, dei suoi ospedali, delle sue cliniche, delle sue ferrovie, delle sue linee elettriche... Perfino i suoi luoghi di culto, cristiani e musulmani, non sono stati risparmiati dalle orde terroristiche!

 
Ma hanno fallito . Ed è a partire dal momento in cui hanno constatato il loro insuccesso che gli Stati Uniti hanno brandito la loro minaccia di attaccare la Siria. Con quelli che in Occidente e tra gli arabi condividono le loro brame, hanno fabbricato di sana pianta la storia che ci accusa di avere utilizzato armi chimiche; storia che non ha convinto il loro proprio popolo, non più di quanto non ha convinto il nostro.

domenica 16 febbraio 2014

Saadeh: lavorare al cambiamento dall'interno del Paese, costruendo insieme una Siria laica, civile e democratica

Terminato il secondo round di Ginevra2,  nel momento in cui gli Stati Uniti, Francia e UK dichiarano che "per accelerare la transizione" l'uso della forza rimane un'opzione possibile, e mentre l'Arabia Saudita offre ai militanti dell'opposizione missili antiaerei Manpads,  chiediamo:
che cosa vuole il POPOLO SIRIANO?  
Maria Saadeh  parla di un'altra via.  



Intervista di Naman Tarcha

Perché ha scelto di entrare in Politica in un momento cruciale in Siria?
Il motivo principale del mio ingresso nella vita politica del mio paese é il totale rispetto dello Stato e delle sue istituzioni, il vero cambiamento dovrebbe avvenire dall'interno e il Parlamento é l'unico luogo legittimo per praticare la vita politica.
Esiste una grande differenza tra lo stato e il sistema politico. Io e tanti siriani difendiamo lo stato, unica garanzia della nostra esistenza. Avevo tante riserve sul sistema politico ma allo stesso momento non mi sentivo rappresentata dall'opposizione interna incapace di rispondere alle esigenze e richieste del popolo siriano. Dall'inizio della crisi c'era il tentativo di creare il nemico, dipingendo il Presidente Assad come dittatore sanguinario, un'immagine falsa solo perché si voleva toglierlo di mezzo. Potrei anche non essere d'accordo con il mio Presidente, ma qualsiasi offesa al Presidente, simbolo della sovranità della Siria, é una offesa ad ogni cittadino, e un attacco alla dignità e all'indipendenza del popolo siriano.

Quale il suo impegno attuale dentro il Paese?
Oggi guido un gruppo di lavoro formato da giovani siriani che ha adottato questo slogan "Vogliamo, Crediamo, Possiamo" con l'obbiettivo di salvaguardare lo Stato, ripristinare l'identità nazionale, in un processo di riconciliazione reale, cercando di accorciare le distanze e superare le divisioni nella società siriana. Attraverso diverse iniziative pratiche, sia interne, rivolte ai cittadini, cercando di aiutarli concretamente nelle difficoltà quotidiane, sia verso l'esterno, creando una rete di informazione e contatti diretti che collegano le associazioni e organizzazioni internazionali con la Siria, provando a raccontare la realtà dei fatti, e a far arrivare la voce dei siriano soffocata.


Impegnata con gruppo di giovani siriani per la promozione della cultura e del dialogo interreligioso (durante la sua visita romana è stata ricevuta anche in Vaticano da Papa Francesco), spiega Maria Saadeh: “Ho deciso di candidarmi malgrado io non abbia nessuna mira ad occupare una poltrona, spinta dalla responsabilità nei confronti del mio paese e del mio popolo, ho sentito il bisogno di essere la portavoce di una società civile che è stata a lungo emarginata, sia da un sistema politico ormai in degrado che ha serio bisogno di rinnovamento, sia da chi approfittando dalla crisi, sogna di prendere il potere con la scusa di essere oppositore”.

La rivoluzione popolare si è rivelata terrorismo e violenza?
I siriani da circa tre anni subiscono una guerra sistematica, un terrorismo puro e un vero massacro : gruppi armati stranieri di matrice islamista estremista con ideologie Jihadiste si sono riversati nel paese, combattendo al fianco di gruppi criminali e mercenari di siriani che hanno approfittato per guadagnare denaro. che con la scusa di combattere il regime, colpivano proprio i civili con stragi, uccisioni, massacri, rapimenti. Ovviamente aiutati, sostenuti, finanziati e armati da alcune forze regionali, a cominciare dall' Arabia Saudita che offre formazione ideologica, finanziamenti ed armi, per proseguire con il Qatar, finanziamenti e servizi logistici, e infine la Turchia, che ha aperto campi di addestramento per i terroristi e ha spalancato i propri confini, ormai porte aperte ai terroristi.
Tutto ciò purtroppo in nome dell'Islam, con uno strumentalizzazione criminale ed errata della religione, deformata, che danneggia sopratutto gli stessi mussulmani. Perché colpire case, scuole, civili, con attentati, ordigni ed autobombe é terrorismo che non distingue le vittime. Un terrorismo é solo crimine e non é ne' rivoluzione, ne' religione, e neanche opposizione.

Perché il popolo siriano non si sente rappresentato dall’attuale opposizione?
Un altro fatto grave é quando l'occidente sceglie dei singoli o parte dei siriani e li nomina come unico e legittimo rappresentante del popolo siriano, usurpando il diritto sacrosanto dei siriani di decidere il proprio sistema politico, il proprio destino e da chi vuole essere rappresentato. Un'opposizione prefabbricata, dove diversi componenti facevano già parte del vecchio regime, creata nei paesi del golfo e in Occidente, solo per essere controparte ed eseguire una agenda esterna, non per rispondere ai richieste dei siriani. Ma soprattutto una opposizione che finanzia, arma e sostiene gruppi armati che distruggono il paese, permette l'ingerenza esterna, e invoca l'attacco militare contro i civili non meritando di parlare a nome dei siriani. Se la maggior parte dei siriani criticava l'operato del governo, di sicuro non accetterebbe questa opposizione e oggi non si sente rappresentata da loro. Oggi se cade lo Stato siamo finiti, regnerà il caos e diventerà il califfato di AlQaeda.

Dove ha sbagliato l’Occidente?
Il silenzio complice dell'Occidente ha anche legittimato questo terrorismo, chiamandolo rivoluzione e definendo i terroristi ribelli. Tanti gruppi terroristi credono che Europa ed Occidente sono dalla loro parte, dando il via libera alla violenza fino a spingersi ad uccidere civili, tagliando gole sull'appartenenza religiosa, sulla carte d'identità, e solo per il fatto di non essere dalla loro parte. L’Occidente che predica la democrazia non può schierarsi e dare voce solo ad una parte, mettendo a tacere la volontà e le intenzioni dei Siriani. Due anni fa mi è stato proprio negato il visto d’ingresso per l’Italia, insieme ad una delegazione di parlamentari che volevano raccontare agli italiani ciò che è accadeva in Siria.

Quale è la situazione dei civili siriani oggi?
La situazione umanitaria più grave riguarda la città di Aleppo dove i civili vivono sotto i colpi di mortaio una situazione disumana, assediati dai gruppi armati , costretti a subire violenze e privati dalle prime necessità, senza carburante e cibo perché i ribelli impediscono i rifornimenti delle zone non sotto il loro controllo.
Nelle ultime settimane sono passati da colpire sistematicamente le zone residenziali a maggioranza cristiana a prendere di mira proprio le scuole, sia per vendetta, sia per costringere le famiglie ad abbandonare le città. Gli adulti resistono, non vogliono arrendersi, ma quando colpiscono i loro figli non resistono più.

Perché i siriani cristiani sono un obbiettivo sistematico oggi?
La Siria ha tanti colori quanto le diversità etnico religiose dei propri cittadini. Ma io non amo parlare di minoranze, perché in Siria non c'è differenza, nessuna discriminazione e tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Esiste un appartenenza forte allo stato e queste diversità é la ricchezza del paese. Ecco il motivo per cui si vuole destabilizzare il paese, in primo luogo dividendo la società in pro e contro regime, trasformando lo Stato in nemico da combattere, e in secondo luogo suscitando conflitti a base settaria e scontri tra le comunità religiose, nei primi scontri si urlava 'Alawiti nelle bare e Cristiani a Beirut!'
All'interno di questo quadro si colloca l'attacco mirato contro i cristiani, che sono parte essenziale del mosaico della società siriana, rappresentano l'ago della bilancia. Distruggere lo Stato avviene attraverso la frantumazione e la divisione della società, costringendo i cristiani ad emigrare e andarsene, svuotandolo dai cristiani per trasformare l'ultimo paese laico in Medio Oriente in uno Stato a base religiosa, mono confessionale, più facile da gestire, controllare e manipolare. Queste non sono parole vuote ma la mia esperienza personale, é la dimostrazione della laicità dello stato : essendo cristiana sono stata eletta più dai mussulmani che dai cristiani, per il mio impegno, visione e progetto politico. I siriani mussulmani e cristiani oggi lottano per salvaguardare la natura dello Stato aperto a tutti, per una Siria laica, civile e democratica.

Come si può uscire da questa crisi che minaccia l’intera regione?
La priorità oggi in Siria é fermare la violenza, e questo avviene bloccando il flusso delle armi e dei Jihadisti, facendo pressioni direttamente sui paesi che sostengono e finanziano il terrorismo. A livello politico c'è un reale bisogno di ripristinare i rapporti diplomatici con la Siria, e riaprire i canali per un confronto trasparente e vero. L'Europa che vuole essere mediatore non può farlo se chiude le porte alle diverse parti del popolo siriano. E sopratutto se vuole aiutare i siriani sarebbe il caso di rivedere le sanzioni e l'embargo che hanno colpito solo i cittadini e i civili e non il governo o l'opposizione.
Per i siriani é importante salvare lo Stato, unica garanzia dei cittadini, ma salvare la Siria é affrontare anche una vera minaccia del terrorismo rivolta direttamente all'Europa. I gruppi armati non nascondono infatti che il loro obiettivo si spinge oltre il nostro paese, perché il sogno é ripristinare il califfato islamico che arriva fino all'Andalusia.

Quali sono le aspettative dalla Conferenza di pace Ginevra2 ?
Bisogna chiarire innanzitutto l'obbiettivo della conferenza di pace Ginevra due, che dovrebbe fermare lo spargimento di sangue, ci indica chi dovrebbe esserci al tavolo: ho tanti dubbi su una opposizione che vuole solo ottenere una fetta di torta e arrivare al potere, e non solo non rappresenta i siriani e i loro interessi, ma non ha nessuna autorità sui gruppi ribelli e Jihadisti, ormai fuori controllo. Se l'obbiettivo invece é solo la spartizione del potere, questo potrebbe trascinare il paese in una situazione più grave, peggiorando la crisi, senza riuscire a fermare la violenza. Fermiamo il terrorismo e la violenza e lo spargimento di sangue, le ingerenze esterne, e le questioni interne, i siriani sono capaci  di risolverli da soli attraverso il dialogo e il confronto.

venerdì 14 febbraio 2014

Per i Cristiani della Valle, il Krak des Chevaliers è diventato un mostro di pietra


Papaboys 3.0

Traduzione dellarticolo: Syrias Valley of the Christians Under Fire, di Firas Choufi. 
di Francis Marrash

Le feroci battaglie tra lesercito siriano e gruppi estremistici armati nella città di Zara – che circondano il Krak des Chevaliers, riecheggiano in tutta la Wadi al-Nasara, la parte araba della valle dei cristiani. Ogni giorno, i villaggi nella valle celebrano funerali e seppelliscono nuove vittime. Coloro che non sono fuggiti hanno deciso di non abbandonare la Siria.
 La voce del conducente mescolata con il suono martellante del vento nevoso, si mescola con la velocità eccessiva dell’auto durante il tragitto della strada che porta da Hawash-Zara a Wadi al-Nasara, ad ovest della città di Homs. L’uomo che guida la macchina fa osservare a noi passeggeri: Questa strada di notte è sporca. Nella parte posteriore sono seduti due uomini con dei fucili attaccati fuori dalla finestra. La paura è forte, ma si tenta di superarla insieme. Fuori è buio. I militanti dell’opposizione siriana, – rintanati nel Krak des Chevaliers, il castello crociato-, sono abbastanza noti per come colpiscono il percorso che stiamo attraversando. Secondo il conducente, la situazione ora è sotto controllo, dopo che l’esercito siriano ha stabilito nuove posizioni rafforzando le misure di sicurezza nell’area. I minuti non passano mai. Il pensiero va alle immagini dei morti senza motivo e alle decapitazioni ripetute a Wadi al-Nasara. I terroristi, alla fine delle esecuzioni giocano con la testa dei decapitati.

Coloro che combattono a fianco dell’esercito siriano non hanno tanta paura della morte. Parlano dei loro compagni che sono stati uccisi con tono triste e rassegnato.  I residenti al riparo nelle loro case potrebbero scampare alla morte, ma la probabilità di essere uccisi dai quotidiani bombardamenti casuali da parte dei terroristi è molto elevata. L’esercito, mentre prepara la liberazione del Krak des Chevaliers, nel contempo ha migliorato nelle ore diurne le condizioni di sicurezza della strada. La notte invece viaggiare è ancora molto rischioso. Il freddo per i soldati non è la più grande preoccupazione, quando si trovano dietro le postazioni militari. Nizar, un combattente governativo, aggiusta il cappello lanoso soffiandosi aria calda nelle mani. Egli divide, con il suo sguardo vigile, l’attenzione su di noi  e sulla zona notturna da controllare. Non possiamo permetterci di avere freddo, oppure di chiudere gli occhi. I terroristi cercano di intrufolarsi in qualsiasi momento. Spero che lo facciano, in modo tale da potervi mostrare le loro azioni.

Tra i combattenti che si trovano di stanza in questo luogo, ci sono  soldati dell’esercito siriano, membri della difesa nazionale e del Partito nazionalista sociale siriano (SSNP). La maggior parte di loro sono, in verità, residenti dei villaggi vicini.

Il Flagello delle decapitazioni. La maggior parte dei cristiani che rimangono nella regione non fa conto  che venga alcuna salvezza dai cristiani occidentali. Quelli che non sono fuggiti preferiscono morire rimanendo nel loro villaggio, anziché accettare la carità delluomo bianco. Tony lavora in un ristorante nel villaggio di Hawash. Ha deciso di rimanere. La madre di Hossam, del villaggio di Hambara, non vuole lasciare la sua abitazione. Ogni giorno visita la tomba del figlio ucciso nel conflitto. Tanti altri come loro vogliono rimanere. La Siria è l’unica casa che hanno.
Durante l’attacco del 29 gennaio, nel posto di blocco presidiato dalla Difesa Nazionale nella città di Ammar al-Hosn, i terroristi hanno mutilato con soddisfazione i corpi delle truppe addette al checkpoint. Hanno cavato gli occhi di un cadavere, un altro è stato decapitato e la testa è stata esibita a tutti, come trofeo. Nelle ultime settimane, i ribelli hanno eseguito tante altre decapitazioni a danno dei combattenti delle Forze di Difesa Nazionale. Tra loro  un combattente SSNP di nome Hanna Karam. Hanno subito la stessa sorte anche dei civili, e più recentemente è stato decapitato un giovane di nome Fadi Matta di Marmarita. Così ci veniva raccontato dalla guida durante il giro ai posti di blocco dell’esercito siriano. L’obiettivo preteso con le decapitazioni ha avuto negli abitanti della valle l’effetto opposto rispetto a ciò che desideravano i ribelli. La gente del luogo, dopo questi avvenimenti, è più convinta ad usare le armi contro i militanti. Infatti, con i continui attacchi, i residenti hanno costituito un nuovo gruppo di combattenti provenienti dai villaggi circostanti di Bahzina, Hanambra, Shallou, e Hawash, per lottare contro i terroristi, Alcuni provengono dalle università, altri dai posti di lavoro. Uno dei combattenti ha dichiarato: “La vita sul campo di battaglia ti deruba di tutto. Si pensa solo ad uccidere i miliziani, altrimenti loro uccidono noi”.

Chi spara per primo? Coloro che combattono a fianco dell’esercito siriano, non negano la grande esperienza dei miliziani, soprattutto i cecchini. La domanda frequente a Zara è: chi sparerà per primo? I cecchini professionisti dellesercito, nel combattimento hanno difficoltà serie a centrare i cecchini degli estremisti armati. Per esempio: i soldati dell’esercito sono costretti a usare missili guidati, altrimenti i cecchini possono rallentare l’avanzata dei soldati per diversi giorni. Quelli che si trovano in trincea e lungo le linee del fronte, non sono gente che non ragiona. Molti sono in grado di gestire se stessi nelle conversazioni politiche. Abu Joseph, proveniente da Marmarita, ha detto: “la guerra non è tra sunniti e sciiti, o tra alawiti e sunniti. La guerra è il frutto dellarretratezza dei siriani, che coinvolge anche noi cristiani.

Dolore e disperazione. Il funerale di Hanna Karam si è tenuto il 31 gennaio a Bahzina. Al corteo funebre si avvertivano sentimenti di rabbia e dolore. Il giovane è stato ucciso nell’attacco contro le fattorie di Zara. Quando i suoi compagni sono stati in grado di recuperare il corpo non c’era più la testa. Aveva subito la decapitazione. La bara è stata portata dagli Scout della cittadina, mentre veniva eseguito l’inno nazionale siriano. La madre disperata camminava dietro la bara, chiamandolo per nome, come fosse ancora vivo.

Non ho ancora provato il carro armato. Per gli abitanti di Wadi al-Nasara, il Krak des Chevaliers, è diventato un mostro di pietra, arroccato sull’alta montagna rovinando la loro vita giorno e notte. Al suo interno si nascondono i fondamentalisti. Fatti, voci e miti oltraggiosi si mescolano tra i residenti circa il castello medievale e i militanti nascosti all’interno. Alcuni abitanti del luogo sostengono che la presenza dei militanti nel castello ammonta da 5.000 a 7.000 unità. Fonti militari affermano che il numero reale non supera le mille unità, anche se ammettono che i militanti sono in possesso di ingenti quantità di armi e munizioni.

Recentemente sono riusciti a sottrarre all’esercito un carro armato, un cannone da 37 mm, e un mortaio. Dopo il furto gli abitanti sono diventati esperti militari, cercando di prevedere ciò che sarebbe successo. Ma dopo alcuni giorni, non vi è stato nessun bombardamento sul villaggio da parte dei terroristi. Un proprietario del luogo, scherzando ha detto: non è ancora tempo di usare il carro armato. Continuando ha informato che i terroristi hanno provato il 37 mm, sparando colpi su Marmarita. Grazie a Dio nessuno è rimasto ferito. Vedremo quando saranno utilizzate le altre armi, ieri hanno provato il mortaio. Le fonti militari, hanno confermato che i militanti stanno risparmiando le armi pesanti per la grande battaglia, nascondendosi dalla forza aerea siriana.

MARMARITA. Marmarita è la più grande città cristiana nel Wadi al_Nasara (Valle dei Cristiani), e si trova accanto alla città di Hawash. La maggioranza dei residenti è di religione cristiana greco-ortodossa. Prima del conflitto, erano circa 7.000. Oggi, più di 30.000 persone vivono in città, tra cui molti cristiani sfollati dal distretto di Diwan al-Bustan di Homs. Ce ne sono altri che provengono da Hamidiyed e dalla città di Qusayr.

Raggiungere Marmarita da Hawash, richiede molto tempo. Prima della guerra, la strada passava attraverso Krak des Chevaliers, facendo impiegare ai viaggiatori 10 minuti per raggiungere la città. Ora la strada ha subito una deviazione che passa dalla città di Daghleh. Il tempo di percorrenza si è allungato di mezz’ora. Se questo significa evitare il fuoco dei cecchini o un estremista in attesa di tagliare la gola…. che ben venga! Di notte, è possibile incontrare alcuni  avventori nei ristoranti della città, ma anche così sono solo una manciata, ma prima del conflitto Marmarita era uno dei centri estivi più importanti della Siria.

 Dalla città, durante il giorno, si può vedere il Krak des Chevaliers. In una giornata limpida, si possono ammirare le montagne libanesi e buona parte della catena montuosa del nord Libano.
I residenti di Marmarita hanno preso le armi per difendere le zone residenziali sotto la guida di Bashar al-Yazigi. Hanno aderito dapprima i comitati popolari, poi le Forze di Difesa Nazionale, oltre all’ SSNP. Otto combattenti di Marmarita sono stati uccisi durante i combattimenti, oltre a due civili e un a numero elevato di ufficiali e soldati dell’esercito siriano.

Nel pomeriggio, quanto i negozi cominciano a chiudere, si può notare uno spettacolo molto interessante: tutte le persiane sono state recentemente dipinte con i colori della bandiera siriana.

http://www.papaboys.org/siria-la-fine-della-valle-dei-cristiani/

SIRIA, Arte, Barbarie Talebana






di Marco Tosatti

Vi ricordate i Talebani e i Buddha giganti di Bamiyan fatti saltare con la dinamite nel 2001? Nel nord della Siria, in mano ai fondamentalisti islamici sta accadendo esattamente lo stesso. E sempre per lo stesso motivo: le migliaia di combattenti fondamentalisti, in grande maggioranza stranieri (80 Paesi diversi, secondo un vescovo) finanziati e appoggiati da Arabia Saudita, Qatar, Usa e Turchia stanno nei ritagli di tempo dando vita a una lotta iconoclasta, contro “gli idoli”, cioè le opere d’arte. Lo denuncia l ’Indipendent, secondo cui i fondamentalisti hanno cominciato a distruggere mosaici bizantini e statue romane e greche.  
A metà gennaio, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis), un movimento vicino ad al Qaeda che controlla parte del nord-est della Siria, ha fatto esplodere un mosaico bizantino del sesto secolo vicino a Raqqa. Il responsabile delle antichità di Raqqa, fuggito a Damasco, e che non ha voluto essere citato, ha dichiarato. “E’ accaduto fra 12 e 15 giorni fa. Un uomo d’affari turco è venuto a Raqqa per cercare di comprarlo. Questo ha reso cosciente l’Isis della sua esistenza, sono venuti e l’hanno fatto esplodere. E’ completamente perso”.  
Altri siti distrutti dai fondamentalisti islamici includono i rilievi scolpiti a Shash Hamnda, un cimitero romano nella provincia di Aleppo. E sempre nella zona di Aleppo le statue scolpite sul fianco di una vallata ad al-Qatora sono state prese di mira con armi pesanti, e ridotte in frammenti. 
Uno specialista si è detto sicuro che se la guerra continua “avremo la distruzione di tutte le croci del primo cristianesimo, mosaici con figure mitologiche e migliaia di statue romane e greche”. Il mosaico distrutto a Raqqa era intatto, del periodo bizantino ma realizzato con tecniche romane. 

http://www.lastampa.it/2014/02/14/blogs/san-pietro-e-dintorni/siria-arte-barbarie-talebana-HiXcVdnoBhDvOM4rr6i15K/pagina.html

giovedì 13 febbraio 2014

Vescovi , sacerdoti e monache : scudi umani e merce di scambio

Vescovi rapiti in Siria: trattative in corso per il rilascio

L'Assistente dell'invitato speciale Onu in Siria ha confermato che uno dei due presuli è nelle mani di un nuovo gruppo armato, pronto a rilasciarlo solo dopo accordo con il governo siriano


Zenit.org, di: Naman Tarcha 


La guerra in atto in Siria tra le varie brigate estremiste e i gruppi terroristi che continuano ad annientarsi a vicenda, e ormai sono completamente fuori controllo, ha posto in luce nuove rivelazioni sul destino dei due vescovi ortodossi rapiti circa un anno fa.

La buona notizia arriva da Mukhtar Lamani, assistente dell'invitato speciale dell’Onu in Siria Al Akhdar Al Ibrahimi, che attualmente guida il nuovo round dei negoziati di Ginevra: "Abbiamo le prove che uno dei due vescovi è nelle mani di un nuovo gruppo armato". Lamani, però, non ha voluto rivelare però di quale dei due si tratti - e ha precisato che "i contatti con i rapitori con sede ad Istanbul in Turchia continuano, ma si temono pressioni e ingerenze dal governo turco".
Le fonti parlano di trattative in stato avanzato, e di un rilascio imminente, dopo l'assalto di un gruppo armato alla sede di una brigata rivale, dove hanno ritrovato solo uno dei due presuli rapiti.
Il gruppo armato si dichiara pronto a rilasciare il vescovo all'interno di un'accordo, tuttavia non vuole negoziare attraverso il generale Abbass Ibrahim, Capo della Sicurezza Nazionale libanese, bensì direttamente con il governo siriano, e chiede un corridoio sicuro per consegnare il vescovo alle forze siriane.

Il 23 aprile 2013 era giunta la notizia del rapimento in Siria di due Vescovi della città di Aleppo: Yohanna Ibrahim, vescovo Siro Ortodosso e Bulos Yazigi, metropolita Greco Ortodosso, e fratello dell’attuale Patriarca della Chiesa Greco ortodossa. Secondo le informazioni raccolte al momento, a rapire i due vescovi era un gruppo armato di nazionalità cecena, che aveva ucciso il diacono che li accompagnava e portato i due prelati in un luogo sconosciuto.
Il rapimento è accaduto a circa 30km dal confine turco, mentre i due vescovi, erano diretti ad Aleppo, dopo una missione umanitaria in Turchia volta a liberare altri ostaggi. Ovvero i due sacerdoti padre Michel Kayyal, armeno cattolico, e padre Maher Mahfuz, greco ortodosso.
I due erano stati rapiti da un gruppo armato jihadista, nel corso del sequestro del minibus che li portava a Damasco. Da allora dei due sacerdoti si sono perse le tracce. Sgomento, preoccupazione, voci contrastanti sono state diffuse in questi mesi sulla sorte dei due vescovi: alcuni li davano per morti, altri affermavano che erano vivi e in buona salute.

Il problema è che non c’è mai stata una vera rivendicazione e non sono state avanzate richieste dai rapitori. L'assenza di uno dei vescovi, insieme alle voci di un ostaggio ferito, fanno temere il peggio. Forse uno dei due non c'è più. Le trattative insistenti e silenziose per il rilascio dei vescovi non si sono mai fermate, così come le preghiere dei siriani cristiani, che oggi acquisiscono un nuovo barlume di speranza.

http://www.zenit.org/it/articles/vescovi-rapiti-in-siria-trattative-in-corso-per-il-rilascio

Difficoltà per far liberare le suore rapite a Maalula

Il gruppo di Jabhat Al Nusra ha bloccato le trattative per liberare le 12 religiose

Roma,  (Zenit.org) - Naman Tarcha 

Sono passati due mesi al clamoroso assalto dei ribelli alla cittadina di Maalula.
Dopo la condanna unanime della barbarie perpetuata, sono iniziati i negoziati e si sono intensificate le trattative con i ribelli, per il rilascio delle monache. A mediare le trattative il Generale Abbass Ibrahim, Capo della Sicurezza Nazionale libanese, e una delegazione del governo del Qatar, in contatto diretto con i ribelli.
Al Jazeera, la tv di stato del Qatar, ha mandato in onda immagini delle suore mentre si trovavano in un luogo non identificato, sedute in un salotto, apparentemente tranquille, ma prive delle proprie croci al collo. In questo filmato le religiose affermavano di stare bene e chiedevano di accettare le condizioni dei loro rapitori.

Secondo alcune fonti le monache di Maalula sono ancora nelle mani del gruppo Jabhat Al Nusra. Si troverebbero nella città cristiana di Yabroud nella zona di Al Qalamun, sotto il controllo di un jihadista di nazionalità kuwaitiana che conduce negoziati.
George Hasswani, uomo d’affari cristiano della zona, coinvolto direttamente nelle trattative, aveva già offerto la propria abitazione ai terroristi, per ospitare le suore sequestrate. I negoziati sono andati avanti, e proprio quando sembrava aver raggiunto un accordo, tutto si è bloccato.

Le trattative sono state bloccate da un’esponente saudita del gruppo di Jabhat Al Nusra, che si dice molto vicino ai servizi segreti dell’Arabia Saudita. Le condizioni poste dal gruppo estremista sono le seguenti: interrompere nell'immediato le trattative attraverso il Qatar, rilasciare al più presto i 500 jihadisti di Jabhat Al Nusra detenuti nelle prigioni siriane e libanesi, e soprattutto ottenere la garanzia da parte del governo siriano di non attaccare la città di Yabroud, occupata dai ribelli di Al Nusra, attualmente assediata dall’esercito siriano.

http://www.zenit.org/it/articles/difficolta-per-far-liberare-le-suore-rapite-a-maalula


La strategia dell'islam per colpire tutti i luoghi sacri cristiani 





IlSussidiario -  12 febbraio 2014
Intervista a  Samaan Daoud

“Dietro il rapimento delle suore di Maaloula si nasconde uno sporco gioco: rafforzare il potere dei gruppi qaedisti e salafiti in tre Stati chiave quali Siria, Iraq e Libano”. 
Lo spiega Samaan Daoud, siriano cattolico di Damasco, dopo che Al-Jazeera ha diffuso un video nel quale si mostrano le 12 suore rapite lo scorso dicembre dal convento di Mar Takla a Maalula. Per l’intera durata del filmato le suore rimangono in silenzio, mentre un commentatore afferma che “sono in buona salute, non sono state maltrattate e attendono la loro liberazione per fare ritorno al convento”. Una voce fuori campo annuncia inoltre che le suore “ringraziano tutti coloro che hanno cercato di ottenere il loro rilascio e chiedono la scarcerazione di tutti i prigionieri”.

Che cosa ne pensa del video delle suore di Maaloula trasmesso da Al-Jazeera?
Il montaggio del filmato è studiato apposta per coprire la falsità dei rapitori delle suore. Questi salafiti vogliono mostrarsi come degli agnelli, ma nella realtà sono dei lupi. I volti delle suore lasciano trasparire chiaramente che loro non sono per nulla tranquille, e il fatto stesso che nel video appaiano senza croci la dice lunga.

In che senso?
Questo particolare evidenzia che le suore in prigionia non sono libere di esercitare la loro fede. La croce è il simbolo che caratterizza un religioso in quanto tale, e se le suore in prigionia non possono indossarla significa che non sono affatto trattate bene. Tutto il contrario rispetto a quanto è stato affermato nel video trasmesso da Al-Jazeera. L’obiettivo di chi ha girato il filmato è soltanto quello di toccare i sentimenti di chi lo guarda in tutto il mondo, facendo credere che le brigate islamiste in Siria stiano trattando bene i cristiani. La verità al contrario è che questi gruppi stanno compiendo delle stragi di cristiani, e che non si fanno scrupoli a mettere in mezzo dei religiosi come le suore per raggiungere i loro obiettivi.

Quali sono i veri loro obiettivi?
Innanzitutto fare pressioni sul governo siriano e sull’opinione pubblica internazionale. Membri di questi gruppi salafiti sono prigionieri in Siria, in Iraq e in Libano, e il fanatismo cui stiamo assistendo in Siria non è presente soltanto all’interno del nostro Paese. 
Jabhat al-Nusra (il gruppo ribelle legato ad Al Qaeda, Ndr) ha un suo braccio operativo anche in Libano, dove ha annunciato l’intenzione di condurre una guerra contro tutti gli sciiti. Un altro gruppo attivo in Siria, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, è nato appunto in Iraq. Il progetto dei gruppi salafiti è quindi ramificato in tutti e tre gli Stati, e non è un caso che le suore rapite a Maaloula siano di nazionalità siriana, libanese e irakena. E’ questo lo sporco gioco che si nasconde dietro la cattura delle religiose.

A questo obiettivo si aggiunge anche quello di colpire i cristiani nel mondo arabo?
I salafiti stanno già attaccando tutti i luoghi sacri dei cristiani che considerano come infedeli. La fatwa emessa dagli imam più fanatici ha permesso alla brigata islamista di compiere questo rapimento. In realtà però, al di là delle motivazioni religiose, dietro il loro comportamento c’è soprattutto un grande opportunismo. La cattura delle suore è cioè un mezzo per colpire l’opinione pubblica internazionale, e ottenere lo scambio con i jihadisti in carcere.

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2014/2/12/SUORE-RAPITE-Douad-la-strategia-dell-islam-per-colpire-tutti-i-luoghi-sacri-cristiani/466125/

mercoledì 12 febbraio 2014

Ad Aleppo , cristiani e musulmani , arabi , curdi e armeni stanno lavorando insieme


Incontro con il padre gesuita Mourad Abou - Seif , responsabile del Centro San Vartan di Aleppo


agenzia APIC , febbraio 2014



"La gente è davvero stanca della violenza. Vuole a tutti i costi che finisca, il paese è arretrato di almeno due generazioni! "

Direttore del Centro S. Vartan  in questa città di 2,5 milioni di abitanti , il giovane gesuita descrive il lavoro del Jesuit Refugee Service ( JRS ) ad Aleppo , di cui è responsabile . "Più di 200 giovani volontari provenienti da tutte le fedi e di tutte le etnie - arabi, curdi e armeni - collaborano senza difficoltà nel nostro centro per aiutare la Siria a superare questa crisi , in collaborazione con diverse altre organizzazioni umanitarie ," sottolinea padre Mourad fin dall'inizio.

Accoglienza degli sfollati
Mentre i combattimenti stavano sviluppandosi altrove in Siria , Aleppo era ancora abbastanza tranquilla fino all'inizio del 2012 , ma i ribelli si erano già stabiliti nei villaggi circostanti . Sfollati interni arrivavano ​​da Homs , Hama , Idleb e dai villaggi vicini . La situazione è peggiorata in città a metà luglio 2012. Il Centro St. Vartan -  fondato circa 100 anni fa per aiutare i profughi armeni - è situato nel quartiere popolare di " Midan " in Aleppo , attualmente sulla linea del fronte tra  truppe governative e ribelli . Colpito dai bombardamenti nel settembre 2012, il centro  San Vartan è stato evacuato ed è ora in rovina . Le sue attività sono state spostate nel Circolo cattolico del quartiere di al - Aziziyeh , noto per la sua famosa chiesa armena dei Quaranta Martiri e quelle delle comunità  maronita , cattolica romana e greco ortodossa.
I ribelli occupano una grande porzione di Aleppo , e c'è solo un punto di transito per gli scambi tra la zona del  governo e l'area della zona ribelle, per Bustan al- Qasr . Quando questo passaggio , che è molto frequentato , è bloccato , la città viene privata di ogni rifornimento. " Siamo stati circondati per un mese e mezzo , non passava niente . Il passaggio è molto pericoloso , molte persone sono state uccise , altre rapite . Ma la strada è ora stata resa sicura dall'esercito governativo " .

Contrario alla partizione del paese e alla divisione etnica e religiosa
In questo conflitto , fin dall'inizio , dice il religioso siriano , la posizione gesuiti è stata chiara : contro la violenza , contro la divisione del paese , contro la divisione etnica e settaria , contro la corruzione, per la democratizzazione , le riforme , la legittima richiesta di libertà ... Quando la crisi è iniziata nel 2012 ad Aleppo , i gesuiti hanno iniziato a lavorare con la popolazione locale . Sul terreno , la società civile si organizza.
All'inizio della crisi in Aleppo nel luglio 2012 , il JRS si occupava di 11 scuole pubbliche che ospitano sfollati interni . Si trattava di garantire ogni tipo di servizio , cibo, vestiti , medicine, ecc . , E le attività psicosociali soprattutto per donne e bambini . Queste scuole sono state svuotate all'inizio di quest'anno scolastico 2013-2014 per ospitare gli studenti .


La maggior parte delle persone che ricevono aiuto sono musulmane
" In un primo momento , abbiamo impiantato una cucina primitiva in una delle nostre scuole . Ci siamo subito resi conto che la cucina avrebbe avuto un ruolo importante in quanto tutto mostrava che gli eventi sarebbero durati . Così , nel settembre 2012, le Francescane Missionarie di Maria in Aleppo ci hanno accolto nel giardino del loro convento per installare la nostra cucina . Dopo altri tre mesi,  fornivamo 18.000 pasti giornalieri , 5.8 tonnellate di cibo ogni giorno , per le scuole e le moschee . Attualmente distribuiamo più di 4 tonnellate di cibo per i detenuti in cinque carceri e centri di detenzione del governo , per le case di riposo come la Saint-Vincent - de - Paul , che si prende cura degli anziani , così come per le case di riposo delle suore di Madre Teresa e Al Mabara al - Islamiya , un'organizzazione musulmana che aiuta anziani e disabili . "
Quest'ultima si occupa di 86 anziani e disabili che sono stati costretti ad abbandonare il loro centro a causa dei combattimenti , e sono stati accolti nel Centro Gesù Lavoratore , appartenente alla diocesi latina di Aleppo .
Le distribuzioni vanno anche ad associazioni ecclesiali che aiutano gli sfollati: la Chiesa greco-ortodossa Al Nabi Elias , la Chiesa armena ortodossa dello Spirito Santo e i Fratelli Maristi di Aleppo .

Assistenza medica e sociale
Il progetto  del JRS ha installato un Centro Medico a Faysal Street. Questo centro riceve i civili malati , tra 120 e 140 visite al giorno . Nella loro casa dello Studente , le Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione hanno accolto anche il JRS per installare il loro centro psicosociale che si rivolge a quasi 750 bambini , per un programma di tre mesi .
Il JRS ha istituito corsi di alfabetizzazione o di ri - alfabetizzazione per i giovani che hanno abbandonato precocemente la scuola e alcuni adulti . Organizza anche attività per le donne, tra cui artigianato e ricami , che permettono loro di guadagnare un po' di soldi . Un programma di tutoraggio aiuta i bambini nei loro studi , fino al brevetto e diploma. Tutte queste azioni hanno il sostegno finanziario delle organizzazioni umanitarie e della Chiesa a livello internazionale .


Associazioni umanitarie cristiane e  musulmane lavorano mano nella mano.
Padre Mourad dice che ad Aleppo associazioni umanitarie cristiane e musulmane lavorano mano nella mano . La maggior parte delle persone che ricevono aiuto sono musulmani fuggiti dai loro villaggi a causa dei combattimenti . Quanto ai cristiani che ricevono questo aiuto , sono per la maggior parte delle famiglie economicamente colpite dal conflitto . Il JRS si occupa attualmente di 8.000 famiglie che ricevono aiuti sotto forma di "panieri" contenenti cibo, vestiti , utensili per la casa e la cucina , pure materassi. "Nel corso di quest'anno , ci sono 14.000 famiglie da aiutare . "Questa è una grande speranza se permettiamo che queste associazioni abbiano spazio per agire. Non ci sono due blocchi che sarebbero opposti , musulmani contro i cristiani . Fin dall'inizio , abbiamo lavorato insieme . Molte volte noi non sappiamo chi è cristiano e chi è un musulmano !

Sacerdoti e vescovi rapiti: nessuna notizia
Alla domanda circa la sorte di sacerdoti e vescovi rapiti all'inizio dello scorso anno dai miliziani islamisti , Padre Mourad non ha informazioni affidabili . Vicino ad Aleppo , due vescovi e due sacerdoti - il Vescovo Georges Yohanna Ibrahim , vescovo siro- ortodosso , e Mons. Boulos al- Yazigi , vescovo greco-ortodosso rapiti nei pressi del confine con la Turchia il 22 aprile , e dei Padri Michel Kayyal ( armeno cattolico) , a Maher Mahfouz ( greco-ortodosso ) , rapiti a febbraio 2013 , sono nelle mani di un gruppo di fanatici .
Nessun segno di vita neppure del gesuita italiano Padre Paolo Dall'Oglio , disperso dopo il suo rapimento da parte di un gruppo islamico il 30 luglio.

Anche se non ci sono statistiche precise , si ritiene che dei circa 120.000 cristiani della città , 70.000 sono rimasti in Aleppo ... per ora .
I più ricchi , chi ha paura di essere rapito per ottenere un riscatto - medici , imprenditori , commercianti - se ne sono già andati . Molti rapimenti sono semplici reati comuni , data la mancanza di forze di polizia in molti luoghi .

Dopo il suo noviziato in Egitto , il giovane Murad Abu Seif , originario del sud della Siria , ha completato il suo percorso di filosofia - teologia al Centre Sèvres , della facoltà dei Gesuiti di Parigi, fino al 2004 , prima di ottenere un dottorato in " Counselling e Spiritualità " presso la Facoltà di Scienze umane al Saint Paul University di Ottawa . Ordinato sacerdote nell' agosto 2009 a Damasco , si trova in Aleppo da 5 anni . Dapprima si è occupato dei rifugiati iracheni in fuga dai disordini del paese limitrofo. Il JRS che egli dirige ad Aleppo  è venuto in loro aiuto soprattutto in collaborazione con la Mezzaluna Rossa Araba Siriana ( SARC ) e l'UNHCR . Il loro numero ad Aleppo aveva superato 30.000. A causa degli eventi in Siria , questi rifugiati sono per lo più ripartiti all'inizio del 2012 . Alcuni sono tornati in Iraq , altri hanno cercato rifugio a Damasco o in altri paesi. Il JRS è presente in Siria dal 2008 , dapprima a Damasco e Aleppo , per assistere i rifugiati dall'Iraq . Prima della guerra in Siria , il paese ha ospitato un milione di musulmani e cristiani provenienti dai paesi limitrofi . L'organizzazione ha una sede anche a Homs .
    
  (traduzione FMG)

http://www.kipa-apic.ch/index.php?PHPSESSID=ouslajr9n1d1jjt09qu3139d17&pw=&na=0,0,0,0,f&ki=251470