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mercoledì 13 novembre 2013

Come fermare la deriva islamista

I Gesuiti sul conflitto siriano: fermiamo i mercanti di armi 


Dichiarazione sulla Siria

© FCSF – Popoli
Roma, venerdì 25 ottobre 2013

Noi, Provinciali gesuiti, in qualità di Superiori Maggiori della Compagnia di Gesù in Europa e Medio Oriente, accogliamo con favore la recente dichiarazione del Santo Padre sulla Siria. Con tutta la sua forza ha sensibilizzato l'opinione internazionale sulla tragedia siriana e chiesto "a tutte le parti coinvolte nel conflitto di ascoltare la voce della loro coscienza e di non chiudersi soltanto nei propri interessi" (Papa Francesco, Angelus, 1 settembre 2013). Insieme a lui noi affermiamo che "il risultato dell'uso della violenza non è mai stata la pace" ma che l'unica via verso la pace è la cultura dell'incontro e del dialogo.

Passi verso la pace
Pertanto ci rallegriamo per la cessata minaccia degli attacchi aeri contro la Siria e incoraggiamo l'avvio del processo che mira alla distruzione di tutte le armi chimiche presenti sul suolo siriano. Accogliamo con favore l'avvio dei negoziati per una conferenza di pace sulla Siria e sollecitiamo un rapido, coraggioso e risoluto proseguimento del processo di pace. Chiediamo a tutte le parti in conflitto come anche alla comunità internazionale:
- di cercare con urgenza un cessate il fuoco garantito da un'autorità internazionale;
- di stabilire una road-map per preparare un incontro di tutte le parti in conflitto;
- di convocare una conferenza di pace che raggiunga un accordo comune a salvaguardia della vita del popolo siriano.

Mobilitazione sociale e civile
Allo stesso tempo, chiediamo anche la mobilitazione di tutte le agenzie sociali e civili per aiutare il popolo siriano ad affrontare una delle più grandi tragedie umanitarie dei nostri tempi. La cura dei rifugiati, sia all'interno che fuori del paese (circa un quarto della popolazione), il bisogno di cibo, medicine e assistenza sanitaria, la liberazione dei detenuti e degli ostaggi e la riapertura delle scuole continuano ad essere le necessità più impellenti.

Interessi in gioco
Vogliamo inoltre richiamare l'attenzione sulla necessità di riconoscere e identificare i veri interessi in gioco, sia a livello locale che regionale o internazionale, che, purtroppo, non sempre sono in sintonia con quelli del popolo siriano. In particolare, chiediamo di riflettere sulle conseguenze della produzione e vendita di armi; chiediamo di fermare la fornitura e la vendita di armi a tutte le parti in conflitto.

Discernimento  necessario
Insieme alla più vasta comunità internazionale vorremmo anche sollecitare il rifiuto di qualsiasi forma di sostegno, sia diplomatico che militare, a qualunque partito che sostiene apertamente forme di violenza, fanatismo o estremismo. Il rispetto per la dignità delle persone e dei diritti umani deve costituire il criterio e il principale punto di riferimento per qualsiasi aiuto materiale.

Comunità cristiane in Siria
Infine, vogliamo segnalare in particolare i maltrattamenti e la persecuzione delle comunità cristiane che vivono all'interno del paese. Presenti in Siria fin dall'inizio dell'era cristiana, queste comunità costituiscono un elemento inscindibile del suo tessuto sociale e della sua ricchezza culturale e contribuiscono attivamente al suo sviluppo. Soluzioni che sostengono l'esilio o l'eliminazione di queste comunità sono inaccettabili. Intendiamo incoraggiare queste comunità cristiane e assicurare che possono svolgere un ruolo prezioso nelle loro comunità tramite la fedele testimonianza del Vangelo: un Vangelo che chiede pace, giustizia, perdono, comprensione e riconciliazione.

http://www.popoli.info/EasyNe2/Primo_piano/Dichiarazione_sulla_Siria.aspx


Padre Karam: ormai è una guerra “tutti contro tutti”, serve una conferenza internazionale di pace


Agenzia Fides  11/11/20

  Il leader di al-Quaeda Ayman Zawahiri con un pronunciamento ufficiale ha delegittimato lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL), l'organizzazione jihadista che nell'ultimo anno aveva assunto una posizione egemonica nel fronte delle milizie anti-Assad. 
In una dichiarazione registrata alcuni giorni fa e inviata a alcuni network arabi, un portavoce di Zawahiri ha reso noto che d'ora in poi il leader dell'ISIL Abu Bakr al-Baghdadi potrà operare solo in Iraq e dovrà lasciare al fronte al-Nusra – altra fazione islamista legata a al-Quaeda, guidata da Abu Mohammad Golani – la leadership delle operazioni militari in territorio siriano. Finora le due organizzazioni si erano mosse in maniera indipendente, entrando talvolta in competizione. 
L'input inviato da al-Quaeda rappresenta un'ulteriore indiretta conferma delle contrapposizioni crescenti tra le fazioni che combattono l'esercito governativo siriano, fedele a Assad. 

“Oggi” dichiara a Fides padre Paul Karam, Direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Libano “sul terreno siriano è un guerra tutti contro tutti: dove ci porterà? E' questa la primavera araba? L'odio, il fanatismo , il terrorismo aumentano: chi paga per tutto questo? solo la stremata popolazione siriana e, all'interno della società, le minoranze che sono le più vulnerabili di tutti. Credo sia essenziale lasciare che ogni popolo decida sul proprio destino e sul proprio futuro”. 

Secondo p. Karam “occorre promuovere un vero cammino di pace che non prenda la forma di un piano di divisione del Paese. Serve una conferenza internazionale di pace che affronti in modo autentico, concreto ed efficace la crisi siriana, seguendo la bussola dei diritti umani e della libertà religiosa”. 

http://www.fides.org/it/news/53959-ASIA_SIRIA_Contrasti_tra_le_fazioni_jihadiste_
Padre_Karam_ormai_e_una_guerra_tutti_contro_tutti#.UoDkFG1d7wo

Il parroco greco-cattolico di Raqqa agli islamisti: state tradendo il vero Islam


Agenzia Fides,  5/11/2013


Raqqa  – L'Archimandrita Naaman Rawik, parroco greco cattolico di Raqqa e Tabqa – città della Siria settentrionale in mano dai mesi alle milizie anti-Assad – ha trovato rifugio in Libano dopo che i militanti islamisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL) avevano aggredito e danneggiato le sue due parrocchie.
Nei giorni scorsi, l'Archimandrita Rawik ha rivolto proprio ai miliziani islamisti un messaggio pubblico – reso noto dalla Fraternitè Chrètienne Sarthe-Orient e ricevuto dall'Agenzia Fides – in cui stigmatizza i loro atti violenti contro le chiese come contrari alla tradizione islamica. “Voi” riferisce p Rawik “avete cancellato ogni traccia cristiana, distruggendo le nostre chiese e offendendo i loro santi patroni, impossessandovi delle nostre case e spingendo all'esilio i pastori e i loro parrocchiani (…). Credete forse voi che Allah, il suo Profeta e i musulmani in generale accetteranno e benediranno i vostri atti?” “L'Islam” chiede in forma retorica l'Archimandrita greco cattolico “non è forse nella continuità di Abramo, il Padre di tutti i credenti e della religione, dietro cui noi cristiani abbiamo iniziato a camminare seicento anni prima di voi? Un musulmano non è forse colui che protegge l'uomo con la sua propria mano e con la sua lingua? Ed ecco che gli atti delle vostre mani testimoniano solo dei rapimenti di uomini di Dio di cui voi siete causa”.

 L'incalzante messaggio di padre Naaman si conclude indicando la patologia islamista come corpo estraneo rispetto alla tradizione di convivenza tra cristiani e musulmani sperimentata in Medio Oriente: “Ritornate ai vostri Testi Sacri”, scrive l'Archimandrita ai militanti islamisti, “apprendete da essi il vero Islam prima che si possa dimostrare con i versetti stessi del Corano che voi siete divenuti estranei al Libro e all'insegnamento di Allah sulla tolleranza, che voi siete ormai estranei ai nostri modi di vivere autenticamente arabi, che siete totalmente stranieri rispetto alle tradizioni nelle quali siamo cresciuti, musulmani e cristiani, in Siria e a Raqqa in particolare”.
A Raqqa, alla fine di luglio è stato rapito il gesuita romano Paolo Dall'Oglio. Secondo quanto ricostruito dall'Agenzia Fides (26/8/2013) gli indiziati del rapimento di padre Paolo sono proprio gli affiliati dell'ISIL. 

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Raqqa: i cristiani si arrendono e fuggono....

leggi su:
http://www.leveilleurdeninive.com/2013/11/syrie-lemigration-
des-chretiens-de.html


LE DOMANDE DI PADRE GHEDDO:

 Ma qual è il vero islam? 


di Piero Gheddo, 12-11-2013

leggi su: 

martedì 12 novembre 2013

Non si ferma l'azione diplomatica della Santa Sede: "attraverso il dialogo la Siria resti un Paese unito"


Dopo la giornata di digiuno e di preghiera per la pace, non si ferma l'azione diplomatica della Santa Sede. "Urgente e necessaria la cessazione della violenza e l'impegno per l'assistenza umanitaria". Suggerita la garanzia della "integrità territoriale". Chiesto "un posto per tutti, per le minoranze, inclusi i cristiani". Su Ginevra 2: "Non sappiamo che forma prenderà né se la Santa Sede sarà invitata a parteciparvi come Osservatore. In caso affermativo, invierebbe una Delegazione"

  MONSIGNOR MAMBERTI  

S.I.R. Lunedì 11 Novembre 2013

Si fa molto parlare in questi giorni della Conferenza di pace per la Siria, Ginevra 2, fissata inizialmente per il 23 novembre e poi rinviata. Sul suo effettivo svolgimento pesano, infatti, le divergenze all’interno dell’opposizione, che solo questa mattina sembrerebbe aver sciolto le riserve in merito alla sua presenza, e le decisioni del presidente Assad e il suo eventuale ruolo nella transizione politica del Paese. In questa situazione di stallo diplomatico, se da una parte risultano chiare tutte le diversità di vedute tra i principali Paesi (Usa e Russia in testa) su come dirimere la crisi, dall’altra, però, emerge, con sempre maggiore evidenza, l’impegno della Santa Sede nel cercare di favorire il dialogo tra le parti in lotta. Prova dell’interessamento della Santa Sede per la situazione in Siria in particolare e per il Medio Oriente in generale sono le udienze che Papa Francesco ha concesso in questi ultimi mesi ai più importanti leader politici mediorientali, il presidente israeliano Peres, quello libanese Sleiman, il palestinese Abu Mazen e il re di Giordania, Abdullah II bin Al Hussein. E sembrerebbe prevista anche quella con il premier israeliano Netanyahu. Un’azione diplomatica che viaggia in parallelo con quella concreta degli aiuti materiali. Secondo una recente nota di Cor Unum sono 72 i milioni di dollari stanziati dalle organizzazioni umanitarie cattoliche per la crisi in Siria e nelle regioni limitrofe alla data del 9 ottobre. Su questi argomenti abbiamo intervistato monsignor Dominique Mamberti, segretario per i rapporti con gli Stati della Santa Sede.

Eccellenza, lo scorso 5 settembre parlando con i rappresentati diplomatici accreditati presso la Santa Sede, ha ribadito con chiarezza la posizione della Santa Sede nei confronti della crisi siriana, vale a dire insistere sull’importanza di far cessare la violenza come primo passo, per poter poi instaurare un vero dialogo e soluzioni di carattere negoziale. Alla luce degli ultimi sviluppi della crisi siriana ritiene ancora praticabili queste indicazioni?
“Alla luce degli ultimi sviluppi le indicazioni presentate il 5 settembre diventano ancora più praticabili ed urgenti. Sebbene nelle ultime settimane ci siano stati sviluppi positivi riguardo allo spinoso tema delle armi chimiche, va rilevato che esso è solo un aspetto dell’intero problema che è tutto ancora da risolvere. Gli scontri violenti continuano a seminare morte e distruzione e la già insostenibile situazione umanitaria continua a peggiorare. Le previsioni indicano che entro la fine dell’anno la metà della popolazione siriana avrà bisogno di assistenza umanitaria. Si rivela perciò ancora più urgente e necessaria la cessazione della violenza e la priorità dell’impegno per l’assistenza umanitaria alla popolazione sofferente. Inoltre continua a rivelarsi di somma importanza richiamare l’esigenza e l’urgenza del rispetto del diritto umanitario. Non si può rimanere inerti di fronte alle continue violazioni del diritto umanitario, da qualsiasi parte esse provengano. Appare sempre più evidente che non c’è una soluzione militare al conflitto, e si potrà trovare una via di uscita soltanto attraverso il dialogo ed il negoziato delle parti interessate con il sostegno della comunità internazionale. Il fatto che si sia trovato un accordo sul delicato tema dello smantellamento dell’arsenale chimico siriano indica che se c’è la volontà politica si può trovare un accordo sulle altre questioni necessarie per la risoluzione del conflitto”.

Quali altri elementi andrebbero tenuti in considerazione per trovare una strada negoziale che porti alla soluzione giusta e durevole del conflitto in corso?
“Tra i principi generali che dovrebbero orientare la ricerca di una giusta soluzione al conflitto ritengo importante ricordare i punti segnalati durante il menzionato incontro del 5 settembre che sono soprattutto i tre seguenti: è innanzitutto indispensabile adoperarsi per il ripristino del dialogo fra le parti e per la riconciliazione del popolo siriano; occorre poi preservare l’unità del Paese, evitando la costituzione di zone diverse per le varie componenti della società; occorre garantire, accanto all’unità del Paese, anche la sua integrità territoriale. Inoltre sarà importante chiedere a tutti i gruppi - in particolare a quelli che mirano a ricoprire posti di responsabilità nel Paese - di offrire garanzie che nella Siria di domani ci sarà posto per tutti, anche e in particolare per le minoranze, inclusi ovviamente i cristiani. L’applicazione concreta di detto principio potrà assumere varie forme, ma in ogni caso non può essere dimenticata l’importanza del rispetto dei diritti umani e, in particolare, di quello della libertà religiosa. Parimenti, è importante tenere come riferimento il concetto di cittadinanza, in base al quale tutti, indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa, sono alla stessa stregua cittadini di pari dignità, con eguali diritti e doveri”.

Sembra che molti Paesi della comunità internazionale siano più interessati a fornire e a vendere le armi ai due contendenti piuttosto che provare a metterli seduti intorno ad un tavolo. Papa Francesco ha in più di un’occasione denunciato il commercio di armi (anche chimiche) sopra la testa del popolo siriano. Quanto pesa il business degli armamenti nella guerra in corso?
“Come ho già segnalato sembra sempre più evidente che non c’è una soluzione militare al conflitto. In tale senso continuare a fornire armi ai contendenti non fa che contribuire ad aumentare le vittime e le sofferenze del popolo siriano. Se la violenza continua, non si avranno vincitori, ma solo sconfitti. In questo contesto mi piace ricordare le parole di Benedetto XVI nell’incontro con i giornalisti, mentre si stava recando in Libano nel settembre dell’anno scorso: Benedetto XVI si domandava: ‘Che cosa possiamo fare contro la guerra? Diciamo, naturalmente, sempre diffondere il messaggio della pace, chiarire che la violenza non risolve mai un problema e rafforzare le forze della pace’. E aggiungeva: ‘Direi anche che deve finalmente cessare l’importazione di armi: perché senza l’importazione di armi la guerra non potrebbe continuare. Invece di importare le armi, che è un peccato grave, dovremmo importare idee di pace, creatività, trovare soluzioni per accettare ognuno nella sua alterità; dobbiamo quindi rendere visibile nel mondo il rispetto delle religioni, le une delle altre, il rispetto dell’uomo come creatura di Dio, l’amore del prossimo come fondamentale per tutte le religioni. In questo senso, con tutti i gesti possibili, con aiuti anche materiali, aiutare perché cessi la guerra, la violenza, e tutti possano ricostruire il Paese’”.


11/11: colpi di mortaio sulla scuola Primaria Cristiana S.Giovanni Damasceno in Kassaa provocano 5 bambini uccisi e 27 persone  ferite. Un altro razzo ha colpito uno scuolabus a Bab Touma, sobborgo di Damasco a maggioranza cristiana: cinque alunni sono rimasti feriti. Nella stessa zona un colpo di mortaio ha colpito di nuovo la chiesa della S. Croce.  Altre tre persone sono state uccise da un razzo, sempre nel centro della capitale.
Come accade ormai quotidianamente, il centro antico e quello moderno di Damasco sono presi di mira da una pioggia di colpi di mortaio sparati dai ribelli annidati nei quartieri occupati da loro.  Ieri, domenica, un colpo di mortaio sull'auto aveva ucciso un papà cristiano e quattro dei suoi figli.

  

La piega confessionale presa dal conflitto – con la presenza in campo, al fianco dei ribelli, di formazioni integraliste e jihadiste e la lotta tra sciiti e sunniti - può mettere a rischio la vita delle minoranze all’interno di un futuro assetto siriano? Come evitare il conseguente disgregamento del Paese?
“La presenza crescente in Siria di gruppi estremisti, spesso provenienti da altri Paesi, è effettivamente una causa di particolare preoccupazione. Perciò si rivelerebbe di grande importanza esortare la popolazione e anche i gruppi di opposizione a prendere le distanze da tali estremisti, di isolarli e di opporsi apertamente e chiaramente al terrorismo. L’antidoto migliore contro le tensioni confessionali e il rischio del disgregamento è il dialogo e la riconciliazione. Si rivela, perciò, sempre più pertinente l’insistenza di Papa Francesco sull’educazione nella cultura dell’incontro. Vorrei segnalare in questo contesto l’importanza del dialogo interreligioso che non è una questione degli addetti ai lavori ma è compito di tutti i fedeli. Tuttavia, una particolare responsabilità compete ai leader religiosi per mostrare e far presente che la religione deve essere al servizio della pace e dell’unità e non al servizio della guerra e della divisione. Anche in questo ambito si rivela di particolare importanza il compito dell’educazione. I cristiani da parte loro vogliono continuare ad essere fattori di riconciliazione e di unità e offrire il loro contributo insostituibile al bene comune della società”.

Cosa, realisticamente, potremmo attenderci dalla Conferenza di Ginevra 2, nel caso si svolgesse prossimamente? E qualora ciò avvenisse quali azioni potrebbe mettere in campo la Santa Sede per promuovere una soluzione negoziale? Infine, è prevista una delegazione della Santa Sede ai lavori di Ginevra 2?
“La Santa Sede nell’ambito che le è proprio ha promosso dall’inizio del conflitto siriano una soluzione fondata sul negoziato invitando a superare la logica della violenza e dello scontro con quella del dialogo e della riconciliazione e ha offerto alcuni elementi che considera importanti per la risoluzione del conflitto. In questo senso la Santa Sede auspica e incoraggia la realizzazione della Conferenza di Ginevra 2 con la maggiore partecipazione possibile. Realisticamente non si può pretendere che la Conferenza risolva di colpo un conflitto che è particolarmente complesso e dove sono implicati tanti interessi divergenti da diversi attori non solo locali ma regionali. Tuttavia non c’è un’altra via se non quella della ricerca di un accordo con l’aiuto di tutti. La Conferenza Ginevra 2 può e deve essere un primo passo fondamentale, almeno per avviare un processo che sarà prevedibilmente sofferto. 
Non sappiamo ancora che forma prenderà detta Conferenza né se la Santa Sede sarà invitata a parteciparvi come Osservatore. In caso affermativo, la Santa Sede invierebbe una Delegazione per mostrare la sua sollecitudine per il bene della cara nazione siriana e per offrire discretamente ogni possibile collaborazione. Tuttavia il grande contributo della Santa Sede e della Chiesa si situa in un altro livello che tocca il profondo dei cuori. Vorrei ricordare la significativa giornata di digiuno e di preghiera per la pace, convocata dal Santo Padre Francesco, che è stata molto bene accolta a livello mondiale e che ha dato tanti frutti di pace. ‘Arma’ principale della Chiesa è la preghiera e la carità. Il contributo più grande è la vita di fede dei credenti che nei diversi ambiti diventano protagonisti della vita sociale alla ricerca del bene di tutti e della pace”.

domenica 10 novembre 2013

Prosegue, nell'indifferenza del mondo, la devastazione della Siria

Ribelli attaccano cattedrale del IV secolo e distruggono le reliquie di san Simeone lo Stilita


Tempi - 7 novembre, 2013


I terroristi dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante che occupano una parte della città di Aleppo hanno preso di mira per la prima volta la storica cattedrale di San Simeone lo Stilita, distruggendo le reliquie del santo e rubando tutto ciò che di prezioso si trova al suo interno con ogni mezzo.

CATTEDRALE ANTICA. La notizia, diffusa da Le veilleur de Ninive, è drammatica dal momento che la cattedrale è tra le più antiche esistenti al mondo. Costruita nel IV secolo, si trova nella zona nord di Aleppo ed è stata intitolata al santo siriano che, vissuto a cavallo tra IV e V secolo, rimase per 37 anni seduto in cima ad una colonna come eremita. Diventato famoso per i suoi miracoli, fu venerato già in vita come un santo dal popolo e da tutta la Chiesa ed era temuto dagli imperatori. La cattedrale ospita anche il basamento della colonna di 15 metri dove il santo rimase per la maggior parte della sua vita.


.IL DRAMMA DI ALEPPO.  Aleppo vive in una situazione drammatica, come ha testimoniato a Tempi.it un suo cittadino cristiano, Claude Z.: «La situazione è critica: non abbiamo la corrente elettrica da dieci giorni, manca il cibo, ribelli ed esercito continuano a darsi battaglia e i terroristi islamici hanno imposto la sharia nella parte della città che controllano».

«MASSACRO DI CRISTIANI». Intanto sono stati diffusi da Aiuto alla Chiesa che soffre i dettagli dell’uccisione di molti cristiani nel villaggio siriano di Sadad, conquistato dai terroristi islamici e liberato da due settimane dall’esercito. Secondo quanto affermato dall’arcivescovo Selwanos Boutros Alnemeh, metropolita siro-ortodosso di Homs e Hama, «c’è stato il più grande massacro di cristiani dall’inizio della guerra e 45 cristiani innocenti sono stati martirizzati mentre 1.500 famiglie sono state trattenute come ostaggi e scudi umani».

GETTATI VIVI IN UN POZZO. Come riporta Acs, 30 corpi sono stati ritrovati in due diverse fosse comuni. Molti presentano segni di tortura e strangolamento, tra cui vecchi, handicappati e bambini. Inoltre, sei membri di una stessa famiglia, tra cui una donna di 90 anni, sono stati gettati vivi dai ribelli dentro un pozzo e lì sono morti.
Il patriarca greco-cattolico di Damasco Gregorio III Laham ha commentato: «Come si possono commettere atti così inumani e bestiali a dei vecchi e alla loro famiglia? Io non capisco perché il mondo non alza la voce contro questi atti di brutalità. Estremismo e fondamentalismo aumentano in Siria, quanto avvenuto a Sadad è l’emblema di quello che tutti i cristiani in Siria stanno affrontando».

http://www.tempi.it/siria-ribelli-attaccano-cattedrale-del-iv-secolo-e-distruggono-le-reliquie-di-san-simeone-lo-stilita#.UnuCrpTX9hw

Cathédrale Saint-Siméon-le-Stylite et les mosaïques exceptionnelles de Maaret al-No'man sont la cible des terroristes et d'archéologues véreux.



http://www.leveilleurdeninive.com/2013/11/la-cathedrale-saint-simeon-le-stylite.html

 

Il vescovo Audo: scontri alla centrale elettrica. Aleppo a rischio di catastrofe ambientale



Agenzia Fides  8/11/2013

Aleppo  - “Da tre giorni anche al centro di Aleppo manca la l'energia elettrica. Ci sono stati combattimenti alla centrale elettrica di al-Harrarieh, e si è creata una situazione molto rischiosa, visto che in quell'area sono dislocati materiali pericolosi”. Così riferisce all'agenzia Fides il vescovo caldeo di Aleppo Antoine Audo.
Nei giorni scorsi le milizie islamiste dello Stato Islamico di Iraq e Levante (ISIL) hanno assaltato la centrale elettrica di al-Harrarieh, che utilizza l'idrogeno per il raffreddamento dell'acqua. Se gli impianti a idrogeno venissero bombardati, le conseguenze sarebbero catastrofiche per un raggio di almeno 20 chilometri, con un effetto-domino di dimensioni non calcolabili (nei pressi della centrale è situata anche una fabbrica di cloro). 

Il vescovo Audo descrive Aleppo come una città “sfigurata e stremata. Lo si legge negli sguardi dei suoi abitanti. Sono già quasi tre anni che tutti vivono in questo stato di logoramento continuo. Non c'è lavoro, tutti sono impoveriti. Come Caritas Siria (mons. Audo ne è il presidente, ndr) distribuiamo cibo e medicine, assistiamo gli anziani, paghiamo gli affitti per gli sfollati, portiamo avanti attività scolastiche. Il novanta per cento delle nostre energie pastorali è assorbito da questo lavoro di emergenza sociale. Ma non basta mai”. 

Riguardo al conflitto, l'elemento nuovo rispetto al passato – riferisce il vescovo caldeo - “è che adesso non si capisce più chi sta combattendo contro chi. C'è l'esercito del governo, e poi ci sono le brigate curde, gli islamisti, le bande di fuorilegge, quelli che si definiscono 'Esercito Libero Siriano', tutte fazioni in lotta tra loro. In città sentiamo i rumori degli scontri e le esplosioni, ma non sappiamo cosa davvero sta accadendo. Anche se tra la popolazione prevale l'impressione che c'è stato un cambiamento della situazione a livello geo-politico. E che l'esercito governativo potrebbe alla fine prevalere sulle fazioni che lo combattevano”.
Nelle ultime ore, le forze armate fedeli a Assad hanno riconquistato ampi settori della cosiddetta “base 80”, incaricata della sicurezza dell'aeroporto internazionale di Aleppo, che era in mano alle milizia anti-regime dal febbraio scorso.


Très graves menaces d'explosion à la centrale électrique de Harrarieh près d'Alep. 



http://www.leveilleurdeninive.com/2013/11/tres-graves-menaces-dexplosion-la.html



« Alep! Alep! Combien de temps encore, Alep ? 

Témoignage et pensées d'un alépin
Venez écouter les bombardements qui ont eu lieu sans interruption tout le long de la nuit. Le lance-roquettes se trouve près de la maison. Mon cher, tu devrais entendre le son impressionnant de cette arme. Viens écouter celui de la roquette qui se rapproche et le vol des avions qui piquent et dis-moi ce que tu penses. 
Ne demande pas au sujet de l'électricité qui nous manque depuis quatre jours....Elle nous était accordée une heure quotidiennement, à présent plus du tout. Que sais-je sur les protagonistes ? J'ignore qui combat qui ? et qui est avec qui ? Qui frappe qui ? Tu ne peux comprendre ce qu'est le dégoût de la vie que nous ressentons.
Hier, il m'a été rapporté qu'une jeune femme et ses trois enfants ont été tuées par une fusée qui est tombée sur la place Farhat. De mon ami, on ne sait pas encore le sort. Il a, semble-t-il, reçu une balle et non un éclat dans le cou, le jour où la fusée est tombée sur l'Eglise latine. 
Ces combattants ont réussi à chasser tous les vendeurs de légumes du quartier de Jamilieh [aujourd'hui souk, autrefois le quartier juif] qui se mettaient autour de la mosquée al-Rahmane ; personne ne sait pourquoi ils ont fait cela. Viens voir les prix qui s'envolent. Quand ma faim devient excessive, je prend un bout de pain que j'imbibe d'huile et de vinaigre afin de me rassasier. Voilà mon repas. 
Cela fait cinq jours que je prends des cachets pour dormir et c'est à peine si je dors quatre heures. A d'autres heures, je ne parviens pas à fermer l'oeil ; à côté de chez moi se trouvent une vingtaine de générateurs.
Regarde, Que veulent-ils  ? Ils nous ont vendu, nous les alépins ; ils nous ont jeté comme des chiens. Les gens s'entretuent...c'est tout. Souhaites-moi une balle dans la tête où une fusée qui me retire de ce monde afin que je me repose et repose les autres ».
http://www.leveilleurdeninive.com/2013/11/alep-catastrophe-humanitaire-en-cours.html

venerdì 8 novembre 2013

Un messaggio video dai ragazzi di Damasco ai coetanei italiani


“Pure noi abbiamo diritto alla pace”: i ragazzi e i bambini siriani lanciano il loro messaggio in bottiglia ai loro coetanei italiani. Perché quella guerra di cui parlano in questo video, che vede questi ragazzi e questi bambini confrontarsi ogni giorno con il pericolo e la paura, sia comunicata senza intermediari, senza filtri e distorsioni.
Noi lo vediamo di lontano questo conflitto, attraverso i media, i computer e i social network del villaggio globale, ma per conoscerla davvero occorre affidarsi all’antico, come questo messaggio in bottiglia, un piccolo video abitato da giovani volti stretti in un gioco più grande di loro, che in Siria muove legioni e sbaraglia destini. 
Il messaggio del video è semplice: non vuole spiegare, né ricercare torti e ragioni. Chiedono una cosa semplicissima quei volti bambini: la pace. Quella pace che per loro è ormai un passato e che per noi è scontato presente. E che tante forze osteggiano, demolendo ogni giorno le flebili speranze di giungere a un negoziato che chiuda il conflitto. Chiedono umana solidarietà questi ragazzi, che vediamo su banchi di scuola che potrebbero ospitare  i nostri figli; e le nostre povere preghiere. 
Questo video è stato già visionato in alcune scuole italiane. E ha avuto un certo riscontro, proprio per il suo messaggio semplicissimo, in fondo banale. E ha toccato cuori e menti. Vedere questi ragazzi, sentirli mentre raccontano della quotidianità della guerra che colpisce improvvisa e ruba furtiva le vite più prossime, non lascia indifferenti chi ha il cuore innocente e la mente aperta alla vita. 
Così si è immaginato un modo per dare una qualche risposta a questi ragazzi. Una risposta non politica, non ne siamo capaci né abbiamo la forza, ma umana, che in fondo ancora vale qualcosa. Far circolare questo video nelle scuole o in altri ambiti di ragazzi e i bambini italiani. Tra chiunque abbia voglia di conoscere il messaggio lasciato in una bottiglia da questi ragazzi siriani. E magari inviare loro una qualche risposta, tramite video o anche mail scritte da ragazzi e bambini italiani. Ci sono le leggi per questo, quelle che tutelano i bambini e che vanno rispettate chiedendo liberatorie e quanto altro serve. Ma è una piccola fatica che magari vale la pena, arricchisce. Insomma, c’è spazio e modo, per chi vuole, di dare il proprio piccolo, grande contributo. Un suggerimento, nulla più, affidato al cuore di chi leggerà queste righe, ma soprattutto di chi guarderà il volto dei ragazzi e dei bambini che abitano il video in questione e ascolterà i loro racconti che narrano di vite sospese ad un cielo benigno, che qualcuno ha voluto oscurare di bombe assassine. 
Chi vuole aderire alla proposta,  può far pervenire delle mail o dei video presso oraprosiria@gmail.com. A farle giungere in Siria penseremo noi.
Grazie.
Davide Malacaria


giovedì 7 novembre 2013

Samaan, in Italia per dare un contributo alla pace


Una guida turistica per la guerra siriana 


Piccole Note - 6 novembre 2013

Un colpo di mortaio ha centrato la nunziatura vaticana a Damasco. Gli organi ufficiali del governo parlano di attacco mirato, ma monsignor Mario Zenari non conferma, spiegando che si tratta, probabilmente, di un errore di mira. Nessuna vittima, ma certo è un segnale inquietante che si somma a un altro segnale dello stesso tenore:
Un colpo di mortaio ha centrato la nunziatura vaticana a Damasco. Gli organi ufficiali del governo parlano di attacco mirato, ma monsignor Mario Zenari non conferma, spiegando che si tratta, probabilmente, di un errore di mira. Nessuna vittima, ma certo è un segnale inquietante che si somma a un altro segnale dello stesso tenore:
Un colpo di mortaio ha centrato la nunziatura vaticana a Damasco. Gli organi ufficiali del governo parlano di attacco mirato, ma monsignor Mario Zenari non conferma, spiegando che si tratta, probabilmente, di un errore di mira. Nessuna vittima, ma certo è un segnale inquietante che si somma a un altro segnale dello stesso tenore: fonti russe hanno fatto filtrare la notizia che l’attesa conferenza di Pace per la Siria, che doveva tenersi nel mese di novembre a Ginevra, sarebbe stata procrastinata a data da destinarsi.
Un colpo di mortaio ha centrato la nunziatura vaticana a Damasco. Gli organi ufficiali del governo parlano di attacco mirato, ma monsignor Mario Zenari non conferma, spiegando che si tratta, probabilmente, di un errore di mira. Nessuna vittima, ma certo è un segnale inquietante che si somma a un altro segnale dello stesso tenore: fonti russe hanno fatto filtrare la notizia che l’attesa conferenza di Pace per la Siria, che doveva tenersi nel mese di novembre a Ginevra, sarebbe stata procrastinata a data da destinarsi.
La conferenza di Ginevra 2, che ha il compito di trovare vie di pace per la Siria, stenta a decollare (è di oggi la notizia di uno slittamento della data di inizio), con Obama costretto sulla difensiva dalla vicenda Datagate, i vari spezzoni delle forze anti-Assad che dichiarano la loro indisponibilità a dialogare con la controparte e tanti altri fattori ostativi. E la guerra continua a imperversare in Siria.

Samaan Daoud, siriano cattolico, era guida turistica un tempo. Oggi, con la guerra, di turisti se ne vedono pochi per le vie di Damasco una delle quali universalmente nota per la conversione di san Paolo. Da quando è iniziato il conflitto Samaan vive come tutti i suoi connazionali, sospeso ad accadimenti più grandi di lui. Ma non rinuncia alla speranza: per questo partecipa a un movimento che intende creare luoghi di riconciliazione, associando cristiani e musulmani. «Il tentativo è quello di rilanciare un dialogo dal basso, creare ambiti nei quali persone di idee diverse possono dialogare, nonostante le divergenze politiche e religiose». Idea semplice, che nell’inferno in cui è precipitata la sua terra è rivoluzionaria.
Samaan è in Italia, per cercare di portare la sua testimonianza su quanto sta avvenendo nel suo Paese. Per dare, nel suo piccolo, un contributo alla pace. Sa che serve a poco, che i giochi si fanno altrove, ma lo sente come un dovere: verso i suoi compatrioti e verso il mondo che guarda quel conflitto lontano con gli occhiali della propaganda occidentale.

Non è un estimatore del regime, Samaan. Ha i limiti propri di un sistema mono-partitico, spiega. Che, per sua natura, deprime le forze vive della società. Anche sul piano economico non è stato incisivo, dal momento che non è riuscito a favorire una seria programmazione di sviluppo, come accadeva con il padre di Assad del quale però ricorda la durezza. Ma rammenta con orgoglio quando, prima che il conflitto iniziasse, la terra dava grano e il cotone veniva prodotto in abbondanza.
Insomma, Samaan non è  "un fan di Assad"  e rifugge la propaganda: quella occidentale, ma anche quella del regime. «Quando in televisione ci sono i comunicati ufficiali cambio canale», confida. 
Data la premessa, quello che racconta ha ancora più valore. Di questo conflitto parla alle Tv e alle radio, in questo tour italiano, ne parla a noi davanti a un caffè. Questa rivoluzione è nata sull’onda della Primavera araba, dice, dopo l’ascesa al potere dei Fratelli musulmani in Egitto. Un’onda lunga che aveva nella Turchia il punto di riferimento e in Erdogan, vicino ai Fratelli musulmani, uno dei più autorevoli strateghi.
«Anche da noi c’era malcontento – ricorda -, da qui le rivolte di piazza, alle quali, occorre dire, Assad ha dato delle risposte rapide, raddoppiando i salari e perseguendo la corruzione interna». Una sorta di «tangentopoli» in salsa damascena, spiega usando un termine alquanto noto in Italia.

Questo all’inizio, aggiunge, ma poi tutto è cambiato. Racconta delle manifestazioni di piazza pilotate. Di soldi cash distribuiti ai manifestanti. C’era anche un tariffario, spiega: in città erano mille lire per manifestante, in campagna cinquecento; soldi che un normale cittadino  siriano deve sudare, e tanto, per guadagnarli. Venivano distribuiti da imam, e lui dice di aver visto con i suoi occhi il pagamento. 
«Che ci fosse qualcosa di strano lo abbiamo capito subito. Al Jazeera martellava sulle manifestazioni di piazza, con filmati che riprendevano folle di manifestanti in varie località del Paese. Ma noi non ci accorgevamo di nulla. Guardavamo le immagini e non capivamo dove le avessero prese: fossero state vere, quelle proteste di piazza, ne avremmo avuto almeno un eco, ma niente». E racconta con ironia che le manifestazioni avvenivano ogni venerdì, giorno festivo dei musulmani, con una ripetitività seriale, televisiva.
Un giorno l’ha pure vista da vicino una di queste manifestazioni: mentre portava il figlio alle prove del coro in chiesa (piazza Al Abassyin), vede un gruppo di gente raggruppata vicino all’edificio di culto: alcuni di loro tenevano in mano un rotolo di fibre di vetro, racconta, quelle usate per la vetroresina; poi un agitarsi di uomini, il rotolo incendiato a simulare scontri di piazza e subito gli scatti di telefonini e telecamere: la fiction da mandare in Tv era pronta. «In tutto è avvenuto in una manciata di secondi, poi sono spariti tutti», racconta; pochi secondi, quanto basta per una foto opportunity o un corto per You Tube o Al Jazeera, ambiti nei quali si vincono e si perdono le guerre moderne. «Anche le inquadrature di queste manifestazioni erano studiate con cura, così da far immaginare folle oceaniche dove invece era un manipolo di esagitati».

Tutte cose che fanno insospettire i siriani, che a poco a poco hanno preso coscienza che qualcosa di grosso stava accadendo. Poi sono arrivate le milizie armate e tutto è precipitato nell’abisso. Accenna soltanto agli orrori che si susseguono con ripetitività ferale; cose che appartengono al quotidiano e che le Tv occidentali rimandano con dovizia di particolari. Non ci soffermeremo su questo, ché tanto ormai basta un computer per sprofondare nella costernazione.
All’inizio era il Qatar a finanziare i cosiddetti ribelli, poi, dopo la caduta dell’emiro, è la volta dell’Arabia Saudita. Principi e re legati ad Assad da antica consuetudine, ma pronti a denunciare ora le sue nefandezze, vere e presunte. Adesso, a complicare le cose, anche la guerra tra bande: milizie filo saudite che combattono quelle legate al Quatar, con queste ultime ad avere la peggio. E le altre lotte intestine che si scatenano ogni giorno tra bande diverse e che avviluppano il Paese in una spirale di caos.
Ma parla anche dell’esperienza minuta, Samaan, quella che sfugge al circolo mediatico: di come ormai nelle zone occupate dalle forze anti-Assad il greggio si compra a prezzi d’accatto, ché nessuno degli improvvisati conquistatori conosce il prezzo al barile e svende a due lire. Un modo come un altro per alimentare la macchina bellica, lucrando sulla tragedia altrui.
Ma la cosa più interessante, dal punto di vista dell’originalità, la racconta alla fine, quando parla di intere fabbriche smantellate e portate in Turchia. Una di queste era di un suo amico ad Aleppo: gli era arrivata una lettera che chiedeva soldi in cambio di protezione. Metodi mafiosi, come si usa in questa temperie da tempo. L’imprenditore rifiuta: non ha i soldi richiesti né intende pagare. Poi in città arrivano le milizie islamiche e deve scappare. Evidentemente il mittente della missiva sapeva bene quel che si preparava in quella zona. Seguono le alterne vicende della guerra, infine la fabbrica è riconquistata dalle truppe di Damasco. Il suo amico torna alla fabbrica lasciata in fretta e furia. E trova il deserto. Avevano portato via tutto, anche macchinari grandi come case. «C’erano delle telecamere», racconta Samaan, «che evidentemente sono sfuggite agli occhi dei ladri e che hanno ripreso quanto accaduto. Ho visto i filmati e sono rimasto di sasso: in una notte hanno portato via tutto, con gru e camion: un’intera squadra al lavoro, ben organizzata, che svitava bulloni, agganciava cavi, smantellava pezzo a pezzo quella che un tempo era una delle più importanti fabbriche della città».
Gli orrori, quelli che abitano gli occhi di Samaan, sono sotto gli occhi di tutti. Questa spoliazione sistematica di una terra che un tempo era una delle più ricche del Medio Oriente, è solo un ulteriore tassello.

Il caffè è finito ed è il momento dei saluti. Samaan deve continuare il suo tour italiano, nonostante qualcuno, amici, gli accennino di segnali minacciosi nei suoi confronti. Sbuffa, alza le spalle, come di cosa scontata: «Se deve essere, sarà», e allude alla morte. E sorride, con un sorriso che tocca il cuore e che appartiene a una sorta di grazia di stato, quella di vivere in un luogo in cui la testimonianza del martirio – la più grande testimonianza cristiana – è quotidiano accadere. Presto il suo viaggio italiano avrà termine e deve tornare nella sua terra. Dove le minacce hanno volti più definiti. Il terrore appartiene alle guerre moderne, dove non solo serve uccidere, ma anche spargere paura all’intorno. Ci sono specialisti che studiano queste cose. E non abitano solo in Medio Oriente.
Con la sua visita italiana, Samaan ha dato testimonianza di speranza: indice che nonostante il terrore vinca ogni giorno le sue battaglie quotidiane, non ha ancora trionfato.

http://www.piccolenote.it/15179/una-guida-turistica-per-la-guerra-siriana


Nella pagina di questo Blog "VIDEO-testimonianze" è possibile visionare alcuni interventi pubblici del tour di Samaan Daoud in Italia 

mercoledì 6 novembre 2013

Aleppo: il dramma della popolazione e la gioia dei cristiani per il nuovo Vescovo Giorgio


Il cibo nei cassonetti, le minacce ai cristiani, l’imposizione della sharia. Drammatica testimonianza da Aleppo   


TEMPI- 1 novembre 2013
intervista di Leone Grotti

«La situazione ad Aleppo è ancora critica: non abbiamo la corrente elettrica da dieci giorni, manca il cibo, ribelli ed esercito continuano a darsi battaglia e i terroristi islamici hanno imposto la sharia nella parte della città che controllano». La testimonianza drammatica di come si vive oggi nella seconda città più importante della Siria, divisa a metà tra esercito e ribelli, è di C., cristiano di Aleppo che ha accettato di parlare a Tempi.it in condizione di parziale anonimato.

Quali sono i principali problemi della popolazione?
La guerra continua, ci sono scontri sia tra l’Esercito siriano libero e lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) sia tra i ribelli e l’esercito siriano. I ribelli lanciano spesso razzi contro i quartieri controllati dall’esercito e malgrado la riapertura della strada verso Khanasser, la città vive una penuria di carburante, elettricità, pane, cibo e soprattutto medicine. Tutti i giorni ci sono nuovi martiri che cadono tra l’esercito e i civili. Nelle regioni controllati dai takfiri, cioè coloro che rifiutano ogni presenza non musulmana sul loro territorio, vige la legge islamica wahabita e i rapimenti non accennano a finire.

Fino a pochi mesi fa, ad Aleppo si rischiava di morire di fame. Ora la situazione è migliorata?
Le famiglie non possono più comprare cibo e non si vede carne nelle cucine delle famiglie aleppine da mesi ormai. L’unica cosa che mangiano le famiglie è grano macinato, il Bourghoul, e pane. Un fenomeno nuovo, che prima non c’era e che è disumano, investe sempre più gente povera: la notte rovistano nei cassonetti per cercare qualcosa da mettere in bocca.

Gli estremisti islamici minacciano i cristiani?
Sì, siamo molto spaventati, soprattutto dopo l’occupazione da parte dell’ISIL del convento di san Vartan, che si trova nel quartiere cristiano armeno di Al Midane. I cristiani di Aleppo sono anche stati minacciati dopo l’applicazione della sharia di convertirsi all’islam o di pagare il tributo umiliante (gizya) o di morire. I cristiani ricchi sono scappati in Europa o in Libano, la classe media è diventata povera dopo il sequestro e la distruzione delle imprese da parte delle bande armate. Infine, la classe povera è diventata misera, tanto che non ha più da mangiare nonostante gli sforzi delle organizzazioni locali che distribuiscono generi alimentari una volta al mese. I nostri giovani rischiano la vita per emigrare in Svizzera o Germania passando dalla Turchia ma spesso vengono arrestati dalla polizia turca o muoiono in mare tra la Grecia e la Turchia. Ad aggravare la crisi c’è il caro vita con i prezzi che sono aumentati di oltre 20 volte.

La guerra tra governo e ribelli è sempre in stallo?
Noi speriamo che finisca presto, ma la realtà è un’altra: finché i sauditi e l’Occidente armano e finanziano i ribelli e finché l’esercito siriano resta forte, la guerra non finirà e a pagare il prezzo più alto in termini di vittime è il popolo. Il conto dei morti, infatti, è 150 mila, non 115 mila, e noi speriamo che la conferenza di pace Ginevra II porti a una road map per porre fine a questo conflitto.

Cosa ha comportato l’introduzione della sharia?
Ha spaventato molto i cristiani, ma non solo. Anche i musulmani moderati hanno paura degli estremisti, soprattutto per la condizione delle donne. Pochi giorni fa lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante ha diffuso una nota in arabo dove si precisa che «è vietato alle ragazze e alle donne portare i jeans e i pantaloni. Sono obbligate a vestire l’abito islamico», «è vietato truccarsi», «è vietato fumare sigarette o il narghilè a partire dal 15 novembre» e «tutte le persone che nomineranno il nome “Esercito islamico dell’Iraq e del Levante” riceveranno 70 frustate». Dopo aver letto queste cose, è possibile che l’Occidente non prenda coscienza dei misfatti della sua politica anticristiana? Se non la finisce di voltarci le spalle, che speranze ci saranno per il nostro mondo?

Avete ancora speranza?
Malgrado tutto noi crediamo che Dio, che ci ha fatti nascere su questa terra, voglia che noi continuiamo a testimoniare la fede dei nostri antenati, che risale ai primi cristiani. Le radici del cristianesimo sono casa nostra: la conversione di san Paolo sulla via di Damasco, l’inizio della vita monastica con Simeone Stilita il Vecchio, il villaggio cristiano di Maloula dove gli abitanti parlano ancora l’aramaico e pregano il Padre Nostro come l’ha pregato Gesù. Non si può nascondere che l’origine della cultura occidentale è cominciata in Oriente. Vorrei fare ancora un appello.

Prego.
Noi speriamo che i cristiani d’Italia siano solidali con i loro fratelli d’Oriente attraverso la preghiera, l’aiuto finanziario e soprattutto spingendo la politica italiana a sopprimere le sanzioni che colpiscono il popolo siriano e non toccano il regime. L’unico risultato è che il popolo diventa sempre più misero nel suo stesso paese.

http://www.tempi.it/il-cibo-che-manca-le-minacce-ai-cristiani-l-imposizione-della-sharia-drammatica-testimonianza-da-aleppo-siria


VICARIATO APOSTOLICO IN FESTA!



Tutta la Chiesa Latina del Vicariato Apostolico di Aleppo dei Latini è in festa per il dono che il Santo Padre, Papa Francesco, le ha fatto con la nomina del Rev.mo Padre Giorgio ABOU KAZEN, ofm, come Suo Vicario ad Aleppo e nuovo Vescovo.
Padre Giorgio e' stato chiamato dal Santo Padre a reggere il Vicariato Apostolico di Aleppo come Amministratore Apostolico, fin dal giorno 15 aprile di quest'anno, quando il Santo Padre accettò la rinuncia di Mons. Giuseppe  Nazzaro, ofm, che aveva chiesto di essere sollevato dall'incarico per motivi di salute e per sopraggiungenti limiti di età.
"Noi facciamo i nostri più fervidi auguri al neo Vescovo augurandogli, nonostante la situazione in cui vive la Siria oggi, un apostolato sempre più fecondo. Conosciamo tutti le sue qualità di Pastore prudente e saggio fin da  quando era Parroco della Comunità Latina di Aleppo e Vicario Delegato Generale di Mons. Nazzaro. Si è sempre distinto per la sua prudenza ed oculatezza nel valutare i problemi. E' sempre stato vicino a chi soffre fisicamente, moralmente e materialmente. Tutta la Chiesa di Aleppo ha accolto la sua nomina con entusiasmo e stima.
Chiediamo al Santo Padre che sia Egli ad ordinarlo Vescovo e Mons. Giuseppe Nazzaro sia uno dei due Vescovi con-consacranti. 
Santità, grazie per il dono che ci ha fatto dandoci Padre Giorgio per Vescovo; ci faccia questo dono che Le abbiamo appena espresso.  Grazie Santità, sappiamo che Lei sa accogliere l'umile richiesta dei Suoi figli". 

 
L'Osservatore di Aleppo    



AGGIORNAMENTO - 6 NOVEMBRE 13- POMERIGGIO: PANICO AD ALEPPO
Centrale termoelettrica ad Aleppo in grave pericolo


Un' altra catastrofe climatica e chimica  minaccia Aleppo. I militanti dello "Stato di Iraq e Levante" hanno occupato la Stazione d'elettricità a Harrarieh 
 (25 Km est di Aleppo), hanno dinamitato la centrale che produce gas di cloro per farla saltare et propagare  cloro e gas, allo scopo di colpire i civili e tagliare completamente l'acqua et l'elettricità. Nella Stazione vi è un grande serbatoio di idrogeno in raffreddamento.
 Grande panico regna ad Aleppo. 


lunedì 4 novembre 2013

Rischia di naufragare ancora la Conferenza di pace 'Ginevra 2' sulla Siria


Preparazione alla conferenza di pace 'Ginevra 2' a forza di bombe


La Perfetta Letizia - 26/10/13

di Patrizio Ricci

Gli incontri preparatori della Conferenza di Pace ‘Ginevra 2’ sono finalmente iniziati, ma non con buoni auspici. Il terreno dove ci si muove è contraddistinto dall’ambiguità e la trattativa nasce malata: non è stata preparata da paesi neutrali ma dagli ‘amici della Siria’, rappresentati principalmente da USA, Francia, Gran Bretagna e Arabia Saudita, cioè gli acerrimi nemici di Assad. Sono proprio gli stessi paesi che hanno espulso gli ambasciatori siriani dal loro territorio e messo fuori gioco la diplomazia. Sono gli stessi che hanno messo in atto un rigido embargo (che ha colpito soprattutto la popolazione civile) e che solo il mese scorso erano concordi nello sferrare una campagna di bombardamenti contro Damasco. Ma tant’è, è ‘il miracolo senza miracolo’ del machiavellismo: la Conferenza non era prevista ed è stata decisa solo dopo che USA e Russia (principali attori di questo conflitto) hanno trovato un accordo sulle armi chimiche e più in generale sul destino della Siria.

E’ così che l’eterogenea opposizione armata si è sentita presa in giro: nessuno ha gradito la mancata spallata finale ad Assad e dopo più di 2 anni di guerra c’è da scommettere che ognuno si aspetta la sua fetta di potere (e per questo è necessario che la pace naufraghi). Ma in che modo realizzare un simile obiettivo? Il Consiglio Nazionale Siriano ha subordinato la sua partecipazione all’accettazione di condizioni insostenibili: la prima è essere riconosciuto come l’unico vero rappresentante del popolo siriano e la seconda l’ immediata dimissione di Assad. Entrambe le condizioni di fatto bloccano la trattativa: con chi si dovrebbe dialogare se Assad si dimette e come pretendere di essere l’unico interlocutore rappresentativo del popolo siriano? E’ evidente che solo la minaccia concreta di interruzione del flusso di armi possa far recedere il CNS dal porre simili precondizioni. Però questo non è possibile, attualmente americani e sauditi sono in forte disaccordo: dopo il ridimensionamento dell’aiuto americano ai ribelli, Riyadh ha riempito il vuoto e si è impegnata più che mai ad appoggiare soprattutto la componente jihadista.

Non sappiamo come andrà a finire: gli interessi reciproci si fondono con le bombe e i morti sul terreno e frenano l’attività diplomatica. Comunque i ministri degli esteri del gruppo ‘London 11’, ovvero i membri del gruppo ‘amici della Siria (compreso il nostro ministro degli Esteri Emma Bonino), stanno facendo pressione sull’opposizione armata perché accetti la Conferenza. E considerando da che posizioni si era partiti, è un mezzo successo che il Consiglio Nazionale Siriano abbia rimandato ai primi di novembre ogni decisione in merito ad una sua partecipazione.

Quindi, il maggior ostacolo alla pace (dopo la frenata della Turchia preoccupata per le proteste interne ed il dilagare di al-Qaeda lungo i propri confini) è oggi l’attivismo dell’Arabia Saudita. Riyadh ha mal digerito il dietro-front americano e l’accordo con la Russia (ricorderete che era pronta a pagare tutte le spese dei bombardamenti e che ha cercato di lusingarla con tutti i mezzi), perciò anche dopo la svolta prudenziale americana sembra aver deciso di procedere da sola. Grazie all’appoggio saudita gli jadisti hanno preso ormai il sopravvento sulle altre formazioni moderate e sono frequenti gli scontri per contendersi il territorio. I movimenti islamisti si sono unificati sotto un’unica bandiera, quella dell’Esercito Islamico. Per l’esperto statunitense Philipe Graver “questa formazione è il più grande export dell’Arabia Saudita”.

Oltre ad alimentare la guerriglia con armi pesanti e con sistemi d’arma altamente tecnologici, l’Arabia Saudita ha utilizzato i mesi estivi per organizzare una forza di 40.000 uomini appartenenti ad al-Qaeda nella località siro-libanese di Arasal, città di confine nella regione Qalamoun. La battaglia, imminente, sarà decisiva per il controllo della zona costiera e delle principali vie di comunicazione.

Sotto questa regia, non stupisce che quando un nuovo tentativo di pace sta per essere messo in atto è riscontrabile dalla cronaca il moltiplicarsi di azioni terroristiche indiscriminate. Si tratta di azioni realmente criminali che colpiscono soprattutto la popolazione civile, colpevole di non ribellarsi ad Assad, perciò, secondo i ribelli, responsabile di sostenerlo. Ne consegue che qualunque opera, fabbrica o infrastruttura civile fuori dalla linea di demarcazione delle zone conquistate diventa automaticamente obiettivo ‘legittimo’. Per punire la popolazione civile ogni giorno inoltre i colpi di mortaio mietono vittime nei quartieri di Damasco: sono ordigni buttati alla cieca, con il solo scopo di uccidere. Solo ieri i lanci di mortaio dei ribelli sul quartiere Kassaa a Damasco hanno causato 5 morti e 20 feriti; tra le vittime il formatore del coro parrocchiale Farah Shadi Shahoub, colpito mentre si recava alla chiesa parrocchiale per addestrare i bambini del coro.

Gli attentati non avvengono solo a Damasco, ma in tutto il paese: ad Hama un attentatore suicida si è lanciato in mezzo al traffico cittadino nell’ora di punta uccidendo 37 persone e provocando decine di feriti. Nelle località conquistate le formazioni jihadiste di Jabhat al-Nusrah impongono la Sharia a gente che non aveva mai conosciuto prima il fondamentalismo religioso. Il villaggio cristiano di Maloula ed i villaggi limitrofi sono stati attaccati e le chiese devastate nonostante non esistano presidi militari. Nel villaggio numerosi civili sono stati uccisi perché non hanno accettato di rinnegare la propria fede e non hanno abbracciato l’islam. Quest’attacco è stato eseguito dall’esercito libero siriano (che si definisce laico e moderato) congiuntamente ai qaedisti di Jabhat al- Nusra. Frequenti anche i sabotaggi senza alcuna valenza strategica: ieri è stata fatta saltare la centrale del gas di Damasco indispensabile per la vita della popolazione.

I rapimenti a scopo di estorsione, gli omicidi settari verso le minoranze, la rivendita dei macchinari sottratti nelle fabbriche in Turchia sono la consuetudine. Questi atti terroristici sono compiuti da coloro che si candidano a succedere ad Assad: nonostante gli organi d’informazione inopinatamente usino questo termine ancora virgolettato, tali azioni sono sanzionate dalla Convenzione di Ginevra come atti terroristici.

E’ una situazione complessa, sintomo di una prassi consolidata che non tiene conto più delle aspirazioni dei popoli ma solo degli interessi dei paesi ricchi. Far affari commerciali e impantanarsi in rapporti poco chiari che prima o poi impediranno di agire correttamente sembra aver sostituito ogni altra considerazione etica. I ‘valori’ che diciamo di avere e sostenere possono conciliarsi con questa prassi? Sono domande che occorre farsi: che tipo di benessere stiamo perseguendo e a che prezzo? Sembra proprio che ci sia un solo elemento unificatore e un solo valore in cui l’occidente crede: il danaro e gli affari. Come altrimenti fingere di credere che l’Arabia Saudita, uno dei regimi più dispotici del mondo, si faccia portatore delle istanze di libertà dei popoli?

http://www.laperfettaletizia.com/2013/10/incontri-preparativi-alla-conferenza-di.html


L'opposizione vuole l'eliminazione politica di Assad, ma è divisa al suo interno. Le condizioni poste dalla Santa Sede per un'efficace Conferenza di pace.




ASIA NEWS 22/10/2013 

  I destini della Ginevra 2, la Conferenza di pace sulla Siria che dovrebbe tenersi verso la fine di novembre, rischiano di naufragare per le resistenze che pongono i ribelli e lo stesso Assad.
Diversi gruppi di oppositori vogliono boicottare i dialoghi perché esigono che le conclusioni prevedano l'uscita di Bashar Assad dalla scena del potere.
Da parte sua Damasco non accetta tale precondizione e lo stesso Assad, in un'intervista alla televisione  libanese Al-Mayadeen ha detto che non vede "nessuna ragione" per non presentarsi alle prossime elezioni e magari essere rieletto.
Egli ha anche accusato l'opposizione di essere estranea agli interessi del popolo siriano.
"Quali forze vi prendono parte - si è domandato - quale relazione queste forze hanno con il popolo siriano? Rappresentano il popolo siriano o rappresentano gli Stati che li hanno inventati?".
In effetti l'opposizione è formata da tanti gruppi, solo in parte costituita da siriani. Oltre al Free Syrian Army, formato da soldati disertori dell'esercito di Assad, vi sono gruppi di jihadisti prevenienti da decine di nazioni islamiche (Cecenia, Tunisia, Libia, Egitto, Arabia saudita, Malaysia, Indonesia, Sudan...). A questi si aggiunge il Consiglio nazionale siriano formato da esuli siriani, sostenuti da potenze europee e medio-orientali. Tutti loro sono in lotta fra loro per chi deve rappresentare l'opposizione ai dialoghi. In più, sul terreno siriano, vi sono combattimenti fra l'opposizione "laica" del Free Syrian Army e quella radicale islamica costituita da gruppi legati ad Al Qaeda. Questi, nelle zone sotto il loro controllo impongono leggi islamiche e duri trattamenti per le minoranze cristiane e sciite (o alauite). I gruppi radicali preferiscono la guerra santa alla Conferenza di pace. Nei giorni scorsi anche il Consiglio nazionale siriano si è mostrato perplesso sulla propria partecipazione.
In questi giorni, ministri di 11 nazioni degli "Amici della Siria" (Stati Uniti, Gran Bretagna, Egitto, Francia, Germania, Italia, Giordania, Qatar, Arabia saudita, Turchia, Emirati arabi) si stanno incontrando a Londra  per convincere gli oppositori di Assad a partecipare uniti alla conferenza che essi vedono come una transizione politica oltre il regime di Assad.

Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon è fra i più forti sostenitori della Conferenza di pace. Anche la Santa Sede desidera un incontro che raduni tutti gli interlocutori  locali, regionali e internazionali implicati nel conflitto siriano, senza alcun veto o esclusione. Lo scorso 6 settembre, mons. Dominique Mamberti, segretario per i rapporti con gli Stati, incontrando il corpo diplomatico presso la Santa Sede ha precisato alcune condizioni previe per il futuro della Siria: garantire l'unità del Paese; il rispetto delle minoranze (anche cristiane); piena cittadinanza a tutti i siriani, di qualunque religione; libertà di religione garantita; separazione dell'opposizione dall'estremismo islamico.

http://www.asianews.it/notizie-it/Rischia-di-naufragare-ancora-la-Conferenza-di-pace-sulla-Siria-29337.html

sabato 2 novembre 2013

Così l’Islam ha invaso l’Europa


Gli eventi drammatici della Siria, dopo quelli dell’Egitto e della Libia, offrono l’occasione per alcune considerazioni che vanno al di là dell’aspetto geo-politico del conflitto. 

RC n. 88 - Ottobre 2013
di Roberto de Mattei

Gli eventi drammatici della Siria, dopo quelli dell’Egitto e della Libia, offrono l’occasione per alcune considerazioni che vanno al di là dell’aspetto geo-politico del conflitto. Ciò che sullo sfondo soggiace è, viva e bruciante più che mai, la questione islamica. Una questione che riguarda non solo l’Asia e l’Africa, ma soprattutto l’Europa.

La conquista demografica e territoriale del nostro Continente da parte dell’Islam non accenna infatti a diminuire. I numeri delle statistiche sono più eloquenti delle parole. Secondo l’ultimo rapporto del Pew Research Center, l’Islam conta oggi in Europa 43 milioni e 490.000 seguaci. Il tasso d’incremento della popolazione musulmana risulta abbondantemente superiore al resto della popolazione europea e mondiale. Secondo l’istituto di ricerca, se il livello di crescita resterà inalterato, i musulmani rappresenteranno il 26,4 per cento della popolazione mondiale nell’anno 2030 calcolata in 8,3 miliardi. 
Ma ciò che colpisce di più è il numero delle Moschee e dei minareti, che spesso rimpiazzano luoghi di culto cattolici. Il numero dei musulmani praticanti è certamente inferiore a quello di coloro che non seguono alla lettera la legge del Corano, ma è comunque, in proporzione, più alto di quello dei praticanti cattolici. Gli immigrati di seconda o terza generazione smettono spesso di praticare la loro religione, ma non rinunciano alle loro radici identitarie. Sul piano sociologico l’Islam resta per essi un richiamo ben più forte di quanto non sia il Cristianesimo per gli occidentali. D’altra parte, mentre i governanti occidentali hanno imboccato la strada di un laicismo che si oppone frontalmente alla tradizione cristiana delle nostre Nazioni, l’OCI, l’Organizzazione della Conferenza Islamica, che raccoglie 57 Paesi di religione musulmana, uniti dalla consapevolezza di appartenere ad un’unica comunità di credenti, promuove con tutti i mezzi l’identità islamica in Occidente. 

Lo scorso anno Soeren Kern, senior fellow del Gruppo di Studi Strategici per le Relazioni Transatlantiche di Madrid, ha pubblicato cifre impressionanti, documentando la trasformazione di luoghi di culto cristiani abbandonati in tutto il centro e nord d’Europa. In Inghilterra diecimila chiese sono state chiuse dal 1960, fra cui 8.000 chiese metodiste e 1.700 anglicane. Nel 2020 se ne prevede la chiusura di altre 4.000, mentre dall’altra parte ci sono 1.700 moschee molte delle quali in ex-chiese, 2.000 sale di preghiera e innumerevoli garages o magazzini trasformati in moschea.  Secondo i dati del Religious Trends nel Regno Unito, il numero dei frequentatori di chiese sta diminuendo a tale velocità che entro una generazione sarà tre volte inferiore a quello dei musulmani che vanno in moschea.

 In Germania la popolazione musulmana è aumentata da 50mila persone nei primi anni Ottanta a 4 milioni ed esistono circa 2.600 tra moschee e sale di preghiera. Invece 400 chiese cattoliche e 100 protestanti sono state chiuse. Non contenta delle moschee che proliferano sul suo territorio, la Germania vorrebbe imporle in Grecia, dove spinge per la costruzione di una mega-moschea ad Atene, a spese dello Stato. Finora però sono già andati a vuoto i tentativi di trovare una compagnia edilizia che si assuma l’incarico di costruire il tempio islamico, per il timore di minacce e intimidazioni da parte di gruppi identitari o di semplici cittadini residenti del quartiere ateniese di Votanikos, dove la moschea dovrebbe sorgere. 
Anche in Francia si costruisce un numero maggiore di moschee che di chiese cattoliche e ci sono più praticanti musulmani che cattolici. Il numero delle moschee e dei luoghi di culto è raddoppiato negli ultimi dieci anni superando le 2.000 unità, mentre la Chiesa cattolica continua a chiudere i suoi edifici sacri. 
Urfa (Turchia): la chiesa armena oggi

Intanto in Turchia prendono sempre più consistenza le voci sulla futura trasformazione della cattedrale di Santa Sofia di Istanbul, oggi museo, in moschea. Lo storico tempio della cristianità era stato già trasformato in moschea dopo la caduta di Costantinopoli (1453), ma con l’avvento della Repubblica Turca nel 1923 è divenuto un museo. Altre due ex-chiese, anch’esse dedicate a Santa Sofia, quella di Nicea (Iznik), sede del primo concilio ecumenico, e quella di Trabzon, sono già state di recente trasformate da musei in moschee.

La proliferazione delle moschee si accompagna all’espansione della finanza islamica in Occidente. Non a caso i fondatori delle banche islamiche sono teorici della conquista musulmana dell’Europa: Abul A’la Mawdudi (1903-1979) e Sayyed Qutb (1906-1966), ideologi dei Fratelli Musulmani.  Un recente rapporto della Banca Centrale Europea calcola che il valore internazionale degli asset gestiti con criteri finanziari islamici è passato dai 150 miliardi di dollari della metà degli anni ’90, a oltre 1.600 miliardi di fine 2012, con previsione di superare i 2.000 quest’anno. Nell’Unione europea, secondo la Bce, «la finanza islamica è ancora allo stato embrionale, ma una serie di fattori ne fanno immaginare un ulteriore sviluppo».
 
Alla testa di questo sviluppo sono l’Inghilterra, il primo Paese che ha permesso l’attività delle banche islamiche sul proprio territorio, la Germania, che partecipa all’industria finanziaria islamica in mezzo mondo, la Francia che, secondo la BCE, ha “dato un forte supporto” al processo di espansione, ma anche l’Italia dove la finanza islamica ha conosciuto una rapida ascesa. Gli esperti prevedono che le banche islamiche residenti in Italia raggiungeranno presto depositi  per 5,8 miliardi a fronte di ricavi previsti per 218,6 milioni nel 2015.   

Ma ciò che è più grave, in questa situazione, è il fatto che i governanti occidentali continuino ad appoggiare l’Islam fondamentalista, malgrado l’esito disastroso delle politiche finora attuate in Medio Oriente, soprattutto in occasione della cosiddetta “Primavera araba”. In quell’occasione gli Stati Uniti e l’Europa erano convinti che si potesse passare in maniera indolore dai regimi dittatoriali alla democrazia, e che ciò potesse avvenire con l’appoggio dei Fratelli Musulmani. Il risultato è stato l’ascesa dell’Islam radicale e l’esplosione di sanguinose divisioni interne al mondo musulmano. Oggi l’illusione di servirsi dei gruppi fondamentalisti per instaurare la democrazia continua e il presidente americano Barack Hussein Obama rappresenta il campione di questa politica, fondata sulla misconoscenza dell’Islam e su una visione distorta della democrazia.

In Siria, Obama si è schierato dalla parte dei fondamentalisti islamici, che comprendono i militanti musulmani europei di Jabhat Al Nusra (Fronte della vittoria), lo stesso gruppo che tre mesi fa ha esibito davanti alle telecamere le teste mozzate di tre “nemici dell’islam”, al grido di «Allah è grande». Il presidente Bashar el Assad, ritenuto affidabile dall’Occidente quando minacciava i cristiani maroniti, oggi che combatte contro i qaedisti, viene presentato come un mostro. Allo stesso modo, le Forze armate egiziane sarebbero state dalla parte della «democrazia» quando costrinsero Mubarak a dimettersi, mentre quando hanno costretto alle dimissioni Morsi si sarebbero schierate con la «dittatura». 

La confusione regna ed è peggiore del sangue che scorre. Criticare l’uso delle armi non è sufficiente. Bisognerebbe che, sull’esempio di San Francesco, che partì per l’Oriente per convertire il Sultano alla vera Fede, si levasse anche oggi una parola chiara, per ricordare l’incompatibilità tra l’Islam e il Cristianesimo e la necessità di un autentico confronto tra le due religioni. Ma la parola “conversione” ha ancora un senso per i cristiani?

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