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sabato 12 ottobre 2013

Una risposta adeguata alla crisi siriana

Il contributo del responsabile della rete internazionale di giuristi “Comunione e Diritto” per una lettura della questione della guerra in Siria e il compito dell’Europa



05-09-2013  di Gianni Caso
fonte: Città Nuova


Abbiamo seguito in questi giorni le notizie riguardanti l’eventuale azione militare americana e inglese nei confronti della Siria di Assad. Sulla stampa si sono fatte tante ipotesi sullo scopo e il significato di tale azione e sulle possibili conseguenze. Al momento, il presidente Obama ha sospeso l’azione richiedendo l’assenso del Congresso. Analoga cosa è avvenuta in Inghilterra, dove il gabinetto Cameron si è sottomesso alla decisione della Camera dei Comuni. Ritengo che tutto ciò sia positivo e l’avere sospeso l’intervento militare sia stata una prova di saggezza.

Tuttavia rimane il problema dell’atteggiamento dell’Occidente – intendendo per Occidente in senso stretto l’Europa e gli Stati Uniti – di fronte al mondo islamico.
Qui, a mio avviso, alcuni princìpi, che sono anzitutto princìpi ideali e di giustizia prima che di diritto internazionale, devono imporsi agli Stati occidentali (compresi quelli dell’Europa orientale). Il primo principio è la non interferenza negli affari interni degli Stati. Può fare eccezione solo l’intervento chiaramente umanitario, ma sotto l’egida delle Nazioni Unite. Riguardo alla non interferenza bisogna purtroppo rilevare che ad essa non sembrano attenersi neppure gli Stati arabi, se è vero, come sembra, che alla crisi siriana non siano estranei altri Paesi e gruppi arabi.

Un secondo principio che dovrebbe ispirare i rapporti tra gli Stati è la difesa della libertà propria ove questa sia minacciata dall’esterno. La difesa della propria libertà è un sacrosanto dovere e diritto. Questo principio, però, non può essere interpretato nel senso di imporre con la forza la libertà negli Stati ove non ci sia, almeno nel senso che noi occidentali abbiamo della libertà. Fa eccezione, come detto, l’intervento umanitario. Esiste, poi, già il principio nella Carta dell’Onu del divieto di risolvere con la guerra le controversie internazionali.

Venendo a considerare più in concreto il rapporto tra mondo occidentale e mondo islamico, anche qui occorre una dottrina chiara. Questo rapporto riguarda due aspetti: a) le divisioni e le lotte all’interno del mondo islamico; b) il confronto tra l’Occidente e l’Islam.
Quanto al primo aspetto, bisogna accettare che il mondo islamico ha la sua storia e ha diritto di continuare a costruirsi la sua storia. È vero, ci sono all’interno del mondo islamico divisioni e guerre religiose; ma anche la cristianità ha avuto le sue guerre di religione (che, però, sia per gli uni che per gli altri, a ben vedere, sono guerre politiche, ossia legate al potere).
Quanto al secondo aspetto, penso che il confronto tra Occidente e Islam debba avvenire sul piano della civiltà e della cultura. E, in questo confronto, ciò che si richiede all’Occidente (Europa, compresa quella slava, e Nord America) è recuperare la propria civiltà e la propria cultura, che sono quelle della cristianità.

Si afferma che, nell’epoca della secolarizzazione che stiamo vivendo, la cristianità attraversa una grave crisi, per cui non si può più parlare di Occidente cristiano. Ciò nonostante, penso che la sfida per l’Occidente sia proprio questa. Anzitutto, la cristianità deve risolvere i problemi che sono al suo interno in una duplice direzione: a) superare la divisione tra le Chiese, iniziando subito con l’unità tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. Questa unità darebbe alla cristianità, e quindi all’Occidente, la possibilità di presentare all’Islam i propri valori di cultura e di civiltà, inducendo il mondo islamico a fare altrettanto. A questo riguardo, bisogna rilevare quanto sia grave, pericoloso, e non assolutamente accettabile e giustificabile, un rivivere della rivalità tra America e Russia proprio nell’atteggiamento di fronte al mondo islamico.
Ed ecco una ragione in più per l’unità tra cattolici e ortodossi; b) riscoprire e proporre una fede cristiana che risponda ai bisogni dell’uomo e dell’umanità di oggi; che ritrovi l’uomo, al cui servizio deve porsi. Un cristianesimo, quindi, nuovo che recuperi e attualizzi le ragioni del primo annuncio.
Sono stato questa estate in visita al santuario della Madonna di Monte Lussari, posto sui confini tra Italia, Austria e Slovenia. Esso è meta continua di pellegrinaggi delle popolazioni latine, slave e germaniche, ed è diventato simbolo dell’unità dei popoli latini, germanici e slavi, che hanno costruito l’Europa e la cultura europea. Che possa aiutare a costruire l’unità politica dell’Europa.

http://www.cittanuova.it/c/431044/Una_risposta_adeguata_alla_crisi_siriana.html

Siria, una chance (subito) per la pace


Terrasanta.net - di Giuseppe Caffulli

Il clima a Damasco, dopo il raggiungimento dell’accordo tra Usa e Russia e l’accettazione da parte di  Bashar al Assad del piano sulla distruzione delle armi chimiche, sembra essere più sereno. Ma lo spettro di un intervento armato (nel caso di mancato rispetto degli accordi da parte del regime siriano) non è affatto scongiurato.

Nel frattempo, come rivela il Washington Post, gli Usa hanno iniziato a rifornire di armi i ribelli. La Russia, da parte sua, da sempre sostenitrice di Damasco, non ha nascosto i dubbi circa l’esito del rapporto degli ispettori Onu sull’uso di armi chimiche in Siria (il testo è stato presentato il 16 settembre scorso). Per Mosca le «prove inequivocabili» a carico di Assad altro non sarebbero altro che indizi parziali e deduzioni viziate da pregiudizi politici.

Nel mezzo della tragedia siriana, tra ipocrisie e menzogne, a preoccupare sempre più è la marea di rifugiati interni e profughi, mentre il Paese è allo stremo: mancano in molte zone generi di prima necessità e medicine. Ovunque morti (ormai centomila) e centinaia di migliaia di feriti (in gran parte civili) in una guerra che dura ormai da due anni e mezzo. E della quale, ad oggi, non si vede la fine.

Può essere un intervento contro Assad (con il rischio di rafforzare le frange dell'Islam qaedista che controllano zone del Paese, e il cui integralismo religioso preoccupa fortemente le comunità cristiane siriane) a risolvere la situazione? Può essere viceversa il sostegno alla galassia delle fazioni anti-Assad, spesso in contrapposizione tra loro e con progetti politici diametralmente opposti?

O non è proprio questo il momento di giocare con più forza l’arma della politica e della diplomazia, agendo sugli attori regionali (Iran, Turchia, Arabia Saudita, Qatar) in campo su fronti opposti, per trovare rapidamente una via d’uscita? Solo il dialogo e la trattativa (come ha ribadito Papa Francesco) «rispettando giustizia e dignità soprattutto per i più deboli», può fornire una qualche soluzione.

Nell’imminenza del paventato attacco Usa su Damasco, gli operatori umanitari si erano trovati a fronteggiare un nuovo, massiccio flusso di profughi verso la Giordania, il Libano e il Kurdistan iracheno.
Se non sarà data una nuova possibilità alla pace, il baratro nel quale sembra essere precipitata la Siria potrebbe farsi ancora più profondo.

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo-rivista.jsp?wi_number=5454&wi_codseq=TS1305

giovedì 10 ottobre 2013

Tra terra e Cielo/ Dipingo la speranza che sovrasta la Siria e il nostro cuore


Milano

INT.
Pier Luca Bencini

giovedì 10 ottobre 2013

“Tra terra e cielo” è il nome della mostra del dottor Pier Luca Bencini, i cui ricavati saranno destinati alle vittime della guerra civile in Siria. L’esposizione avrà luogo nello spazio espositivo Pwc (Price WaterHouse) di Milano in via Monterosa, 91 dal 10 Ottobre al 2 Novembre. L’autore delle tele che verranno esposte è un medico chirurgo e dermatologo, appassionato d’ arte fin dall’età di 15 anni, che dopo  essere venuto in contatto con le monache trappiste del monastero di Valserena, decide di iniziare un rapporto rivolto alla solidarietà. “La situazione siriana non deve essere considerato altro dal nostro essere umani. La condizione dell’uomo è la medesima in qualsivoglia parte del mondo.” A pochi giorni dall’esposizione abbiamo deciso di intervistare l’autore dei dipinti per capire meglio da dove parte l’idea della Mostra e per conoscere la persona di Pier Luca Bencini.

Quale è stata l’esperienza che l’ha spinta ad organizzare questa mostra per contribuire attivamente all’opera delle monache in Siria? Conoscendo le suore trappiste ho avuto modo di constatare il loro impegno sul campo in luoghi come l’Angola e la Siria. Questa loro forza mi ha spinto ad agire al loro fianco. L’idea delle esposizioni è nata dalla badessa per un primo progetto dedicato all’Angola, e ho accettato nell’ottica di dare una risposta interiore data dal bisogno di essere in qualche modo compagnia e fraternità là dove gli amici che hai incontratp nella strada della tua vita testimoniano Cristo nelle difficoltà. L’arte, in fondo, è un raccontare la tensione ultima del desiderio, nasce quindi come un dono e non può non donarsi, se non altro come dimensione del cuore.

Come è venuto in contatto con queste suore? Grazie ad una mia amica dei tempi del Liceo che entrò monaca nella comunità di Valserena. Dopo oltre 40 anni, andando a visitare il monastero, mentre ero in vacanza, ci siamo incontrati. Da qui è iniziata questa amicizia, che (come sempre accade quando prendi sul serio gli incontri) ha chiesto una responsabilità che non poteva essere elusa.

Cosa ne pensa del conflitto siriano? Premetto: questa mostra non è un momento di analisi sul conflitto ma un momento di risposta a un bisogno che implica silenzio e ascolto, essere prossimi a quelle vittime sia cristiane che musulmane. Ognuno parla di democrazia pace e giustizia ma a farne le spese sono le minoranze e la popolazione. Io rispondo all’appello del Papa, basta con le armi: esistono delle possibilità di soluzione non violenta. Ognuna delle due parti in conflitto ha delle responsabilità.

Quali sono le principali emergenze sul suolo siriano?
Sono molte, le stime Onu sono impressionanti. Vittime e persone scomparse a parte (che sono molte migliaia) il numero degli sfollati e di nuovi poveri è impressionate. I generi alimentari essenziali soprattutto pane sono sempre più rari ed hanno costi proibitivi anche a causa dell’embargo vigente. Anche dal punto di vista sanitario la situazione è precaria a causa del diffondersi di focolai di epidemie, epatite in primis.

Come verranno impiegati i fondi della mostra?
L’intero ricavato andrà ai bisognosi siriani poiché alcuni sponsor copriranno le spese della mostra. Per evitare che il denaro si disperda in tanti rivoli, ho deciso di consegnare il ricavato alla diocesi di Aleppo tramite il vicario apostolico Monsignor Giuseppe Nazzaro.

C’è qualche opera in particolare che è risultato di una sensazione su questo conflitto?
È una mostra di orizzonti e paesaggi che mette in evidenza la drammaticità del conflitto nell’incontro tra cielo e terra. Il cuore della mostra è l’orizzonte che simboleggia la dignità e il destino dell’uomo. Noi poniamo lo sguardo verso ciò a cui tendiamo,  verso l’origine e la risposta al nostro desiderio, cioè verso il nostro significato. L’ascolto onesto di questa tensione al senso ultimo dell’essere umano è la base per costruire un mondo nuovo.

Cosa rappresenta per lei l’arte?
Io dipingo da quando avevo 15 anni. Ho incontrato pittori importanti come William Congdon, un allievo di Pollock convertito al cristianesimo. L’arte per me è un modo di vedere attraverso il reale il mistero che è oltre e che la parola, troppo legata alla logicità spesso non è in grado di raccontare. Come dice Dante in molti passi della Sua commedia è impossibile raccontare alcune percezioni, quando si arriva a contemplare l’origine dei nostri desideri («Perché appressando sé al suo disire, nostro intelletto si sprofonda tanto, che dietro la memoria non può ire»)  Anche San Tommaso smise di scrivere quando andò in estasi dopo aver vissuto qualcosa di indescrivibile. Quindi per dirla con il grande pittore Paul Klee: «L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è».

“Oltre il paesaggio ritrovato” è il nome della sua mostra dello scorso anno che ha portato a un ricavato che non si aspettava...
Esattamente, era stata ideata per dare un sostegno  alle suore trappiste di Valserena che operano in Angola . Abbiamo venduto più dell’80% dei quadri esposti.

È da molto che è impegnato nelle operazioni di Fund Raising a beneficio dei più bisognosi?
È difficile delineare un inizio o un confine. Questa idea nasce da incontri e da esperienze che mi hanno portato ad essere prossimo ad alcune realtà come quelle in cui le suore trappiste sono impegnate. Non la definerei beneficenza.

In che senso?
E’ più che altro un modo di essere quello di prendere parte a situazioni in cui la Chiesa è viva. Parte da una risposta a qualcosa che si presenta davanti a noi e che invita a interrogarsi sulla condizione dell’essere umano a prescindere dal contesto di appartenenza.

(Mattia Baglioni)

ilsussidiario.net - il quotidiano approfondito

mercoledì 9 ottobre 2013

Hollande al fianco dei cristiani siriani Defunti



La Bussola Quotidiana - 09-10-2013
di Gianandrea Gaiani 

Ci sono notizie che lasciano stupefatti e impongono di chiedersi se stiamo sognando o se ci stanno prendendo per i fondelli. Lunedì il presidente francese, François Hollande, ha «espresso preoccupazione per la sorte dei cristiani d'Oriente, in particolare in Siria, e ha dichiarato la volontà della Francia di stare al loro fianco». È quanto si legge in una nota diffusa dall'Eliseo al termine dell'incontro con il neo presidente della Conferenza episcopale francese, Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia.

Parole che destano sconcerto se si considera il supporto totale e incondizionato che Hollande ha fornito e continua a fornire ai ribelli siriani, per lo più gruppi salafiti, jihadisti, qaedisti ma anche “moderati” (ammesso che si possa essere islamisti e moderati) con qualche piccolo movimento di ispirazione laica ma ininfluente e che in ogni caso non si sono mai distinti nel preoccuparsi per la sorte dei cristiani. C’è da chiedersi se l’inquilino dell’Eliseo abbia avuto un momento di confusione mentale durante l’incontro con l’arcivescovo o se abbia deciso di prendere in giro tutti. Più probabile che le sue affermazioni siano frutto di quell’opportunismo dialettico che da semplice strumento sembra essere diventato l’unico contenuto della politica estera, non solo francese ma di tutta l’Europa.

Come si può essere preoccupati per la sorte dei cristiani d’Oriente ed essere a tempo stesso in prima linea a chiedere un’azione militare internazionale contro il regime di Bashar Assad? Certo il presidente siriano non è un santo ma ha sempre garantito e tutelato la multi confessionalità e i diritti di tutte le comunità etniche e religiose del suo Paese. Non è un caso che i cristiani lo sostengano, consapevoli che ogni alternativa all’attuale regime è uno Stato islamico nel quale non c’è posto non solo per i cristiani ma neppure per gli sciiti o i non-sunniti. Come può Hollande affermare di voler stare al fianco dei cristiani quando la Francia si fa dettare la politica estera da Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti ? Non certo esempi di democrazia o di rispetto dei diritti umani che con qualche decina di miliardi di euro di investimenti a Parigi e dintorni (anche in armi) si sono comprati l’appoggio militare e diplomatico, rilevante soprattutto all’Onu dove Parigi ha il diritto di veto, della Francia.
A dire il vero in questo scivolone vergognoso per la patria di “Liberté, Egalité, Fraternité” il presidente Hollande ha solo la colpa di aver continuato la politica del suo predecessore, quel Nicolas Sarkozy protagonista ed esecutore (per conto delle monarchie petrolifere del Golfo) della farsesca “rivoluzione” libica che ha portato jihadisti, criminali e terroristi a dividersi il Paese dominato da 42 anni dal regime di Muammar Gheddafi, dittatore certo ma che aveva sempre combattuto gli islamisti tutelando nel Paese la libertà di culto.
Come dimenticare poi l’imbarazzo dei servizi segreti francesi, raccontato dal giornale satirico Canard Enchainée, che durante l’intervento militare in Mali cercavano di spiegare a Monsieur le President che i suoi amici dell’emirato del Qatar armavano e finanziavano i qaedisti che avevano occupato il nord del Mali e puntavano a mettere le mani sulle miniere di uranio del Niger gestite dai francesi.
Nella nota dell’Eliseo, al termine dell’incontro tra Hollande e Georges Pontier, si legge che «questo primo incontro è stata l'occasione per uno scambio sui grandi temi della società, i rapporti tra Stato e religioni e la situazione internazionale». Il presidente socialista ha anche sottolineato l'importanza che attribuisce al «dialogo costante tra poteri pubblici e rappresentanti religiosi», ma probabilmente gli è sfuggito il fatto che buona parte dei civili in fuga dalla Siria e in rotta verso l’Europa sono cristiani accomunati ai copti egiziani e ai cristiani d’Iraq da una diaspora determinata, non dalla miseria e non tanto dalla guerra, ma dalle persecuzioni religiose. Una vera e propria pulizia etnica attuata dalle milizie sunnite di cui la Francia è complice consapevole.

L’Onu prevede che l’anno prossimo oltre quattro milioni di persone, tra sfollati e rifugiati, fuggiranno dalla guerra in Siria. circa 2 milioni diverranno profughi mentre 2,25 milioni saranno sfollati all'interno del Paese. Tra questi vi saranno altri cristiani perseguitati nelle zone “liberate” dai ribelli tanto cari a Hollande, fautore dell’iniziativa di armare i ribelli siriani senza armare i terroristi.
Peccato che i reporter dell’agenzia Reuters abbiano mostrato foto e video nei quali i ribelli “moderati” dell’Esercito Siriano Libero (Esl) rivendono per cifre considerevoli (10/15 mila dollari al pezzo) ai terroristi islamici legati ad Al Qaeda di Jabhat Al Nusra missili anticarro, antiaerei e armi di ogni tipo consegnate con il “placet” degli Occidentali, francesi in testa. Un traffico raccontato dal quotidiano libanese Daily Star citando fonti dell’Esl e giordane, certo ben informate considerato che molte armi sono giunte ai ribelli proprio attraverso Amman dove la Cia addestra i combattenti dell’Esl. In altri casi i qaedisti hanno sconfitto in battaglia i “moderati” strappando loro le armi più sofisticate ma in altri ancora intere brigate dell’Esl sono passate con armi e bagagli dalla parte degli islamisti nel neo costituito Esercito di Allah sponsorizzato da Riad.

Come ha ricordato ieri un articolo di Italia Oggi il 19 settembre Hollande aveva annunciato che «è giunto il momento di armare i ribelli in Siria, sarà un processo controllato perché non possiamo accettare che le armi finiscano nelle mani di jihadisti contro i quali combattiamo». Di questo passo, Monsieur le President, l’unico modo che avrà per stare vicino ai cristiani d’Oriente sarà andare al loro funerale.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-hollande-al-fiancodei-cristiani-sirianidefunti-7462.htm#.UlUQ_APMi3U.facebook

A UN ANNO DAL MARTIRIO DI PASCALE

Riproponiamo  la "Lettera Aperta al Presidente della Repubblica Francese e  al suo Ministro degli Affari Esteri" , apparsa su molti giornali francesi un anno fa, scritta dal padre di Pascale Zerez, una ragazza cristiana di 20 anni, sposata da soli 3 mesi e uccisa sul bus che la trasportava da Lattakia ad Aleppo nell' attacco delle bande dell'Armata Siriana Libera. 

ALEPPO,  Domenica 14 ottobre 2012

Lettera aperta al Presidente della Repubblica Francese e al Ministro degli Affari Esteri.

Signor Presidente della Repubblica Francese,
Signor Ministro degli Esteri,

Proprio come molti siriani, mi ritrovo padre di una vittima della guerra in atto nel nostro paese. Pascale aveva venti anni quando, il 9 ottobre, il bus pubblico su cui viaggiava è stato oggetto di un attacco in cui è morta, assassinata da una banda armata riconosciuta come parte dell'Esercito Siriano "Libero" a cui Lei dà supporto, incoraggiamento e che Lei alimenta fin dall'inizio del movimento.
Ragioni di Stato forse La spingono a prendere posizione a favore dell'Esercito Siriano "Free" (ASL)  ma non è certo nell’intento di liberare il popolo siriano dalla dittatura. L'attuale regime siriano e il suo apparato politico non è tenero, noi lo sappiamo bene e da molto tempo, ma le "bande" dell’ ASL associano ugualmente la brutalità alla arbitrarietà: il movimento porta con sé i semi di una nuova dittatura che sicuramente ci farà rimpiangere la precedente.
Sotto slogan generosi di libertà, di democrazia e di partecipazione al potere, Lei, con i suoi alleati, ha incoraggiato l'introduzione sul nostro territorio di gruppi estremisti salafiti, e altri elementi del movimento di Al Qaeda che vengono a uccidere e ad essere uccisi qui da noi, distruggendo ciò che possono sulla loro strada; perché dunque averceli inviati? Gli Occidentali non avrebbero avuto il coraggio di affrontarli essi stessi? Se il vostro obiettivo è quello di distruggere la Siria per proteggere Israele, credete veramente che ridurre il popolo siriano alla rovina e alla miseria potrà pacificare e dare sicurezza ad Israele?
I vostri predecessori, tra cui i rivoluzionari del 1789 hanno sempre fornito supporto e protezione per le minoranze cristiane in Siria e in Oriente. Oggi le vostre prese di posizione hanno l'effetto opposto e portano alla loro eliminazione. Credete che sradicare i cristiani porterà la civiltà?
E 'sorprendente come in breve tempo la politica francese sia riuscita a farci dubitare del significato della sua rivoluzione e il suo emblema: "Libertà, Uguaglianza, Fraternità"!
In Siria, la vostra politica nel senso della pratica del potere, ha introdotto l'arbitrarietà; così si può riassumere con un altro slogan: libertà e uguaglianza in Siria, mentre in Qatar oligarchia e privilegi. E circa la fraternità, che regnò da noi in mezzo alla gente, ecco che avete incoraggiato la guerra settaria, ignorando le palesi discriminazioni che vengono praticate in altri paesi arabi, tra cui l'Arabia Saudita.
Ci è stato detto che il cristianesimo non ha più gran credito nel Suo paese, ma al momento non si vede apparire una filosofia  più generosa e più evoluta di quella religione che ha costruito le cattedrali. In pochi mesi, Lei è arrivato con i suoi alleati a trasformare la fratellanza siriana musulmano-cristiana, che dobbiamo a queste due religioni, in una guerra quasi confessionale. E tuttavia, questo accordo religioso è la garanzia di un Islam tollerante che potrebbe diffondersi in tutto il mondo.
In cambio, la guerra che viviamo per volontà dell’ESL e dei suoi alleati sembra trasformare la  convivenza in ostilità, che si diffonderà in tutto il mondo con una maggiore rapidità rispetto al progetto. Può esserne certo: gli sconvolgimenti che ora viviamo noi, li verrete a vivere al più presto pure voi. Che cosa si sente echeggiare per le strade di Aleppo? "Dopo la Siria, l'Europa."
L'Islam moderato è molto fragile perché il Profeta mette in guardia i musulmani contro l'alleanza con i non-musulmani circa l’ opporsi ad altri musulmani. Lasciando proliferare l’Islam fondamentalista voi rendete ancora più fragili i musulmani moderati. Voi giocate anche contro di loro. Il fondamentalismo islamico ha sempre l'ultima parola, perché i moderati sono deboli e paralizzati dai versi del Corano nella lotta contro gli estremisti.
Il proverbio arabo dice: "Chi prepara un pasto velenoso è il primo a morire perché egli deve gustarlo". E il proverbio francese non dice forse "i guadagni illeciti alla fine non pagano mai"? Gli Stati Uniti hanno creato Bin Laden, ed hanno avuto l'11 settembre.
Naturalmente, ci sono molte ragioni che inviterebbero i cristiani siriani a prendere le distanze dal gruppo corrente del regime siriano; però vi posso dire che noi, cristiani siriani, non vediamo motivo di distruggere il nostro paese e uccidere i nostri bambini per passare da una corruzione ad un’ altra che sarebbe semplicemente per servire altrui interessi.
Meglio mantenere la politica che vogliamo, piuttosto che seguirne un’altra di cui non abbiamo il presentimento che sia molto migliore . La vostra politica non è altro che incoraggiare l'installazione di uno Stato confessionale in Siria attraverso l'adozione della legge islamica. Il Presidente Mursi, membro dei Fratelli Musulmani, come quelli che si delineano in Siria, non ha manifestato l'intenzione di imporre la "sharia" anche ai cristiani d'Egitto? Quando l’avremo a casa nostra, grazie a voi, non ci sarà che augurarla pure a voi e alle vostre donne.
Perché questa lettera aperta di un padre colpito in ciò che ha di più caro? E 'per esprimere un cuore ferito dal dolore o perchè questa sofferenza proclami ad alta voce ciò che un cuore tiepido e indifferente non è in grado di suggerire?
Signor Presidente della Repubblica Francese, Signor Ministro degli Affari Esteri, accettate che vi inviti a cambiare la vostra politica per adottarne una più coraggiosa e più virile,
Accettate che il mio invito sia una supplica, ma non rimanete più a lungo implorati. In nome della libertà e di ciò che ne resta, in nome dell'uguaglianza e di quello che se ne è fatto e il nome della fratellanza umana ridotta in briciole, io vi prego, con migliaia di famiglie, di smettere di sostenere e finanziare le bande armate che proclamano che il vostro turno verrà dopo il nostro.
Abbiate pietà delle famiglie ferite e disarmate, delle famiglie in lutto, delle famiglie che non hanno più tetto, di centinaia di migliaia di giovani che non hanno più speranza.
Avete visto come Aleppo, la città millenaria, è diventata una città fantasma? Potreste anche solo immaginare Parigi diventare una città fantasma, dove centinaia di migliaia di famiglie francesi vaghino in cerca di rifugio per evitare spari e i tiri di mortaio dell’ arbitrarietà, del fanatismo e della brutalità?
I vostri alleati sul posto si sono accaniti su Aleppo, con i suoi bazar che hanno alimentato per secoli l'Europa, hanno attaccato perfino le rovine. La Basilica di San Simeone che circonda la famosa colonna del celebre primo Stilita è ormai una rovina di rovine. Decine di Chiese, Moschee, le fabbriche, le scuole, le università sono stati oggetto di loro colpi e che dire dei tesori archeologici che vengono rubati e dispersi per portarci la democrazia!
Vi supplichiamo, Signor Presidente della Repubblica Francese, Signor Ministro degli Affari esteri della Repubblica Francese, cessate il vostro sostegno agli elementi armati che non obbediscono a nessuna legge e tornate a ciò che ha fatto la gloria della Francia.
Vi prego di accettare, Signor Presidente della Repubblica Francese, Signor Ministro degli Affari esteri della Repubblica Francese, l'espressione della mia più alta considerazione.

Claude ZEREZ, padre di Pascale uccisa a Homs all’età di 20 anni il 9 ottobre 2012.

lunedì 7 ottobre 2013

Damasco, i ribelli colpiscono la Cattedrale della Santa Croce



I ribelli attaccano il quartiere cristiano Kassaa di Damasco.
Samaan, cristiano di Damasco, vive nel quartiere colpito e racconta a Tempi.it la distruzione provocata dai colpi di mortaio sparati dai ribelli : «Hanno colpito una chiesa e la scuola di mio figlio»
«I colpi di mortaio dei ribelli sono caduti a 70 metri da casa mia, nel quartiere cristiano: hanno colpito una chiesa, un ospedale e la scuola dove va mio figlio uccidendo otto persone». 


TEMPI - 7 ottobre 13

Che cosa è successo ieri?
Intorno a mezzogiorno i ribelli hanno sparato una dozzina di colpi di mortaio, colpendo il quartiere cristiano. I ribelli hanno anche dato un nome all’operazione, tratto da un versetto del Corano che dice: “Manderemo a questi infedeli sassi per colpirli”. Hanno colpito la chiesa greco-ortodossa della Santa Croce , danneggiato il muro sud e la navata laterale. Il colpo è entrato dentro la chiesa uccidendo una signora e un ragazzo di 16 anni.

Hanno colpito altri edifici?
Hanno danneggiato l’ospedale francese di San Luigi e all’angolo hanno completamente raso al suolo l’edicola che vende libri , uccidendo sul colpo tre persone.


i colpi di mortaio sparati a casaccio sulle abitazioni civili

Ha detto che abita lì vicino, la sua casa è stata colpita?
Sono caduti tre colpi di mortaio dove abito io ma grazie a Dio uno non è esploso. Ormai siamo abituati, non abbiamo neanche più paura perché viviamo così da due anni e mezzo. I ribelli hanno voluto colpire per la celebrazione della guerra del Kippur, fanno sempre così: sparano, poi si fermano qualche mese, e poi sparano di nuovo.

Continuerete a vivere nel vostro quartiere?
Sì. I ribelli avevano minacciato sul loro sito l’attacco e ci avevano detto di andarcene, ma la gente cerca di vivere normalmente, i bambini continuano ad andare a scuola. Anche l’istituto di Lourdes che frequenta mio figlio è stato colpito. Hanno centrato l’area dove di solito giocano i bambini. Grazie a Dio, ieri era domenica e nessuno andava a scuola.

Temete che i ribelli possano entrare a Damasco?
No, i colpi di mortaio sono un atto di disperazione. Da due anni e mezzo cercano di prendere la capitale ma non ci riescono. La via che porta all’aeroporto ora è sicura e anche quella che porta ad Aleppo. Io fino a pochi mesi fa sentivo vicinissimi gli spari e la guerra, mentre ora sono molto più lontani. Siccome non riescono ad entrare, i ribelli sparano a caso colpi di mortaio, senza preoccuparsi di chi potrebbero colpire.

http://www.tempi.it/siria-ribelli-attaccano-quartiere-cristiano-di-damasco-testimone-hanno-colpito-una-chiesa-e-la-scuola-di-mio-figlio

 MAALOULA ANCORA SOTTO ATTACCO


sabato 5 ottobre 2013

Diario dalla Siria: testimoni, sperando oltre ogni speranza


dalla fortezza i guerriglieri bombardano i sottostanti villaggi cristiani

Intervista ad alcuni siriani giunti nella città giordana per incontrare la presidente dei Focolari. Torneranno nelle loro case esposti a bombardamenti e attentati, ma cosa e come stanno vivendo?



Amman, 05-09-2013  a cura di Roberto Catalano
fonte: Città Nuova

Come sono percepiti e vissuti dai cristiani siriani gli avvenimenti tragici che stanno dilaniando il Paese? Dai vostri racconti emerge che la prospettiva occidentale con cui si legge il conflitto è parziale e imprecisa. Dove sta il problema?
«Riguardo alla Siria, non si può ignorare l’impatto devastante che hanno avuto i potenti media occidentali e arabi nel preparare il terreno alla guerra civile e nell’accompagnare il suo svolgersi. Ora stanno lavorando per spingere un intervento esterno a tutti i costi. Abbiamo toccato con mano in questi quasi tre anni di conflitto come i mezzi di comunicazione, potenzialmente utili al bene dell’umanità, possano invece diventare la mannaia del boia per interi gruppi sociali, religiosi o, persino, per un popolo intero. Se si vuole cogliere quanto sta accadendo in Siria è necessario cominciare da un cambiamento nell’uso dei media e nella lettura di quanto trasmettono. Questo contribuirebbe ad aiutare la pace. Ovviamente, qui entriamo nel merito di giganteschi interessi economici e politici e anche su questi il dibattito non può essere unilaterale».


Ha senso parlare di dialogo fra le religioni in questo contesto?
«In Siria il dialogo c’è sempre stato, a livello ufficiale, promosso dal moufti, da altre personalità musulmane e dalle Chiese, che sono sempre state rispettate nel loro lavoro. In questo senso nulla è cambiato. La Siria in questi tre anni ha pagato però anche il prezzo dell’integralismo che si è manifestato con l’uccisione di esponenti dell’Islam sunnita moderato. Si tratta di persone di grande valore, come il chekr El Boudi, presidente del Consiglio internazionale dei professori di legge islamica. Amiche quarantenni mi hanno raccontato che fin dalla loro infanzia ascoltavano molto volentieri le sue prediche del venerdì, perché intrise di sentimenti e idee di amore, compassione, rispetto reciproco. Tutto questo è durato fino al momento della sua barbara uccisione avvenuta a Damasco alcuni mesi fa».


E i cristiani?
«A livello di popolo, con l’inizio delle violenze, è cominciata a serpeggiare tra i cristiani la paura, frutto, da una parte, di quella che potremmo chiamare la “memoria storica” di questa componente religiosa del Paese (per esempio la guerra libanese). Dall’altra, non dobbiamo dimenticare l’ingresso nelle varie città siriane di gruppi armati terroristici dichiaratamente ostili ai cristiani, che possono essere uccisi solo perché portano questo nome. Non che prima tutto fosse roseo, ma certo è che, seppur le leve del potere erano in mano ai musulmani (alaouti o sunniti), i cristiani erano rispettati e potevano accedere anche a posti di qualche responsabilità nell’amministrazione pubblica e nel mondo accademico. In ogni caso, sebbene quello che avviene in Siria non sia un attacco diretto ai cristiani, di fatto li pone di fronte al dramma dell’emigrazione, come unica via per sfuggire alle violenze e per assicurare un futuro ai propri figli. Il dialogo interreligioso non è solo questione siriana».


Come si vive la quotidianità sotto attentati e bombe?
«Ad Aleppo i prezzi sono aumentati ancora. Nella parte sotto il controllo dell’esercito siriano il pane è introvabile perché le strade di accesso ai silos di farina sono sotto controllo dei ribelli. La strada che collega Aleppo-Homs-Damasco è pericolosissima. Soprattutto nel primo tratto si rischia realmente la vita. Ma viaggiare in tutto il Paese, a parte sulla costa, è diventato un terno al lotto. Percorsi che prima richiedevano tre ore ora ne necessitano anche 36. Dieci giorni fa terroristi di Jabat el Nouszra sono scesi dal Krak des Chevaliers verso la zona cristiana di Wadi Nazara, hanno eliminato i soldati in due posti di blocco, sono entrati nel primo villaggio cristiano dove si svolgeva una festa e hanno falciato i passanti, soprattutto giovani, che si trovavano nella strada principale. I morti sono stati almeno 18. Poi si sono ritirati. Questo ha gettato nel terrore le famiglie, molte delle quali già sfollate da altri posti della Siria».


Esiste a qualche livello la speranza di una soluzione pacifica o politica al conflitto?
«Non mi sembra che in queste settimane ci siano stati segnali positivi. Al contrario i combattimenti si sono intensificati in varie parti del Paese e, di conseguenza, la paura dei civili è cresciuta. L’impressione che ho avuto a Damasco la settimana scorsa è di sentire riecheggiare le parole del Salmo: “Come un agnello condotto al macello”. Mai come in quel momento ho capito la realtà dell’Agnello innocente che non può far nulla di fronte alla morte incombente e ingiusta. È questa la realtà della gente soprattutto dopo la minaccia dell’attacco da parte degli Usa: sgomento e desolazione. Ci si guardava negli occhi increduli come a dire: "Attaccheranno davvero?". I mortai e i razzi dalla periferia sulla città erano molto più numerosi e l’attacco dell’esercito altrettanto pesante».


http://www.cittanuova.it/c/431065/Diario_dalla_Siria41.html
  

Il racconto di una stilista di Damasco

L’esperienza di Rahmé conferma che in nome della fratellanza si può abbattere qualsiasi tipo di barriera, anche a costo di gravi rischi.

Focolare.org 
 29 settembre 2013



.... Nel giugno 2013, nel giorno della consegna dei diplomi, alla presenza di membri dell’Associazione internazionale e dei rappresentanti della Mezzaluna Rossa, è stato chiesto loro quali fossero stati i momenti più difficili durante l’anno. Una, a nome di tutto il gruppo, ha risposto che era quello il giorno più difficile, perché era l’ultimo giorno nel Centro. “L’unico posto – diceva – dove riusciamo a respirare e che ci ha sempre aiutato ad andare avanti, mettendo la pace nelle nostre famiglie e nei nostri cuori”.



Nell'anniversario del martirio di Padre Murad...

La morte di padre Murad e la fuga di tanti cristiani lasciano campo libero all'estremismo religioso che non vedrà più un Paese dove le religioni sapevano convivere pacificamente. Le responsabilità dell'Occidente in questa nuova diaspora non vanno taciute



Città Nuova 28-07-2013  - a cura di Maddalena Maltese  


«La notizia dell’uccisione di padre Franҫois Murad, eremita francescano morto a Ghassaniye, nella zona nord-occidentale del Paese occupata da più di un anno dall’Esercito Libero e da ribelli, ci ha colto di sorpresa, anche quella, come una staffilata. Nella messa della sera il celebrante francescano l’ha annunciata ai fedeli che riempivano la chiesa di Bab Touma, poco prima di leggere il Vangelo che quel giorno recitava: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo la ritroverà». Papa Francesco all’Angelus dell'altra domenica aveva commentato quel brano ricordando i martiri attuali che danno la vita per la fede e la verità.

Lo conoscevo bene Padre Franҫois, lo si vedeva sovente celebrare nella chiesa dei Francescani a Azizie, si sapeva del suo progetto, poi realizzato, di creare nella zona di Ghassaniye un convento dove ritirarsi a pregare ma, anche, ad accogliere chi, come lui, volesse immergersi nella contemplazione, in quel delizioso posto della Siria, dove vigneti e alberi di olivo curati con somma attenzione, da centinaia di anni, parlano della laboriosità della gente, in gran parte cristiana.
Lì la tormenta è arrivata già da tempo e la morte di Padre Franҫois lo testimonia, come confermano anche le religiose che si trovavano al momento dell’uccisione non lontano dal convento, già colpito più di una volta. Ma c’è di più. Da giorni i conventi della zona erano sotto attacco da parte di elementi armati che li stavano saccheggiando, infierendo soprattutto contro le immagini sacre. Il custode della Terra Santa, padre Pizzaballa, ha già dichiarato che in questo modo, fornendo armi alla ribellione, l’Occidente sta facendo davvero un bel servizio ai cristiani d’Oriente, chiedendosi a ragione se di qui a poco ne resteranno ancora.

Chi ci guadagnerà da questa loro fuga, già vista in Irak e in Libano e in Libia e in Egitto? Sicuramente l’estremismo, e quello più fanatico, appoggiato da quei Paesi che continuano a ragionare in termini di nuovi assetti regionali. Chi ci perderà? Forse tutti, perché l’estremismo religioso è alle porte anche nelle città occidentali, americane ed europee, da dove centinaia di mercenari sono partiti in questi mesi per venire a combattere in Siria contro quelli che, perché diversi, sono considerati eretici. Sono giovani che ormai da anni hanno nazionalità europea ma che non hanno recepito il fulcro della cultura europea e le sue radici forse perché l’Europa e l’Occidente continuano a calpestarle, le loro nobili radici, e non riescono a presentarsi al mondo se non con la loro avidità, quella di chi non ha paura di provocare guerre a destra e sinistra pur di procurarsi petrolio e gas o minerali preziosi e continua a ragionare in termini di “nemico” per poter vendere armi. Che pena! Un incubo da cui ci sveglieremo?
In Siria, nella regione di Deir Ezzor, non lontano dalla frontiera turca, nella zona ricca di petrolio e di centri di estrazione del prezioso minerale, sono i ribelli stranieri e quelli interni che hanno ora in mano il territorio e la produzione petrolifera e che stanno inviando il petrolio, a prezzo stracciato, in Turchia e di lì anche in Occidente. L’ha raccontato con profonda amarezza un signore sunnita fuggito da Deir Ezzor con la famiglia qualche mese fa, quando la situazione non faceva ormai presagire nulla di buono. Non ha alcun affetto per il governo al potere, anzi, ma non può nascondere lo sgomento di vedere il suo Paese depredato, con la complicità di suoi connazionali. «Quando tornerà la pace, non troveremo lì che persone malate per il grado altissimo di inquinamento, giacché le fabbriche sono state colpite e poi occupate e il primo lavoro di raffineria si fa ora con mezzi assolutamente inadeguati».

Ma queste cose non le ha potute dire ad alta voce, giacché non sono accettate dai nuovi padroni della regione, e anche per questo se ne è andato, a ingrandire quella schiera innumerevole di persone che in Siria hanno dovuto lasciare il loro passato e vedono cancellato il futuro. A meno che nel presente drammatico in cui si continua a vivere e a morire non arrivi il miracolo».
Giò Astense


"ci vuole ormai del coraggio per decidere di restare nella bella Siria"


Il Ramadan non fa tacere le armi e le morti assurde che costellano le giornate dei siriani: il piccolo Salem è stato ucciso da una scheggia, mentre un medico giocava a fare il cecchino contro i pullman di linea di passaggio sotto l'ospedale


Città Nuova - 19-07-2013  

« ll mese di Ramadan, mese di preghiera e di digiuno, é cominciato male e non sembra far presagire nulla buono. 
Le notizie alle tv sono sconfortanti, pare di assistere, passi la parola, ad una farsa al capezzale di un povero moribondo. E quanto mai inumano e repellente il doppio gioco condotto su questo Paese ormai in guerra da più di due anni.
Parole di accusa, descrizioni di piani bellici, silenzi colpevoli di fronte alla violenza, tira e molla tra governo ed esercito ribelle pur di non trovarsi insieme ad un tavolo di dialogo che metterebbe fine ai dolori indicibili nella popolazione. Si usano solo parole altisonanti che dicono semplicemente a chi le sa decifrare l’inutilità di una guerra quanto mai sporca e crudele. Non cesserò mai di ripeterlo, a me e a chiunque voglia convincermi del contrario.

No, questa guerra non si doveva fare, né ieri né mai e le ultime notizie dell’uccisione da parte di terroristi di due alti responsabili dell’Esercito Libero confermano il caos e la divisione imperante che può portare solo a piani inconcludenti in direzione della pace ma che svelano purtroppo un progetto per il quale si continua a scavare nel torbido: gettare il Paese nella violenza più cieca, dove tutti combattono contro tutti, per poterlo dividere o renderlo assolutamente invivibile per almeno i prossimi vent’anni.

Già, perché ci vuole ormai del coraggio per decidere di restare nella bella Siria, benché la parola speranza sia anche qui l’ultima a morire. Ma non la ripetono più i genitori del piccolo Selim ucciso da una scheggia in un quartiere cristiano di Aleppo sabato scorso, proprio davanti alla casa di un’amica che se l’è cavata per miracolo. Non lo ripete più la famiglia di quel giovane che era rientrato a Damasco dai Paesi arabi per assistere al matrimonio della sorella. Prima di ripartire ha voluto andare a visitare i parenti ma all’uscita da Damasco, a Harasta, un cecchino l’ha colpito mentre era sul pullman. Ed era un un cecchino di lusso l'autore di questo assassinio: un medico che dal suo gabinetto in ospedale giocava a tiro a segno con i passeggeri dei pullman di linea. E questo per dire a che punto è arrivata la barbarie».
Gio Astense

http://www.cittanuova.it/c/430103/Diario_dalla_Siria_40.html

venerdì 4 ottobre 2013

"Con San Francesco ricominciamo"

Santuario di San Paolo "sulla via di Damasco"

I religiosi della Custodia di Terra Santa in Siria hanno scelto – non a caso - la data di nascita di san Francesco per ricominciare l’attività educativa

Da Vatican Insider , 3 ottobre 2013

di  Andrea Avveduto

“Il 4 ottobre iniziamo finalmente il catechismo con i bambini. Sono quasi 200 gli iscritti”. Quelle che potrebbero essere le parole di un parroco milanese sono invece di un frate francescano di Damasco, una delle città logorate dalla guerra civile. I religiosi della Custodia di Terra Santa in Siria hanno scelto – non a caso - la data di nascita di san Francesco per ricominciare l’attività educativa con i bambini.


Una festa che dentro a tante difficoltà riesce ancora a mettere la gioia nel cuore. In Siria, come in tutta la Terra Santa, la devozione per il poverello d’Assisi risale a quasi 800 anni fa.

Quando nel 1219, dopo la quarta – e disastrosa – crociata, san Francesco arrivò in Terra Santa,  e ottenne di parlare con il sultano Malek al-Kamel. E proprio lo stile dell’incontro, del dialogo e dell’apertura all’altro è parte fondamentale del carisma di chi ha raccolto l’eredità di Francesco e la vive quotidianamente in Siria.

La Custodia è presente ancora oggi, al servizio di tutti – cristiani e musulmani - tra le grandi difficoltà. “Non possiamo più andare a trovare i confratelli di Aleppo raccontano - ed è passato almeno un anno dall’ultima volta che ci siamo sentiti per telefono.”
Da Damasco le notizie del padre guardiano mostrano un quadro triste della realtà quotidiana. Anche se, confida, “la situazione è migliore rispetto ad altre città”. I suoi confratelli invece, se si esclude quelli di Lattakieh dove ancora si vive una situazione di “normalità”, vivono in condizioni ben peggiori”.

Il Nord del paese è impossibile da raggiungere, è tutto in mano a i ribelli”. Sono le zone più colpite dalla violenza, e dove i francescani ospitano il maggior numero di rifugiati. “Ma il costo della vita è inevitabilmente aumentato, e dar da mangiare a tutti diventa ogni giorno più difficile”.
A crescere però, è anche la fede della gente. “Le messe nei conventi sono regolari, e sempre più partecipate. Noi vogliamo che tutti rimangano Siria, e cerchiamo di stargli vicino per come possiamo”.

I frati continuano – instancabili - a pagare gli affitti delle case e a curare i malati. A volte però diventa un’impresa. “Ci hanno raccontato di una parrocchiana morta l’altro giorno per la febbre alta seguita alla frattura del femore. Non aveva medicine in casa e per diversi giorni nessuno è riuscito a trovarle. Noi ci stiamo attrezzando, e abbiamo cominciato a produrre medicine artigianali per far fronte alle emergenze”.

Ma su ciò che accadrà in Siria, e su cosa possiamo aspettarci nel prossimo periodo, taglia corto: “Senta, come faccio a sapere cosa accadrà tra qualche mese, dato che non ho certezze neanche sulle prossime settimane? La nostra certezza rimane la preghiera. Quella sì, che può fare miracoli.”

E' il  carisma francescano che  vive ancora oggi, in tutti quei frati che cercano di rispondere, con la vita, all’invito del loro fondatore: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile”.

L'APPELLO
ATS pro Terra Sancta

http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/siria-syria-siria-damasco-28328/

mercoledì 2 ottobre 2013

La marcia di padre Halim staffetta della carità

Aleppo, antica stampa della Chiesa Latina


Avvenire - 13 settembre 2013
di Andrea Avveduto


 « È l’ultima volta che parlo. Poi lo farà padre Si­mon ». Padre Halim Noujiam, francescano libanese della Custodia di Terra Santa, por­ta da due anni gli aiuti uma­nitari a Damasco. Attraversa in continuazione la frontie­ra dal Libano alla Siria, dalla Siria al Libano, per quelle vie che dice «essere meno peri­colose delle altre». Anche lui, come gli 11 frati rimasti in Si­ria, è stanco. E più che con­tento di lasciare il posto al nuovo frate che ora lo sosti­tuirà: padre Simon appunto. Ancora prima di parlare del­la situazione recita un pro­verbio in arabo, che poi ten­ta di tradurre in un italiano stentato: «La guerra sta bru­ciando il verde e il secco». Ovvero, tutto.

Per due anni padre Halim è stato l’intermediario tra i be­nefattori della Custodia e i frati siriani. Ha portato sol­di, medicine, viveri. «Quan­do avevo la possibilità, arri­vavo alla frontiera siriana, e lì mi aspettavano persone di fiducia che mi garantivano la sicurezza del passaggio. Ma una volta in Siria, dovevo sta­re molto attento». Alcune zo­ne del Paese sono off limits anche per lui. 
«Da quasi due anni non posso andare nell’Oronte, e ad Aleppo, è troppo pericoloso. Da un an­no non ho più notizie dei fra­ti che vivono lì. In quei con­venti manca acqua, elettri­cità e il telefono, le uniche notizie che mi arrivano sono di alcuni amici siriani fidati che riescono in qualche mo­do a portare loro qualche sol­do e dei viveri». 
E nonostante tutto continua l’opera di una decina i frati rimasti ad Aleppo, nel con­vento di Sant’Antonio di Pa­dova, ad Azizieh, dove so­pravvive la parrocchia latina sotto la responsabilità di pa­dre Georges. E poi a Dama­sco, al memoriale San Paolo e a Salhieh, poco vicino.

Le case francescane di Lat­takiah, a Kanyeh, vicino al Li­bano, completano la mappa di questa oasi di carità. Ogni convento ospita circa 100 fa­miglie, fornisce mense e me­dicinali per migliaia di per­sone, a volte paga l’affitto di casa a chi non ha più mezzi. 
Padre Halim ha assistito an­che a casi di conversione for­zata. Ai cristiani rapiti viene data una scelta: «O ti converti all’islam, o lasci il Paese. Mol­ti li ritroviamo in Libano, per­ché hanno preferito lasciare la casa e tutto quello che a­vevano piuttosto che rinne­gare la propria fede». 
Alla ri­volta i cristiani non piaccio­no. Gli insorti, in particolare le frange jihadiste, sognano la nuova Siria senza di loro. I religiosi francescani se n’e­rano già accorti quando ave­vano ammazzato padre Mourad, qualche mese fa.

Bab Touma: i Martiri Francescani
La più recente conferma è il ca­so di Maalula, luogo simbo­lo della cristianità ostaggio dei jihadisti. «Ai frati è chie­sta la testimonianza fino al martirio, lo sanno», dice con­sapevole Halim. Ma riman­gono lì, fedeli alla vocazione francescana di aiutare tutti. «Se i frati decidessero di an­dare via, per i cristiani sa­rebbe un duro colpo. Non a­vrebbero più un punto di ri­ferimento ». 

E vivere in quel­la terra, che è la loro terra, è segno di speranza per tutti. «Se i frati continuano a stare lì, allora anche tutte le per­sone aiutate – e sono tante – continueranno a vivere con loro. Perché quando questa guerra inutile sarà finita, al­lora tutti dovranno rimboc­carsi le maniche per rico­struire il Paese devastato». 
Il custode, padre Pizzaballa, intervenendo nei giorni scorsi ha dichiarato: «La que­stione siriana è delicatissima e i civili sono inermi davan­ti alla ferocia di quanto sta accadendo; la preghiera è u­no strumento indispensabi­le ma è urgente sostenere la popolazione, sfiancata dal massacro». 
È possibile aiu­tare la Custodia in Siria tra­mite http://www.proterrasancta.org/it/aiuta-la-terra-santa/aiutaci/



Pizzaballa: "Aiutateci  a sostenere la popolazione siriana e a dare un appoggio concreto a tutti i frati e i religiosi che vivono in Siria, perché possano continuare a essere un segno di speranza per tutti.”



Beirut (AsiaNews) - "La guerra in Siria spinge ogni giorno migliaia di persone a fuggire dalle proprie abitazioni e dal Paese. La maggior parte dei profughi e dei rifugiati interni ed esterni pensa che non potrà mai più fare ritorno nei propri villaggi. Chi è fuggito in Libano cerca di emigrare in Europa o in altre nazioni. Grazie alle donazioni diamo speranza ai siriani per convincerli a restare. La Siria, culla del cristianesimo e simbolo di unità fra cristiani e musulmani, rischia di scomparire". E' quanto afferma ad AsiaNews p. Halim, missionario francescano della Custodia di Terra Santa ed ex provinciale della Siria. Il sacerdote lancia un invito a tutti i cristiani a rispondere all'appello lanciato da Ats pro-Terra Sancta, l'organizzazione non governativa della Custodia, a favore della popolazione civile.

Per p. Halim la situazione è sempre più difficile per i cristiani e per tutta la popolazione, che in aree come Aleppo e i monti dell'Oronte non hanno più acqua, elettricità, gas e rischiano di morire di fame. Il sacerdote spiega che nemmeno i suoi confratelli riescono a comunicare con l'esterno e vivono questo dramma insieme alla gente. "I nostri frati - spiega - lavorano ogni giorno con queste persone, senza distinzione di fede per sostenerli sul piano economico e spirituale. I francescani non fanno politica e aiutano le famiglie bisognose, che hanno perso, tutto sostenendole e all'interno della Siria e fuori dal Paese, ospitando i senza tetto nei conventi".
Nonostante la guerra, i bombardamenti e le minacce degli estremisti islamici, sono 11 i frati francescani che hanno scelto di restare in Siria per prendersi cura della popolazione ad Aleppo, Damasco, Azizieh, Lattakiahe e Kanyeh.
Nel lanciare l'iniziativa p. Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, ha dichiarato: "La questione siriana è delicatissima e i civili sono inermi davanti alla ferocia di quanto sta accadendo; la preghiera è uno strumento indispensabile ma è urgente sostenere la popolazione, sfiancata dal massacro, con un aiuto concreto. Chiedo a chi può, oltre a pregare, di  mandare aiuti. Non materie prime -  è inutile perché  non possono entrare - ma il denaro necessario per comprare (purtroppo anche al mercato nero), ciò che serve per vivere a tantissime famiglie, soprattutto le più povere".




Per ognuno di noi sarà possibile sostenere la Siria con una piccola offerta, indirizzata al conto dell’Associazione di Terra Santa e diretta ai bisogni dei siriani.

Di seguito le modalità di donazione per sostenere i francescani nel loro lavoro in Siria:
° 150 euro per sostenere una famiglia di tre persone per 2 settimane
° 500 euro per aiuti umanitari a 3 famiglie di un campo profughi per 3 settimane
° 1000 euro per il sostentamento della mensa per i più poveri per 1 mese
Le donazioni vanno effettuate sul conto:
ATS - Associazione di Terra Santa
Banca Popolare Etica - IBAN: IT67 W050 18121010 0000 0122691
BIC CODE: CCRTIT2T84A
Causale: Emergenza Siria.

http://www.asianews.it/notizie-it/Frate-francescano:-Una-speranza-per-i-siriani-sotto-la-guerra.-Appello-della-Custodia-di-Terra-Santa-28992.html

martedì 1 ottobre 2013

Nuove incursioni di bande armate a Sednaya; i cristiani si rifugiano nella fede e nella preghiera


Agenzia Fides -  1/10/2013

Damasco – Dopo Maalula, ora tocca a Sednaya, anch'esso villaggio a Nord di Damasco, noto per il patrimonio storico, culturale e religioso, caratterizzato da larga presenza di chiese e monasteri cristiani, e da una comunità locale che parla ancora l’aramaico. 
Come appreso da Fides, il villaggio è sotto costante minaccia di milizie islamiste provenienti da Yabroud e dalle montagne libanesi, oltre confine, che organizzano incursioni e blitz per terrorizzare la popolazione civile. Nei giorni scorsi già c’è erano stati i primi scontri e un uomo cattolico è morto. Ieri una nuova incursione ha fatto un morto e un ferito fra i cristiani locali. 
Un religioso di Sednaya, che chiede l’anonimato, nota a Fides che “si tratta di banditismo ma è anche una vendetta contro i cristiani. Non vorremmo dare a questi atti un significato di persecuzione religiosa, ma sono comunque attacchi mirati che hanno l’effetto di creare scompiglio e paura tra i civili, presupposti per la fuga”. La tattica delle bande armate ora è quella di incursioni improvvise che creano terrore fra i civili, generando un esodo. A quel punto, il villaggio potrà essere invaso. “Oggi la gente di Sednaya teme di avere lo stesso destino di Maalula”, conclude il religioso.

I civili di Maalula, intanto, tutti sfollati a Damasco, hanno formato un “Comitato”.



funerale dei martiri di Maloula
 Uno dei rappresentanti del Comitato spiega a Fides: “Ci appelliamo con forza alla comunità internazionale. Nessuno ci aiuta, il radicalismo islamico si fa sempre più discriminatorio. Ci sentiamo non protetti. Nessuno fa qualcosa per prevenire questi abusi dei diritti umani: chiediamo un intervento della Commissione Onu di Ginevra”. I cristiani si sentono in pericolo: infatti, viste le migliaia di bande armate disseminate sul territorio siriano, è praticamente impossibile proteggerli.

Intanto “fra i cristiani siriani, sempre più vulnerabili, c’è un risveglio spirituale, un rinnovato slancio nelle fede, alla preghiera e alla vicinanza interconfessionale”, nota a Fides suor Carmel, che assiste gli sfollati a Damasco. “Nella estrema sofferenza e sull’esempio dei martiri, come p. Murad o il giovane Sarkis di Maalula, stiamo ritrovando una fede più densa, profonda e unitiva”, afferma la religiosa cattolica. I cristiani sono riluttanti a prendere le armi, anche per difesa, e i leader religiosi continuano a ribadirlo. Ripudiano la logica di un conflitto settario ma, in varie località, si stanno formando piccoli comitati popolari per prevenire le violenze. 


Wadi al Nasara, la Valle dei Cristiani

Accade, ad esempio, nella cosiddetta “Valle dei cristiani” (“Wadi al Nasara”), nella Siria occidentale, storica roccaforte dei cristiani siriani. Nella valle vi sono oltre 50 villaggi cristiani, con 100mila fedeli, cui si sono aggiunti oltre 200mila profughi. Anche questi villaggi subiscono incursioni di gruppi armati. 

http://www.fides.org/it/news/53647-ASIA_SIRIA_Nuove_incursioni_di_bande_armate_a_Sednaya_i_cristiani_si_rifugiano_nella_fede_e_nella_preghiera#.Ukq1vW1H4ic


"Ho visto i ribelli uccidere i cristiani che non si convertivano all'Islam" 


Sydnàya si difende. L'inviata Lucia Goracci

Video : http://www.rainews24.rai.it/it/video.php?id=36212

lunedì 30 settembre 2013

Ecco le cifre del disastro siriano

Macchinari per la lavorazione del cotone da Deir Ezzor smantellati verso la Turchia














Agenzia Fides -

25/9/2013

merci rubate dalle industrie di Aleppo, portate in Turchia 



Aleppo – Le cifre della catastrofe siriana non si fermano al devastante conteggio dei morti e dei feriti. 
In una nota inviata all'Agenzia Fides, l'Arcivescovo Jean-Clément Jeanbart, Metropolita di Aleppo dei greco-cattolici, raccoglie altri dati quantitativi che contribuiscono a far comprendere le dimensioni del disastro. 
“In questi ultimi mesi, solo a a Aleppo” racconta l'Arcivescovo “1400 fabbriche e officine sono state saccheggiate, demolite o bruciate, mentre in tutto il Paese più di duemila scuole sono state devastate o messe fuori uso, 37 ospedali insieme a un migliaio di piccole cliniche e dispensari sono stati vandalizzati. La gran parte dei silos di grano sono stati svuotati, le centrali elettriche sabotate, le linee ferroviarie smantellate e le strade bloccate e rese pericolose e impraticabili a causa della bande armate che terrorizzano i viaggiatori che osano spostarsi e si azzardano a uscire fuori città. 

Davanti a queste avversità e alle sventura in cui siamo precipitati” aggiunge mons. Jeanbart “non ci resta che affidarci alla Misericordia divina, la sola capace di liberarci e ristabilire la pace nel Paese. (…). Che la Santa Croce del Signore illumini quelli che hanno il potere. Noi non possiamo che ringraziare Papa Francesco per i suoi appelli ripetuti e insistenti alla preghiera per la pace in Siria.

http://www.fides.org/it/news/53606-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_greco_cattolico_di_Aleppo_ecco_le_cifre_del_disastro_siriano#.UkNAKW1H4ic

I Patriarchi cattolici d'Oriente: la primavera araba si è trasformata in ferro e fuoco. A novembre un summit con Papa Francesco


Agenzia Fides 28/9/2013

Bkerké - Nella giornata di venerdì 27 settembre, il Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente si è riunito nella sede del Patriarcato maronita a Bkerké (Libano) per una riflessione condivisa davanti alle convulsioni che sconvolgono la regione mediorientale, mettendo a rischio il futuro di comunità cristiane di tradizione apostolica radicate in quell'area. Alla riunione, ospitata dal Patriarca maronita e cardinale Bechara Boutros Rai, hanno preso parte tra gli altri il Patriarca caldeo Louis Raphael I Sako, il Patriarca greci-melkita Grégoire III Laham, il Patriarca siro-cattolico Ignatius Yusuf III Yunan e il Patriarca armeno cattolico Nerses Bedros XIX.

Nell'intervento d'apertura, il Patriarca Rai ha fatto riferimento al Sinodo ordinario sul Medio Oriente svoltosi in Vaticano nell'ottobre 2010, ricordando che proprio la fine di quel Sinodo “coincideva con l'inizio della Primavera araba. Disgraziatamente” ha commentato il Patriarca maronita “quella Primavera si è trasformata in inverno, in ferro e fuoco, in stragi e distruzioni, proprio quando i popoli aspiravano a una nuova vita e a delle riforme, nell'universo della globalizzazione”. Oggi più che mai – ha continuato il cardinale libanese - “questa regione ha bisogno del Vangelo di Gesù, quello della pace, della verità, della fraternità e della giustizia, perché se il mondo perde il Vangelo, conoscerà una situazione di distruzione, come quella che noi viviamo oggi”.

Il Patriarca Rai ha anche riferito che i Patriarchi cattolici d'Oriente si ritroveranno a Roma con Papa Francesco per un incontro “che avrà luogo a novembre e al quale si uniranno anche rappresentanti delle Chiese ortodosse”.
Fonti della Chiesa maronita confermano all'Agenzia Fides che l'incontro del Papa con i Patriarchi cattolici è previsto per il prossimo 22 novembre, dopo l'assemblea plenaria della Congregazione per le Chiese orientali. Nelle riunioni con il Papa e i suoi collaboratori, i Patriarchi cattolici del Medio Oriente, insieme agli Arcivescovi maggiori che guidano le altre compagini ecclesiali cattoliche di rito orientale, richiameranno l'attenzione su questioni pastorali e canoniche come l'elezione dei vescovi nelle Chiese cattoliche orientali. Il summit fornirà anche occasione per riflettere insieme sul futuro dei cristiani in Medio Oriente, nel tentativo di delineare criteri di discernimento pastorale condivisi davanti ai conflitti che dilaniano la regione, a partire dalla tragedia siriana.

http://www.fides.org/it/news/53626-ASIA_LIBANO_I_Patriarchi_cattolici_d_Oriente_la_primavera_araba_si_e_trasformata_in_ferro_e_fuoco_A_novembre_un_summit_con_Papa_Francesco#.Ukc2v21H4ic