Traduci

mercoledì 23 ottobre 2013

Una grandiosa e drammatica avventura




  Da Mar Yakub cronaca di P. Daniel : venerdì 11 – 18 ottobre 2013


Una piacevole visita di famiglia come prima della guerra
E’ sempre più freddo e per questo bisogna cambiare le finestre rotte. Perciò venerdì è arrivato un fabbro del villaggio vicino, che ha portato anche sua moglie e i loro due piccoli bambini. La coppia ha una buona relazione con il monastero fin dall’inizio; io non avevo mai visto questa famiglia. Mentre il fabbro fa suo lavoro, le moglie e le due bambine assistono all’Eucaristia. Loro sono cristiane. Alla fine della Messa anche il marito chiede di ricevere la Santa Comunione. Dopo la Messa mi chiedono di benedire e pregare sopra il bambino, perché ha una ferita al piede. Le nostre due ragazzine di dieci anni sono molto felici di occuparsi dei due bambini piccoli. Durante il pranzo siamo tutti riuniti e parliamo. I genitori raccontano che ultimamente la situazione in loro villaggio è quasi ritornata alla normalità. Anche dal punto di vista economico la vita sta migliorando. Qualche prezzo è ancora quattro volte più alto di prima della guerra, ma il governo sta prendendo provvedimenti di venire incontro alla popolazione. Pane e alimenti di base sono tornati come prima, cioè ad un prezzo minimo. Anche sull’abbigliamento  sono stati presi provvedimenti favorevoli, così che la gente del villaggio si può rifornire con abbigliamento caldo. La visita di questa famiglia rievoca ricordi del modo libero e cordiale con cui eravamo abituati ad incontrare/frequentare la gente locale prima della guerra.
Aggiungiamo che martedì, il 15 ottobre abbiamo fatto una piccola festa per Santa Teresa d’Avila. Con San Giovanni della Croce, Santa Teresa di Avila ha riformato l’ordine del Carmelo e durante questi due decenni ha fondato venti monasteri in tutta la Spagna. Oggi è per noi un giorno feriale, ma la sera si festeggia con scenette e danze con vestiti adatti. La serata dura più a lungo che normalmente.

Un’impresa grandiosa e drammatica per tutta la Siria
Domenica, 13 Ottobre è stata dichiarata  dal papa Francesco - nell’ambito dell’anno delle fede – “la giornata della Madonna” con lo scopo di consacrare, ancora una volta, il mondo intero al Cuore Immacolato di Maria. Eccezionalmente, la statua della Madonna sarà trasportata a Roma. Da maggio a ottobre 1917, la Madonna è apparsa a tre bambini, Lucia, Francesco e Giacinta, per avvertire il mondo ed esortarlo alla conversione, alla preghiera e alla penitenza. Adesso siamo quasi un secolo dopo e il mondo si trova di nuovo in uno stato avanzato di malvagità, decadenza morale e paralisi sociale.
Mentre ci stiamo preparando per questa giornata, siamo all’improvviso allarmati da una situazione drammatica: migliaia di persone sequestrate dai ribelli alla periferia di Damasco e che sono minacciate di essere escluse da tutti gli approvvigionamenti. Perciò decidiamo di estendere le nostre preghiere con un’adorazione notturna anche nella notte tra sabato e domenica. 
Qui segue il rapporto di prima mano degli eventi.

Sabato, 12 ottobre
Alle 11.00 madre Agnes-Mariam e suor Carmel vanno a Muadamiyet-al-Cham, che si trova alla periferia di Damasco, insieme con il servizio di soccorso della Mezzaluna Rossa e con il ministro degli Affari Sociali, la signora Kinda al-Chammat e con l’esercito. Sopra gli archi che danno accesso alla città, dodici cecchini hanno occupato il posto. Madre Agnes-Mariam prende in modo risoluto una bandiera bianca e cammina insieme con suor Carmel verso una quarantina di capi dei gruppi armati che hanno preso in ostaggio migliaia di persone comuni per impedire l’azione dell’esercito. Adesso questi gruppi armati minacciano questa povera gente sequestrata di impedire gli approvvigionamenti. C’è una confusione indescrivibile e ci sono colpi di fucile e si grida che non ci saranno più dei vivi che ne usciranno. Madre Agnes-Mariam dice a suor Carmel di pregare e loro cominciano a invocare il nome di Gesù . All’improvviso c’è silenzio e c’è modo di parlare e di trattare sulla liberazione dei sequestrati. Soltanto alle ore 16.00 la gente è liberata, qualcuno è intorpidito della paura e i bambini sono indeboliti. I soldati baciano i vecchi sulla fronte in segni di rispetto. La gente abbraccia madre Agnes-Mariam. I più indeboliti sono portati alle ambulanze, gli altri nel pullman. Sono trasportati in una scuola di Damasco, dove il governatore Hussein Khallouf ha approntato le cure e l’aiuto necessario. Tutti hanno perso loro carte d’identità. 2000 persone sono liberate. Domani ci sarà ancora da liberare altri 1500 civili e anche un gruppo di ottanta soldati. Poi c’è anche da trattare con i gruppi armati di accettare di deporre le armi. Tuttavia i terroristi hanno ancora sequestrato due persone. Sulla strada del ritorno si devono passare ancora tanti posti di blocco messi dall’Esercito Nazionale, dall’Esercito Libero e dai terroristi. Passando i posti di blocco, sequestrano ancora dodici persone e ci vuole di nuovo una trattativa per liberarli.
Domenica, 13 ottobre
Oggi sono stati liberati altri 1500 civili, ed il tutto è stato ripreso e documentato dalla TV. Noi vediamo immagini molto commoventi. Nel telegiornale si afferma che Fadia Laham (Madre Agnes-Mariam) ha organizzato l’intero coordinamento. La madre Agnes-Mariam conta che questi fatti appena avvenuti in Muadamiyet-al-Cham siano un esempio per le prossime trattative di pace.
Lunedì, 14 ottobre
Grande difficoltà. Queste operazioni sono piene di rischi, e non tutti se la sentono di rischiare. Ci sono tanti malintesi con il ministro. Nel frattempo continuano ad arrivare tantissime domande da parte dei  sequestrati per essere liberati e aiutati. In questa regione, ci sono state uccisioni di massa, cui hanno partecipato anche Francesi, che sono presi come esempio per le altre regioni della Siria. In questa regione sono attivi i più fanatici terroristi. Ci sono però anche dei ribelli che vengono dalla madre Agnes-Mariam piangendo e dicendo che si sentono d’accordo con lei.
Martedì, 15 ottobre
La situazione sta migliorando e c’è speranza di una liberazione. Il ministro dà il suo supporto totale alla madre Agnes-Mariam e parla anche di una medaglia per “la Donna della Pace”.
Mercoledì, 16 ottobre
Sono pronti: trentacinque pullman, dieci ambulanze e una trentina di volontari per evacuare tra 1000 e 2000 persone. Madre Agnes-Mariam e suor Carmel sono già in cammino verso gli archi che danno accesso alla città, quando, 200 metri più lontano cade una bomba sulla strada e ferisce qualche bambino. L’esercito ordina a tutti di ritornare. Le ambulanze e i pullman ripartano vuoti. Cadono altre bombe. Era una trappola dei terroristi che volevano infiltrarsi per uccidere i generali presenti. Comunque l’esercito era all'erta e ben preparato. Però la liberazione non c’è stata . Madre Agnes-Mariam resta in contatto con i ribelli per trattare per la loro resa. I combattenti Siriani che deporranno le armi e si arrenderanno, riceveranno un salvacondotto e potranno ritornare alle loro famiglie.

Siria sulla strada della liberazione



La Siria – già da prima – ha sempre conservato la sua indipendenza contro l’imperialismo occidentale e ha rifiutato tanti doveri internazionali insensati, che sono stati inventati e imposti da questo “nuovo ordine mondiale”, con il solo scopo di minare la sovranità di un paese. La Siria non è mai caduta in questa trappola: tasse ambientali, tasse sul lavoro e sulla produzione e su ogni forma di energia… Nonostante il fatto che dal punto di vista politico c’era poca libertà personale in Siria, la vita era molto economica, molto sicura e armonica. La libertà e l’ospitalità che noi abbiamo provato in Siria prima della guerra, già da secoli non era più concepibile in nessun paese occidentale. 
Tanti segni indicano che la Siria risorgerà lentamente. L’importanza di questo è da paragonare con l’importanza della liberazione del popolo Ebraico dall’Egitto nel 13° secolo avanti Cristo, quando Mosè ha condotto il popolo d’Israele dalla schiavitù fuori dall' Egitto. Mosè ha guidato il “Popolo di Dio” nella terra promessa dopo un lungo viaggio attraverso il deserto. Questo esodo è stato l’evento più importante nella storia di Israele e anche il prototipo di ogni liberazione. Gesù Cristo, il Messia di Israele, Figlio di Dio e Salvatore del mondo, come un nuovo e definitivo Mosè, ha dato il più profondo senso a questa liberazione con la sua morte sulla croce e con la sua risurrezione. 
Questa  è la nostra fede. E noi crediamo e confidiamo che anche adesso Lui sarà il Liberatore finale della Siria.

con affetto, Padre Daniel

    traduzione  A.Wilking



23 ottobre 2012:


 un anno dall'orribile martirio di padre Fadi Haddad
http://oraprosiria.blogspot.it/2012/10/padre-fadi-jamil-haddad-torturato-e.html

http://oraprosiria.blogspot.it/2012/10/i-vescovi-cattolici-di-damasco.html

lunedì 21 ottobre 2013

Salesiani di Don Bosco in Siria: “ Fede e preghiera, ecco le nostre armi, il nostro appoggio”




di Don Munir El Rai
Ispettore  dei Salesiani nel Medio Oriente


Con questo comunicato intendo condividere con voi tutti questa bella e ricca esperienza umana e spirituale dei nostri confratelli salesiani e dei nostri ragazzi e giovani durante l’estate del 2013, come risultato della mia visita dal 7 settembre al 6 ottobre 2013 .
Durante questi tre anni di violenza, di conflitto e d’insicurezza, i Salesiani di Don Bosco della Siria sono rimasti al loro posto, vicini ai giovani, affrontando con loro questa situazione di sofferenza. Nulla e' rimasto di quanto c’era prima, e la vita è diventata sempre più difficile e, talora, insopportabile. Dopo aver pregato, pensato e consultato i laici ed i genitori, i Salesiani hanno deciso di riprendere le loro attività estive. Hanno voluto vivere una bella esperienza estiva con i  ragazzi e i giovani, vivendola nella speranza, nella gioia.

ALEPPO


Confratelli: d. Georges Fattal, d. Zakerian Simon, d. Charbel Daoura, Aspiranti: Mihran e Joni.

Aleppo è la città martire. Essa appare come morta: infatti, da due anni è in stato di assedio, che non permette circolazione in alcuni quartieri. In tal modo, non è possibile fare pervenire il rifornimento dei viveri di prima necessità a tutta la popolazione. E i prezzi sono diventati ormai inaccessibili per una larga fascia della popolazione.


La situazione era preoccupante, tuttavia si respirava una certa sicurezza nella zona dell’Oratorio e nei quartieri dei ragazzi. Inoltre, i Salesiani avevano percepito il grande bisogno dei ragazzi di uscire, di giocare, di riprendere una vita normale e di partecipare alle attività del Centro Salesiano.


Nella prima decade di giugno è iniziata la preparazione degli animatori, i quali, malgrado le difficoltà dell’insicurezza generale, hanno partecipato a tutti gli incontri. Nella seconda metà di giugno, essi hanno accolto i ragazzi ravvivando in loro quella gioia che non provavano da molti mesi.


"La tua gioia è anche mia"!  Su questo slogan, scelto dagli animatori sono state rilanciate le attività estive : più di 500 giovani hanno risposto alla chiamata, e così è riapparso un raggio di luce e di speranza nell'Oratorio.


Don Simone Zakarian racconta che un giorno una ragazzina gli disse: Quando non sono all'Oratorio, mi sento come persa, come se avessi perso la mia casa. Ma quando sono all’Oratorio di Don Bosco, provo un senso di sicurezza e di conforto, come se nulla fosse stato, perchè rinasce la fede".


In collaborazione con la Chiesa locale, i Salesiani hanno organizzato tre grandi confronti per i giovani cristiani di Aleppo: i partecipanti erano centinaia, e le attività erano varie e spettacolari: preghiere, incontri spirituali, canti, spettacoli, giochi ...ecc. Questi confronti producevano un grande effetto sui giovani, perchè, a molti di loro, sembrava di rivedere finalmente la luce dopo un lungo percorso nel buio di un tunnel!
A metà giugno sono iniziate le attività per tutte le età. A tutti è stato donato la Bibbia illustrata, invitandoli a prepararsi per una grande competizione.
Il programma per le elementari e medie si svolgeva al lunedì, al mercoledì e al venerdì. E negli altri giorni si svolgeva quello dei liceisti. La domenica era per tutti.


Ora, finite le attività estive, occorre pensare insieme agli animatori, alla preparazione della festa conclusiva. Quindi, si spera di poter riprendere l’insegnamento del catechismo, sospeso l'anno scorso a causa di questa guerra brutale.


Ma anche durante questi stupendi incontri con i giovani, non sono mancati i pericoli: nel pomeriggio del 21 Agosto, un missile colpì l’Oratorio. Il rumore era terrificante, le finestre si sono scardinate e tutto l’edificio tremava come se ci fosse stato un terremoto. Il missile cadde vicino alla camera del direttore don Georges Fattal, che, per fortuna, non era in camera in quel momento. Ancora una volta, la divina Provvidenza e la Madonna ci avevano salvati della morte. Grazie a Dio, nessuno rimase ferito. Passata la paura, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo ripreso il lavoro.


Attualmente, alcune famiglie dei nostri giovani stanno vivendo un periodo di molta sofferenza: alcuni giovani hanno perso il loro genitori, ad altri è stato rapito il padre o un membro della famiglia, e non hanno più saputo nulla di loro. I rapitori chiedo somme esorbitanti per la loro liberazione.


Altre famiglie hanno gravi problemi economici e sociali. I Salesiani cercano di andare loro incontro non solo con la vicinanza e il conforto, ma anche procurando loro il necessario per vivere e coprendo le spese scolastiche dei loro figli.


Ringraziamo il Signore che ci dona tante grazie e ci ha conservati in vita per rimanere con la gente e con i giovani. Ciò che conta di più è la nostra presenza tra loro, la condivisione di vita e la nostra vicinanza alla loro sofferenza.



DAMASCO

Confratelli: d. Ashraf Zaghlul, d. Alejandro Leon, d. Cantele Felice, d. Munir Hanachi.


Le attività estive del nostro Centro Giovanile “Don Bosco” sono iniziate, malgrado le difficili circostanze in cui vive la Siria da oltre due anni e mezzo. Le varie attività programmate si sono svolte con la massima prudenza adattando, giorno per giorno, il programma della giornata ad ogni nuova situazione.
Il nostro Centro Don Bosco ha potuto accogliere un numero rilevante di ragazzi e ragazze, provenienti da vari quartieri della città, nonostante le difficoltà e l’insicurezza dei trasporti. Gli animatori hanno accolto i ragazzi con gioia e hanno iniziato lo svolgimento del programma in una nuova sede cioè nel quartiere popolare di Jaramana, perchè quel luogo facilitava maggiormente il trasporto dei ragazzi e garantiva maggior sicurezza. Le attività si sono svolte dal 25 giugno al 21 luglio: a Jaramana (Assieh) tre giorni alla settimana, e altri due giorni al nostro Centro Don Bosco.
Finite le attività con i ragazzi, sono iniziati sei campeggi o ritiri per varie fasce di età, iniziando con gli studenti della maturità e concludendo con gli alunni delle medie.
Quest’anno le attività si sono svolte in modo alquanto diverso dagli altri anni, perchè si è incluso anche l’insegnamento del catechismo, che non si era potuto fare durante l’anno scolastico a causa della insicurezza generale che ostacolava anche il contatto con le famiglie dei ragazzi. Perciò, finito il campeggio dei ragazzi, sono iniziate le visite alle loro famiglie, residenti a Jaramana e a Duela, due quartieri più provati dalla sofferenza.


Le attività estive sono iniziate nella scuola greco-ortodossa, Assieh, al fine di evitare eventuali esplosioni per le vie di Damasco e per la presenza di molti ragazzi in quel quartiere. Ma sono state interrotte dopo due settimane, perchè causavano troppo disturbo agli inquilini dei condomini adiacenti alla scuola. Comunque, quella esperienza ha contribuito a far conoscere meglio il generoso impegno dei Salesiani a favore della gioventù di Damasco. Infatti, quest’anno, è cresciuto il numero dei ragazzi, alcuni dei quali hanno subito dei traumi a causa della guerra.
Quest’anno non ci siamo soffermati su un racconto particolare, ma abbiamo preferito adottare il libro intitolato “Le sette abitudini più efficaci per gli adolescenti”, come pure altri libri di spiritualità salesiana, come “Don Bosco, il Santo dei giovani” e “Conversazioni su Don Bosco”.

I CAMPEGGI-RITIRI : Essi consistono nel favorire l’incontro di un numero limitato di giovani per quattro giorni della settimana, dal giovedì al sabato, in cui vengono trattati argomenti religiosi e sociali. La giornata viene scandita dalla preghiera, dalla ricreazione e dal lavoro manuale. Il ritiro si conclude con una celebrazione penitenziale, invitando i giovani ad accostarsi al Sacramento della Penitenza.
Tali ritiri si sono protratti per un mese e mezzo. E il trasporto degli aderenti era assicurato per tutti.
Questi campeggi e ritiri hanno offerto ad un maggior numero di ragazzi e giovani la possibilità di partecipare ad incontri formativi e anche maggiore distensione psicologica per tutti, nell’attuale situazione di persistente sofferenza, di cui non si intravede ancora la fine. Il numero limitato dei partecipanti ha creato un clima più familiare, in cui si respira aria di famiglia.

LE ASSOCIAZIONI: Recentemente è sorta l’idea di rilanciare l’iniziativa tradizionale delle associazioni, che attualmente sembra realizzabile. Naturalmente, le associazioni vanno formate per fasce di età, per cui ne sono previste almeno tre : L’associazione “Simone Srougi”, L’associazione “Laura Vicugna” , L’associazione della “Gioia” . L’idea ha incontrato risposta favorevole da parte dei giovani, ma comporta uno sforzo notevole per attuarla. Le associazioni sono di grande importanza, ma comportano serie difficoltà logistiche riguardanti il trasporto e il locale, che è alquanto limitato nella situazione attuale.

I LAVORI MANUALI: Il lavori manuali di questa estate hanno assunto una forma nuova, dapprima accolta con una certa svogliatezza, ma poi accettata con entusiasmo dai ragazzi. I lavori sono stati accuratamente preparati dagli animatori, i quali li hanno scelti e cambiati a loro piacimento, ne hanno riconosciuto la necessità e apprezzato il valore.
Tipi di lavori manuali: 1. lavoretti con la stoffa. 2. Braccialetti di vario materiale. 3. Uso dell’ago e del filo. 4. Confezioni di scatole di cartone per regali. 5. Disegni sul vetro. 6. Braccialetti di cordicelle. Questi lavori hanno incoraggiato i ragazzi a frequentare il Centro e a proseguire il loro lavoro manuale che li ha aiutati a rivestirsi di pazienza, a migliorare il loro comportamento, a potenziare il perfezionamento delle loro attitudini, a gestire bene il loro tempo libero e offre ai ragazzi la possibilità di acquisire nuove idee e nozioni, che non possono acquisire altrove.


GIORNATA DI NUOTO: Al nuoto è stata dedicata un’intera giornata, che, grazie a Dio, è stata anche la più gradita, perchè ha colmato di gioia ragazzi e giovani. L’idea di andare in piscina era affiorata varie volte, ma creava una certa perplessità per la situazione di insicurezza generale. Infatti, mezz’ora dopo la nostra uscita dalla vasta area sportiva, un proiettile colpì il campo sportivo di basket.


LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’: In sintonia con la GMG e la visita del Santo Padre a Rio de Janeiro, abbiamo festeggiato l’evento in coincidenza di tempo con il Papa. I giovani sono pervenuti al nostro Centro da varie parrocchie della città per partecipare a momenti di preghiera, di divertimento e di dialogo sul tema “Andate e fate discepoli tutte le genti”. Le giornate di questo evento sono state tra le più ben riuscite.


I CORSI : In collaborazione con le FMA della scuola e con l’aiuto di giovani collaboratori, sono stati organizzati vari corsi culturali al fine di venire incontro alle richieste dei nostri giovani. Tali corsi comprendono lo studio delle lingue (francese, inglese e italiano), l’informatica, il pronto soccorso e anche il corso per barbiere.


RINGRAZIAMENTI: A conclusione di questa relazione non può mancare un cordiale ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato per la buona riuscita del programma “Estate ragazzi”. In primo luogo il nostro ringraziamento è rivolto agli animatori che non hanno temporeggiato nella preparazione delle varie attività. Ma vogliamo ringraziare anche i ragazzi per essere venuti al Centro Don Bosco anche in circostanze di insicurezza generale.
Ma il ringraziamento più riconoscente è rivolto al Signore e alla Madonna che ci hanno accompagnato e protetto giorno per giorno.


KAFROUN

Confratelli : d. Georges Mouzaaber, d. Luciano Buratti, S. Pier Jabloyan

La casa di Kafroun è diventata luogo di rifugio per tanti sfollati, soprattutto cristiani.
Le attività estive si sono svolte dal 1 luglio al 4 agosto, e concluse con la S.Messa e la festa finale preparata dai ragazzi e dagli animatori.


Programma: Domenica : oratorio aperto con giochi liberi. Alle 18:00 santa Messa con i ragazzi e con numerose famiglie. Lunedì, Martedì , Mercoledì : attività sul Tema “Il Gabbiano”. I ragazzi arrivavano alla 15:30 e rimanevano fino alle 19:30. Il trasporto era assicurato.
Giovedì e Venerdì: gioco libero. Alle 19:00 interruzione dei giochi per la preghiera della sera e la buona notte, e alle 21:00 chiusura dell'oratorio. Il sabato, l’oratorio è chiuso per dedicare il tempo alla formazione degli animatori e la preparazione delle attività di tutta la settimana. La loro preparazione è stata alquanto accelerata e incentrata sulla la loro esperienza vissuta all’oratorio. Un campeggio formativo per loro si è svolto dal 22 al 29 giugno.

Il numero dei ragazzi dell’oratorio era circa 300, di cui 130 sfollati. Gli animatori erano 35, di cui 7 scelti tra gli sfollati.


I ragazzi erano suddivisi in 8 gruppi con tre animatori per ciascun gruppo. Le attività erano di carattere religioso (pellegrinaggio al monte della Madonna), educativo (cura dell’ecologia nel centro del paese), e sportivo ( le Olimpiadi). Tutte le attività erano intonate al tema della pace in Siria.
Inoltre, sono stati organizzati due campeggi : uno dal 5 al 8 agosto per le medie e l’altro dal 8 al 10 agosto per i liceisti.
Ogni venerdì, incontri per liceisti e universitari sul tema della fede.


La preparazione della festa finale è avvenuta in una settimana di tempo, al fine di coinvolgere un maggior numero di ragazzi (sono stati circa 200).
La santa messa è stata presieduta da Mons. Elias Sulaiman, vescovo dei Maroniti di Latachia e Tartus. la festa ha suscitato una risonanza notevole a livello zonale e coinvolto molte famiglie dei ragazzi. (1300 persone).
.
Fede e preghiera, ecco le nostre armi, il nostro appoggio: Don Bosco.


Ringraziamo il Signore e la Madonna che ci hanno accompagnato e protetto, giorno per giorno, da ogni pericolo.


Abuna Munir ElRai
SDB MOR

venerdì 18 ottobre 2013

Verso una Terra Santa svuotata dei Cristiani?


Patriarca Raï:  "l'obiettivo ipocrita" della guerra in Siria:

“Svuotare il Mashrek (il Medio Oriente) della sua civiltà cristiano-islamica” e “mantenere uno stato di guerra permanente nella regione per fini politici ed economici”. 
Il Patriarca maronita Bechara Raï - riferisce la Radio Vaticana - ha espresso la sua dura denuncia durante una udienza con una delegazione di rappresentanti di undici associazioni cristiane e musulmane francesi, giunta in Libano per esprimere solidarietà al Paese, da mesi in prima linea nell'emergenza umanitaria causata dal conflitto siriano. Secondo il cardinale, questa tragica situazione rischia di peggiorare con l’approssimarsi dell’inverno, fino a diventare "una catastrofe umanitaria".

Attualmente, infatti, oltre un milione e mezzo di profughi siriani sono senza un alloggio decente, senza scuole e assistenza sanitaria. Si sprecano ormai le invocazioni di aiuto: la comunità internazionale ha lanciato un appello a non risparmiare alcuno sforzo per aiutare queste persone in difficoltà. La delegazione, prima di rientrare in Francia, si è rivolta a tutte le organizzazioni religiose e Ong francesi affinché si uniscano "per portare al popolo siriano un messaggio di solidarietà e speranza”.
Infine il patriarca Rai ha fatto sentire la sua voce sul quotidiano libanese "L'Orient-le-jour", dove si è rivolto in particolare ai Paesi occidentali dicendo: “L’Occidente che fino a poco tempo fa invocava l’invio di armi in Siria deve levare la sua voce e chiedere adesso che la pace venga ristabilita”. 
"Sappiamo che alcuni paesi hanno deciso di ospitare sul loro suolo 10.000 sfollati ciascuno. Protestiamo con forza contro una decisione del genere. Si sta sradicando un popolo, si distrugge una civiltà cristiano-musulmana costruita insieme lungo tredici o quattordici secoli di convivenza. Questo è in realtà lo scopo di questa guerra ipocrita: svuotare il Mashreq della sua civiltà e mantenere uno stato di guerra permanente a fini politici ed economici. Noi attribuiamo grande importanza alla convivenza con i nostri concittadini musulmani. Abbiamo costruito una preziosa civiltà comune a cui teniamo".


L'Arcivescovo Marayati: le politiche della comunità internazionale incentivano la fuga dei cristiani



Agenzia Fides 16/10/2013

Aleppo  - “Negli ultimi tempi tra la gente è girata la voce che 17 Paesi hanno aperto le porte ai profughi siriani. Questa notizia ha riacceso con più forza anche tra i cristiani l'impulso a lasciare la Siria”. Lo dichiara all'Agenzia Fides l'arcivescovo armeno cattolico di Aleppo Boutros Marayati, aggiungendo che “per ora non si tratta di un esodo di massa, ma il fenomeno coinvolge un numero crescente di famiglie”.
L'arcivescovo armeno cattolico conferma che i cristiani più ricchi sono già partiti, mentre per gli altri “rimane pericoloso e anche molto costoso ogni tentativo di uscire dal Paese, perchè servono tanti soldi. Ma quelli che hanno già raggiunto il Libano adesso sottoporranno agli organismi dell'Onu le loro richieste di espatrio, confidando che siano accolte con prontezza”.
Secondo l'arcivescovo Marayati “la situazione siriana diventa sempre più complicata, e ogni sua banalizzazione appare fuoviante”. Ad esempio, accanto ai cristiani che fuggono ce ne sono altri che ritornano a Aleppo dopo essersi rifugiati nell'area costiera di Lattakia, perché “non avevano soldi per pagare l'affitto dell'alloggio e qui possono mandare anche i figli alle scuole, che hanno riaperto”.

Anche l'idea di un fronte unico delle milizie d'opposizione che combattono contro il regime appare ormai da accantonare in via definitiva, perchè tra i ribelli “ci sono tante fazioni che sul campo si combattono tra loro”.

Nei giorni scorsi l'esercito di Assad ha riaperto la strada che univa Aleppo a Homs. L'allentamento dell'assedio ha consentito di far arrivare in città derrate alimentari che mancavano da mesi. Ma l'Arcivescovo Marayati assicura che il sollievo concreto percepito dalla popolazione è stato finora minimo: “Il cibo diventa sempre più caro, mancano corrente e acqua in molti quartieri. Passiamo il tempo a distribuire aiuti alimentari e beni di prima necessità, e le famiglie che li chiedono aumentano sempre. Nei quartieri periferici e nei sobborghi le esplosioni e i bombardamenti continuano. Anche ieri, nel giorno della festa musulmana del Sacrificio, hanno segnato l'intera giornata, senza alcuna tregua”.

http://www.fides.org/it/news/53764-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_Marayati_le_politiche_della_comunita_internazionale_incentivano_la_fuga_dei_cristiani#.Ul58cm1H4id


Migliaia di cristiani siriani chiedono la cittadinanza russa

Il ministero degli Esteri di Mosca pubblica l'appello dei cristiani della regione di Qalamoun: l'Occidente appoggia i terroristi, la Russia è fattore di pace. "Per la prima volta dalla nascita di Cristo rischiano di essere banditi dalle loro terre".




AsiaNews - 17/10/2013

Mosca - Circa 50mila cristiani siriani hanno chiesto la cittadinanza russa, col timore di "essere banditi dalle proprie terre, per la prima volta dalla nascita di Cristo". Lo ha reso noto il ministero degli Esteri russo, pubblicando sul suo sito internet l'appello collettivo del gruppo di siriani di Qalamoun, dove si concentrano i villaggi a maggioranza cristiana, come quello di Maaloula, vittima di violenze mirate, da parte di Al-Nusra, gruppo legato ad al-Qaeda. I firmatari puntano il dito contro l'Occidente, che appoggia "l'attacco da parte dei terroristi" contro la Siria: la Federazione russa è di conseguenza definita "un potente fattore di pace e stabilità".
"Visto che la legge siriana permette la doppia cittadinanza, abbiamo deciso di chiedere quella della Federazione russa, un onore per ogni cristiano siriano che desiderasse ottenerla", si legge nella lettera.  "Il nostro appello non significa che non ci fidiamo dell'esercito siriano o del governo - scrivono - ma siamo spaventati dal complotto dell'Occidente e dai fanatici pieni d'odio che stanno intraprendendo una guerra brutale contro il nostro Paese".



Patrimonio dell'Unesco, Maaloula dista 40 km a nord di Damasco. Il villaggio è famoso in tutto il mondo come uno dei luoghi simbolo della cristianità in Medio Oriente ed è l'unico luogo al mondo, dove è ancora parlato l'aramaico, il villaggio è considerato un simbolo della convivenza interreligiosa.
"E' la prima volta dalla nascita di Cristo che noi cristiani della zona di Qalamoun, che viviamo nei villaggi di Saidnaya, Maara Saidnaya, Maaloula e Maaroun, siamo sotto la minaccia di essere banditi dalla nostra terra - denuncia l'appello - preferiamo la morte all'esilio e alla vita in campi profughi e così difenderemo la nostra terra, il nostro onore e la nostra fede e non lasceremo la terra su cui ha camminato Cristo".
"I cristiani di Qalamoun crediamo che lo scopo dei terroristi appoggiati dall'Occidente sia quello di eliminare la loro presenza da quella che è la loro terra natia e con i metodi più disgustosi, compresa l'uccisione selvaggia di gente comune", continua la lettera. "Vediamo la Federazione russa come un potente fattore di pace e stabilità - concludono - la Russia persegue una posizione ferma nella difesa della Siria, della sua gente e della sua integrità territoriale".

L'attacco degli estremisti islamici a Maaloula è diventato un simbolo delle sofferenze dei cristiani nel Paese mediorientale. L' Osservatorio siriano per i diritti umani, legato alla ribellione, ha confermato la presenza di battaglioni affiliati ad al-Qaeda fra le milizie che hanno invaso la cittadina e  hanno profanato i monasteri di Santa Tecla e San Sergio, distruggendo le croci sulle loro cupole e gli antichi arredi sacri. 

http://www.asianews.it/notizie-it/Migliaia-di-cristiani-siriani-chiedono-la-cittadinanza-russa-29303.html

L'appello del Custode di Terra Santa 


mercoledì 16 ottobre 2013

Maristi di Aleppo: sempre qui, a seminare la Speranza




Lettera n ° 14 da Aleppo (10 ottobre 2013)

Un fragile status-quo regna in Aleppo nelle ultime settimane , in concomitanza con la decisione di sospendere gli attacchi aerei che si sarebbero dovuti infliggere a noi per "punire" il regime che aveva usato armi chimiche . 
Voler "punire" il regime uccidendo giovani soldati di leva (che si trovano sui siti di destinazione ) o civili ( con le cosiddette bombe intelligenti che spesso mancano il loro obiettivo , come abbiamo visto altrove) e bombardando le infrastrutture già in gran parte distrutte da due anni e mezzo di guerra! Che stupidità! Gli Aleppini hanno trovato grottesca questa farsa e , in altre circostanze , avrebbero riso . Come se la crisi siriana fosse iniziata con le armi chimiche, e  con la loro distruzione sarebbe finita... Fortunatamente l'accordo , che ha salvato la faccia dei guerrafondai occidentali,  sembra essere l'inizio di un processo di pace negoziata. Dunque, dopo questo accordo , non c'è quasi nessuna azione militare in città se non il suono continuo , ma distante, dei cannoni da una parte e le battaglie in atto nelle campagne tra i gruppi armati ribelli , mentre il gruppo islamista più estremista ha preso il sopravvento e sta procedendo  all'esecuzione di leader dell' ESL .

Per quanto riguarda la vita di tutti i giorni in Aleppo , è meno difficile di prima . C'è ancora il razionamento di acqua, luce e pane , ma sembra che gli Aleppini si siano abituati a questo stato di cose e hanno organizzato la loro vita di conseguenza. Gli sfollati che avevano cercato rifugio nelle scuole sono state evacuati e le scuole sono state aperte . 

Siccome il blocco dei rifornimenti dura da 3 mesi a questa parte, è diventato meno doloroso con una nuova attività : " maabarji " = colui che attraversa il Maabar o il punto di passaggio tra le due aree . I ribelli , che hanno imposto il blocco , lasciano passare i pedoni ( a migliaia ogni giorno e in 2 direzioni ) . Essi consentono loro di prendere con sè dei piccoli sacchetti di plastica neri che possono portare con le loro due mani ( è vietato introdurre  i beni sui camion ). Così ogni persona rientra in città  fornita di un sacchetto di 1 kg di pomodori , un altro di cetrioli  , un terzo di uva, ecc .... Una volta ad Aleppo , il maabarji consegna le borse a un socio e riattraversa per ritornare con altre borse . E poichè 1 kg più 1 kg possono fare decine di chili , tutte le strade di Aleppo sono invase da bancarelle di mercanti , che fanno provviste dai  maabarjis che vendono i loro prodotti a prezzi esorbitanti a causa del numero di intermediari e delle tangenti che devono pagare a coloro che piantonano la barriera di attraversamento . Il rifornimento  è diventato, per le bande armate, un business molto redditizio . Ma i 2 milioni di Aleppini , già impoveriti dalla guerra , pagano i prodotti  5 volte più cari  rispetto agli stessi prodotti che sono al di là del Maabar . La maggior parte delle persone viaggia a piedi. Il traffico automobilistico è molto difficile perché i marciapiedi sono gremiti di mercanti, con la carreggiata dei pedoni e le auto a zig zag tra di loro.

Benzina, olio e farina sono ancora vietate da far attraversare . Ho potuto riempire il serbatoio del mio generatore di 1000 litri di carburante che il maabarji ha fatto passare, in diversi passaggi, in 100 sacchetti di plastica trasparente da 10 litri ciascuno, facendoli figurare come aceto ! 


Siamo stati senza telefono per 3 settimane e siamo senza Internet da 6 settimane e il blocco delle persone è  in vigore da 45 giorni : nessuno può entrare o uscire da Aleppo senza rischiare la vita. Ci è stato promesso un miglioramento con l'apertura di una nuova strada che dovrebbe bypassare le aree nelle mani dei ribelli e attraverso la quale sarà inviato tutto quello che manca e permetterà agli abitanti di viaggiare.

Le nostre attività con i Maristi  Blu e Orecchio Dio continuano al meglio . 
Abbiamo deciso all'inizio di settembre di sistemare nella città le famiglie degli sfollati fuggiti da Jabal Al Sayde che si erano rifugiati a casa nostra fuggendo dal loro quartiere che era stato invaso dai ribelli il Venerdì Santo. E questo per due motivi : abbiamo sentito che era il momento per queste persone di vivere in famiglia, mentre sono rimasti con noi per 5 mesi in dormitori separati e poi la casa dei Maristi è lontana dalle scuole dei loro figli , così abbiamo ritenuto che con l'anno scolastico sarebbe meglio che vivessero nei pressi delle scuole dei bambini , lo scuolabus non esiste più. Abbiamo pagato loro l'affitto ( per 6 mesi ), in piccoli appartamenti ammobiliati (in modo rudimentale ) che avevano trovato .

Dal 1 ° ottobre , abbiamo organizzato il nostro lavoro e le nostre attività intorno a due assi :

Attività di soccorso :
Il nostro programma per aiutare i profughi di Jabal Al Sayde continua . Il  14° Cesto della Montagna ( Sallet al Jabal = paniere alimentare mensile ) è stato distribuito a 300 famiglie venerdì 4 ottobre . Una distribuzione di abbigliamento invernale ( i nostri sfollati avevano lasciato a fine marzo i loro appartamenti portando con sé solo i vestiti che indossavano in primavera ) è prevista per la fine di ottobre . Ai primi di novembre , daremo loro scarpe e le bombole di gas ( essenziale per la cucina) . Offriamo materiale e libri scolastici per i bambini . E non dimentichiamo neanche i nostri protetti del quartiere di Midan che ricevono anch'essi un paniere alimentare mensile . Portiamo ogni mezzogiorno il pasto caldo a 250 persone in stato di bisogno . E noi continueremo il nostro progetto " Vittime di guerra ", per il trattamento gratuito dei civili colpiti da atti di guerra che non hanno i mezzi per farsi curare a proprie spese .

Attività didattiche :
Ora che i nostri locali sono nuovamente disponibili con la partenza dei nostri sfollati, per ritornare alla missione principale del carisma marista che è l' educazione dei bambini, soprattutto i più svantaggiati , abbiamo sviluppato le nostre attività educative per soddisfare le enormi esigenze create dalla guerra. " Imparare a crescere " si è ampliato e ora ha un fratello gemello . Si occupa della cura di bambini in età prescolare , di età da 3 a 6 anni, attraverso l'istruzione , la formazione e la salute . Il progetto iniziale continua per tutto il pomeriggio dalle 15h alle 19h con 55 bambini provenienti da famiglie povere e di sfollati . Il nuovo progetto si svolge ogni mattina dalle 09:00 alle12:30 con 100 bambini di famiglie sfollate dalle scuole. In parallelo , la mattina , parte un nuovo progetto " Voglio imparare " rivolto a 50 bambini sfollati in età scolare da 7 a 13 anni ma che non vanno a scuola, per insegnare loro almeno  a leggere, scrivere e contare . Il programma " Tawassol " continua quattro mattine alla settimana ed è progettato per dare alle madri , dai 20 ai 35 anni , corsi di inglese, informatica, istruzione e lavoro manuale per permettere loro, in aggiunta a progredire, di seguire i bambini nelle loro lezioni ; l'inglese e il computer sono ora nel curriculum scolastico dalla prima classe . Infine, il programma " Skills School " continua alcuni pomeriggi per gli/le adolescenti. Il loro numero supera ormai cinquanta.



Vorrei sottolineare che i nostri programmi sono per le famiglie svantaggiate e /o sfollate e sono completamente gratuiti .
Abbiamo ancora altri progetti che vorremmo realizzare , ma , nonostante i 42 volontari , 6 dipendenti (autisti , responsabile acquisti ... ) e i 9 membri del nostro team ( 3 Fratelli Maristi , 6 laici: 4 donne e 2 uomini ) , ci mancano le risorse umane .

Ecco dove siamo. Siamo un po' più ottimisti rispetto a due mesi fa, ma aneliamo che la guerra abbia fine. Con i Maristi di tutto il mondo , il nostro motto per quest'anno è : SEMINA LA SPERANZA. 

In chiusura , vogliamo ringraziare tutti gli amici che ci sostengono con la loro amicizia , i loro messaggi , le loro preghiere e donazioni .

Per i Maristi Blu, Nabil Antaki
Aleppo il 10 ottobre 2013

domenica 13 ottobre 2013

Una rivoluzione tradita?

Una nuova lettura degli avvenimenti siriani appare sui nostri mass media

foto Alessio Romenzi







     di Mario Villani 


Facciamo un passo indietro ed andiamo a rivedere quello che riportavano giornali e televisioni sui fatti che coinvolgevano la Siria. Ve lo ricordate? Per molti mesi l'immagine offerta fu quella di un popolo che scendeva pacificamente in piazza per reclamare la libertà e che veniva massacrato da un esercito e da una polizia al servizio di quello che era definito aprioristicamente come il “feroce dittatore”. Praticamente a nulla serviva il far notare che la maggior parte delle vittime dei primi scontri apparteneva alle forze dell'ordine e che, pertanto, proprio pacifiche quelle manifestazioni non dovevano essere. Sordi ad ogni argomento contrario i mass media avevano un titolo standard : “Le milizie di Assad bombardano pacifici manifestanti”. Con il passare del tempo e con il moltiplicarsi di filmati e testimonianze diffuse su internet divenne però sempre più difficile nascondere il fatto che anche i “manifestanti” sparavano e quindi ecco la nuova chiave di lettura delle vicende siriane fornita dai mass media: schiacciato dalla feroce repressione del regime il popolo siriano ha preso le armi per far trionfare la democrazia e ritrovare la libertà, aiutato in questa lotta dalle migliaia di disertori che avevano abbandonato l'esercito siriano per non essere costretti a sparare sul popolo. Chiunque osava mettere in dubbio questo dogma - magari ponendo qualche dubbio sulla reale ansia di democrazia di tutti i rivoltosi e sul reale numero dei disertori- era immediatamente bollato come amico, probabilmente prezzolato, del dittatore di Damasco. Il fatto che, solo per fare un esempio, tutte le autorità ecclesiastiche in Siria e nel vicino Libano contestassero pesantemente questa visione brutalmente manichea degli avvenimenti era considerato privo di rilevanza persino dai media cattolici che preferivano attenersi alla versione di una sola persona, un gesuita italiano (a cui peraltro oggi vanno i nostri sinceri auguri e le nostre preghiere per un ritorno in patria sano e salvo), che si era eretto a paladino dei ribelli, arrivando ad accusare di “collaborazionismo” con il regime le Gerarchie delle chiese cristiane del paese. Tutti, concordemente, prevedevano che il regime, “indebolito dalle continue diserzioni e travolto dalla crescente ostilità popolare” sarebbe caduto in pochissimo tempo. Addirittura il nostro Ministro degli Esteri di allora, Terzi di Sant'agata, dichiarò che si trattava di una questione di giorni.


Sono passati i mesi e gli anni ed il regime non è caduto, confermando che avevano ragione coloro i quali sostenevano che la rivolta aveva l'appoggio solo di una parte, oltretutto minoritaria, della popolazione siriana e che le diserzioni dall'esercito non erano state decine di migliaia, ma solo poche centinaia. Con il passare del tempo inoltre è apparso in maniera sempre meno occultabile il carattere islamista della rivolta. Dichiarazioni truculente di leaders dei movimenti armati, rapimenti e uccisioni di cristiani (compresi sacerdoti e vescovi) e appartenenti ad altre minoranze religiose, distruzioni di luoghi di culto e l'attacco a Maalula, applicazione di una feroce “legge islamica” nelle zone controllate, autobombe contro i civili, massacri e torture di prigionieri, sanguinosi regolamenti di conti tra bande di ribelli rivali, sono divenuti talmente frequenti da non poter più essere tenute nascoste all'opinione pubblica. L'orrenda immagine di un “ribelle” (ma ha il diritto di essere così definito uno psicopatico criminale?) che strappa il cuore di un soldato ferito e lo divora o di quell'altro che pone la testa mozzata di un militare a cuocere su un barbecue hanno fatto il giro di internet riuscendo a meritare ad una parte almeno dei “rivoltosi” l'etichetta che il Presidente russo Putin ha loro cucito addosso: cannibali.
 
Impossibile quindi continuare a sostenere la tesi di una opposizione al regime siriano laica e democratica, “costretta” dalla violenza del regime a impugnare le armi, ma desiderosa di risparmiare ogni sofferenza alla popolazione civile. 
Ecco quindi l'ultima versione, lanciata per primo dal giornalista della Stampa Quirico dopo alcuni mesi trascorsi come “ospite” involontario delle bande armate, versione che ormai sta facendosi strada su gran parte dei mezzi di comunicazione: la rivoluzione siriana degli inizi era buona, democratica e moderata, ma l'Occidente non l'ha appoggiata come avrebbe invece dovuto fare e così i leaders ribelli sono stati costretti a chiedere l'aiuto dei gruppi islamisti più radicali e dei paesi loro alleati, finendo però per diventare, di fatto, loro ostaggi. I gruppi islamici radicali avrebbero in pratica “scippato” la rivoluzione dalle mani dei democratici. E' una versione che, in apparenza, potrebbe mettere d'accordo tutti. Coloro che, in qualche modo ritengono la Siria di Assad preferibile a quella dei ribelli possono sottolineare il carattere attualmente estremista della rivolta, quelli che la pensano in modo opposto rimarcare invece la moderazione e la democraticità della rivoluzione ai suoi esordi chiedendo all'Occidente di operare per aiutare i rivoltosi a recuperarne lo spirito originario. Una bella versione accettabile da tutti quindi. Purtroppo ha un difetto: è falsa o, quantomeno, radicalmente incompleta . Mi spiace doverlo dire, ma sono un convinto assertore del detto secondo cui “la verità è l'unica carità concessa alla Storia”. E la verità è che, fin dagli inizi, la presenza islamista era assolutamente predominante tra i rivoltosi. Lo dico anche per un senso di giustizia verso gli estremisti islamici (salafiti e jihaidisti) colpiti da un'accusa di cui non sono colpevoli: quella di aver rubato ad altri la rivoluzione siriana. Ricordo perfettamente quello che mi risposero sacerdoti, civili e militari alla domanda che posi loro nel novembre 2011 (quindi a pochi mesi dall'inizio della guerra): da che ambienti arrivano i manifestanti che ricorrono alla violenza? La risposta fu unanime (1): in maggioranza dalle moschee dove predicavano imam wahabiti. E fin dai primi giorni del conflitto fu evidente e tutti coloro che la volevano vedere una circostanza devastante: l'arrivo da tutto il mondo islamico di un enorme numero di volontari armati che, attraverso il Libano e la Turchia, accorrevano, rispondendo all'appello di imam estremisti, a dare manforte ai loro confratelli in Siria. E' doveroso ammetterlo: agli inizi della rivolta vi fu effettivamente chi prese le armi spinto solo dalla volontà di cambiare un regime che giudicava (non senza qualche ragione) tirannico e da cui aveva in passato subito torti e ingiustizie, vi furono (e forse ancora ci sono) dei ribelli che combatterono per ottenere una maggiore libertà per il Paese. E' altrettanto doveroso ammettere però che, all'interno della Siria, tutti costoro non hanno mai avuto (e men che meno hanno oggi) un ruolo predominante nella guida della rivoluzione.


Speriamo che prima o poi qualcuno (parlo ovviamente di chi prende decisioni vere in campo internazionale e non certo di noi poveri bischeri che non contiamo nulla) si renda conto che, per affrontare il problema siriano ci vuole una grande capacità di discernimento e di comprensione delle sfumature. Pertanto deformare la realtà ed alimentare una visione manichea della situazione non serve assolutamente a risolvere il problema. Sempre ammesso, ovviamente, che qualcuno lo voglia veramente risolvere.


Mario Villani

1) Non invece i pochi politici che incontrai. Il Governatore di Homs, per fare un esempio, parlò solo di delinquenti comuni. Il timore era che indicando negli ambienti islamisti i principali oppositori armati si alimentasse un clima da guerra religiosa...Con il senno di poi una posizione suicida.

sabato 12 ottobre 2013

Una risposta adeguata alla crisi siriana

Il contributo del responsabile della rete internazionale di giuristi “Comunione e Diritto” per una lettura della questione della guerra in Siria e il compito dell’Europa



05-09-2013  di Gianni Caso
fonte: Città Nuova


Abbiamo seguito in questi giorni le notizie riguardanti l’eventuale azione militare americana e inglese nei confronti della Siria di Assad. Sulla stampa si sono fatte tante ipotesi sullo scopo e il significato di tale azione e sulle possibili conseguenze. Al momento, il presidente Obama ha sospeso l’azione richiedendo l’assenso del Congresso. Analoga cosa è avvenuta in Inghilterra, dove il gabinetto Cameron si è sottomesso alla decisione della Camera dei Comuni. Ritengo che tutto ciò sia positivo e l’avere sospeso l’intervento militare sia stata una prova di saggezza.

Tuttavia rimane il problema dell’atteggiamento dell’Occidente – intendendo per Occidente in senso stretto l’Europa e gli Stati Uniti – di fronte al mondo islamico.
Qui, a mio avviso, alcuni princìpi, che sono anzitutto princìpi ideali e di giustizia prima che di diritto internazionale, devono imporsi agli Stati occidentali (compresi quelli dell’Europa orientale). Il primo principio è la non interferenza negli affari interni degli Stati. Può fare eccezione solo l’intervento chiaramente umanitario, ma sotto l’egida delle Nazioni Unite. Riguardo alla non interferenza bisogna purtroppo rilevare che ad essa non sembrano attenersi neppure gli Stati arabi, se è vero, come sembra, che alla crisi siriana non siano estranei altri Paesi e gruppi arabi.

Un secondo principio che dovrebbe ispirare i rapporti tra gli Stati è la difesa della libertà propria ove questa sia minacciata dall’esterno. La difesa della propria libertà è un sacrosanto dovere e diritto. Questo principio, però, non può essere interpretato nel senso di imporre con la forza la libertà negli Stati ove non ci sia, almeno nel senso che noi occidentali abbiamo della libertà. Fa eccezione, come detto, l’intervento umanitario. Esiste, poi, già il principio nella Carta dell’Onu del divieto di risolvere con la guerra le controversie internazionali.

Venendo a considerare più in concreto il rapporto tra mondo occidentale e mondo islamico, anche qui occorre una dottrina chiara. Questo rapporto riguarda due aspetti: a) le divisioni e le lotte all’interno del mondo islamico; b) il confronto tra l’Occidente e l’Islam.
Quanto al primo aspetto, bisogna accettare che il mondo islamico ha la sua storia e ha diritto di continuare a costruirsi la sua storia. È vero, ci sono all’interno del mondo islamico divisioni e guerre religiose; ma anche la cristianità ha avuto le sue guerre di religione (che, però, sia per gli uni che per gli altri, a ben vedere, sono guerre politiche, ossia legate al potere).
Quanto al secondo aspetto, penso che il confronto tra Occidente e Islam debba avvenire sul piano della civiltà e della cultura. E, in questo confronto, ciò che si richiede all’Occidente (Europa, compresa quella slava, e Nord America) è recuperare la propria civiltà e la propria cultura, che sono quelle della cristianità.

Si afferma che, nell’epoca della secolarizzazione che stiamo vivendo, la cristianità attraversa una grave crisi, per cui non si può più parlare di Occidente cristiano. Ciò nonostante, penso che la sfida per l’Occidente sia proprio questa. Anzitutto, la cristianità deve risolvere i problemi che sono al suo interno in una duplice direzione: a) superare la divisione tra le Chiese, iniziando subito con l’unità tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. Questa unità darebbe alla cristianità, e quindi all’Occidente, la possibilità di presentare all’Islam i propri valori di cultura e di civiltà, inducendo il mondo islamico a fare altrettanto. A questo riguardo, bisogna rilevare quanto sia grave, pericoloso, e non assolutamente accettabile e giustificabile, un rivivere della rivalità tra America e Russia proprio nell’atteggiamento di fronte al mondo islamico.
Ed ecco una ragione in più per l’unità tra cattolici e ortodossi; b) riscoprire e proporre una fede cristiana che risponda ai bisogni dell’uomo e dell’umanità di oggi; che ritrovi l’uomo, al cui servizio deve porsi. Un cristianesimo, quindi, nuovo che recuperi e attualizzi le ragioni del primo annuncio.
Sono stato questa estate in visita al santuario della Madonna di Monte Lussari, posto sui confini tra Italia, Austria e Slovenia. Esso è meta continua di pellegrinaggi delle popolazioni latine, slave e germaniche, ed è diventato simbolo dell’unità dei popoli latini, germanici e slavi, che hanno costruito l’Europa e la cultura europea. Che possa aiutare a costruire l’unità politica dell’Europa.

http://www.cittanuova.it/c/431044/Una_risposta_adeguata_alla_crisi_siriana.html

Siria, una chance (subito) per la pace


Terrasanta.net - di Giuseppe Caffulli

Il clima a Damasco, dopo il raggiungimento dell’accordo tra Usa e Russia e l’accettazione da parte di  Bashar al Assad del piano sulla distruzione delle armi chimiche, sembra essere più sereno. Ma lo spettro di un intervento armato (nel caso di mancato rispetto degli accordi da parte del regime siriano) non è affatto scongiurato.

Nel frattempo, come rivela il Washington Post, gli Usa hanno iniziato a rifornire di armi i ribelli. La Russia, da parte sua, da sempre sostenitrice di Damasco, non ha nascosto i dubbi circa l’esito del rapporto degli ispettori Onu sull’uso di armi chimiche in Siria (il testo è stato presentato il 16 settembre scorso). Per Mosca le «prove inequivocabili» a carico di Assad altro non sarebbero altro che indizi parziali e deduzioni viziate da pregiudizi politici.

Nel mezzo della tragedia siriana, tra ipocrisie e menzogne, a preoccupare sempre più è la marea di rifugiati interni e profughi, mentre il Paese è allo stremo: mancano in molte zone generi di prima necessità e medicine. Ovunque morti (ormai centomila) e centinaia di migliaia di feriti (in gran parte civili) in una guerra che dura ormai da due anni e mezzo. E della quale, ad oggi, non si vede la fine.

Può essere un intervento contro Assad (con il rischio di rafforzare le frange dell'Islam qaedista che controllano zone del Paese, e il cui integralismo religioso preoccupa fortemente le comunità cristiane siriane) a risolvere la situazione? Può essere viceversa il sostegno alla galassia delle fazioni anti-Assad, spesso in contrapposizione tra loro e con progetti politici diametralmente opposti?

O non è proprio questo il momento di giocare con più forza l’arma della politica e della diplomazia, agendo sugli attori regionali (Iran, Turchia, Arabia Saudita, Qatar) in campo su fronti opposti, per trovare rapidamente una via d’uscita? Solo il dialogo e la trattativa (come ha ribadito Papa Francesco) «rispettando giustizia e dignità soprattutto per i più deboli», può fornire una qualche soluzione.

Nell’imminenza del paventato attacco Usa su Damasco, gli operatori umanitari si erano trovati a fronteggiare un nuovo, massiccio flusso di profughi verso la Giordania, il Libano e il Kurdistan iracheno.
Se non sarà data una nuova possibilità alla pace, il baratro nel quale sembra essere precipitata la Siria potrebbe farsi ancora più profondo.

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo-rivista.jsp?wi_number=5454&wi_codseq=TS1305

giovedì 10 ottobre 2013

Tra terra e Cielo/ Dipingo la speranza che sovrasta la Siria e il nostro cuore


Milano

INT.
Pier Luca Bencini

giovedì 10 ottobre 2013

“Tra terra e cielo” è il nome della mostra del dottor Pier Luca Bencini, i cui ricavati saranno destinati alle vittime della guerra civile in Siria. L’esposizione avrà luogo nello spazio espositivo Pwc (Price WaterHouse) di Milano in via Monterosa, 91 dal 10 Ottobre al 2 Novembre. L’autore delle tele che verranno esposte è un medico chirurgo e dermatologo, appassionato d’ arte fin dall’età di 15 anni, che dopo  essere venuto in contatto con le monache trappiste del monastero di Valserena, decide di iniziare un rapporto rivolto alla solidarietà. “La situazione siriana non deve essere considerato altro dal nostro essere umani. La condizione dell’uomo è la medesima in qualsivoglia parte del mondo.” A pochi giorni dall’esposizione abbiamo deciso di intervistare l’autore dei dipinti per capire meglio da dove parte l’idea della Mostra e per conoscere la persona di Pier Luca Bencini.

Quale è stata l’esperienza che l’ha spinta ad organizzare questa mostra per contribuire attivamente all’opera delle monache in Siria? Conoscendo le suore trappiste ho avuto modo di constatare il loro impegno sul campo in luoghi come l’Angola e la Siria. Questa loro forza mi ha spinto ad agire al loro fianco. L’idea delle esposizioni è nata dalla badessa per un primo progetto dedicato all’Angola, e ho accettato nell’ottica di dare una risposta interiore data dal bisogno di essere in qualche modo compagnia e fraternità là dove gli amici che hai incontratp nella strada della tua vita testimoniano Cristo nelle difficoltà. L’arte, in fondo, è un raccontare la tensione ultima del desiderio, nasce quindi come un dono e non può non donarsi, se non altro come dimensione del cuore.

Come è venuto in contatto con queste suore? Grazie ad una mia amica dei tempi del Liceo che entrò monaca nella comunità di Valserena. Dopo oltre 40 anni, andando a visitare il monastero, mentre ero in vacanza, ci siamo incontrati. Da qui è iniziata questa amicizia, che (come sempre accade quando prendi sul serio gli incontri) ha chiesto una responsabilità che non poteva essere elusa.

Cosa ne pensa del conflitto siriano? Premetto: questa mostra non è un momento di analisi sul conflitto ma un momento di risposta a un bisogno che implica silenzio e ascolto, essere prossimi a quelle vittime sia cristiane che musulmane. Ognuno parla di democrazia pace e giustizia ma a farne le spese sono le minoranze e la popolazione. Io rispondo all’appello del Papa, basta con le armi: esistono delle possibilità di soluzione non violenta. Ognuna delle due parti in conflitto ha delle responsabilità.

Quali sono le principali emergenze sul suolo siriano?
Sono molte, le stime Onu sono impressionanti. Vittime e persone scomparse a parte (che sono molte migliaia) il numero degli sfollati e di nuovi poveri è impressionate. I generi alimentari essenziali soprattutto pane sono sempre più rari ed hanno costi proibitivi anche a causa dell’embargo vigente. Anche dal punto di vista sanitario la situazione è precaria a causa del diffondersi di focolai di epidemie, epatite in primis.

Come verranno impiegati i fondi della mostra?
L’intero ricavato andrà ai bisognosi siriani poiché alcuni sponsor copriranno le spese della mostra. Per evitare che il denaro si disperda in tanti rivoli, ho deciso di consegnare il ricavato alla diocesi di Aleppo tramite il vicario apostolico Monsignor Giuseppe Nazzaro.

C’è qualche opera in particolare che è risultato di una sensazione su questo conflitto?
È una mostra di orizzonti e paesaggi che mette in evidenza la drammaticità del conflitto nell’incontro tra cielo e terra. Il cuore della mostra è l’orizzonte che simboleggia la dignità e il destino dell’uomo. Noi poniamo lo sguardo verso ciò a cui tendiamo,  verso l’origine e la risposta al nostro desiderio, cioè verso il nostro significato. L’ascolto onesto di questa tensione al senso ultimo dell’essere umano è la base per costruire un mondo nuovo.

Cosa rappresenta per lei l’arte?
Io dipingo da quando avevo 15 anni. Ho incontrato pittori importanti come William Congdon, un allievo di Pollock convertito al cristianesimo. L’arte per me è un modo di vedere attraverso il reale il mistero che è oltre e che la parola, troppo legata alla logicità spesso non è in grado di raccontare. Come dice Dante in molti passi della Sua commedia è impossibile raccontare alcune percezioni, quando si arriva a contemplare l’origine dei nostri desideri («Perché appressando sé al suo disire, nostro intelletto si sprofonda tanto, che dietro la memoria non può ire»)  Anche San Tommaso smise di scrivere quando andò in estasi dopo aver vissuto qualcosa di indescrivibile. Quindi per dirla con il grande pittore Paul Klee: «L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è».

“Oltre il paesaggio ritrovato” è il nome della sua mostra dello scorso anno che ha portato a un ricavato che non si aspettava...
Esattamente, era stata ideata per dare un sostegno  alle suore trappiste di Valserena che operano in Angola . Abbiamo venduto più dell’80% dei quadri esposti.

È da molto che è impegnato nelle operazioni di Fund Raising a beneficio dei più bisognosi?
È difficile delineare un inizio o un confine. Questa idea nasce da incontri e da esperienze che mi hanno portato ad essere prossimo ad alcune realtà come quelle in cui le suore trappiste sono impegnate. Non la definerei beneficenza.

In che senso?
E’ più che altro un modo di essere quello di prendere parte a situazioni in cui la Chiesa è viva. Parte da una risposta a qualcosa che si presenta davanti a noi e che invita a interrogarsi sulla condizione dell’essere umano a prescindere dal contesto di appartenenza.

(Mattia Baglioni)

ilsussidiario.net - il quotidiano approfondito