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venerdì 18 ottobre 2013

Verso una Terra Santa svuotata dei Cristiani?


Patriarca Raï:  "l'obiettivo ipocrita" della guerra in Siria:

“Svuotare il Mashrek (il Medio Oriente) della sua civiltà cristiano-islamica” e “mantenere uno stato di guerra permanente nella regione per fini politici ed economici”. 
Il Patriarca maronita Bechara Raï - riferisce la Radio Vaticana - ha espresso la sua dura denuncia durante una udienza con una delegazione di rappresentanti di undici associazioni cristiane e musulmane francesi, giunta in Libano per esprimere solidarietà al Paese, da mesi in prima linea nell'emergenza umanitaria causata dal conflitto siriano. Secondo il cardinale, questa tragica situazione rischia di peggiorare con l’approssimarsi dell’inverno, fino a diventare "una catastrofe umanitaria".

Attualmente, infatti, oltre un milione e mezzo di profughi siriani sono senza un alloggio decente, senza scuole e assistenza sanitaria. Si sprecano ormai le invocazioni di aiuto: la comunità internazionale ha lanciato un appello a non risparmiare alcuno sforzo per aiutare queste persone in difficoltà. La delegazione, prima di rientrare in Francia, si è rivolta a tutte le organizzazioni religiose e Ong francesi affinché si uniscano "per portare al popolo siriano un messaggio di solidarietà e speranza”.
Infine il patriarca Rai ha fatto sentire la sua voce sul quotidiano libanese "L'Orient-le-jour", dove si è rivolto in particolare ai Paesi occidentali dicendo: “L’Occidente che fino a poco tempo fa invocava l’invio di armi in Siria deve levare la sua voce e chiedere adesso che la pace venga ristabilita”. 
"Sappiamo che alcuni paesi hanno deciso di ospitare sul loro suolo 10.000 sfollati ciascuno. Protestiamo con forza contro una decisione del genere. Si sta sradicando un popolo, si distrugge una civiltà cristiano-musulmana costruita insieme lungo tredici o quattordici secoli di convivenza. Questo è in realtà lo scopo di questa guerra ipocrita: svuotare il Mashreq della sua civiltà e mantenere uno stato di guerra permanente a fini politici ed economici. Noi attribuiamo grande importanza alla convivenza con i nostri concittadini musulmani. Abbiamo costruito una preziosa civiltà comune a cui teniamo".


L'Arcivescovo Marayati: le politiche della comunità internazionale incentivano la fuga dei cristiani



Agenzia Fides 16/10/2013

Aleppo  - “Negli ultimi tempi tra la gente è girata la voce che 17 Paesi hanno aperto le porte ai profughi siriani. Questa notizia ha riacceso con più forza anche tra i cristiani l'impulso a lasciare la Siria”. Lo dichiara all'Agenzia Fides l'arcivescovo armeno cattolico di Aleppo Boutros Marayati, aggiungendo che “per ora non si tratta di un esodo di massa, ma il fenomeno coinvolge un numero crescente di famiglie”.
L'arcivescovo armeno cattolico conferma che i cristiani più ricchi sono già partiti, mentre per gli altri “rimane pericoloso e anche molto costoso ogni tentativo di uscire dal Paese, perchè servono tanti soldi. Ma quelli che hanno già raggiunto il Libano adesso sottoporranno agli organismi dell'Onu le loro richieste di espatrio, confidando che siano accolte con prontezza”.
Secondo l'arcivescovo Marayati “la situazione siriana diventa sempre più complicata, e ogni sua banalizzazione appare fuoviante”. Ad esempio, accanto ai cristiani che fuggono ce ne sono altri che ritornano a Aleppo dopo essersi rifugiati nell'area costiera di Lattakia, perché “non avevano soldi per pagare l'affitto dell'alloggio e qui possono mandare anche i figli alle scuole, che hanno riaperto”.

Anche l'idea di un fronte unico delle milizie d'opposizione che combattono contro il regime appare ormai da accantonare in via definitiva, perchè tra i ribelli “ci sono tante fazioni che sul campo si combattono tra loro”.

Nei giorni scorsi l'esercito di Assad ha riaperto la strada che univa Aleppo a Homs. L'allentamento dell'assedio ha consentito di far arrivare in città derrate alimentari che mancavano da mesi. Ma l'Arcivescovo Marayati assicura che il sollievo concreto percepito dalla popolazione è stato finora minimo: “Il cibo diventa sempre più caro, mancano corrente e acqua in molti quartieri. Passiamo il tempo a distribuire aiuti alimentari e beni di prima necessità, e le famiglie che li chiedono aumentano sempre. Nei quartieri periferici e nei sobborghi le esplosioni e i bombardamenti continuano. Anche ieri, nel giorno della festa musulmana del Sacrificio, hanno segnato l'intera giornata, senza alcuna tregua”.

http://www.fides.org/it/news/53764-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_Marayati_le_politiche_della_comunita_internazionale_incentivano_la_fuga_dei_cristiani#.Ul58cm1H4id


Migliaia di cristiani siriani chiedono la cittadinanza russa

Il ministero degli Esteri di Mosca pubblica l'appello dei cristiani della regione di Qalamoun: l'Occidente appoggia i terroristi, la Russia è fattore di pace. "Per la prima volta dalla nascita di Cristo rischiano di essere banditi dalle loro terre".




AsiaNews - 17/10/2013

Mosca - Circa 50mila cristiani siriani hanno chiesto la cittadinanza russa, col timore di "essere banditi dalle proprie terre, per la prima volta dalla nascita di Cristo". Lo ha reso noto il ministero degli Esteri russo, pubblicando sul suo sito internet l'appello collettivo del gruppo di siriani di Qalamoun, dove si concentrano i villaggi a maggioranza cristiana, come quello di Maaloula, vittima di violenze mirate, da parte di Al-Nusra, gruppo legato ad al-Qaeda. I firmatari puntano il dito contro l'Occidente, che appoggia "l'attacco da parte dei terroristi" contro la Siria: la Federazione russa è di conseguenza definita "un potente fattore di pace e stabilità".
"Visto che la legge siriana permette la doppia cittadinanza, abbiamo deciso di chiedere quella della Federazione russa, un onore per ogni cristiano siriano che desiderasse ottenerla", si legge nella lettera.  "Il nostro appello non significa che non ci fidiamo dell'esercito siriano o del governo - scrivono - ma siamo spaventati dal complotto dell'Occidente e dai fanatici pieni d'odio che stanno intraprendendo una guerra brutale contro il nostro Paese".



Patrimonio dell'Unesco, Maaloula dista 40 km a nord di Damasco. Il villaggio è famoso in tutto il mondo come uno dei luoghi simbolo della cristianità in Medio Oriente ed è l'unico luogo al mondo, dove è ancora parlato l'aramaico, il villaggio è considerato un simbolo della convivenza interreligiosa.
"E' la prima volta dalla nascita di Cristo che noi cristiani della zona di Qalamoun, che viviamo nei villaggi di Saidnaya, Maara Saidnaya, Maaloula e Maaroun, siamo sotto la minaccia di essere banditi dalla nostra terra - denuncia l'appello - preferiamo la morte all'esilio e alla vita in campi profughi e così difenderemo la nostra terra, il nostro onore e la nostra fede e non lasceremo la terra su cui ha camminato Cristo".
"I cristiani di Qalamoun crediamo che lo scopo dei terroristi appoggiati dall'Occidente sia quello di eliminare la loro presenza da quella che è la loro terra natia e con i metodi più disgustosi, compresa l'uccisione selvaggia di gente comune", continua la lettera. "Vediamo la Federazione russa come un potente fattore di pace e stabilità - concludono - la Russia persegue una posizione ferma nella difesa della Siria, della sua gente e della sua integrità territoriale".

L'attacco degli estremisti islamici a Maaloula è diventato un simbolo delle sofferenze dei cristiani nel Paese mediorientale. L' Osservatorio siriano per i diritti umani, legato alla ribellione, ha confermato la presenza di battaglioni affiliati ad al-Qaeda fra le milizie che hanno invaso la cittadina e  hanno profanato i monasteri di Santa Tecla e San Sergio, distruggendo le croci sulle loro cupole e gli antichi arredi sacri. 

http://www.asianews.it/notizie-it/Migliaia-di-cristiani-siriani-chiedono-la-cittadinanza-russa-29303.html

L'appello del Custode di Terra Santa 


mercoledì 16 ottobre 2013

Maristi di Aleppo: sempre qui, a seminare la Speranza




Lettera n ° 14 da Aleppo (10 ottobre 2013)

Un fragile status-quo regna in Aleppo nelle ultime settimane , in concomitanza con la decisione di sospendere gli attacchi aerei che si sarebbero dovuti infliggere a noi per "punire" il regime che aveva usato armi chimiche . 
Voler "punire" il regime uccidendo giovani soldati di leva (che si trovano sui siti di destinazione ) o civili ( con le cosiddette bombe intelligenti che spesso mancano il loro obiettivo , come abbiamo visto altrove) e bombardando le infrastrutture già in gran parte distrutte da due anni e mezzo di guerra! Che stupidità! Gli Aleppini hanno trovato grottesca questa farsa e , in altre circostanze , avrebbero riso . Come se la crisi siriana fosse iniziata con le armi chimiche, e  con la loro distruzione sarebbe finita... Fortunatamente l'accordo , che ha salvato la faccia dei guerrafondai occidentali,  sembra essere l'inizio di un processo di pace negoziata. Dunque, dopo questo accordo , non c'è quasi nessuna azione militare in città se non il suono continuo , ma distante, dei cannoni da una parte e le battaglie in atto nelle campagne tra i gruppi armati ribelli , mentre il gruppo islamista più estremista ha preso il sopravvento e sta procedendo  all'esecuzione di leader dell' ESL .

Per quanto riguarda la vita di tutti i giorni in Aleppo , è meno difficile di prima . C'è ancora il razionamento di acqua, luce e pane , ma sembra che gli Aleppini si siano abituati a questo stato di cose e hanno organizzato la loro vita di conseguenza. Gli sfollati che avevano cercato rifugio nelle scuole sono state evacuati e le scuole sono state aperte . 

Siccome il blocco dei rifornimenti dura da 3 mesi a questa parte, è diventato meno doloroso con una nuova attività : " maabarji " = colui che attraversa il Maabar o il punto di passaggio tra le due aree . I ribelli , che hanno imposto il blocco , lasciano passare i pedoni ( a migliaia ogni giorno e in 2 direzioni ) . Essi consentono loro di prendere con sè dei piccoli sacchetti di plastica neri che possono portare con le loro due mani ( è vietato introdurre  i beni sui camion ). Così ogni persona rientra in città  fornita di un sacchetto di 1 kg di pomodori , un altro di cetrioli  , un terzo di uva, ecc .... Una volta ad Aleppo , il maabarji consegna le borse a un socio e riattraversa per ritornare con altre borse . E poichè 1 kg più 1 kg possono fare decine di chili , tutte le strade di Aleppo sono invase da bancarelle di mercanti , che fanno provviste dai  maabarjis che vendono i loro prodotti a prezzi esorbitanti a causa del numero di intermediari e delle tangenti che devono pagare a coloro che piantonano la barriera di attraversamento . Il rifornimento  è diventato, per le bande armate, un business molto redditizio . Ma i 2 milioni di Aleppini , già impoveriti dalla guerra , pagano i prodotti  5 volte più cari  rispetto agli stessi prodotti che sono al di là del Maabar . La maggior parte delle persone viaggia a piedi. Il traffico automobilistico è molto difficile perché i marciapiedi sono gremiti di mercanti, con la carreggiata dei pedoni e le auto a zig zag tra di loro.

Benzina, olio e farina sono ancora vietate da far attraversare . Ho potuto riempire il serbatoio del mio generatore di 1000 litri di carburante che il maabarji ha fatto passare, in diversi passaggi, in 100 sacchetti di plastica trasparente da 10 litri ciascuno, facendoli figurare come aceto ! 


Siamo stati senza telefono per 3 settimane e siamo senza Internet da 6 settimane e il blocco delle persone è  in vigore da 45 giorni : nessuno può entrare o uscire da Aleppo senza rischiare la vita. Ci è stato promesso un miglioramento con l'apertura di una nuova strada che dovrebbe bypassare le aree nelle mani dei ribelli e attraverso la quale sarà inviato tutto quello che manca e permetterà agli abitanti di viaggiare.

Le nostre attività con i Maristi  Blu e Orecchio Dio continuano al meglio . 
Abbiamo deciso all'inizio di settembre di sistemare nella città le famiglie degli sfollati fuggiti da Jabal Al Sayde che si erano rifugiati a casa nostra fuggendo dal loro quartiere che era stato invaso dai ribelli il Venerdì Santo. E questo per due motivi : abbiamo sentito che era il momento per queste persone di vivere in famiglia, mentre sono rimasti con noi per 5 mesi in dormitori separati e poi la casa dei Maristi è lontana dalle scuole dei loro figli , così abbiamo ritenuto che con l'anno scolastico sarebbe meglio che vivessero nei pressi delle scuole dei bambini , lo scuolabus non esiste più. Abbiamo pagato loro l'affitto ( per 6 mesi ), in piccoli appartamenti ammobiliati (in modo rudimentale ) che avevano trovato .

Dal 1 ° ottobre , abbiamo organizzato il nostro lavoro e le nostre attività intorno a due assi :

Attività di soccorso :
Il nostro programma per aiutare i profughi di Jabal Al Sayde continua . Il  14° Cesto della Montagna ( Sallet al Jabal = paniere alimentare mensile ) è stato distribuito a 300 famiglie venerdì 4 ottobre . Una distribuzione di abbigliamento invernale ( i nostri sfollati avevano lasciato a fine marzo i loro appartamenti portando con sé solo i vestiti che indossavano in primavera ) è prevista per la fine di ottobre . Ai primi di novembre , daremo loro scarpe e le bombole di gas ( essenziale per la cucina) . Offriamo materiale e libri scolastici per i bambini . E non dimentichiamo neanche i nostri protetti del quartiere di Midan che ricevono anch'essi un paniere alimentare mensile . Portiamo ogni mezzogiorno il pasto caldo a 250 persone in stato di bisogno . E noi continueremo il nostro progetto " Vittime di guerra ", per il trattamento gratuito dei civili colpiti da atti di guerra che non hanno i mezzi per farsi curare a proprie spese .

Attività didattiche :
Ora che i nostri locali sono nuovamente disponibili con la partenza dei nostri sfollati, per ritornare alla missione principale del carisma marista che è l' educazione dei bambini, soprattutto i più svantaggiati , abbiamo sviluppato le nostre attività educative per soddisfare le enormi esigenze create dalla guerra. " Imparare a crescere " si è ampliato e ora ha un fratello gemello . Si occupa della cura di bambini in età prescolare , di età da 3 a 6 anni, attraverso l'istruzione , la formazione e la salute . Il progetto iniziale continua per tutto il pomeriggio dalle 15h alle 19h con 55 bambini provenienti da famiglie povere e di sfollati . Il nuovo progetto si svolge ogni mattina dalle 09:00 alle12:30 con 100 bambini di famiglie sfollate dalle scuole. In parallelo , la mattina , parte un nuovo progetto " Voglio imparare " rivolto a 50 bambini sfollati in età scolare da 7 a 13 anni ma che non vanno a scuola, per insegnare loro almeno  a leggere, scrivere e contare . Il programma " Tawassol " continua quattro mattine alla settimana ed è progettato per dare alle madri , dai 20 ai 35 anni , corsi di inglese, informatica, istruzione e lavoro manuale per permettere loro, in aggiunta a progredire, di seguire i bambini nelle loro lezioni ; l'inglese e il computer sono ora nel curriculum scolastico dalla prima classe . Infine, il programma " Skills School " continua alcuni pomeriggi per gli/le adolescenti. Il loro numero supera ormai cinquanta.



Vorrei sottolineare che i nostri programmi sono per le famiglie svantaggiate e /o sfollate e sono completamente gratuiti .
Abbiamo ancora altri progetti che vorremmo realizzare , ma , nonostante i 42 volontari , 6 dipendenti (autisti , responsabile acquisti ... ) e i 9 membri del nostro team ( 3 Fratelli Maristi , 6 laici: 4 donne e 2 uomini ) , ci mancano le risorse umane .

Ecco dove siamo. Siamo un po' più ottimisti rispetto a due mesi fa, ma aneliamo che la guerra abbia fine. Con i Maristi di tutto il mondo , il nostro motto per quest'anno è : SEMINA LA SPERANZA. 

In chiusura , vogliamo ringraziare tutti gli amici che ci sostengono con la loro amicizia , i loro messaggi , le loro preghiere e donazioni .

Per i Maristi Blu, Nabil Antaki
Aleppo il 10 ottobre 2013

domenica 13 ottobre 2013

Una rivoluzione tradita?

Una nuova lettura degli avvenimenti siriani appare sui nostri mass media

foto Alessio Romenzi







     di Mario Villani 


Facciamo un passo indietro ed andiamo a rivedere quello che riportavano giornali e televisioni sui fatti che coinvolgevano la Siria. Ve lo ricordate? Per molti mesi l'immagine offerta fu quella di un popolo che scendeva pacificamente in piazza per reclamare la libertà e che veniva massacrato da un esercito e da una polizia al servizio di quello che era definito aprioristicamente come il “feroce dittatore”. Praticamente a nulla serviva il far notare che la maggior parte delle vittime dei primi scontri apparteneva alle forze dell'ordine e che, pertanto, proprio pacifiche quelle manifestazioni non dovevano essere. Sordi ad ogni argomento contrario i mass media avevano un titolo standard : “Le milizie di Assad bombardano pacifici manifestanti”. Con il passare del tempo e con il moltiplicarsi di filmati e testimonianze diffuse su internet divenne però sempre più difficile nascondere il fatto che anche i “manifestanti” sparavano e quindi ecco la nuova chiave di lettura delle vicende siriane fornita dai mass media: schiacciato dalla feroce repressione del regime il popolo siriano ha preso le armi per far trionfare la democrazia e ritrovare la libertà, aiutato in questa lotta dalle migliaia di disertori che avevano abbandonato l'esercito siriano per non essere costretti a sparare sul popolo. Chiunque osava mettere in dubbio questo dogma - magari ponendo qualche dubbio sulla reale ansia di democrazia di tutti i rivoltosi e sul reale numero dei disertori- era immediatamente bollato come amico, probabilmente prezzolato, del dittatore di Damasco. Il fatto che, solo per fare un esempio, tutte le autorità ecclesiastiche in Siria e nel vicino Libano contestassero pesantemente questa visione brutalmente manichea degli avvenimenti era considerato privo di rilevanza persino dai media cattolici che preferivano attenersi alla versione di una sola persona, un gesuita italiano (a cui peraltro oggi vanno i nostri sinceri auguri e le nostre preghiere per un ritorno in patria sano e salvo), che si era eretto a paladino dei ribelli, arrivando ad accusare di “collaborazionismo” con il regime le Gerarchie delle chiese cristiane del paese. Tutti, concordemente, prevedevano che il regime, “indebolito dalle continue diserzioni e travolto dalla crescente ostilità popolare” sarebbe caduto in pochissimo tempo. Addirittura il nostro Ministro degli Esteri di allora, Terzi di Sant'agata, dichiarò che si trattava di una questione di giorni.


Sono passati i mesi e gli anni ed il regime non è caduto, confermando che avevano ragione coloro i quali sostenevano che la rivolta aveva l'appoggio solo di una parte, oltretutto minoritaria, della popolazione siriana e che le diserzioni dall'esercito non erano state decine di migliaia, ma solo poche centinaia. Con il passare del tempo inoltre è apparso in maniera sempre meno occultabile il carattere islamista della rivolta. Dichiarazioni truculente di leaders dei movimenti armati, rapimenti e uccisioni di cristiani (compresi sacerdoti e vescovi) e appartenenti ad altre minoranze religiose, distruzioni di luoghi di culto e l'attacco a Maalula, applicazione di una feroce “legge islamica” nelle zone controllate, autobombe contro i civili, massacri e torture di prigionieri, sanguinosi regolamenti di conti tra bande di ribelli rivali, sono divenuti talmente frequenti da non poter più essere tenute nascoste all'opinione pubblica. L'orrenda immagine di un “ribelle” (ma ha il diritto di essere così definito uno psicopatico criminale?) che strappa il cuore di un soldato ferito e lo divora o di quell'altro che pone la testa mozzata di un militare a cuocere su un barbecue hanno fatto il giro di internet riuscendo a meritare ad una parte almeno dei “rivoltosi” l'etichetta che il Presidente russo Putin ha loro cucito addosso: cannibali.
 
Impossibile quindi continuare a sostenere la tesi di una opposizione al regime siriano laica e democratica, “costretta” dalla violenza del regime a impugnare le armi, ma desiderosa di risparmiare ogni sofferenza alla popolazione civile. 
Ecco quindi l'ultima versione, lanciata per primo dal giornalista della Stampa Quirico dopo alcuni mesi trascorsi come “ospite” involontario delle bande armate, versione che ormai sta facendosi strada su gran parte dei mezzi di comunicazione: la rivoluzione siriana degli inizi era buona, democratica e moderata, ma l'Occidente non l'ha appoggiata come avrebbe invece dovuto fare e così i leaders ribelli sono stati costretti a chiedere l'aiuto dei gruppi islamisti più radicali e dei paesi loro alleati, finendo però per diventare, di fatto, loro ostaggi. I gruppi islamici radicali avrebbero in pratica “scippato” la rivoluzione dalle mani dei democratici. E' una versione che, in apparenza, potrebbe mettere d'accordo tutti. Coloro che, in qualche modo ritengono la Siria di Assad preferibile a quella dei ribelli possono sottolineare il carattere attualmente estremista della rivolta, quelli che la pensano in modo opposto rimarcare invece la moderazione e la democraticità della rivoluzione ai suoi esordi chiedendo all'Occidente di operare per aiutare i rivoltosi a recuperarne lo spirito originario. Una bella versione accettabile da tutti quindi. Purtroppo ha un difetto: è falsa o, quantomeno, radicalmente incompleta . Mi spiace doverlo dire, ma sono un convinto assertore del detto secondo cui “la verità è l'unica carità concessa alla Storia”. E la verità è che, fin dagli inizi, la presenza islamista era assolutamente predominante tra i rivoltosi. Lo dico anche per un senso di giustizia verso gli estremisti islamici (salafiti e jihaidisti) colpiti da un'accusa di cui non sono colpevoli: quella di aver rubato ad altri la rivoluzione siriana. Ricordo perfettamente quello che mi risposero sacerdoti, civili e militari alla domanda che posi loro nel novembre 2011 (quindi a pochi mesi dall'inizio della guerra): da che ambienti arrivano i manifestanti che ricorrono alla violenza? La risposta fu unanime (1): in maggioranza dalle moschee dove predicavano imam wahabiti. E fin dai primi giorni del conflitto fu evidente e tutti coloro che la volevano vedere una circostanza devastante: l'arrivo da tutto il mondo islamico di un enorme numero di volontari armati che, attraverso il Libano e la Turchia, accorrevano, rispondendo all'appello di imam estremisti, a dare manforte ai loro confratelli in Siria. E' doveroso ammetterlo: agli inizi della rivolta vi fu effettivamente chi prese le armi spinto solo dalla volontà di cambiare un regime che giudicava (non senza qualche ragione) tirannico e da cui aveva in passato subito torti e ingiustizie, vi furono (e forse ancora ci sono) dei ribelli che combatterono per ottenere una maggiore libertà per il Paese. E' altrettanto doveroso ammettere però che, all'interno della Siria, tutti costoro non hanno mai avuto (e men che meno hanno oggi) un ruolo predominante nella guida della rivoluzione.


Speriamo che prima o poi qualcuno (parlo ovviamente di chi prende decisioni vere in campo internazionale e non certo di noi poveri bischeri che non contiamo nulla) si renda conto che, per affrontare il problema siriano ci vuole una grande capacità di discernimento e di comprensione delle sfumature. Pertanto deformare la realtà ed alimentare una visione manichea della situazione non serve assolutamente a risolvere il problema. Sempre ammesso, ovviamente, che qualcuno lo voglia veramente risolvere.


Mario Villani

1) Non invece i pochi politici che incontrai. Il Governatore di Homs, per fare un esempio, parlò solo di delinquenti comuni. Il timore era che indicando negli ambienti islamisti i principali oppositori armati si alimentasse un clima da guerra religiosa...Con il senno di poi una posizione suicida.

sabato 12 ottobre 2013

Una risposta adeguata alla crisi siriana

Il contributo del responsabile della rete internazionale di giuristi “Comunione e Diritto” per una lettura della questione della guerra in Siria e il compito dell’Europa



05-09-2013  di Gianni Caso
fonte: Città Nuova


Abbiamo seguito in questi giorni le notizie riguardanti l’eventuale azione militare americana e inglese nei confronti della Siria di Assad. Sulla stampa si sono fatte tante ipotesi sullo scopo e il significato di tale azione e sulle possibili conseguenze. Al momento, il presidente Obama ha sospeso l’azione richiedendo l’assenso del Congresso. Analoga cosa è avvenuta in Inghilterra, dove il gabinetto Cameron si è sottomesso alla decisione della Camera dei Comuni. Ritengo che tutto ciò sia positivo e l’avere sospeso l’intervento militare sia stata una prova di saggezza.

Tuttavia rimane il problema dell’atteggiamento dell’Occidente – intendendo per Occidente in senso stretto l’Europa e gli Stati Uniti – di fronte al mondo islamico.
Qui, a mio avviso, alcuni princìpi, che sono anzitutto princìpi ideali e di giustizia prima che di diritto internazionale, devono imporsi agli Stati occidentali (compresi quelli dell’Europa orientale). Il primo principio è la non interferenza negli affari interni degli Stati. Può fare eccezione solo l’intervento chiaramente umanitario, ma sotto l’egida delle Nazioni Unite. Riguardo alla non interferenza bisogna purtroppo rilevare che ad essa non sembrano attenersi neppure gli Stati arabi, se è vero, come sembra, che alla crisi siriana non siano estranei altri Paesi e gruppi arabi.

Un secondo principio che dovrebbe ispirare i rapporti tra gli Stati è la difesa della libertà propria ove questa sia minacciata dall’esterno. La difesa della propria libertà è un sacrosanto dovere e diritto. Questo principio, però, non può essere interpretato nel senso di imporre con la forza la libertà negli Stati ove non ci sia, almeno nel senso che noi occidentali abbiamo della libertà. Fa eccezione, come detto, l’intervento umanitario. Esiste, poi, già il principio nella Carta dell’Onu del divieto di risolvere con la guerra le controversie internazionali.

Venendo a considerare più in concreto il rapporto tra mondo occidentale e mondo islamico, anche qui occorre una dottrina chiara. Questo rapporto riguarda due aspetti: a) le divisioni e le lotte all’interno del mondo islamico; b) il confronto tra l’Occidente e l’Islam.
Quanto al primo aspetto, bisogna accettare che il mondo islamico ha la sua storia e ha diritto di continuare a costruirsi la sua storia. È vero, ci sono all’interno del mondo islamico divisioni e guerre religiose; ma anche la cristianità ha avuto le sue guerre di religione (che, però, sia per gli uni che per gli altri, a ben vedere, sono guerre politiche, ossia legate al potere).
Quanto al secondo aspetto, penso che il confronto tra Occidente e Islam debba avvenire sul piano della civiltà e della cultura. E, in questo confronto, ciò che si richiede all’Occidente (Europa, compresa quella slava, e Nord America) è recuperare la propria civiltà e la propria cultura, che sono quelle della cristianità.

Si afferma che, nell’epoca della secolarizzazione che stiamo vivendo, la cristianità attraversa una grave crisi, per cui non si può più parlare di Occidente cristiano. Ciò nonostante, penso che la sfida per l’Occidente sia proprio questa. Anzitutto, la cristianità deve risolvere i problemi che sono al suo interno in una duplice direzione: a) superare la divisione tra le Chiese, iniziando subito con l’unità tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. Questa unità darebbe alla cristianità, e quindi all’Occidente, la possibilità di presentare all’Islam i propri valori di cultura e di civiltà, inducendo il mondo islamico a fare altrettanto. A questo riguardo, bisogna rilevare quanto sia grave, pericoloso, e non assolutamente accettabile e giustificabile, un rivivere della rivalità tra America e Russia proprio nell’atteggiamento di fronte al mondo islamico.
Ed ecco una ragione in più per l’unità tra cattolici e ortodossi; b) riscoprire e proporre una fede cristiana che risponda ai bisogni dell’uomo e dell’umanità di oggi; che ritrovi l’uomo, al cui servizio deve porsi. Un cristianesimo, quindi, nuovo che recuperi e attualizzi le ragioni del primo annuncio.
Sono stato questa estate in visita al santuario della Madonna di Monte Lussari, posto sui confini tra Italia, Austria e Slovenia. Esso è meta continua di pellegrinaggi delle popolazioni latine, slave e germaniche, ed è diventato simbolo dell’unità dei popoli latini, germanici e slavi, che hanno costruito l’Europa e la cultura europea. Che possa aiutare a costruire l’unità politica dell’Europa.

http://www.cittanuova.it/c/431044/Una_risposta_adeguata_alla_crisi_siriana.html

Siria, una chance (subito) per la pace


Terrasanta.net - di Giuseppe Caffulli

Il clima a Damasco, dopo il raggiungimento dell’accordo tra Usa e Russia e l’accettazione da parte di  Bashar al Assad del piano sulla distruzione delle armi chimiche, sembra essere più sereno. Ma lo spettro di un intervento armato (nel caso di mancato rispetto degli accordi da parte del regime siriano) non è affatto scongiurato.

Nel frattempo, come rivela il Washington Post, gli Usa hanno iniziato a rifornire di armi i ribelli. La Russia, da parte sua, da sempre sostenitrice di Damasco, non ha nascosto i dubbi circa l’esito del rapporto degli ispettori Onu sull’uso di armi chimiche in Siria (il testo è stato presentato il 16 settembre scorso). Per Mosca le «prove inequivocabili» a carico di Assad altro non sarebbero altro che indizi parziali e deduzioni viziate da pregiudizi politici.

Nel mezzo della tragedia siriana, tra ipocrisie e menzogne, a preoccupare sempre più è la marea di rifugiati interni e profughi, mentre il Paese è allo stremo: mancano in molte zone generi di prima necessità e medicine. Ovunque morti (ormai centomila) e centinaia di migliaia di feriti (in gran parte civili) in una guerra che dura ormai da due anni e mezzo. E della quale, ad oggi, non si vede la fine.

Può essere un intervento contro Assad (con il rischio di rafforzare le frange dell'Islam qaedista che controllano zone del Paese, e il cui integralismo religioso preoccupa fortemente le comunità cristiane siriane) a risolvere la situazione? Può essere viceversa il sostegno alla galassia delle fazioni anti-Assad, spesso in contrapposizione tra loro e con progetti politici diametralmente opposti?

O non è proprio questo il momento di giocare con più forza l’arma della politica e della diplomazia, agendo sugli attori regionali (Iran, Turchia, Arabia Saudita, Qatar) in campo su fronti opposti, per trovare rapidamente una via d’uscita? Solo il dialogo e la trattativa (come ha ribadito Papa Francesco) «rispettando giustizia e dignità soprattutto per i più deboli», può fornire una qualche soluzione.

Nell’imminenza del paventato attacco Usa su Damasco, gli operatori umanitari si erano trovati a fronteggiare un nuovo, massiccio flusso di profughi verso la Giordania, il Libano e il Kurdistan iracheno.
Se non sarà data una nuova possibilità alla pace, il baratro nel quale sembra essere precipitata la Siria potrebbe farsi ancora più profondo.

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo-rivista.jsp?wi_number=5454&wi_codseq=TS1305

giovedì 10 ottobre 2013

Tra terra e Cielo/ Dipingo la speranza che sovrasta la Siria e il nostro cuore


Milano

INT.
Pier Luca Bencini

giovedì 10 ottobre 2013

“Tra terra e cielo” è il nome della mostra del dottor Pier Luca Bencini, i cui ricavati saranno destinati alle vittime della guerra civile in Siria. L’esposizione avrà luogo nello spazio espositivo Pwc (Price WaterHouse) di Milano in via Monterosa, 91 dal 10 Ottobre al 2 Novembre. L’autore delle tele che verranno esposte è un medico chirurgo e dermatologo, appassionato d’ arte fin dall’età di 15 anni, che dopo  essere venuto in contatto con le monache trappiste del monastero di Valserena, decide di iniziare un rapporto rivolto alla solidarietà. “La situazione siriana non deve essere considerato altro dal nostro essere umani. La condizione dell’uomo è la medesima in qualsivoglia parte del mondo.” A pochi giorni dall’esposizione abbiamo deciso di intervistare l’autore dei dipinti per capire meglio da dove parte l’idea della Mostra e per conoscere la persona di Pier Luca Bencini.

Quale è stata l’esperienza che l’ha spinta ad organizzare questa mostra per contribuire attivamente all’opera delle monache in Siria? Conoscendo le suore trappiste ho avuto modo di constatare il loro impegno sul campo in luoghi come l’Angola e la Siria. Questa loro forza mi ha spinto ad agire al loro fianco. L’idea delle esposizioni è nata dalla badessa per un primo progetto dedicato all’Angola, e ho accettato nell’ottica di dare una risposta interiore data dal bisogno di essere in qualche modo compagnia e fraternità là dove gli amici che hai incontratp nella strada della tua vita testimoniano Cristo nelle difficoltà. L’arte, in fondo, è un raccontare la tensione ultima del desiderio, nasce quindi come un dono e non può non donarsi, se non altro come dimensione del cuore.

Come è venuto in contatto con queste suore? Grazie ad una mia amica dei tempi del Liceo che entrò monaca nella comunità di Valserena. Dopo oltre 40 anni, andando a visitare il monastero, mentre ero in vacanza, ci siamo incontrati. Da qui è iniziata questa amicizia, che (come sempre accade quando prendi sul serio gli incontri) ha chiesto una responsabilità che non poteva essere elusa.

Cosa ne pensa del conflitto siriano? Premetto: questa mostra non è un momento di analisi sul conflitto ma un momento di risposta a un bisogno che implica silenzio e ascolto, essere prossimi a quelle vittime sia cristiane che musulmane. Ognuno parla di democrazia pace e giustizia ma a farne le spese sono le minoranze e la popolazione. Io rispondo all’appello del Papa, basta con le armi: esistono delle possibilità di soluzione non violenta. Ognuna delle due parti in conflitto ha delle responsabilità.

Quali sono le principali emergenze sul suolo siriano?
Sono molte, le stime Onu sono impressionanti. Vittime e persone scomparse a parte (che sono molte migliaia) il numero degli sfollati e di nuovi poveri è impressionate. I generi alimentari essenziali soprattutto pane sono sempre più rari ed hanno costi proibitivi anche a causa dell’embargo vigente. Anche dal punto di vista sanitario la situazione è precaria a causa del diffondersi di focolai di epidemie, epatite in primis.

Come verranno impiegati i fondi della mostra?
L’intero ricavato andrà ai bisognosi siriani poiché alcuni sponsor copriranno le spese della mostra. Per evitare che il denaro si disperda in tanti rivoli, ho deciso di consegnare il ricavato alla diocesi di Aleppo tramite il vicario apostolico Monsignor Giuseppe Nazzaro.

C’è qualche opera in particolare che è risultato di una sensazione su questo conflitto?
È una mostra di orizzonti e paesaggi che mette in evidenza la drammaticità del conflitto nell’incontro tra cielo e terra. Il cuore della mostra è l’orizzonte che simboleggia la dignità e il destino dell’uomo. Noi poniamo lo sguardo verso ciò a cui tendiamo,  verso l’origine e la risposta al nostro desiderio, cioè verso il nostro significato. L’ascolto onesto di questa tensione al senso ultimo dell’essere umano è la base per costruire un mondo nuovo.

Cosa rappresenta per lei l’arte?
Io dipingo da quando avevo 15 anni. Ho incontrato pittori importanti come William Congdon, un allievo di Pollock convertito al cristianesimo. L’arte per me è un modo di vedere attraverso il reale il mistero che è oltre e che la parola, troppo legata alla logicità spesso non è in grado di raccontare. Come dice Dante in molti passi della Sua commedia è impossibile raccontare alcune percezioni, quando si arriva a contemplare l’origine dei nostri desideri («Perché appressando sé al suo disire, nostro intelletto si sprofonda tanto, che dietro la memoria non può ire»)  Anche San Tommaso smise di scrivere quando andò in estasi dopo aver vissuto qualcosa di indescrivibile. Quindi per dirla con il grande pittore Paul Klee: «L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è».

“Oltre il paesaggio ritrovato” è il nome della sua mostra dello scorso anno che ha portato a un ricavato che non si aspettava...
Esattamente, era stata ideata per dare un sostegno  alle suore trappiste di Valserena che operano in Angola . Abbiamo venduto più dell’80% dei quadri esposti.

È da molto che è impegnato nelle operazioni di Fund Raising a beneficio dei più bisognosi?
È difficile delineare un inizio o un confine. Questa idea nasce da incontri e da esperienze che mi hanno portato ad essere prossimo ad alcune realtà come quelle in cui le suore trappiste sono impegnate. Non la definerei beneficenza.

In che senso?
E’ più che altro un modo di essere quello di prendere parte a situazioni in cui la Chiesa è viva. Parte da una risposta a qualcosa che si presenta davanti a noi e che invita a interrogarsi sulla condizione dell’essere umano a prescindere dal contesto di appartenenza.

(Mattia Baglioni)

ilsussidiario.net - il quotidiano approfondito

mercoledì 9 ottobre 2013

Hollande al fianco dei cristiani siriani Defunti



La Bussola Quotidiana - 09-10-2013
di Gianandrea Gaiani 

Ci sono notizie che lasciano stupefatti e impongono di chiedersi se stiamo sognando o se ci stanno prendendo per i fondelli. Lunedì il presidente francese, François Hollande, ha «espresso preoccupazione per la sorte dei cristiani d'Oriente, in particolare in Siria, e ha dichiarato la volontà della Francia di stare al loro fianco». È quanto si legge in una nota diffusa dall'Eliseo al termine dell'incontro con il neo presidente della Conferenza episcopale francese, Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia.

Parole che destano sconcerto se si considera il supporto totale e incondizionato che Hollande ha fornito e continua a fornire ai ribelli siriani, per lo più gruppi salafiti, jihadisti, qaedisti ma anche “moderati” (ammesso che si possa essere islamisti e moderati) con qualche piccolo movimento di ispirazione laica ma ininfluente e che in ogni caso non si sono mai distinti nel preoccuparsi per la sorte dei cristiani. C’è da chiedersi se l’inquilino dell’Eliseo abbia avuto un momento di confusione mentale durante l’incontro con l’arcivescovo o se abbia deciso di prendere in giro tutti. Più probabile che le sue affermazioni siano frutto di quell’opportunismo dialettico che da semplice strumento sembra essere diventato l’unico contenuto della politica estera, non solo francese ma di tutta l’Europa.

Come si può essere preoccupati per la sorte dei cristiani d’Oriente ed essere a tempo stesso in prima linea a chiedere un’azione militare internazionale contro il regime di Bashar Assad? Certo il presidente siriano non è un santo ma ha sempre garantito e tutelato la multi confessionalità e i diritti di tutte le comunità etniche e religiose del suo Paese. Non è un caso che i cristiani lo sostengano, consapevoli che ogni alternativa all’attuale regime è uno Stato islamico nel quale non c’è posto non solo per i cristiani ma neppure per gli sciiti o i non-sunniti. Come può Hollande affermare di voler stare al fianco dei cristiani quando la Francia si fa dettare la politica estera da Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti ? Non certo esempi di democrazia o di rispetto dei diritti umani che con qualche decina di miliardi di euro di investimenti a Parigi e dintorni (anche in armi) si sono comprati l’appoggio militare e diplomatico, rilevante soprattutto all’Onu dove Parigi ha il diritto di veto, della Francia.
A dire il vero in questo scivolone vergognoso per la patria di “Liberté, Egalité, Fraternité” il presidente Hollande ha solo la colpa di aver continuato la politica del suo predecessore, quel Nicolas Sarkozy protagonista ed esecutore (per conto delle monarchie petrolifere del Golfo) della farsesca “rivoluzione” libica che ha portato jihadisti, criminali e terroristi a dividersi il Paese dominato da 42 anni dal regime di Muammar Gheddafi, dittatore certo ma che aveva sempre combattuto gli islamisti tutelando nel Paese la libertà di culto.
Come dimenticare poi l’imbarazzo dei servizi segreti francesi, raccontato dal giornale satirico Canard Enchainée, che durante l’intervento militare in Mali cercavano di spiegare a Monsieur le President che i suoi amici dell’emirato del Qatar armavano e finanziavano i qaedisti che avevano occupato il nord del Mali e puntavano a mettere le mani sulle miniere di uranio del Niger gestite dai francesi.
Nella nota dell’Eliseo, al termine dell’incontro tra Hollande e Georges Pontier, si legge che «questo primo incontro è stata l'occasione per uno scambio sui grandi temi della società, i rapporti tra Stato e religioni e la situazione internazionale». Il presidente socialista ha anche sottolineato l'importanza che attribuisce al «dialogo costante tra poteri pubblici e rappresentanti religiosi», ma probabilmente gli è sfuggito il fatto che buona parte dei civili in fuga dalla Siria e in rotta verso l’Europa sono cristiani accomunati ai copti egiziani e ai cristiani d’Iraq da una diaspora determinata, non dalla miseria e non tanto dalla guerra, ma dalle persecuzioni religiose. Una vera e propria pulizia etnica attuata dalle milizie sunnite di cui la Francia è complice consapevole.

L’Onu prevede che l’anno prossimo oltre quattro milioni di persone, tra sfollati e rifugiati, fuggiranno dalla guerra in Siria. circa 2 milioni diverranno profughi mentre 2,25 milioni saranno sfollati all'interno del Paese. Tra questi vi saranno altri cristiani perseguitati nelle zone “liberate” dai ribelli tanto cari a Hollande, fautore dell’iniziativa di armare i ribelli siriani senza armare i terroristi.
Peccato che i reporter dell’agenzia Reuters abbiano mostrato foto e video nei quali i ribelli “moderati” dell’Esercito Siriano Libero (Esl) rivendono per cifre considerevoli (10/15 mila dollari al pezzo) ai terroristi islamici legati ad Al Qaeda di Jabhat Al Nusra missili anticarro, antiaerei e armi di ogni tipo consegnate con il “placet” degli Occidentali, francesi in testa. Un traffico raccontato dal quotidiano libanese Daily Star citando fonti dell’Esl e giordane, certo ben informate considerato che molte armi sono giunte ai ribelli proprio attraverso Amman dove la Cia addestra i combattenti dell’Esl. In altri casi i qaedisti hanno sconfitto in battaglia i “moderati” strappando loro le armi più sofisticate ma in altri ancora intere brigate dell’Esl sono passate con armi e bagagli dalla parte degli islamisti nel neo costituito Esercito di Allah sponsorizzato da Riad.

Come ha ricordato ieri un articolo di Italia Oggi il 19 settembre Hollande aveva annunciato che «è giunto il momento di armare i ribelli in Siria, sarà un processo controllato perché non possiamo accettare che le armi finiscano nelle mani di jihadisti contro i quali combattiamo». Di questo passo, Monsieur le President, l’unico modo che avrà per stare vicino ai cristiani d’Oriente sarà andare al loro funerale.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-hollande-al-fiancodei-cristiani-sirianidefunti-7462.htm#.UlUQ_APMi3U.facebook

A UN ANNO DAL MARTIRIO DI PASCALE

Riproponiamo  la "Lettera Aperta al Presidente della Repubblica Francese e  al suo Ministro degli Affari Esteri" , apparsa su molti giornali francesi un anno fa, scritta dal padre di Pascale Zerez, una ragazza cristiana di 20 anni, sposata da soli 3 mesi e uccisa sul bus che la trasportava da Lattakia ad Aleppo nell' attacco delle bande dell'Armata Siriana Libera. 

ALEPPO,  Domenica 14 ottobre 2012

Lettera aperta al Presidente della Repubblica Francese e al Ministro degli Affari Esteri.

Signor Presidente della Repubblica Francese,
Signor Ministro degli Esteri,

Proprio come molti siriani, mi ritrovo padre di una vittima della guerra in atto nel nostro paese. Pascale aveva venti anni quando, il 9 ottobre, il bus pubblico su cui viaggiava è stato oggetto di un attacco in cui è morta, assassinata da una banda armata riconosciuta come parte dell'Esercito Siriano "Libero" a cui Lei dà supporto, incoraggiamento e che Lei alimenta fin dall'inizio del movimento.
Ragioni di Stato forse La spingono a prendere posizione a favore dell'Esercito Siriano "Free" (ASL)  ma non è certo nell’intento di liberare il popolo siriano dalla dittatura. L'attuale regime siriano e il suo apparato politico non è tenero, noi lo sappiamo bene e da molto tempo, ma le "bande" dell’ ASL associano ugualmente la brutalità alla arbitrarietà: il movimento porta con sé i semi di una nuova dittatura che sicuramente ci farà rimpiangere la precedente.
Sotto slogan generosi di libertà, di democrazia e di partecipazione al potere, Lei, con i suoi alleati, ha incoraggiato l'introduzione sul nostro territorio di gruppi estremisti salafiti, e altri elementi del movimento di Al Qaeda che vengono a uccidere e ad essere uccisi qui da noi, distruggendo ciò che possono sulla loro strada; perché dunque averceli inviati? Gli Occidentali non avrebbero avuto il coraggio di affrontarli essi stessi? Se il vostro obiettivo è quello di distruggere la Siria per proteggere Israele, credete veramente che ridurre il popolo siriano alla rovina e alla miseria potrà pacificare e dare sicurezza ad Israele?
I vostri predecessori, tra cui i rivoluzionari del 1789 hanno sempre fornito supporto e protezione per le minoranze cristiane in Siria e in Oriente. Oggi le vostre prese di posizione hanno l'effetto opposto e portano alla loro eliminazione. Credete che sradicare i cristiani porterà la civiltà?
E 'sorprendente come in breve tempo la politica francese sia riuscita a farci dubitare del significato della sua rivoluzione e il suo emblema: "Libertà, Uguaglianza, Fraternità"!
In Siria, la vostra politica nel senso della pratica del potere, ha introdotto l'arbitrarietà; così si può riassumere con un altro slogan: libertà e uguaglianza in Siria, mentre in Qatar oligarchia e privilegi. E circa la fraternità, che regnò da noi in mezzo alla gente, ecco che avete incoraggiato la guerra settaria, ignorando le palesi discriminazioni che vengono praticate in altri paesi arabi, tra cui l'Arabia Saudita.
Ci è stato detto che il cristianesimo non ha più gran credito nel Suo paese, ma al momento non si vede apparire una filosofia  più generosa e più evoluta di quella religione che ha costruito le cattedrali. In pochi mesi, Lei è arrivato con i suoi alleati a trasformare la fratellanza siriana musulmano-cristiana, che dobbiamo a queste due religioni, in una guerra quasi confessionale. E tuttavia, questo accordo religioso è la garanzia di un Islam tollerante che potrebbe diffondersi in tutto il mondo.
In cambio, la guerra che viviamo per volontà dell’ESL e dei suoi alleati sembra trasformare la  convivenza in ostilità, che si diffonderà in tutto il mondo con una maggiore rapidità rispetto al progetto. Può esserne certo: gli sconvolgimenti che ora viviamo noi, li verrete a vivere al più presto pure voi. Che cosa si sente echeggiare per le strade di Aleppo? "Dopo la Siria, l'Europa."
L'Islam moderato è molto fragile perché il Profeta mette in guardia i musulmani contro l'alleanza con i non-musulmani circa l’ opporsi ad altri musulmani. Lasciando proliferare l’Islam fondamentalista voi rendete ancora più fragili i musulmani moderati. Voi giocate anche contro di loro. Il fondamentalismo islamico ha sempre l'ultima parola, perché i moderati sono deboli e paralizzati dai versi del Corano nella lotta contro gli estremisti.
Il proverbio arabo dice: "Chi prepara un pasto velenoso è il primo a morire perché egli deve gustarlo". E il proverbio francese non dice forse "i guadagni illeciti alla fine non pagano mai"? Gli Stati Uniti hanno creato Bin Laden, ed hanno avuto l'11 settembre.
Naturalmente, ci sono molte ragioni che inviterebbero i cristiani siriani a prendere le distanze dal gruppo corrente del regime siriano; però vi posso dire che noi, cristiani siriani, non vediamo motivo di distruggere il nostro paese e uccidere i nostri bambini per passare da una corruzione ad un’ altra che sarebbe semplicemente per servire altrui interessi.
Meglio mantenere la politica che vogliamo, piuttosto che seguirne un’altra di cui non abbiamo il presentimento che sia molto migliore . La vostra politica non è altro che incoraggiare l'installazione di uno Stato confessionale in Siria attraverso l'adozione della legge islamica. Il Presidente Mursi, membro dei Fratelli Musulmani, come quelli che si delineano in Siria, non ha manifestato l'intenzione di imporre la "sharia" anche ai cristiani d'Egitto? Quando l’avremo a casa nostra, grazie a voi, non ci sarà che augurarla pure a voi e alle vostre donne.
Perché questa lettera aperta di un padre colpito in ciò che ha di più caro? E 'per esprimere un cuore ferito dal dolore o perchè questa sofferenza proclami ad alta voce ciò che un cuore tiepido e indifferente non è in grado di suggerire?
Signor Presidente della Repubblica Francese, Signor Ministro degli Affari Esteri, accettate che vi inviti a cambiare la vostra politica per adottarne una più coraggiosa e più virile,
Accettate che il mio invito sia una supplica, ma non rimanete più a lungo implorati. In nome della libertà e di ciò che ne resta, in nome dell'uguaglianza e di quello che se ne è fatto e il nome della fratellanza umana ridotta in briciole, io vi prego, con migliaia di famiglie, di smettere di sostenere e finanziare le bande armate che proclamano che il vostro turno verrà dopo il nostro.
Abbiate pietà delle famiglie ferite e disarmate, delle famiglie in lutto, delle famiglie che non hanno più tetto, di centinaia di migliaia di giovani che non hanno più speranza.
Avete visto come Aleppo, la città millenaria, è diventata una città fantasma? Potreste anche solo immaginare Parigi diventare una città fantasma, dove centinaia di migliaia di famiglie francesi vaghino in cerca di rifugio per evitare spari e i tiri di mortaio dell’ arbitrarietà, del fanatismo e della brutalità?
I vostri alleati sul posto si sono accaniti su Aleppo, con i suoi bazar che hanno alimentato per secoli l'Europa, hanno attaccato perfino le rovine. La Basilica di San Simeone che circonda la famosa colonna del celebre primo Stilita è ormai una rovina di rovine. Decine di Chiese, Moschee, le fabbriche, le scuole, le università sono stati oggetto di loro colpi e che dire dei tesori archeologici che vengono rubati e dispersi per portarci la democrazia!
Vi supplichiamo, Signor Presidente della Repubblica Francese, Signor Ministro degli Affari esteri della Repubblica Francese, cessate il vostro sostegno agli elementi armati che non obbediscono a nessuna legge e tornate a ciò che ha fatto la gloria della Francia.
Vi prego di accettare, Signor Presidente della Repubblica Francese, Signor Ministro degli Affari esteri della Repubblica Francese, l'espressione della mia più alta considerazione.

Claude ZEREZ, padre di Pascale uccisa a Homs all’età di 20 anni il 9 ottobre 2012.

lunedì 7 ottobre 2013

Damasco, i ribelli colpiscono la Cattedrale della Santa Croce



I ribelli attaccano il quartiere cristiano Kassaa di Damasco.
Samaan, cristiano di Damasco, vive nel quartiere colpito e racconta a Tempi.it la distruzione provocata dai colpi di mortaio sparati dai ribelli : «Hanno colpito una chiesa e la scuola di mio figlio»
«I colpi di mortaio dei ribelli sono caduti a 70 metri da casa mia, nel quartiere cristiano: hanno colpito una chiesa, un ospedale e la scuola dove va mio figlio uccidendo otto persone». 


TEMPI - 7 ottobre 13

Che cosa è successo ieri?
Intorno a mezzogiorno i ribelli hanno sparato una dozzina di colpi di mortaio, colpendo il quartiere cristiano. I ribelli hanno anche dato un nome all’operazione, tratto da un versetto del Corano che dice: “Manderemo a questi infedeli sassi per colpirli”. Hanno colpito la chiesa greco-ortodossa della Santa Croce , danneggiato il muro sud e la navata laterale. Il colpo è entrato dentro la chiesa uccidendo una signora e un ragazzo di 16 anni.

Hanno colpito altri edifici?
Hanno danneggiato l’ospedale francese di San Luigi e all’angolo hanno completamente raso al suolo l’edicola che vende libri , uccidendo sul colpo tre persone.


i colpi di mortaio sparati a casaccio sulle abitazioni civili

Ha detto che abita lì vicino, la sua casa è stata colpita?
Sono caduti tre colpi di mortaio dove abito io ma grazie a Dio uno non è esploso. Ormai siamo abituati, non abbiamo neanche più paura perché viviamo così da due anni e mezzo. I ribelli hanno voluto colpire per la celebrazione della guerra del Kippur, fanno sempre così: sparano, poi si fermano qualche mese, e poi sparano di nuovo.

Continuerete a vivere nel vostro quartiere?
Sì. I ribelli avevano minacciato sul loro sito l’attacco e ci avevano detto di andarcene, ma la gente cerca di vivere normalmente, i bambini continuano ad andare a scuola. Anche l’istituto di Lourdes che frequenta mio figlio è stato colpito. Hanno centrato l’area dove di solito giocano i bambini. Grazie a Dio, ieri era domenica e nessuno andava a scuola.

Temete che i ribelli possano entrare a Damasco?
No, i colpi di mortaio sono un atto di disperazione. Da due anni e mezzo cercano di prendere la capitale ma non ci riescono. La via che porta all’aeroporto ora è sicura e anche quella che porta ad Aleppo. Io fino a pochi mesi fa sentivo vicinissimi gli spari e la guerra, mentre ora sono molto più lontani. Siccome non riescono ad entrare, i ribelli sparano a caso colpi di mortaio, senza preoccuparsi di chi potrebbero colpire.

http://www.tempi.it/siria-ribelli-attaccano-quartiere-cristiano-di-damasco-testimone-hanno-colpito-una-chiesa-e-la-scuola-di-mio-figlio

 MAALOULA ANCORA SOTTO ATTACCO


sabato 5 ottobre 2013

Diario dalla Siria: testimoni, sperando oltre ogni speranza


dalla fortezza i guerriglieri bombardano i sottostanti villaggi cristiani

Intervista ad alcuni siriani giunti nella città giordana per incontrare la presidente dei Focolari. Torneranno nelle loro case esposti a bombardamenti e attentati, ma cosa e come stanno vivendo?



Amman, 05-09-2013  a cura di Roberto Catalano
fonte: Città Nuova

Come sono percepiti e vissuti dai cristiani siriani gli avvenimenti tragici che stanno dilaniando il Paese? Dai vostri racconti emerge che la prospettiva occidentale con cui si legge il conflitto è parziale e imprecisa. Dove sta il problema?
«Riguardo alla Siria, non si può ignorare l’impatto devastante che hanno avuto i potenti media occidentali e arabi nel preparare il terreno alla guerra civile e nell’accompagnare il suo svolgersi. Ora stanno lavorando per spingere un intervento esterno a tutti i costi. Abbiamo toccato con mano in questi quasi tre anni di conflitto come i mezzi di comunicazione, potenzialmente utili al bene dell’umanità, possano invece diventare la mannaia del boia per interi gruppi sociali, religiosi o, persino, per un popolo intero. Se si vuole cogliere quanto sta accadendo in Siria è necessario cominciare da un cambiamento nell’uso dei media e nella lettura di quanto trasmettono. Questo contribuirebbe ad aiutare la pace. Ovviamente, qui entriamo nel merito di giganteschi interessi economici e politici e anche su questi il dibattito non può essere unilaterale».


Ha senso parlare di dialogo fra le religioni in questo contesto?
«In Siria il dialogo c’è sempre stato, a livello ufficiale, promosso dal moufti, da altre personalità musulmane e dalle Chiese, che sono sempre state rispettate nel loro lavoro. In questo senso nulla è cambiato. La Siria in questi tre anni ha pagato però anche il prezzo dell’integralismo che si è manifestato con l’uccisione di esponenti dell’Islam sunnita moderato. Si tratta di persone di grande valore, come il chekr El Boudi, presidente del Consiglio internazionale dei professori di legge islamica. Amiche quarantenni mi hanno raccontato che fin dalla loro infanzia ascoltavano molto volentieri le sue prediche del venerdì, perché intrise di sentimenti e idee di amore, compassione, rispetto reciproco. Tutto questo è durato fino al momento della sua barbara uccisione avvenuta a Damasco alcuni mesi fa».


E i cristiani?
«A livello di popolo, con l’inizio delle violenze, è cominciata a serpeggiare tra i cristiani la paura, frutto, da una parte, di quella che potremmo chiamare la “memoria storica” di questa componente religiosa del Paese (per esempio la guerra libanese). Dall’altra, non dobbiamo dimenticare l’ingresso nelle varie città siriane di gruppi armati terroristici dichiaratamente ostili ai cristiani, che possono essere uccisi solo perché portano questo nome. Non che prima tutto fosse roseo, ma certo è che, seppur le leve del potere erano in mano ai musulmani (alaouti o sunniti), i cristiani erano rispettati e potevano accedere anche a posti di qualche responsabilità nell’amministrazione pubblica e nel mondo accademico. In ogni caso, sebbene quello che avviene in Siria non sia un attacco diretto ai cristiani, di fatto li pone di fronte al dramma dell’emigrazione, come unica via per sfuggire alle violenze e per assicurare un futuro ai propri figli. Il dialogo interreligioso non è solo questione siriana».


Come si vive la quotidianità sotto attentati e bombe?
«Ad Aleppo i prezzi sono aumentati ancora. Nella parte sotto il controllo dell’esercito siriano il pane è introvabile perché le strade di accesso ai silos di farina sono sotto controllo dei ribelli. La strada che collega Aleppo-Homs-Damasco è pericolosissima. Soprattutto nel primo tratto si rischia realmente la vita. Ma viaggiare in tutto il Paese, a parte sulla costa, è diventato un terno al lotto. Percorsi che prima richiedevano tre ore ora ne necessitano anche 36. Dieci giorni fa terroristi di Jabat el Nouszra sono scesi dal Krak des Chevaliers verso la zona cristiana di Wadi Nazara, hanno eliminato i soldati in due posti di blocco, sono entrati nel primo villaggio cristiano dove si svolgeva una festa e hanno falciato i passanti, soprattutto giovani, che si trovavano nella strada principale. I morti sono stati almeno 18. Poi si sono ritirati. Questo ha gettato nel terrore le famiglie, molte delle quali già sfollate da altri posti della Siria».


Esiste a qualche livello la speranza di una soluzione pacifica o politica al conflitto?
«Non mi sembra che in queste settimane ci siano stati segnali positivi. Al contrario i combattimenti si sono intensificati in varie parti del Paese e, di conseguenza, la paura dei civili è cresciuta. L’impressione che ho avuto a Damasco la settimana scorsa è di sentire riecheggiare le parole del Salmo: “Come un agnello condotto al macello”. Mai come in quel momento ho capito la realtà dell’Agnello innocente che non può far nulla di fronte alla morte incombente e ingiusta. È questa la realtà della gente soprattutto dopo la minaccia dell’attacco da parte degli Usa: sgomento e desolazione. Ci si guardava negli occhi increduli come a dire: "Attaccheranno davvero?". I mortai e i razzi dalla periferia sulla città erano molto più numerosi e l’attacco dell’esercito altrettanto pesante».


http://www.cittanuova.it/c/431065/Diario_dalla_Siria41.html
  

Il racconto di una stilista di Damasco

L’esperienza di Rahmé conferma che in nome della fratellanza si può abbattere qualsiasi tipo di barriera, anche a costo di gravi rischi.

Focolare.org 
 29 settembre 2013



.... Nel giugno 2013, nel giorno della consegna dei diplomi, alla presenza di membri dell’Associazione internazionale e dei rappresentanti della Mezzaluna Rossa, è stato chiesto loro quali fossero stati i momenti più difficili durante l’anno. Una, a nome di tutto il gruppo, ha risposto che era quello il giorno più difficile, perché era l’ultimo giorno nel Centro. “L’unico posto – diceva – dove riusciamo a respirare e che ci ha sempre aiutato ad andare avanti, mettendo la pace nelle nostre famiglie e nei nostri cuori”.



Nell'anniversario del martirio di Padre Murad...

La morte di padre Murad e la fuga di tanti cristiani lasciano campo libero all'estremismo religioso che non vedrà più un Paese dove le religioni sapevano convivere pacificamente. Le responsabilità dell'Occidente in questa nuova diaspora non vanno taciute



Città Nuova 28-07-2013  - a cura di Maddalena Maltese  


«La notizia dell’uccisione di padre Franҫois Murad, eremita francescano morto a Ghassaniye, nella zona nord-occidentale del Paese occupata da più di un anno dall’Esercito Libero e da ribelli, ci ha colto di sorpresa, anche quella, come una staffilata. Nella messa della sera il celebrante francescano l’ha annunciata ai fedeli che riempivano la chiesa di Bab Touma, poco prima di leggere il Vangelo che quel giorno recitava: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo la ritroverà». Papa Francesco all’Angelus dell'altra domenica aveva commentato quel brano ricordando i martiri attuali che danno la vita per la fede e la verità.

Lo conoscevo bene Padre Franҫois, lo si vedeva sovente celebrare nella chiesa dei Francescani a Azizie, si sapeva del suo progetto, poi realizzato, di creare nella zona di Ghassaniye un convento dove ritirarsi a pregare ma, anche, ad accogliere chi, come lui, volesse immergersi nella contemplazione, in quel delizioso posto della Siria, dove vigneti e alberi di olivo curati con somma attenzione, da centinaia di anni, parlano della laboriosità della gente, in gran parte cristiana.
Lì la tormenta è arrivata già da tempo e la morte di Padre Franҫois lo testimonia, come confermano anche le religiose che si trovavano al momento dell’uccisione non lontano dal convento, già colpito più di una volta. Ma c’è di più. Da giorni i conventi della zona erano sotto attacco da parte di elementi armati che li stavano saccheggiando, infierendo soprattutto contro le immagini sacre. Il custode della Terra Santa, padre Pizzaballa, ha già dichiarato che in questo modo, fornendo armi alla ribellione, l’Occidente sta facendo davvero un bel servizio ai cristiani d’Oriente, chiedendosi a ragione se di qui a poco ne resteranno ancora.

Chi ci guadagnerà da questa loro fuga, già vista in Irak e in Libano e in Libia e in Egitto? Sicuramente l’estremismo, e quello più fanatico, appoggiato da quei Paesi che continuano a ragionare in termini di nuovi assetti regionali. Chi ci perderà? Forse tutti, perché l’estremismo religioso è alle porte anche nelle città occidentali, americane ed europee, da dove centinaia di mercenari sono partiti in questi mesi per venire a combattere in Siria contro quelli che, perché diversi, sono considerati eretici. Sono giovani che ormai da anni hanno nazionalità europea ma che non hanno recepito il fulcro della cultura europea e le sue radici forse perché l’Europa e l’Occidente continuano a calpestarle, le loro nobili radici, e non riescono a presentarsi al mondo se non con la loro avidità, quella di chi non ha paura di provocare guerre a destra e sinistra pur di procurarsi petrolio e gas o minerali preziosi e continua a ragionare in termini di “nemico” per poter vendere armi. Che pena! Un incubo da cui ci sveglieremo?
In Siria, nella regione di Deir Ezzor, non lontano dalla frontiera turca, nella zona ricca di petrolio e di centri di estrazione del prezioso minerale, sono i ribelli stranieri e quelli interni che hanno ora in mano il territorio e la produzione petrolifera e che stanno inviando il petrolio, a prezzo stracciato, in Turchia e di lì anche in Occidente. L’ha raccontato con profonda amarezza un signore sunnita fuggito da Deir Ezzor con la famiglia qualche mese fa, quando la situazione non faceva ormai presagire nulla di buono. Non ha alcun affetto per il governo al potere, anzi, ma non può nascondere lo sgomento di vedere il suo Paese depredato, con la complicità di suoi connazionali. «Quando tornerà la pace, non troveremo lì che persone malate per il grado altissimo di inquinamento, giacché le fabbriche sono state colpite e poi occupate e il primo lavoro di raffineria si fa ora con mezzi assolutamente inadeguati».

Ma queste cose non le ha potute dire ad alta voce, giacché non sono accettate dai nuovi padroni della regione, e anche per questo se ne è andato, a ingrandire quella schiera innumerevole di persone che in Siria hanno dovuto lasciare il loro passato e vedono cancellato il futuro. A meno che nel presente drammatico in cui si continua a vivere e a morire non arrivi il miracolo».
Giò Astense


"ci vuole ormai del coraggio per decidere di restare nella bella Siria"


Il Ramadan non fa tacere le armi e le morti assurde che costellano le giornate dei siriani: il piccolo Salem è stato ucciso da una scheggia, mentre un medico giocava a fare il cecchino contro i pullman di linea di passaggio sotto l'ospedale


Città Nuova - 19-07-2013  

« ll mese di Ramadan, mese di preghiera e di digiuno, é cominciato male e non sembra far presagire nulla buono. 
Le notizie alle tv sono sconfortanti, pare di assistere, passi la parola, ad una farsa al capezzale di un povero moribondo. E quanto mai inumano e repellente il doppio gioco condotto su questo Paese ormai in guerra da più di due anni.
Parole di accusa, descrizioni di piani bellici, silenzi colpevoli di fronte alla violenza, tira e molla tra governo ed esercito ribelle pur di non trovarsi insieme ad un tavolo di dialogo che metterebbe fine ai dolori indicibili nella popolazione. Si usano solo parole altisonanti che dicono semplicemente a chi le sa decifrare l’inutilità di una guerra quanto mai sporca e crudele. Non cesserò mai di ripeterlo, a me e a chiunque voglia convincermi del contrario.

No, questa guerra non si doveva fare, né ieri né mai e le ultime notizie dell’uccisione da parte di terroristi di due alti responsabili dell’Esercito Libero confermano il caos e la divisione imperante che può portare solo a piani inconcludenti in direzione della pace ma che svelano purtroppo un progetto per il quale si continua a scavare nel torbido: gettare il Paese nella violenza più cieca, dove tutti combattono contro tutti, per poterlo dividere o renderlo assolutamente invivibile per almeno i prossimi vent’anni.

Già, perché ci vuole ormai del coraggio per decidere di restare nella bella Siria, benché la parola speranza sia anche qui l’ultima a morire. Ma non la ripetono più i genitori del piccolo Selim ucciso da una scheggia in un quartiere cristiano di Aleppo sabato scorso, proprio davanti alla casa di un’amica che se l’è cavata per miracolo. Non lo ripete più la famiglia di quel giovane che era rientrato a Damasco dai Paesi arabi per assistere al matrimonio della sorella. Prima di ripartire ha voluto andare a visitare i parenti ma all’uscita da Damasco, a Harasta, un cecchino l’ha colpito mentre era sul pullman. Ed era un un cecchino di lusso l'autore di questo assassinio: un medico che dal suo gabinetto in ospedale giocava a tiro a segno con i passeggeri dei pullman di linea. E questo per dire a che punto è arrivata la barbarie».
Gio Astense

http://www.cittanuova.it/c/430103/Diario_dalla_Siria_40.html