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venerdì 3 maggio 2013

Il patriarca cattolico Laham: ecco perché i terroristi ci attaccano

 “I miliziani colpiscono i cristiani perché rappresentano la risorsa più preziosa
per la coesione nazionale in una Siria lacerata dalle divisioni”. Ad affermarlo
è l’arcivescovo Gregorio III Laham, patriarca cattolico dei Melchiti con sede a
Damasco, dopo che due vescovi siriani sono stati rapiti vicino ad Aleppo. Per il
patriarca siriano, “il primo ruolo dei cristiani è quello di avvicinare le parti
tra loro, ribadendo che l’identità nazionale deve prevalere su qualsiasi motivo
di scontro”. Proprio per questo pochi giorni fa l’arcivescovo ha scritto una
lettera aperta sulla Siria a tutti i capi di Stato arabi e mondiali, invitandoli
ad abbandonare la via delle armi e a ripercorrere quella del dialogo e della
riconciliazione.



 da Il Sussidiario - 24 aprile 2013

Qual è stata la sua reazione di fronte alla notizia del rapimento dei due vescovi?
 Siamo senza parole dinanzi a questa situazione, con rapimenti che colpiscono donne, anziani, bambini, sacerdoti e perfino due vescovi. Uno dei due rapiti, Boulos al-Yaziji, è fratello del patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Youhanna al-Yaziji, la massima autorità dei cristiani ortodossi. L’altro invece, Yohanna Ibrahim, è molto conosciuto in tutto il mondo per il suo impegno come rappresentante di pace e di riconciliazione. Di fronte a quanto è avvenuto non possiamo che sottolineare nuovamente l’importanza della pace, della saggezza, del consenso internazionale per porre fine a questa tragedia.

La pace è più importante della stessa libertà e democrazia?
 Condivido le richieste di democrazia e libertà, ma il metodo con cui si sta cercando di perseguirle in Siria sono inumani. 
Esiste una via migliore, fatta di amicizia, di amore, di dialogo e di riconciliazione. I rifugiati siriani si contano ormai a milioni, si tratta di persone che non hanno nulla da mangiare né un posto dove dormire, gente che ha perso tutto. Dobbiamo quindi essere apostoli della riconciliazione e del dialogo, è questo il nostro scopo come cristiani, come capi e come pastori. 
I due vescovi sono stati rapiti vicino ad Aleppo.

Com’è la situazione in questa zona della Siria?
 Aleppo è un caso molto speciale, la sua situazione è la più difficile perché questa città si è trasformata in una grande prigione. I suoi abitanti sono intrappolati al suo interno, e quindi fuggono da un quartiere all’altro perché non hanno alternative. Quando una zona è in pericolo, si recano in un'altra parte della città. Aleppo però ha una sola uscita molto pericolosa, che nessuno osa varcare.

Com’è il clima all’interno della città?
 Gli abitanti di Aleppo si trovano in una grande difficoltà, che riguarda tanto i cristiani quanto i musulmani. Nella Città vecchia di Aleppo si trovano infatti cristiani e musulmani insieme, dunque la situazione è uguale per tutti. Le parrocchie di Aleppo sono solidali con tutti e forniscono ogni giorno quasi 15mila pranzi gratuiti a chi è rimasto senza più nulla. C’è quindi una solidarietà straordinaria, pur nella tragedia che sta vivendo la città.

Dietro il rapimento dei due vescovi c’è anche un progetto per cancellare la presenza dei cristiani in Siria?
 Il progetto non è solo quello di colpire i cristiani, ma di mettere tutte le parti l’una contro l’altra per trasformare la crisi siriana in un conflitto interreligioso. Il primo obiettivo è quello di aizzare gli odi tra sunniti e sciiti, ma anche tra musulmani e cristiani. E’ una strumentalizzazione della religione per fomentare l’odio nel Paese. 
Di fatto quindi, anche se l’obiettivo non è quello di colpire i cristiani in quanto tali, quanto sta avvenendo li porta a fuggire dalla Siria. E il risultato è che si contano quasi 400mila profughi cristiani, sia all’interno della Siria sia all’esterno del Paese, soprattutto in Libano e Giordania.

La Chiesa cattolica è impegnata solo sul fronte dell’assistenza ai bisognosi, o anche sul piano degli sforzi diplomatici?
 Il primo ruolo dei cristiani è quello di avvicinare le parti tra loro, sia quindi l’opposizione sia il governo. Siamo convinti che il nostro scopo non sia quello di dichiarare che siamo a favore del regime o dei ribelli, ma di ribadire che noi cristiani siamo siriani animati dal desiderio di aiutare tutti i nostri connazionali, a prescindere dal fatto che siano con o contro Assad. 
Si tratta di un ruolo fondamentale, che svolgiamo sia all’interno del Paese, sia a livello internazionale nei nostri rapporti con il Papa e le Conferenze episcopali di tutto il mondo. 
Proprio per questo dieci giorni fa ho scritto una lettera aperta a tutti i capi di Stato arabi emondiali, invitandoli a dire basta alle armi, alla violenza e al terrorismo e a scegliere la via evangelica del perdono e del dialogo. 
Infine, desidero chiedere a tutti gli italiani di pregare per la Siria: in questo momento è l’unica cosa che può salvarci.

(Pietro Vernizzi)


Il Metropolita siro-ortodosso Kawak: la Turchia ci aiuti a liberare i vescovi rapiti


Agenzia Fides 3/5/2013

  “La Turchia è importante per risolvere la vicenda dei nostri due fratelli vescovi di Aleppo rapiti. Tutto il nord della Siria ora è in qualche modo sotto il controllo turco, quindi è fondamentale parlare con loro. Ogni iniziativa diplomatica e umanitaria dovrebbe puntare in quella direzione, coinvolgendo anche i governanti turchi”. 
Così dichiara all'Agenzia Fides il Metropolita siro-ortodosso Jean Kawak, incaricato dell'Ufficio patriarcale a Damasco, in merito al rapimento del Metropolita siro-ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e di quello greco-ortodosso Boulos al-Yazigi, nelle mani di ignoti sequestratori dallo scorso 22 aprile. 

Il Metropolita Kawak riferisce a Fides che “non ci sono novità sulla sorte dei rapiti e sulla identità certa del gruppo dei sequestratori. C'è chi assicura che i due vescovi stanno ancora bene e che si è riusciti a far arrivare a Mar Gregorios le medicine di cui ha bisogno ogni giorno. Ma sono voci che provengono in maniera indiretta da fonti diverse, e che è impossibile verificare. Oggi” conclude il metropolita siro-ortodosso "le nostre Chiese celebrano il Venerdì Santo, e il cuore dei cristiani è afflitto. Tutti i cristiani pregano perchè i due vescovi siano liberati nei prossimi giorni. Sarebbe per tutti anche questo un segno di Resurrezione, dopo la passione che stiamo vivendo”. 

giovedì 2 maggio 2013

Che cosa dovrebbe fare l’Europa in Siria? Lettera aperta a Herman Van Rompuy

Lettera Aperta a H.Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo 

Il Krak dei Cavalieri fu la più importante e più nota costruzione militare fortificata dell'Ordine militare dei Cavalieri dell'Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme,

 di Padre Daniel Maes 

Eccellenza
oggi è più che mai difficile ottenere il sostegno dei capi di Stato e di governo. Lei è, per così dire, sulla sedia di Robert Schumann, il padre dell'Europa. (…) politico la cui preoccupazione principale constava nella riconciliazione, nel dialogo, nella cooperazione, nella solidarietà e nella pace dei popoli, con un grande rispetto per l'individualità di ogni nazione, verso la creazione di un'Europa solidale con tutti i paesi e i popoli. Lei sa tutto questo meglio di chiunque altro. In merito a ciò che sta realmente accadendo in Siria, mi permetta di condividere con Lei qualche esperienza personale. Io sono un semplice cittadino, un cittadino europeo che da alcuni anni vive e lavora in Siria. Qui ho pienamente apprezzato l'ospitalità della gente e il suo considerevole patrimonio umano: libertà, pace e soprattutto una profonda e radicata volontà di vivere in pace e sintonia con tutti i diversi gruppi etnici e religiosi per vivere insieme in concordia. A Damasco, Qara e altrove sono stato ospite in molte famiglie, sia musulmane che cristiane. Non ho mai incontrato alcuna differenza in termini di generosità e ospitalità. Nessuna forma di ostilità. Nel frattempo Qara è divenuta oggi un covo di terroristi e uno dei posti più pericolosi in Siria.
Dietro la cosiddetta "Primavera Siriana"
Ho visto nascere su iniziativa dell'Occidente e dei suoi alleati arabi la cosiddetta "rivolta". Come al solito abbiamo camminato attraverso Qara, visitato qua e là malati nelle famiglie, fatto un pò di shopping e poi insieme ad alcuni ragazzi ed al parroco abbiamo pranzato nella ridente città bizantina. Questo dopo la preghiera del Venerdì presso la moschea centrale, insolitamente affollata. Quindi è accaduto che giovani uomini dall'atteggiamento circospetto d'improvviso hanno cominciato ad agitarsi ed a gridare slogan contro il presidente della Siria al fine di scattare foto e filmare video. Il sacerdote ha poi rivelato come negli ultimi tempi tali pratiche siano divenute una buona attività per guadagnare un pò di soldi vendendo le foto e i video realizzati su Al Jazeera. E si sa come Al Jazeera fino ad oggi abbia influito sulla manipolazione dell'informazione occidentale. La realtà è che in Siria non è mai scoppiata alcuna "sollevazione popolare" e non c'è mai stata una "guerra civile" fomentata dalla popolazione.
Il Complotto – Vittime Sacrificali Predestinate da tempo
In realtà il Governo, il popolo e il territorio siriano erano da tempo le vittime sacrificali predestinate nell'ambito di un complotto (cospirazione) preparato e ben pianificato dall'esterno. D'altra parte fortissimi ed occulti interessi spingerebbero le azioni dell'America, Israele, Europa, Turchia, Arabia Saudita e Qatar: il modo in cui essi presentano e trattano il popolo sovrano siriano ed il suo territorio è un crimine contro l'umanità.
La Responsabilità dell'Europa
La responsabilità dell'Europa è evidente ed implica la negazione più radicale di tutti i suoi principi. Probabilmente la Siria dal punto di vista strategico è uno dei luoghi più importanti per i governanti del mondo, nonché una delle poche roccaforti a resistere contro il distruttivo imperialismo occidentale (che – aggiungiamo – ha già fatto piazzapulita in Medioriente ed Africa).
Il Ruolo della Turchia
Il presidente siriano si è sempre dimostrato pronto al dialogo ed all'amicizia verso la vicina Turchia. Nel frattempo, l'Europa ha posto un suo quartier generale militare lì sul confine settentrionale con la Siria, provvedendo ad allestire campi per l'addestramento militare dei terroristi. Infine, la Turchia ha messo le mani su tutte le fabbriche di Aleppo – il cuore economico della Siria – smantellandole, saccheggiandole e distruggendole, dimostrandosi un fedele partner europeo, con tanto di pugnale nascosto dietro le spalle, e proteso a perseguire il suo sogno: ripristinare l'impero ottomano.
Il 
Damasco, 2 maggio: l'autobomba quotidiana
Ruolo di Arabia Saudita e Qatar
La Siria è infine l'ultimo baluardo contro l'Islam fondamentalista radicale ed è quindi una spina nel fianco di Arabia Saudita e Qatar: anch'essi buoni amici dell'Occidente, amici ricchi e potenti, nonché i più grandi finanziatori del terrorismo a livello internazionale. Anche se la loro società rappresenta una vergogna per la famiglia umana, essi vogliono creare a tutti i costi uno stato laicale in Siria (cancellando definitivamente – aggiungiamo – la presenza del Cristianesimo) sostituendo all'attuale credo una dittatura islamica radicale. In effetti essi stanno facendo il "lavoro sporco" nell'interesse degli amici occidentali, che un domani (a lavoro finito) potranno mettere le mani sulle risorse energetiche del Paese e quindi stabilizzare nella regione il proprio potere.
L'Asse del Male e la Nuova Norimberga
I cittadini siriani saranno spazzati via, il Paese – come accaduto già in tanti altri paesi – sarà lasciato in balia di queste forze esterne e della fazione collusa con le forze occidentali (e con l'integralismo islamico) auto-proclamatasi col curioso appellativo di "Amici della Siria". Fazione che a sua volta avrà la sua parte della ricchezza ergendosi contro le altre potenze regionali. Ma una volta cadute tutte queste maschere, quanto accaduto sarà probabilmente ricordato attraverso una nuova Norimberga. Ciò dimostrerà il fatto che il famoso "asse del male" in realtà non riguardava affatto Damasco, ma bensì Washington, New York, Bruxelles e Londra.
Il Ruolo dei Cristiani nella rinascita d

Come cristiano, io appartengo al gruppo più imparziale in Siria: i cristiani nella storia della Siria hanno avuto un ruolo importante nel Rinascimento arabo, fornendo tra l'altro il loro contributo particolare alla cultura araba. Ma i cristiani non hanno mai avuto alcuna ambizione nel diventare un gruppo di potere, supportano tutte le riforme in maniera assolutamente equilibrata e non partigiana. I cristiani sono il gruppo più povero, ma restano testimoni della loro fede in Gesù Cristo e del Regno di Dio sulla terra. Quindi, finora, in tale prospettiva, abbiamo operato al fine di aiutare le famiglie bisognose di tutte le etnie e religioni, ricevendo nel contempo aiuto e sostegno da loro. Vuole davvero sapere cosa sta accadendo in Siria? Ascolti allora le grida ripetute dei nostri patriarchi: i testimoni più attendibili e imparziali.

L'Europa non deve contribuire alla distruzione della Siria!
Signore, non è compito dell'Europa quello di rovesciare il governo siriano e il suo Presidente, contribuendo ad uccidere e a distruggere il Paese. Nel frattempo, lo stesso Presidente, il Governo e il Popolo hanno espresso il proprio desiderio di continuare a vivere in unità, nonostante il terribile complotto straniero. Questa è la vera grandezza del popolo. Ci sono certamente molte lacune e carenze nella gestione amministrativa e nella società, tuttavia il modo vigliacco con il quale l'Occidente ed i suoi alleati cercano costantemente di boicottare i processi di cambiamento è inaccettabile e indegno d'Europa.
Basta alle Menzogne mediatiche ed alle azioni sovversive
Che cosa può fare l'Europa? Cessare l'attività di diffusione sistematica di menzogne sulla realtà siriana; cessate ogni azione di sostegno e collaborazionismo protesa al rovesciamento del governo e del capo dello Stato; arrestare tutte le azioni che direttamente o indirettamente, stanno causando continue e cruente uccisioni, seminando il caos nel Paese; cessare di supportare il sedicente "Esercito Libero Siriano", il quale a ben vedere non è né libero, né siriano, né un esercito, ma è in realtà costituito da bande di criminali operanti con la vocazione e l'ordine di distruggere il Paese.
L'Asse Euro-Anglo-Stutunitense – Stesso copione di Iraq e Libia
Stessa logica seguita dai droni senza pilota degli Stati Uniti, che negli ultimi anni hanno ucciso migliaia di civili innocenti in diverse regioni del mondo. Ciò mentre l'Occidente ed i suoi alleati Continuano a confezionare falsi filmati e false testimonianze inerenti a presunti attacchi con armi chimiche, protesi a mettere in cattiva luce il Governo Assad, incuranti verso le migliaia di vittime - per lo più soldati e giovani - che in questa guerra hanno dato la propria vita per proteggere il loro popolo. In tutto ciò le ricordo che in Iraq, dopo 2000 anni, una delle più antiche comunità cristiane è stata distrutta grazie alla coalizione anglo-americana con lo slogan "Libertà per l'Iraq" e con il supporto della menzogna sulle inesistenti armi di distruzione di massa. Stesso copione seguito per la distruzione disumana della Libia da parte dell'imperialismo occidentale, con il sostegno attivo dell'Europa.
No al Terrorismo. Si al Dialogo ed alla Ricostruzione
Che cosa può fare l'Europa? Difendere la sovranità del popolo siriano razziato dalla Turchia, contribuendo alla ricostruzione di tutti mulini distrutti e rubati. Chi distrugge un Paese deve anche Ricostruirlo. Deve essere uno statista e non un leader terrorista: ciò entrando in dialogo con il governo e il Presidente della Siria, faccia a faccia. 
Fermate questa follia! Senza Valori di Pace l'Europa non ha futuro
Eccellenza, l'attacco in corso contro la Siria da parte dell'Europa è degradante. La sofferenza del popolo siriano è espressa da un grido di aiuto che sale sempre più forte: fermate questa follia! È troppo, è davvero troppo! L'Europa deve essere costituita su fondamenti autentici e valori umani universali. Senza questi valori, l'Europa non ha alcun significato: essa è senza futuro. (…) Eccellenza, Se desidererà contribuire a svolgere una positiva inversione di tendenza all'attuale status quo e quindi deciderà di venire incontro alla sofferenza del popolo siriano, allora meriterà il nome di "secondo padre dell'Europa" o quello di "ri-fondatore dell'Europa", cosa che io sinceramente le auguro, in caso contrario, non si potrà definire un politico e cristiano degno di tale nome.

Padre Daniel Maes – Monastero dell'Ordine dell'Unità di Antiochia, Siria

Traduzione a cura di Sergio Basile e della Redazione di "Qui Europa"

mercoledì 1 maggio 2013

"Liberateli!": appello alla solidarietà e alla preghiera di tutte le Chiese cristiane per il rilascio dei Vescovi di Aleppo




27 aprile 2013 - Patriarcato Melchita greco-cattolico di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme

A nome del Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente (CCPO), Sua Beatitudine Gregorios III, Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, sottolinea la loro vicinanza e solidarietà con le Chiese sorelle, oggi nel dolore,  e con le loro Beatitudini i Patriarchi Giovanni X e  Ignazio Zakka Iwas I , con i quali restano in costante contatto per ottenere al più presto la liberazione dei due prelati: che siano restituiti alle loro Chiese e ai loro greggi e tutti celebrino nella gioia il loro ritorno al servizio dei Cristiani e di tutti i cittadini di Aleppo e della Siria.
  In questa speranza, mentre le chiese greco- ortodosse e siriaco- ortodosse celebreranno la Domenica delle Palme ed entreranno nella Grande Settimana, Gregorios III chiede a tutti i fedeli delle Chiese cattoliche orientali la preghiera costante, e a tutti i vescovi e i parroci di leggere la lettera inviata per la Domenica delle Palme da Sua Beatitudine Giovanni X.

Comunicato del Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente (CCPO)

Una nube di paura e sofferenza grava sul Medio Oriente e in particolare in Siria, nella città di Aleppo, ancora in attesa alla vigilia della Domenica delle Palme ortodossa, del rilascio dei suoi due vescovi spariti , le Ecc. il Vescovo Paolo Yazigi, Metropolita di Aleppo e Alessandretta dei Greco-Ortodossi e del Vescovo Yuhanna Ibrahim, Metropolita di Aleppo dei Siro-Ortodossi, dei quali non si hanno notizie nonostante gli sforzi costanti - ed a tutti i livelli - che sono stati dispiegati per ottenere il loro rilascio.

 Chiediamo a tutte le persone di tutte le nostre Chiese di unirsi in preghiera costante per la grazia di questo rilascio e a tutti i nostri vescovi e parroci di leggere la lettera inviata per la Domenica delle Palme da Sua Beatitudine Giovanni X. 
Preghiamo per la pace e la sicurezza in Siria,  che si riprenda la via del dialogo e della riconciliazione tra i cittadini.

29/04/2013,  per i Patriarchi cattolici del Medio Oriente

http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Call-for-Solidarity-and-Prayer-Council-of-Eastern-Catholic-Patriarchs


Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.
Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.

L'analisi :  CECENI E NON SOLO

 Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'AmericaIl conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'Ame

Ceceni e non soloCeceni e non soloCECENI E NON SOLO CECDI lORENZO bONDI 


raccapricciante esito dell'autobomba del 30 aprile 13 in Jaramana, sobborgo di Damasco abitato a maggioranza da cristiani e drusi

di Lorenzo Biondi- Piccole Note 


C’è ansia per il rapimento dei due arcivescovi cristiani ad Aleppo, il greco-ortodosso Paul Yazigi e il siro-ortodosso Yohanna Ibrahim: la sera del 23 aprile, il giorno dopo il sequestro, un loro confratello (parente di uno dei due) ha annunciato la liberazione dei prelati, «che sono di ritorno al patriarcato di Aleppo», notizia poi smentita da fonti dell’arcidiocesi di Aleppo.
Nel pomeriggio del 23 aprile le autorità ortodosse siriane e il ministero degli affari religiosi di Damasco avevano fatto sapere che, dietro il rapimento, ci sarebbero stati dei terroristi di etnia cecena legati a Jabhat al Nusra, la principale sigla jihadista attiva in Siria. Una notizia che è stata confermata indirettamente anche dall’Esercito siriano libero, la componente della ribellione anti-Assad che ha ottenuto il riconoscimento di molti paesi occidentali: l’Esercito libero ha fatto sapere di non aver nulla a che fare col rapimento e di essere disposto a collaborare per la liberazione degli ostaggi.
Cosa ci farebbero dei ceceni in Siria? Il loro ruolo nel rapimento – se accertato – non potrebbe sorprendere: già dal luglio dell’anno scorso diverse fonti parlano della presenza di volontari ceceni arrivati in Siria per unirsi alla ribellione. Ad oggi la presenza di militanti caucasici non è più un mistero: appena quattro giorni fa il magazine americano Foreign Policy pubblicava un lungo ritratto-intervista di uno di questi combattenti, Abu Hamza, arruolato nell’Esercito libero.

Difficile non notare la coincidenza tra il presunto coinvolgimento di militanti ceceni nel rapimento dei vescovi siriani e la strage compiuta dai due fratelli ceceni a Boston, negli Stati Uniti. Subito la stampa americana si era chiesta se la vicenda avrebbe aggiunto tensione nei rapporti tra Washington e Mosca, complicando anche la gestione del fascicolo siriano. La risposta era arrivata già venerdì scorso, quando la Casa Bianca ha fatto sapere che Barack Obama e Vladimir Putin si erano sentiti per telefono proprio per discutere dell’attacco dinamitardo alla maratona: «Il presidente Obama ha ringraziato il presidente Putin – si legge nella nota ufficiale – per la stretta collaborazione che gli Stati Uniti hanno ricevuto dalla Russia nel campo dell’anti-terrorismo, anche nei giorni successivi l’attentato di Boston. I due leader hanno concordato che la nostra cooperazione sull’anti-terrorismo e sulla sicurezza andrà ancora avanti».
Come a dire: se abbiamo individuato questi due terroristi ceceni in suolo americano è anche grazie ai russi. Gli autori della strage di Boston hanno agito in proprio, secondo quanto dichiarato agli investigatori Usa dall’unico terrorista catturato (l’altro è stato ucciso). Ma resta inoppugnabile la loro dedizione alla causa cecena, confermata da video e farneticazioni varie degli stragisti agli atti dell’indagine. Insomma il terrorismo che ha insanguinato Boston è nato dal brodo di coltura del fondamentalismo ceceno, il quale fornisce miliziani agli jhadisti che incrudeliscono in Siria. D’altronde se i servizi russi erano sulle tracce dei due attentatori, tanto da segnalarli tempo fa all’Fbi, qualche motivo ci sarà stato…

Ora il terrorismo ceceno acquista rilevanza anche sul fronte siriano. Che l’identità dei rapitori sia confermata o meno, la Chiesa ortodossa e il governo di Bashar al Assad sembrano aver lanciato un messaggio chiaro alla comunità internazionale. Ci sono forze che lavorano per l’instabilità in ogni parte del mondo, che si tratti della Siria, della Russia o del Massachusetts.

http://www.piccolenote.it/8867/i-terroristi-ceceni-e-il-rapimento-dei-due-vescovi-in-siria

Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.

martedì 30 aprile 2013

Lettera pastorale di Giovanni X, patriarca greco-ortodosso



     Amati figli!
 
     Vi rivolgo la parola oggi, quando sta per finire la santa Quaresima e ci prepariamo ad entrare nella Settimana santa, e i motivi di dolore ci circondano da tutte le parti. In tutte le regioni antiochene i rischi minacciano le nostre case, nel momento in cui gli eventi politici attaccano come una tempesta le nostre patrie. Tutto ciò rende l’uomo delle nostre terre minacciato nel suo pane, nella sua casa e nella sua vita. Siamo passati al vaglio ogni giorno con l’uccisione e con il rapimento; l’ultima tragedia subita è il rapimento dei nostri fratelli, il metropolita Paolo, arcivescovo greco-ortodosso di Aleppo e Alessandretta e delle loro dipendenze, e il metropolita Giovanni Ibrahim, arcivescovo siro-ortodosso di Aleppo, e l’assassinio del diacono che li accompagnava.

      Condivido con voi il dolore, dolore sentito anche da tanti fedeli della nostra chiesa, dolore causato dalle difficoltà subite, e lavoro con i miei fratelli, i membri del Santo Sinodo, per diminuire gli effetti di tali circostanze su di loro e sugli altri cittadini; e ciò fa parte del nostro messaggio. Tuttavia, noi non siamo pronti ad accettare ciò che l’uomo di oggi affronta. Lavoriamo oggi affinché il nostro rifiuto di tale realtà divenga una riflessione della nostra fede. Noi rifiutiamo tale realtà e la condanniamo; e, tuttavia, noi non abbiamo paura di colui che adotta la violenza, poiché siamo figli della resurrezione. Il fatto di essere vittima di uccisione, di rapimento, il fatto che le nostre istituzioni vengono distrutte, non diminuisce la nostra volontà di conservare la nostra cittadinanza comune, la convivenza, l’adesione alle nostre patrie e la richiesta della verità e della giustizia per le nostre terre. Perciò ciascuno di noi, sia nel territorio antiocheno sia fuori, è invitato ad esprimere la sua preoccupazione e il suo rifiuto di ciò che accade, lontano da ogni allineamento politico. La questione principale del cristianesimo è la questione dell’uomo, poiché nostro Signore si è incarnato per salvarlo.

      Colgo l’opportunità per fare, nel nostro nome, sia in patria sia fuori, un appello alla società internazionale per stimolarla a fare ciò che può per liberare i rapiti la cui assenza è causa di dolore; affrettarsi a porre fine a questa tragedia è oltremodo essenziale per evitare tutti i rischi che potrebbero risultare dalle probabili conseguenze. Questo nostro appello include pure un fervente invito a trovare una veloce soluzione alla situazione nel nostro amato paese, la Siria; e ciò in segno di pietà per questo popolo testimone di una cultura che gli proviene da una presenza umana di altissima qualità, da migliaia anni, e per evitare conseguenze che possono avere ripercussioni su tutta la regione.
 
     Entrando nel tempo delle passioni e della resurrezione, vi invito a rendere tale tempo un tempo propizio per proclamare la nostra unità di chiesa i cui membri sono radunati dall’ardente tensione verso la verità. Rendiamo questo periodo piu intenso del consueto di preghiere e suppliche. Così, come nostro Signore non ebbe paura della via della croce, anche noi siamo invitati a percorrere la stessa via, percependo che tramite la croce otteniamo la vittoria, poiché il nostro Signore è risorto dai morti e ci innalzerà con lui. Rendiamo più frequenti le nostre suppliche, affinché siano una testimonianza viva attraverso la quale preghiamo Dio di togliere per tutti l’ingiustizia, di donare il ritorno dei rapiti ai loro amati, la consolazione a quanti sono nella tristezza per la perdita dei loro cari e di ispirare i duri di cuore, perché smettano di danneggiare l’uomo, il proprio prossimo.

      Detto questo, invito tutti, fedeli e pastori, ad avvicinarsi alla domenica delle Palme con uno spirito nuovo, in modo che ricordino tutti gli eventi che la riguardano e li leggano nella luce di ciò che viviamo oggi. Invitiamo allora alla resurrezione dell’uomo, nel cuore, in queste patrie, così come il Signore risuscitò Lazzaro dai morti. Invitiamo a lavorare anche affinché il Signore entri nel cuore del mondo tramite il nostro servizio alla sua persona, come un tempo entrò vincitore a Gerusalemme […].

      Rivolgo un invito a pregare, in questa Settimana santa, con uno spirito umiliato e con  la coscienza che, tentati nelle difficoltà, troviamo in Dio il rifugio e che Dio non abbandona il piccolo gregge. L’amore, il servizio e il coraggio siano un ingresso nella gioia della resurrezione, gioia che non ci sarà mai rubata.
 
Giovanni X
patriarca greco-ortodosso
di Antiochia e di tutto l’Oriente


COMUNICATO
rilasciato dal Patriarcato Greco-Ortodosso di Antiochia e dal Patriarcato Siro-Ortodosso di Antiochia
martedì 23 aprile 2013


Lunedì 22 aprile 2013 ci ha assalito di sorpresa la notizia del rapimento dei nostri confratelli, il metropolita Paolo Yazigi, Arcivescovo di Aleppo e Alessandretta per i Greco-Ortodossi e il metropolita Giovanni Ibrahim, Arcivescovo di Aleppo per i Siro-Ortodossi, che erano diretti ad Aleppo, di ritorno da un incarico filantropico. Noi, addolorati per questo rapimento come anche per altri eventi simili che toccano i cittadini qualunque sia la loro appartenenza, desideriamo sottoporre le seguenti considerazioni all’opinione pubblica locale e internazionale:

1- I cristiani di queste terre sono una parte essenziale della composizione demografica dei popoli ai quali appartengono. Consoffrono con ogni persona che è nella sofferenza e lavorano come operatori di bene per impedire l’ingiustizia contro coloro che subiscono maltrattamenti. Essi seguono l’insegnamento del Vangelo, che afferma che l’amore è il fondamento e il principio assoluto dell’azione tra gli uomini. I comportamenti e le azioni ufficiali, in questo senso, delle Autorità spirituali delle Chiese mettono in evidenza tutto ciò, e l’incarico affidato ai due vescovi rapiti è in questa linea e in questo contesto.
2- I Cristiani di questo Oriente sono profondamente addolorati per tutta questa violenza che i loro paesi affrontano: violenza che crea fossati di distanza fra i membri di uno stesso popolo e causa rischi per la vita dei cittadini che conducono la loro esistenza nella pace. Il rapimento è un aspetto veramente terribile e da condannarsi senza esitazione di tale violenza, poiché disprezza la vita di singoli inermi. Noi, chiedendo ai rapitori di rispettare la vita dei rapiti, invitiamo tutti ad abbandonare tutto ciò che permetta o favorisca il conflitto confessionale e di parte tra gli appartenenti ad una stessa patria.
3- Noi comprendiamo la preoccupazione dei cristiani in conseguenza di tale evento. Li invitiamo ad essere pazienti, a conservare la loro fede, appoggiandosi su Dio la cui forza esiste anche nelle nostre debolezze. Riteniamo che il rimanere nelle nostre patrie e il fare il possibile affinché siano una terra di pace e convivenza, sia un grande ed efficace strumento per difenderle. Ci rendiamo pure conto che ci sono anche altri cittadini colpiti da eventi simili: preghiamo Dio affinché dia loro forza, li consoli, e insieme con loro innalziamo le nostre voci per rifiutare ogni tipo di violenza che accoltella la nostra patria e copre di sangue i nostri cuori.
4- Di fronte a questo evento di così grande dolore, invitiamo tutto il mondo a lavorare per porre fine a questa tragedia al cuore della Siria amata, affinché essa ritorni un paradiso di amore, sicurezza e convivenza pacifica, cosicché i problemi politici non trovino la loro soluzione a discapito degli uomini di questa regione.
5- Invitiamo tutte le Chiese sulla terra a custodire un atteggiamento fermo, atteggiamento che attesti la loro convinzione di ciò che l’amore possa fare nel mondo, sì da percorrere passi concreti che possano manifestare praticamente il loro rifiuto della violenza quale subisce l’uomo di questo Oriente oggi.
6- Cogliamo l’opportunità per invitare i nostri concittadini, di tutte le confessioni islamiche, a lavorare insieme, gli uni con gli altri, in modo da dimostrare che ci rifiutiamo di considerare l’uomo come un prodotto da acquistare o vendere, uno scudo utile nelle guerre, o una merce politica o finanziaria.
7- Ci rivolgiamo ai rapitori dicendo che i rapiti sono messaggeri di amore nel mondo, come attesta la loro missione religiosa, sociale e per la patria. Perciò invitiamo i rapitori a comportarsi in questo evento doloroso astenendosi da ogni violenza che non è utile se non ai nemici della nostra patria.
Infine, supplichiamo Dio in queste feste benedette, affinché ponga fine a questa tragedia, in modo che domini la pace negli animi di tutti e le nostre patrie ottengano la pace e la prosperità che meritano.

Il Patriarca Mar Zakka I (Iwas) e il Patriarca Giovanni X (Yazigi)



lunedì 29 aprile 2013

L’ “Amata Siria”

 Padre Munir El Rai  documenta il lavoro dei Salesiani in Siria e la missione  di speranza dei cristiani nel Paese devastato


Damasco 21 Aprile 2013

 Damasco: Lunedì 8 aprile, appena giunto a Damasco dal Libano, dove ho partecipato agli esercizi spirituali con ventidue confratelli, una forte esplosione scuote il centro della capitale alle ore 11.45. Ancora una volta, il sangue di una ventina di vittime si aggiunge a quello di molte altre, bagnando le strade della capitale e gettando dolore e lutto in tante famiglie. Però la gente continua a vivere nella totale insicurezza a causa delle frequenti esplosioni o degli spari o dei mortai ecc... , come quello 28 marzo scorso, che stroncò la vita di decine di studenti della facoltà di architettura.

Tuttavia,  la situazione generale di Damasco, città cosmopolita di circa 5.000.000 di abitanti, non era mai stata così drammatica e preoccupante come in altre città, benchè i rumori di guerra si sentissero ogni giorno e quasi a tutte le ore. Infatti, la prima esplosione in Damasco avvenne in dicembre 2011, e poche altre si susseguirono sporadicamente.

Fino alla prima metà di luglio 2012, le attività formative, spirituali, culturali e sportive del Centro giovanile di Damasco si svolsero normalmente, con la presenza di circa 350 ragazzi e ragazze delle elementari e medie. Il programma formativo” era stato stampato per intero e si svolgeva in cinque giornate della settimana, da metà giugno alla prima settimana di agosto.
Da luglio 2012 cambiò radicalmente l’atmosfera di serenità che si respirava in città, a causa di vari attentati. Da allora le attività si svolsero soltanto nella mattinata dalle 9.00 alle 13.00, e con una certa trepidazione, per l’insicurezza del trasporto dei ragazzi, il cui numero diminuì sensibilmente.
A settembre 2012, il Centro giovanile inizia le sue attività, accogliendo una trentina di giovani, fra liceisti e universitari, tre ritiri dedicati alla preghiera per la pace e all’adorazione del Signore Gesù. Il 16 settembre 2012 si riaprono le scuole statali, nonostante rumori di guerra in lontananza. E la comunità salesiana decide di non iniziare alcuna attività con i piccoli, prima di vedere come si svolge l’andamento della situazione . Nel frattempo, il Centro giovanile tiene sempre la porta aperta ai grandi.
Sabato 13 ottobre, iniziano le iscrizioni per le classi elementari e medie. Sono presenti una settantina di ragazzi e ragazze. Sabato 20 ottobre, solenne apertura dell’anno catechistico per le elementari e medie. Sono presenti circa ottanta alunni e alunne e quindici di catechisti. Ad ogni capo-classe viene offerto un cero, simbolo delle presenza del Signore Gesù nella classe, e a ciascun catechista, la Bibbia.

Il 21 ottobre 2012 segna un’altra terribile novità: una grande esplosione in centro città provoca una quindicina di vittime a Bab Touma, zona prevalentemente cristiana. Ovviamente, le attività del Centro giovanile vengono sospese. Da allora le esplosioni si susseguono sporadicamente, in vari quartieri della città. Gli alunni delle elementari e delle medie vengono convocati raramente e la loro presenza è assai diminuita. L’otto dicembre, alla S. Messa nella solennità dell’Immacolata partecipa una ottantina di ragazzi e giovani.

Nel nuovo anno, 2013, la guerra e le esplosioni continuano causando molte vittime. Malgrado questa situazione di insicurezza generale, si è cercato di fare qualcosa. In occasione delle vacanze di metà anno scolastico, e in preparazione della festa di Don Bosco, il mese di gennaio ha visto il rifiorire della vita nel Centro giovanile, con la presenza di circa 140 ragazzi e ragazze. Nei mesi di febbraio e marzo, invece, l’insicurezza generale non permise lo svolgimento ordinario delle nostre  attività, e ci sollecitò  a cercare altre forme di contatto con i giovani e con le loro famiglie: visita ad un centinaio di famiglie, proposta di piccoli campeggi interni per gruppi, ritiro di due giornate per alcuni ragazzi delle medie; la celebrazione della festa di Don Bosco, il 7 febbraio, con la presenza di una ottantina di ragazzi e giovani; un ritiro di tre giornate per alcuni universitari; confessioni per una trentina di alunni delle classi elementari e medie.
Dopo Pasqua, si è notato una certa ripresa: sabato, 6 aprile, la  presenza dei piccoli era un quarantina; e il sabato seguente, la loro presenza era aumentata sensibilmente. Prima di convocare i ragazzi, si chiedono informazioni a vari catechisti e collaboratori sulla situazione di sicurezza nei vari quartieri, e si decide in base alle loro risposte.

Se l’attuale situazione di insicurezza generale continua, prevediamo di impostare le nostre attività pastorali - educative, mediante visite alle famiglie dei nostri ragazzi e giovani, e con frequenti convocazioni di piccoli gruppi per un incontro di tre giorni di formazione umana, spirituale e salesiana.

Aleppo: Aleppo, la più industrializzata città della Siria, ha una popolazione di circa 4.000 000. L’attuale situazione della città di Aleppo è veramente desolante, disastrosa. Grande parte della circolazione  è paralizzata, per cui dà l’impressione di una città senza vita a causa di devastanti bombardamenti ed esplosioni che hanno ridotto ad uno spettro vari quartieri della città.

Molte scuole statali sono diventate rifugio di sfollati. Attualmente le scuole private cattoliche sono aperte, ma poco frequentate per l’insicurezza generale. E quelle più moderne e prestigiose, situate alla periferia della città, sono ancora meno frequentate o addirittura abbandonate, perchè è assai rischioso raggiungerle. Per venire  incontro alle richieste di molti genitori della popolazione scolastica, varie parrocchie hanno trasformato i loro locali disponibili in ambienti scolastici.
Gli ospedali gestiti dalle suore sono aperti, ma l’assistenza medica viene assicurata soltanto dai pochi medici rimasti. Gli uffici statali hanno difficoltà ad offrire al pubblico il necessario servizio a causa delle rovine e degli incendi.

Aleppo è rinomata come una delle città più moderne e industrializzate della Siria. Più di mille fabbriche sono state saccheggiate: macchinari smontati e asportati. E quanto è rimasto dal saccheggio, è stato distrutto e bruciato.
Attualmente il fiorente centro storico di Aleppo, che costituiva il polso della vita  commerciale  della città, è totalmente senza vita, a causa di devastanti combattimenti e incendi. Data questa desolante situazione non è sempre facile trovare viveri, medicinali, combustibili ecc. Sovente mancano l’energia elettrica e l’acqua, e le comunicazioni sono interrotte: telefono, cellulare, internet. 
Alcune chiese di Aleppo sono state danneggiate a causa di questa guerra. Giorno e notte, la città è disturbata senza tregua o addirittura terrorizzata da vari rumori di guerra. Quando la guerra invase il quartiere vicino alla nostra casa, alcuni proiettili si sono abbattuti anche nel nostro cortile, ma senza causare vittime.

Ma la paura non proviene soltanto dalla guerra in sè, bensì anche dai rapimenti di persone di particolare estrazione sociale. Furono rapiti anche due sacerdoti, di cui uno armeno cattolico e l’altro greco ortodosso. Evidentemente, questa desolante situazione di insicurezza generale rende alquanto rischioso il movimento dentro o fuori della città. Infatti, dopo il calar della notte, non si vede anima viva circolare per le strade.

I Salesiani  sono presenti in Aleppo  sin dal 1948. Aprirono una apprezzata scuola professionale di varie sezioni, come la meccanica, la falegnameria, la tipografia e la sartoria. Ma nel 1967, tutte le scuole private furono nazionalizzate. Da allora, i Salesiani operano costantemente a favore di tanti  ragazzi e giovani nel Centro giovanile e Oratorio di Aleppo.
Durante il primo periodo di questa deplorevole guerra, iniziata nella primavera del 2011, le varie attività formative, catechistiche, pastorali, culturali e ricreative del Centro giovanile, si svolsero in modo normale. Ma verso la fine di luglio 2012, Aleppo divenne l’obiettivo  di intensi attacchi e centro di una accanita battaglia, per cui le varie attività furono assai ridotte.

Attualmente, la comunità salesiana è costituita da quattro confratelli, i quali sono rimasti solidali con la popolazione, e particolarmente vicini alle famiglie dei giovani del Centro giovanile e dell’Oratorio. Essi hanno espresso la loro vicinanza con varie attività pastorali e sociali e mediante visite personali alle famiglie più colpite dalla guerra e tenendo contatto con i mezzi di comunicazione. Questa forma di vicinanza fraterna era indispensabile per conoscere la situazione delle famiglie, rivolgere loro una parola di conforto e di coraggio.  Talora potevano bastare anche una semplice visitina, un sorriso, l’assicurazione della nostra totale disponibilità, l’accoglienza in caso di emergenza ecc.
Abbiamo ritenuto importante anche l’invito ad incontri con i giovani, programmati per le varie fasce di età, al fine di pregare insieme, implorare da Dio la pace per la Siria e per il medio Oriente, adorare il Signore Gesù, scambiarsi  informazioni e esperienze, anche a livello spirituale profondo , assicurare reciproca assistenza necessaria. A tutto ciò si aggiunge la condivisione della mensa e lo spazio a qualche attività ricreativa.

Ma a questa indispensabile forma di vicinanza non può mancare l’aiuto materiale di prima necessità: viveri, medicinali, denaro per coprire determinate spese, offrire libri di carattere religioso, agiografico e spirituale  ecc. La porta della comunità salesiana di Aleppo è aperta a chiunque  è nel bisogno, perchè l’amore di Cristo Salvatore non conosce frontiere.
Ogni giorno convergono alla nostra casa numerose famiglie che non sanno dove incontrarsi per passare parte della giornata insieme. Esse si dispongono all’aperto, occupando l’intero spazio del nostro giardino. Anche varie associazioni giovanili si incontrano nella nostra casa al fine di svolgere le loro attività. E alla sera, quanti sono rimasti si raccolgono davanti alla grotta della Madonna per la preghiera, elevano un canto alla Vergine Maria e sentono una parola di “Buona notte”.

Come non raccontare qui un caso di estrema povertà fra le tante persone che hanno bussato alla porta della nostra casa? Racconta don Georges Fattal direttore di Aleppo: “un giovane donna si presenta dicendo che, non trovando più combustibili per preparare un pò di mangiare per sè e suo fratello ammalato, decise di servirsi del proprio letto di legno e poi anche il tavolo della cucina, come combustibile per cucinare e per il riscaldamento. E questo perchè si vergognava di stendere la mano e chiedere la carità”.

Attualmente il Centro giovanile di Aleppo rimane aperto per venire incontro ad ogni urgente necessità e anche per frequenti incontri di giovani al fine di ravvivare la speranza nella preghiera e di risollevare il morale mediante lo spirito di famiglia e l’animazione salesiana.
In occasione dell'Anno della Fede  lanciato da Papa Benedetto XVI, il comitato dell'Anno della Fede ad Aleppo ha invitato i giovani (fra 15 – 30 anni) ad un incontro dal titolo "Con te non ho paura", tenuto presso il nostro Centro giovanile salesiano. Hanno contribuito alla preparazione di quest' incontro  vari sacerdoti locali  e il salesiano P. Simon Zakarian.
Don Simon riporta: “ L'inizio fu grandioso, con molti giovani in chiesa e nel cortile al punto che non c'era più posto, erano circa 1200 giovani . L’incontro si è aperto con la preghiera del Padre Nostro e di San Giovanni Bosco, il Santo dei giovani. Il programma comprendeva diversi tipi di animazione: canti, inni, danze pantomime e scenette, preparati dagli animatori salesiani. Quindi ho tenuto un discorso dal tema “ Con te non ho paura” tratto dal Vangelo secondo Marco 4: 35 – 41, che riporta la Tempesta sedata. Poi i giovani sono andati in cortile per  pranzare insieme e prendere alcuni  questionari e statistiche. Quindi sono andati in chiesa per partecipare ad un'ora di preghiera e adorazione davanti a Gesu' Eucaristico, e durante l'adorazione ci sono stati le confessioni.  Fare questo incontro in questa situazione di guerra che sta dilagando la Siria, e avere cosi tanti giovani partecipanti, è stato un vero miracolo! E' la fede che ha dato loro il coraggio di sfidare tutto e tutti, e quindi partecipare all'incontro. Grazie Signore perche' veramente sei presente nella barca della nostra vita, grazie Signore”. Prevediamo altri simili incontri, sperando di poterli attuare al più presto.

 Kafroun: La casa di Kafroun appartiene alla comunità salesiana di Aleppo. Essa è situata in una zona verde e montuosa, a sud di Aleppo, e  a una distanza di circa circa 250 km. E’ casa di accoglienza per le attività estive di Aleppo e di Damasco e anche per ritiri di confratelli e gruppi di giovani provenienti dalle diocesi  più vicine, come Tartous e Homs.
D’estate, la casa di Kafroun diventa Centro giovanile e Oratorio per i tutti i villaggi dei dintorni. I ragazzi e giovani più lontani vengono raccolti e riportati a casa con i nostri mezzi di trasporto. Le attività iniziano con la fine dell’anno scolastico delle elementari e delle medie, e perdurano sino all’inzio del nuovo anno scolastico. Lo svolgimento delle varie attività estive sono portate avanti da due o tre confratelli, coadiuvati da alcuni nostri cooperatori e catechisti ed animatori.
In agosto 2012, la guerra cominciò a riversarsi anche su Aleppo. Molte famiglie persero la loro casa e altre furono costrette a lasciarla, e a cercare  qualche sistemazione altrove. Fu in questa occasione che la casa di Kafroun, insieme a don Georges Mouzaaber e don Charbel e attualmente don Luciano, aprì le sue porte ad alcune decine di famiglie di parenti dei Salesiani, dei cooperatori, e degli animatori, ecc... offrendo loro alloggio e vitto in una’atmosfera di famiglia. Partecipano alla preghiera della comunità salesiana, collaborando alla manutenzione e a vari lavori della casa, vivendo insieme vari momenti fraterni. I loro figli sono inseriti nelle scuole della zona  e le frequentano regolarmente, servendosi di nostri mezzi di trasporto. 

I pomeriggi di venerdì, di sabato e di domenica, la casa di Kafroun diventa “Centro giovanile” e “Oratorio” per la gioventù dei villaggi vicini e lontani. Cooperatori e catechisti svolgono le solite attività educative, catechistiche e spirituali, come facevano ad Aleppo, prima della guerra. E alla domenica, si partecipa alla Santa Messa. 
La festa di Natale (2012) è stata preceduta dalle confessioni degli sfollati e dei ragazzi dell’Oratorio, e seguita da un recital” intonato alla liturgia natalizia.

La festa di Don Bosco (2013) è stata solennemente celebrata dal vescovo maronita della diocesi di Tartous. In Questa occasione il vescovo ha offerto il pranzo anche a tutti gli sfollati dei dintorni, cristiani e musulmani,  provenienti dalle città più disastrate dalla guerra, come  Aleppo e Homs. La mensa è stata allietata dalla musica e dal canto, in una festosa atmosfera di intensa fraternità.
Paradossalmente parlando, la sventura di questa deplorevole guerra che ha colpito le più grandi città della Siria, ha portato dei frutti che forse nessuno prevedeva o immaginava, come la solidarietà e l’assistenza reciproca da parte dei loro connazionali, cristiani o musulmani, che hanno favorito la reciproca conoscenza e creato maggiore fraternità.

Qui a Damasco ho avuto l’opportunità di trattenermi a lungo con i confratelli: il direttore don Ashraf, don Felice e don Alejandro, con i ragazzi e con i giovani. Termino questa mia visita alla Siria il 22 aprile 2013. Purtroppo la gravità della situazione mi ha impedito di recarmi ad Aleppo. Tuttavia, ho potuto parlare a lungo con il direttore di Aleppo, don Giorgio Fattal, qui a Damasco, e, per telefono, con don Simon Zakarian di Aleppo. Quanto alla casa di Kafroun, vi ho trascorso un’intera settimana durante le feste natalizie del 2012, in un’atmosfera di familiarità con gli sfollati.

Ringrazio il Signore per la nuova esperienza vissuta durante questa visita, in cui ho constatato la  testimonianza, la solidarietà e la vicinanza dei confratelli delle varie case verso tanti ragazzi, giovani e famiglie sventurate da questa guerra. I Salesiani stanno tutti  abbastanza bene e, malgrado questa deplorevole guerra, li ho visti sereni e disponibili a dare speranza e fiducia ai nostri giovani e alla gente.
 E’ doveroso ringraziare quanti hanno collaborato con la loro generosità per lenire la sofferenza di tanti siriani colpiti dalla sventura di questa guerra: Benefattori, parenti, amici, organizzazioni caritative, salesiani, ecc. La Divina Provvidenza è stata veramente generosa nel venire incontro alle nostre richieste di aiuto. Ciò ha reso possibile offrire l’aiuto indispensabile a chiunque era ed è ancora nel bisogno.
Purtroppo, ho constatato anche tanta tristezza nei ragazzi e nei giovani e nelle loro famiglie: alla crisi economica  e sociale si è aggiunta anche la crisi di fede, per cui si domandano: Dov’è Dio?  I giovani sono tristi perchè non vedono futuro a causa del prolungamento della guerra, di cui non si vede alcuna prossima soluzione. Essi dicono: “Abuna, stiamo stanchi ...” Altri hanno perso la casa o qualche parente o qualche amico. Si respira un'aria di sofferenza, di tristezza e di dolore . Ho assistito al pianto di due giovani, che hanno perso il loro papà mentre si recava al lavoro, e che nel dolore sono ricorsi subito a noi, come parte della loro famiglia.
Concludo questa lettera con il pressante invito di esortare tutti alla  preghiera per “l’amata Siria”,  chiedendo al Cristo Risorto il dono della pace.
   Don Munir El Rai
             SDB MOR

venerdì 26 aprile 2013

Quei feroci giochi di potere sulla pelle dei siriani

Il Paese terreno di scontro geopolitico


Avvenire, 23 aprile 2013 , di Riccardo Redaelli

È quasi impossibile tenere il conto dei massacri, ormai. Uno stillicidio di morti, stragi, esecuzioni sommarie, accuse e controaccuse fra il governo di Bashar al-Assad e le milizie dell’opposizione siriana, sempre più dominate dai gruppi jihadisti. Uno scontro feroce e senza vincitori per il momento, ma con solo sconfitti, primi fra tutti gli abitanti del Paese, ormai alla mercè di una violenza senza freni.

Una guerra, quella siriana, che ha ormai perso la sua caratteristica di guerra civile interna alla Siria per divenire una proxy war, una guerra per procura che va al di là del confini siriani. Perché è chiaro ormai come l’oggetto vero del contendere sul campo non sia più l’abbattimento di una dittatura invasiva e sanguinosa, al potere da decenni, a favore di un nuovo sistema politico più rappresentativo e democratico; la posta in gioco è piuttosto il tentativo di isolare ulteriormente la repubblica islamica dell’Iran e di frammentare l’arco sciita mediorientale. La polarizzazione delle differenze fra sunniti e sciiti degli ultimi decenni e la rivalità crescente fra Arabia Saudita (araba e sunnita) e l’Iran (persiano e sciita) non si ferma al Golfo Persico. Si combatte in tutta la regione: dall’Afghanistan e Pakistan in Oriente, a Libano, Siria e Iraq in Occidente.

Di fatto, la Siria oggi sostituisce l’Iraq quale terreno di scontro e di contrapposizione geopolitica. Lo dimostrano il sostegno di Teheran e delle monarchie petrolifere ai due opposti schieramenti, la presenza crescente di Hezbollah come "puntello militare" degli al-Assad e la crescita delle milizie jihadiste e filo-qaediste fra gli insorti.

Molti dei combattenti (e dei terroristi) che hanno insanguinato l’Iraq, facendo strage per anni di civili sciiti, militari americani e soldati iracheni combattono ora contro il regime alawita di Damasco, assieme a veterani dell’Afghanistan e della Libia. Si moltiplicano le denunce, di ragazzi strappati a forza dai villaggi per finire a combattere con le forze "della resistenza". Pochi giorni fa la stessa Turchia, fra le potenze più attive nel sostenere le forze anti-governative, ha dovuto muovere le proprie forze di sicurezza per liberare decine di ragazzi arruolati a forza dalle milizie jihadiste.

In questo scenario, la capacità di intervento della comunità internazionale sembra estremamente limitata. Da un lato, la Russia ha troppo da perdere dalla caduta del regime baathista per abbandonare al-Assad; dall’altro lato, gli Stati Uniti sembrano esitare nel rafforzare il proprio sostegno all’opposizione siriana.

A Washington si teme che la fine di un regime detestato spinga al potere gruppi estremamente violenti e radicali. Di fatto, stiamo pagando la fretta con cui, all’inizio delle violenze, l’Occidente ha voluto riconoscere le forze dell’opposizione siriana quali interlocutori e, anzi, legittimi rappresentanti del popolo siriano. Senza prima fare chiarezza e imporre l’accettazione di una piattaforma condivisa e condivisibile.

Quali garanzie offrono oggi le milizie dell’opposizione, ove emergono con forza i guerriglieri di Jabhat al-Nusra (il Fronte al Nusra), la cui ideologia jihadista e filo qaedista non può non inquietare? La Siria che essi immaginano è un emirato dominato da un islam intollerante, che deve spazzar via gli alawiti – considerati alla stregua di apostati – e la comunità cristiana. Come sempre accade – e l’Iraq ne è un triste esempio – sono proprio le comunità cristiane, le meno settarie e prive di milizie proprie, a finire travolte da questo regolamento di conti geopolitico fra sunniti e sciiti, come viene tragicamente confermato dal rapimento di due vescovi ortodossi perpetrato ieri.

Ma è tutta la Siria che rischia di passare da un estremismo cattivo a uno peggiore. Dopo due anni di scontri dovrebbe essere chiaro che la via per la fine delle violenze non passa dalla "spallata militare" contro al-Assad. Quanto piuttosto dalla ripresa di un’azione politica, senza precondizione, che punti a coinvolgere tutte le parti in gioco e tutte le comunità siriane nell’elaborazione di una piattaforma di pochi punti condivisi e di regole da accettare.

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