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sabato 2 marzo 2013

Confessioni di un inviato a Damasco





da TEMPI, 2 marzo 2013
di Rodolfo Casadei

Come si sente un inviato che torna dalla Siria dopo aver trascorso una settimana nel martoriato paese in aree controllate dalle forze governative e si imbatte nelle notizie che i media italiani danno della riunione degli “Amici della Siria” a Roma, in particolare le dichiarazioni del segretario di Stato americano John Kerry e del ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi? Si sente male. Perché il quadro della situazione che queste persone disegnano e giustificano – un regime dittatoriale che opprime il suo popolo e si macchia di crimini di guerra contro la popolazione civile e un’opposizione che ha bisogno del sostegno della comunità internazionale per prevalere e portare la democrazia nel paese- è lontanissimo dalla realtà. L’idea che grazie a Usa ed Europa in Siria entrino altre armi – “non letali”, perché tanto a quelle letali ci pensano già i paesi arabi sunniti come Qatar, Arabia Saudita e Turchia – in aggiunta a quelle che già ci sono dall’una e dall’altra parte, dà semplicemente la nausea. Da quando in qua per spegnere un incendio si butta altra benzina sul fuoco? Forse da quando non si ha il coraggio -o più probabilmente l’interesse- a guardare in faccia la realtà nella totalità dei suoi fattori.

E allora è certamente vero che le forze governative -esercito, servizi di sicurezza, milizie di civili armati- si sono macchiate di crimini di guerra con esecuzioni sommarie, torture, violenze su civili, stragi gratuite, arresti indiscriminati e maltrattamenti nelle prigioni. Io questo non l’ho potuto accertare di persona, ma mi fido di Human Rights Watch e di altre organizzazioni che lo hanno attestato nei loro rapporti. Vorrei però modestamente aggiungere che una settimana trascorsa in Siria nelle aree più o meno precariamente controllate dalle forze governative mi ha consentito di toccare con mano il terrore in cui vivono le popolazioni di quelle zone, quotidianamente esposte alla minaccia di autobombe, colpi di mortaio e rapimenti – sia da parte di elementi criminali che di bande di ribelli -, che giorno per giorno si traduce in realtà.
Nel comunicato diffuso dalla Farnesina al termine dei lavori degli “Amici della Siria”, basato sulle dichiarazioni dei ministri degli 11 paesi presenti, si legge fra l’altro che «Il regime deve porre un termine immediato ai bombardamenti indiscriminati contro le aree popolate perché si tratta di crimini contro l’umanità e non possono rimanere impuniti».
Giovedì 21 febbraio sono arrivato a Damasco poche ore dopo che due autobombe, opera di ribelli jihadisti, erano esplose a Mazraa e Barzeh, nel cuore della città, uccidendo 52 civili. Nei giorni seguenti ho visitato alcuni dei feriti scampati all’eccidio. Fra loro una signora, madre trentenne divorziata con due figli adolescenti, che è rimasta sfigurata al volto dall’esplosione. Si tratta di una profuga, musulmana sunnita come tutta la sua famiglia, che ha dovuto abbandonare la casa dove abitava coi genitori nel sobborgo di Ein Tarma a causa degli scontri fra governo e ribelli. Era stata accolta in una moschea vicina al luogo dell’attentato. Il fratello ha protestato davanti alle telecamere della televisione, gridando «è questa la libertà che ci vogliono dare?», e subito gli sono arrivate minacce di morte da parte dei ribelli. In una stanza poco lontana dello stesso ospedale giace un ragazzo palestinese di 15 anni del campo profughi di Yarmuk, alle porte di Damasco. Un cecchino di parte ribelle gli ha aperto tre fori nell’addome, ai quali è miracolosamente sopravvissuto. È andata peggio a quattro suoi amici della sua stessa età, che nel giro di tre mesi hanno perso la vita per il fuoco dei cecchini. Il ragazzino, di cui taccio il nome per tutelare la sua incolumità, mi ha spiegato che dopo essersi limitati per qualche tempo a sparare agli uomini, adesso i cecchini dei ribelli sparano anche alle donne e ai bambini di certe aree del quartiere palestinese. A un bambino di 9 anni, suo compagno di stanza fino al giorno prima che io visitassi l’ospedale, è stata amputata una gamba ferita.

A Damasco non c’è stato giorno, dei quasi cinque che vi ho trascorso in due riprese, senza che cadessero sui quartieri del centro colpi di mortaio lanciati contro obiettivi governativi, ma in realtà non meno imprecisi delle bordate di artiglieria sparate dall’esercito contro i quartieri della periferia in mano ai ribelli. Quando mi sono spostato nelle province del nord-est, ho incontrato famiglie e studenti cristiani in fuga per le continue minacce di morte e di rapimento da parte sia di elementi della criminalità, scatenati a causa del quasi collasso delle istituzioni, sia di elementi jihadisti e salafiti intenzionati a fare piazza pulita della millenaria presenza cristiana in Siria. A Damasco come nel nord-est quasi nessuno di quelli che hanno parlato con me ha accettato di farsi fotografare; nessun profugo dei 15 centri di accoglienza di Damasco e nessuno dei giovani volontari che operano presso queste strutture ha accettato che io prendessi le loro immagini: tutti hanno paura di subire rappresaglie da parte dei ribelli.

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http://www.tempi.it/blog/la-politica-americana-e-europea-in-siria-da-la-nausea#.UTG-fMoSvqQ


giovedì 28 febbraio 2013

Il vicario apostolico di Aleppo: "Mi chiedo spesso: ma l’Occidente capisce o non capisce? "

« I governi occidentali si rendono conto che stanno distruggendo la presenza cristiana in Medio Oriente? Perché la democrazia si “esporta” solo in Siria?»

a porre queste domande è monsignor Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo, la città martire, dove più che altrove divampa l’incendio che sta consumando la Siria.





da PiccoleNote - 27 febbraio 2013
intervista di Davide Malacaria

Ci parli della situazione attuale
Ci sono città relativamente tranquille, altre in cui la guerra infuria. Ad Aleppo i combattimenti sono continui. Manca carburante, elettricità, acqua. Perfino l’acqua potabile scarseggia e pure il pane a volte. I ricchi hanno già abbandonato il Paese, ma anche tanta povera gente che ha perduto tutto: centinaia di migliaia di sfollati, fuori e dentro i confini nazionali. Noi cerchiamo di stare vicino alla popolazione come possiamo. I gesuiti hanno una mensa che fornisce 8.000 pasti al giorno. Ma ogni comunità cristiana cerca di fare qualcosa per aiutare la popolazione, sia musulmani che cristiani, ovviamente. Sono opere che nascono grazie ad aiuti diversi; anche i musulmani ci aiutano finanziariamente per portare avanti queste opere di carità. C’è una grande fraternità, non si tiene conto delle diversità religiose. Una caratteristica antica di questo Paese.

Già, sono tanti a parlare di una convivenza felice prima di questa guerra.
E dicono bene. Anni fa, quando ancora non c’era il regime di Assad padre, avevo sempre la polizia segreta alle costole. Quando abbandonai il Paese, andarono dalle suore che stavano con me a chiedere informazioni per sapere come avessi fatto a lasciare la Siria. Quando sono tornato era tutto cambiato. Si poteva stare fino a tardi per le strade tranquillamente. Ho potuto girare in lungo e in largo la Siria senza alcun impedimento. C’era libertà e rispetto reciproco. A maggio facevamo le processioni lungo le vie di Aleppo alle quali i musulmani guardavano con curiosità e rispetto. A Natale e a Pasqua i capi religiosi islamici venivano a farci gli auguri e noi ricambiavamo all’inizio e alla fine del Ramadan. Ma incontri simili erano frequenti ben al di là di queste occasioni. I diritti erano uguali per tutti, tanto che il governo annoverava ministri cristiani. Anche adesso il ministro della Difesa è un cristiano.

Poi è iniziata la rivolta.
Sì, sull’onda delle primavere arabe che tanto scompiglio hanno portato altrove. A ogni manifestante disposto a scendere in piazza a gridare contro Assad venivano corrisposti dieci dollari. E altri dieci per ogni persona che riusciva a portare con sé. Se portavi venti persone, potevi metterti in tasca duecento dollari, quanto un siriano medio guadagnava in un mese…

Dicono ci fosse un grande malcontento.
In tutti i Paesi c’è sempre un malcontento contro il governo. In Italia non c’è? Anche in Siria c’era, ma molto circoscritto, la gran parte del popolo stava con Assad. E anche adesso. Comunque di cose se ne sono inventate parecchie: c’è la favola secondo la quale in Siria fosse in vigore la legge marziale, che il regime avesse limitato la libertà con la scusa di uno stato di emergenza. Tutte invenzioni. C’erano leggi vecchie, forse, ma non sono mai state applicate. Nessuno qui le ha mai viste.

Veniamo alle ingerenze esterne.
Ingerenze, già. In Arabia Saudita gli imam chiamano alla guerra santa contro Assad. E poi c’è la rete di Al Qaeda che recluta in zone già teatro di guerra come Afghanistan, Libia, Iraq… Infine c’è l’Occidente che vuole portare la democrazia in Siria. Quale democrazia? In Italia c’è democrazia? E altrove? Cos’è la democrazia? Hanno iniziato con la guerra in Afghanistan, poi c’è stato l’Iraq, quindi la Libia… quale democrazia è fiorita? Mi pare che l’unica conseguenza di questo attivismo per “esportare” la democrazia siano state immani devastazioni e la progressiva diminuzione della presenza cristiana in Medio Oriente. Dopo tutte queste guerre i cristiani stanno sparendo dai Paesi arabi, ponendo fine a secoli di convivenza. Per i ribelli siriani gli alawiti [il ramo islamico cui appartiene Assad e la classe dirigente del Paese, ndr] e i cristiani sono la stessa cosa: un nemico da uccidere. Mi chiedo se in Occidente capiscono o non capiscono… (la ripete questa domanda e la scandisce).

Il regime ha consentito lo svolgimento di elezioni…
Al voto ha partecipato tanta gente. Bisogna fare i passi uno alla volta. La democrazia deve maturare poco a poco, dall’interno del Paese, non deve essere imposta da altri. D’altra parte, quando c’erano le elezioni in Egitto, Mubarak prendeva il 99% dei consensi e nessuno in Occidente diceva niente…

Distruzione di Dar Al-IFTA in Aleppo 
Si parla di guerra tra sciiti e sunniti.
L’Arabia Saudita, il Qatar, Paesi sunniti, tentano di far saltare Assad anche per indebolire l’Iran. A proposito di democrazia: in Bahrein una minoranza di sunniti governa sulla maggioranza sciita che è praticamente senza diritti. Da tempo ci sono scontri e repressioni. Perché nessuno ne parla? C’è poi l’Arabia Saudita, dove sciiti e cristiani non godono di alcun diritto. Non si può costruire una chiesa, celebrare una messa e c’è la polizia religiosa pronta a intervenire in caso di violazioni minime. Perché la democrazia si “esporta” solo in Siria?

La sua città sembra essere al centro di questa guerra.
All’inizio era tranquilla, poi otto o nove mesi fa il conflitto è arrivato anche da noi. Questo perché la gente di Aleppo non era scesa in piazza a protestare contro Assad. Ora lo fa, ma per protestare contro tutte e due le parti: chiede di essere lasciata in pace. Da tempo poi si è diffusa la piaga dei sequestri. Rapiscono povera gente e poi chiedono riscatti altissimi. Si fanno collette tra i cittadini, si tratta sulla cifra da offrire per il rilascio. È un modo criminale per finanziare la guerra di ribellione, anche se a volte a compiere azioni simili sono solo banditi comuni.

Sembra che ci siano alcuni spiragli per poter aprire un negoziato.
Per giungere alla pace occorre iniziare un dialogo senza pre-condizioni. Al momento tutti mettono pre-condizioni che per l’altra parte sono inaccettabili. Così non si va da nessuna parte: bisogna mettersi attorno a un tavolo e trattare. La pace è troppo importante…

In questa tempesta, lei rimane in Siria.
Sì e questo desta meraviglia tra la mia gente. Sono uno straniero, potrei andar via. Ma il Signore non ci ha detto di star comodi. Siamo lì per annunziare Cristo, anzitutto con la testimonianza e l’esempio. San Francesco diceva: non andate in giro a fare tanti discorsi, ma date testimonianza con la semplicità della vostra vita. Stare vicino al popolo, in questo momento, è dare testimonianza di Gesù.

mercoledì 27 febbraio 2013

I MERCANTI DI ARMI

Il 28 febbraio si raduneranno a Roma i mercanti di armi, rappresentati dai loro governanti, per decidere di inviare ai ribelli siriani nuove armi.



"LE FORZE DELLE TENEBRE SEMBRA CHE TRIONFINO SULLA LUCE"



Le forze delle tenebre sanno pescare bene nei momenti in cui tutto il mondo ha gli occhi puntati a Roma sulla Santa Sede, mentre la stessa Santa Sede è impegnata per salutare gli ultimi istanti del grande Benedetto XVI come Pontefice della Chiesa Cattolica.
Per le forze delle tenebre, quelle che sanno solo pescare nel torbido, quelle che non vogliono vedere la luce e preferiscono agire nell'oscurità - non quella materiale - ma l'oscurità delle loro menti, dei loro cuori. Che non si peritano di distribuire armi per distruggere, per ammazzare, per attentare... 
Loro hanno un solo ed unico interesse: trarre il massimo guadagno commerciale dai cosiddetti loro aiuti. 
Non si pongono il problema che il loro aiuto è destinato a distruggere, ad uccidere gente innocente, gente inerme. Tutto questo per l'interesse materiale dei propri Paesi, delle proprie fabbriche. Queste così potranno vuotare i loro depositi e riprendere il ciclo di produzione per poi aiutare (dicono loro) altri popoli ad autodistruggersi, armare altri terroristi.
 E tutto questo lo stanno per decidere Capi di stato e di Governo - con i loro ministri degli Esteri - che hanno deciso di combattere il terrorismo con le loro guerre preventive. Ma sono veramente guerre preventive? O non piuttosto guerre di espansione e di neo colonialismo. 
Sì, perché domani al termine di una guerra civile, combattuta in qualsiasi Paese, questi signori correranno per aiutare nella ricostruzione di quanto loro hanno aiutato a distruggere. E, solo allora, ci si renderà conto che il popolo che crede di aver raggiunto la libertà a caro prezzo, si trova schiavizzato dal neo padrone. 
C'è sempre una FATTURA da pagare e sarà molto alta: prima di essere economica, sarà di servilismo ai nuovi padroni che li obbligheranno a fare quanto vogliono i neo padroni.
Chi vuole riflettere rifletta.

l'osservatore siriano


martedì 26 febbraio 2013

Riunione della Coalizione delle opposizioni a Roma: ascolterà il grido della Chiesa siriana?

"Facciamo un accorato appello alla coscienza di tutti in tutto il mondo, ai capi di Stato, in particolare dei paesi Arabi, ai leader di istituzioni ed assemblee internazionali, agli attivisti per la pace, a Sua Santità il Papa e ai Vescovi cristiani in tutto il mondo, implorando loro di ascoltare il nostro grido e le sofferenze e il dolore del popolo siriano"





Dichiarazione del Patriarca Gregorios III dopo le esplosioni terroristiche nel quartiere 'Mazraa di Damasco, che ha lasciato  il tributo della vita di 53 morti e 235 feriti e causato ingenti danni, in particolare per una scuola e un ospedale


21 Febbraio 2013

Tre esplosioni successive hanno scosso Damasco, lacerandoci anima e cuore, ferendo i nostri sentimenti e portando lacrime agli occhi. Abbiamo pianto ad alta voce con preghiere e suppliche, come fa il padre del bambino malato gridando al Signore Gesù Cristo, "Se tu puoi fare qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci!" (Marco 9: 22)
 Preghiamo per il riposo delle anime delle vittime, cittadini cari e diletti figli della Siria: civili, studenti, bambini, tutti  cittadini innocenti. Preghiamo per i feriti affinchè  guariscano  presto e per coloro che piangono perchè siano consolati.
Facciamo un accorato appello alla coscienza di tutti in tutto il mondo, ai capi di Stato, in particolare dei paesi Arabi, ai leader di istituzioni ed assemblee internazionali, agli attivisti per la pace, a Sua Santità il Papa e ai Vescovi cristiani in tutto il mondo, implorando loro di ascoltare il nostro grido e le sofferenze e il dolore del popolo siriano. Nessuno ha il diritto di cercare scuse e negare la responsabilità per il massacro, la distruzione, le esplosioni, i disordini, né per l'attuale crisi, l'odio, rancore e inimicizia tra i figli della stessa Patria.
 Rinnoviamo il nostro appello a tutto il mondo per la fine dell'afflusso di armi alla Siria. Chiediamo alla comunità internazionale e ai Paesi più potenti del mondo di sostenere la Siria nei suoi sforzi per attuare la via del dialogo e raggiungere una soluzione diplomatica alla crisi.
 Da parte nostra, sosteniamo gli sforzi per il dialogo. Questo è il programma del governo della Siria e anche la gente vi interviene con la nostra cultura e convinzioni. Imploriamo gli attivisti per la pace e i vincitori del premio Nobel per la Pace di aderire  al piano della Siria per il dialogo e la riconciliazione.
In ragione della nostra responsabilità come Patriarca, ci rivolgiamo al Consiglio di Sicurezza, all'Unione Europea, e a tutte le nazioni, in particolare ai paesi amici, e ai molti laici e religiosi amici che abbiamo in Europa Occidentale (in particolare in Austria, Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia). Chiediamo a questi ultimi di intraprendere sforzi seri e tempestivi per fare pressione sui loro governi a sostegno di una soluzione politica e di dialogo tra siriani, e per prevenire l'armamento dei belligeranti.
 Estendiamo il nostro appello alla Russia e agli Stati Uniti d'America a continuare i loro sforzi sinceri per sostenere i progressi verso il dialogo e una soluzione politica globale.
La pazienza dei Siriani è esaurita: la loro sofferenza è aggravata in ogni dettaglio della loro vita quotidiana.

Chiediamo a Sua Santità il Papa e ai capi della Santa Sede Apostolica di Roma di lanciare una iniziativa diplomatica della Chiesa Cattolica sulla base della sua influenza spirituale globale.
 Ci rivolgiamo ancora una volta soprattutto ai nostri fedeli dell'Eparchia Patriarcale di Damasco, invitandoli a digiunare e pregare in questo periodo della Grande Quaresima per la sicurezza e la pace in Siria e per il successo degli sforzi per il dialogo e la riconciliazione.
 Imploriamo il Signore nostro Gesù Cristo, con fervore e con insistenza, per porre fine a questa crisi soffocante, e per condurre  al temine  la via dolorosa della croce dei nostri concittadini , verso la gioia della risurrezione, per l'intercessione della Madre di Dio e sempre Vergine Maria, Regina della Pace.
 Durante la sua visita in Libano nel mese di settembre 2012, Papa Benedetto XVI ha espresso il suo dolore per le sofferenze degli abitanti di "questa regione che sembra sopportare dolori interminabili ... Perché Dio ha scelto queste terre? Perché  la loro vita è così turbolenta? Dio ha scelto queste terre, credo, per essere un esempio, per testimoniare di fronte al mondo che ogni uomo e ogni donna ha la possibilità di realizzare concretamente il suo desiderio di pace e di riconciliazione! ...
 "Pensieri di pace, parole di pace e gesti di pace creano un clima di rispetto, onestà e cordialità, dove le colpe e le offese possono essere sinceramente riconosciuti come un mezzo per  progredire insieme sulla via della riconciliazione. Che i leader politici e religiosi possano riflettere su questo! ...
 "Si tratta di rifiutare la vendetta, riconoscendo i propri errori, accettare le scuse senza chiedere le loro, e, non da ultimo, il perdono. Solo il perdono, dato e ricevuto, possono gettare basi durature per la riconciliazione e la pace universale. " (Discorso del Santo Padre Benedetto XVI, Sala del Palazzo presidenziale di Baabda, Sabato 15 Settembre, 2012)



L'opposizione siriana sarà a Roma, convinta da Kerry che promette "aiuti" e Damasco si dice pronta al dialogo



ASIANEWS - 26/02/2013
La Syrian National Coalition, che aveva annunciato il boicottaggio della conferenza degli Amici della Siria torna sui suoi passi dopo l'impegno annunciato dal Segretario di Stato Usa che a Roma non si va "solo per parlare". Il ministro degli esteri siriano dice che il governo è pronto a dialogare anche con "coloro che sono in armi".

Roma (AsiaNews) - L'opposizione siriana riunita nella Syrian National Coalition (SNC) ha annunciato che il suo capo, Moaz al-Khatib (nella foto), parteciperà alla conferenza degli Amici della Siria, che si apre il 28 a Roma, che aveva invece annunciato di voler boicottare. All'origine della decisione, a quanto dichiarato dal portavoce della SNC, Walid al-Bunni, le assicurazione date dal nuovo segretario di Stato Usa, John Kerry, sulla intenzione del presidente Obama di incrementare il sostegno ai ribelli.

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http://www.asianews.it/notizie-it/L'opposizione-siriana-sarà-a-Roma,-convinta-da-Kerry-che-promette-aiuti-e-Damasco-si-dice-pronta-al-dialogo-27241.html



Il governo italiano si orienta in modo sempre più deciso per un «sostegno militare» alle opposizioni siriane. 

Secondo quanto si apprende dal sito web del ministero degli Esteri italiano, «a Roma l’Italia e i Paesi europei proporranno agli Stati Uniti maggiore flessibilità nelle misure in favore dell’opposizione al regime di Assad. In particolare, chiederanno che gli aiuti “non letali” (ovvero gli aiuti che non servono direttamente ad uccidere –come elmetti, divise, apparati radio, automezzi, cibo e tecnologia - che vengono già assicurati agli insorti siriani da parte Paesi occidentali - ndr) vengano estesi fino a comprendere anche l’assistenza tecnica, l’addestramento e la formazione, in modo da consolidare l’azione della coalizione, sulla scia di quanto espresso nell’ultimo Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea».
L’appoggio proposto dal governo italiano in «assistenza tecnica, addestramento e formazione» all’opposizione siriana costituisce un passo in più verso un impegno militare più diretto e lascia perplessi non pochi osservatori, anche per via del comportamento che la stessa opposizione armata, difficilmente governabile, sta tenendo sul campo.

   LEGGI IL SEGUITO SU:

lunedì 25 febbraio 2013

«L’agonia della Siria non può continuare»

«LAGGIÙ MANCA PERSINO LA CONVINZIONE DI POTER AVERE UN FUTURO»

 L’appello di suor Annunciata


da "Il Cittadino"  16 febbraio 2016
di Eugenio Lombardo

Dov’è la verità? Come si riesce a comprenderla? E cosa può essere fatto per aiutare un’intera nazione oggi in ginocchio, che rischia di non rialzarsi più, malgrado il fascino millenario di alcune sue città? E quali devono essere i nostri sentimenti di persone cristiane: lasciarsi coinvolgere, attrezzarsi per sostenere aiuti e collette finanziarie, chiudersi nell’indifferenza, con qualche rabberciata preghiera, perché la guerra è molto, molto lontano da casa nostra, anche se sta uccidendo un numero impressionante di persone, oltre 60mila secondo una stima delle Nazioni Unite dall’inizio del conflitto, cioè dal marzo 2011, e fra questi un numero impressionante è purtroppo di bambini? Cosa fare, dunque? Come essere operatori di pace?

 LA TRAGEDIA SIRIANA
Questa drammatica situazione - definita dal Comitato Internazionale della Croce rossa Onu quale conflitto armato non internazionale, quantomeno per applicare gli interventi umanitari previsti in casi di eventi bellici - si sta svolgendo in Siria. Ed una religiosa lodigiana, tra l’altro monaca di clausura, suor Annunciata Dordoni, è stata sino a poche settimane addietro, per dieci lunghi mesi, testimone degli scontri tra l’esercito governativo guidato dal presidente Assad e le truppe dei ribelli, esponenti della Primavera Araba per alcuni osservatori, mentre per altri soltanto terroristi islamici legati ad al Qaida. Suor Annunciata appartiene all’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza; è cioè una trappista, una religiosa che vive nel silenzio, nella preghiera e nel lavoro svolto all’interno della propria comunità; ma incoraggiata dalla propria badessa del monastero di Valserena nel comune di Guardistallo, in provincia di Pisa, ha scelto di essere adesso portavoce della tragedia del popolo siriano. Questa appare divenuta per lei un’autentica missione. Il suo arrivo in Medio Oriente era forse scritto nel destino: «Quando ancora non ero consacrata - mi spiega, illuminando di intensi bagliori i suoi azzurrissimi occhi - mi era già capitato di andare in zone colpite dalla guerra e dai saccheggi, come nella ex Jugoslavia: allora, si partiva con i furgoni, ad organizzare le attività. Inizialmente fu un gruppo di Lecco, successivamente si aggiunsero i volontari del movimento Lavoratori credenti di don Peppino Barbesta; quindi, allorché la badessa mi chiese se volevo raggiungere le mie consorelle in Siria, tale proposta mi apparve in linea con la mia sensibilità di donna che nella vita è sempre stata impegnata nel sociale, ed accettai di buon grado la soluzione, cosa che avrei comunque fatto per obbedienza». Il convento in Siria è sorto dando seguito alla presenza monastica in Algeria dei sette religiosi uccisi a Tibhirine nel 1996; quello fu un fatto agghiacciante: i monaci vennero decapitati e i loro corpi non furono mai ritrovati. Il vile attacco fu rivendicato dal Gruppo Islamico Armato. L’idea era quella di ritornare in Algeria, ma la presenza costante delle guardie militari non garantiva la solitudine ambita da chi professa il monachesimo: alla fine la scelta cadde sulla Siria, perché vantava già nel passato una presenza monastica di rilievo.

LA GUERRA CIVILE
Il monastero siriano delle monache di clausura si trova al confine con il Libano, da cui è diviso solo da uno striminzito fiumiciattolo, gli echi della guerra civile arrivano ancora attenuati, ma suor Annunciata sa riconoscerne i sinistri presagi: «Il conflitto si riconosce da tante cose, anche dalle più banali; persino dalle finestre che mancano nel nostro edificio: abbiamo chiesto a un artigiano di portarcele, ma nessuno si avventura per le strade. C’è la paura che i terroristi islamici facciano agguati e compiano rapimenti. La corrente elettrica va a singhiozzo, il più delle ore manca; il gasolio è razionato, di bombole del gas è inutile parlarne. Nei paesi accanto al nostro monastero è possibile trovare solo beni di prima necessità, per procurarsi ogni altra cosa occorre andare a Tartus, strategicamente importante in Siria perché vi è il secondo porto del paese, dove oggi sono ancorate le navi russe, e città abitata dai cristiani e dalla minoranza islamica degli alawiti, di cui fa parte il presidente Bashar al Assad; ma oggi Tartus è irriconoscibile, invasa da orde di profughi che arrivano da Aleppo, Damasco, Homs e da tantissimi altri luoghi da cui gli abitanti fuggono via». 
Su queste orde di disperati suor Annunciata ha idee molte chiare: «È gente che ha una fortissima dignità. Non chiede soldi, non vuole vivere di sostegni solidaristici fine a se stessi. Desidera un lavoro e soprattutto la sicurezza di poter riprendere la vita di un tempo, senza più odi e guerre». Invece pare che della Siria non importi nulla ai paesi occidentali, e meno che meno all’Italia. Nei mesi scorsi le alte gerarchie cattoliche hanno cercato di accendere le luci sulla drammatica condizione in cui vive il popolo siriano: lo ha fatto monsignor Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo; ha scritto lunghi appelli e rilasciato interviste il vescovo caldeo Antoine Audo; ha implorato di essere ricevuta dal governo italiano la deputata cristiana Maria Saadeh, ma le porte sono rimaste chiuse. 
«Come può essere aiutata la Siria? - ripete la mia domanda suor Annunciata - Glielo dico subito: con una corretta politica dell’informazione, sapendo come stanno realmente le cose, sinora è prevalsa l’idea che il governo sia solo contrario alle riforme e che i ribelli siano povere vittime. Non è propriamente così. Tra i rivoluzionari vi sono terroristi che hanno rapito medici e tecnici ospedalieri, tanto che oggi gli ospedali non funzionano, e che stanno uccidendo così la propria gente, perché quando ci si ammala o si resta feriti non ci sono mezzi per curarsi; adesso rapiscono anche i poveri, così che nei villaggi gli abitanti facciano il porta a porta per realizzare una misera colletta e pagare il riscatto».

UN INGIUSTO EMBARGO
«Guardi - prosegue con passione, suor Annunciata Dordoni - in Siria non esiste più l’agricoltura, non c’è più lavoro, e manca in termini elementari la convinzione di avere un futuro. No, non è sufficiente dire che la Siria è in ginocchio! Essa è stesa a terra ed agonizzante. Una volta esistevano 14 km di Souq, cioè del mercato artigianale, uno spettacolo da vedere, considerato patrimonio dell’Unesco, oggi non vi è più una sola bottega: tutto raso al suolo dai bombardamenti e dai saccheggi. Informarsi è già progettare un domani per questa gente. E togliere l’embargo imposto dai paesi occidentali sarebbe il primo passo per la ricostruzione». 
Suor Annunciata non sa se potrà ritornare in Siria: «Le confido una cosa e sono certa che da buon giornalista non la scriverà, giusto? Per tranquillizzare i parenti ed i tanti amici che ho lasciato qui nel Lodigiano, ufficialmente dovrei dire di no. Ma - spiega sorniona - io ho fatto il voto di obbedienza, e faccio quello che mi dicono i Superiori. Da noi si è soliti dire: volontà dei Superiori, volontà di Dio».

L’ESEMPIO DI ZACCHEO 
Suor Annunciata, dopo una brevissima permanenza di 48 ore a Lodi, è da qualche giorno rientrata nel suo convento toscano; così dopo aver a lungo parlato sulla Siria, le chiedo di narrarmi la propria esperienza religiosa: «Forse la prima intuizione della mia vocazione è da far risalire ai tempi del mio volontariato in Bosnia; tornata da lì compresi che tutto ciò che possedevo - e di beni ne avevo tanti: una casa, una macchina, qualche soldo da parte - era per me superfluo. Non potevo operare come il giovane ricco dei Vangeli, che dopo aver chiesto a Gesù cosa dovesse fare per seguirlo, finiva per rinunciare al progetto per non lasciare le proprie comodità. Il resto è stato il frutto di una vera e propria chiamata, alla quale non potevo che rispondere di sì. Non a caso un’altra fra le pagine più belle dei Vangeli che sento proprio mia è quella in cui il Signore dice a Zaccheo: «Oggi devo fermarmi a casa tua». Ed io, proprio come Zaccheo, ho sentito di ricevere direttamente questa proposta ».

IL SALMO 83
Il monastero di Valserena è stato fondato nel 1968 come dipendenza da quello di Vitorchiano, in provincia di Viterbo, famoso per la produzione delle marmellate e per avere al suo interno un’antica stamperia. Nella struttura toscana vivono, pregano e cantano le lodi una quarantina di suore: «Sono certa che oramai chiederà se è facile vivere fra donne, pur religiose, in una grande comunità! Un martirio bianco, secondo alcuni! Non sempre, in effetti, è facile: ma fra i nostri voti vi è pure quello della conversione del cuore, quindi accettare l’altro, la sorella diversa da me. Noi seguiamo la regola di San Benedetto, improntata al vivere insieme fraternamente: lo zelo può essere esercitato in modo buono o cattivo, un lavoro fatto con un senso di amarezza e di mortificazione fa prevalere il secondo, mentre lo slancio per servire gli altri fa parte dello zelo buono». 
Le giornate delle suore, al convento di Valserena, così come in quello in Siria, sono interamente dedicate ai Salmi e a Dio: «Ci alziamo alle 2.30 del mattino e alle 3 siamo già in chiesa per il canto dei Salmi notturni; poi abbiamo un’ora per la lectio divina; quindi alle 5 siamo nuovamente in chiesa; di ora in ora si canta, si prega, si lavora, sino alle 18.30, momento della compieta. Alle diciannove andiamo a dormire. Il nostro pregare è un canto perenne: nella liturgia, infatti, intoniamo ben 150 salmi». Per suor Annunciata la preghiera rivela sempre qualcosa di nuovo: «Ho imparato a pregare in modo diverso frequentando, durante gli anni di Casalpusterlengo, il gruppo del Rinnovamento dello Spirito. Penso che la preghiera possa veramente rinnovare una ricchezza interiore immensa, basta sapere ascoltare nel proprio cuore le parole. È vero: siamo umani e ci sono i giorni che le giaculatorie vengono ripetute quasi meccanicamente; ma ve ne sono altri in cui anche una singola parola prorompe dentro di me e fa assumere alla vita una luce nuova, assolutamente originaria, e improntata al disegno di Dio. Personalmente, trovo stupendo il salmo 83: Anche il passero trova una casa e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli presso i tuoi altari. Lì c’è il senso dell’accoglienza cristiana».



sabato 23 febbraio 2013

Sperando contro ogni speranza ...

Lettera del 3 febbraio (Lettera n ° 8)

Aleppo, Febbraio 2013

È mezzogiorno. I colpi di cannone  continuano  ad occupare un posto di rilievo nella nostra vita quotidiana. Aleppo ha sperimentato in gennaio  una situazione sempre più drammatica, soprattutto a livello umano: la scarsità e il rincaro delle materie prime essenziali per la vita o per la sopravvivenza di ogni giorno: pane, medicine, carburante, il gas, elettricità ecc.
I drammi umani a cui noi, Maristi Blu, assistiamo quotidianamente sono terribili. Gli sfollati stanno aumentando di numero e di bisogno.
 La gente comune, povera e miserabile, impotente e senza lavoro, viene da noi a supplicarci di trovarle un posto di lavoro di piccole dimensioni: molti hanno installato un "Basta", una  piccola bancarella  in strada per vendere qualsiasi cosa: biscotti, sigarette , frutta e verdura, ecc ..


Elias, per esempio, ha come capitale  2000 lire siriane (20 euro). lui e suo figlio Hanna  (7 anni), stanno là,  tutto il giorno, davanti  al "Basta" per vendere biscotti, un pacchetto a 5 lire siriane...

Hassan padre di famiglia, sfollato, senza lavoro, passa tutta la notte davanti al panificio per comprare qualche chilo di pane che rivenderà un po ' più caro. Questo piccolo commercio gli permetterà di sovvenire ai bisogni essenziali dei sette membri della sua famiglia.

Penso  ai bambini,  venditori di benzina, e a quell'adolescente che si posiziona  in una strada ben frequentata da migliaia di pedoni. Le sue mani vengono utilizzate come scaffale, ella vi tiene un pacchetto di biscotti che vende.…


Penso ai giovani ... Ci sono quelli che hanno lasciato il Paese, con o senza i loro genitori, ma ci sono anche quelli che sono rimasti: gli universitari che vogliono completare i loro studi per progettare un futuro, e coloro che sono senza lavoro. Allora, quali parole di speranza possono  aiutarli a proseguire il loro percorso? A volte è solo il silenzio e l'ascolto ...
Questi stessi giovani sono rimasti scioccati per l'attacco che aveva come obiettivo l’Università di Aleppo il primo giorno di esami semestrali e ha causato la morte di così tanti studenti eppure che, contro ogni previsione, si aggrappano ad un futuro incerto .

La città diventa sempre più una città fantasma.
 Dopo le 16:00, senza elettricità e con pochi passanti, la città viene abbandonata a se stessa, ai combattimenti, ai checkpoint  ... Sembra una città abbandonata al suo destino, al suo Maktoub.

Aleppo è sempre più isolata e soffocata. L'aeroporto internazionale rimane chiuso. L'unica possibilità  di viaggiare è via terra, con tutto ciò che rappresenta come minaccia per la vita dei viaggiatori. Per questi viaggiatori e per le loro famiglie, il giorno dello spostamento è un giorno di angoscia e preoccupazione. In particolare nella zona più vicina ad Aleppo, dove vengono tagliate le telecomunicazioni e i posti di blocco delle diverse fazioni si moltiplicano.

In questo cupo quadro della realtà  Aleppina , noi continuiamo la nostra azione di solidarietà:
abbiamo migliorato la quota settimanale di alimenti necessari alla vita quotidiana delle famiglie sfollate e vi abbiamo aggiunto legna da ardere. 


 In realtà, il freddo è stato così mordente nel mese di gennaio 2013, che gli sfollati  accendevano per riscaldarsi, tutto quello su cui riuscivano a mettere le mani : carta, plastica, legno, stracci, abiti vecchi, a volte anche a rischio di asfissia.






In queste condizioni, i bambini si aggrappano alla vita. Hanno approfittato di un giorno di neve per esprimere la loro gioia e l’amore per il gioco, costruendo i loro pupazzi di neve!

E, a lume di candela, sono diligenti nelle loro ore di studio, che i nostri volontari continuano ad offrire.







Alcuni giovani sfollati preparano gli esami di maturità e per il brevetto ufficiale. Questo ci ha dato l’occasione di iscriverli a corsi privati a pagamento, non lontano dai centri di accoglienza in cui sono alloggiati.




E alla distribuzione mensile del Carrello della Montagna  (300 famiglie ne beneficiano), abbiamo aggiunto per il Natale, formaggio e carne. Il mese scorso siamo stati in grado di distribuire, per la gioia di tutte le famiglie, bombole di gas per cucinare e per il riscaldamento dell'acqua.
Grazie a tutti i benefattori!

F. Georges Sabe, fms – per i "Maristi Blu di Aleppo"

giovedì 21 febbraio 2013

MONS. ZENARI (NUNZIO a DAMASCO): "CAMMINIAMO SU STRADE DI SANGUE"

"Perché la violenza, perché tutta questa violenza? Chi vogliono uccidere?  La pietra, la sicurezza, il regime, o meglio: l'UOMO.   Damasco piange, tutta la Siria soffre! Ogni uomo e ogni donna della terra sono terrorizzati. L'Uomo del mio paese è crocifisso, condotto al mattatoio in sacrificio per niente, niente, niente. Queste immagini così violente che voglio condividere con voi, miei amici nel mondo, sono per dirvi l'orrore che vive il mio popolo" (messaggio di Frère Georges dopo l'attentato di Damasco).

 







“Abbiamo sentito un forte boato che ha sprigionato una enorme nuvola di fumo. Eventi abituali qui. Solo dopo, guardando la televisione locale abbiamo appreso che il bilancio delle vittime è enorme”. Il nunzio apostolico in Siria, monsignor Mario Zenari, racconta così al Sir l’esplosione di un’autobomba questa mattina in pieno centro a Damasco che ha provocato, secondo i media, 53 morti e 200 feriti.
 “Le immagini trasmesse - dichiara il nunzio - mostravano corpi carbonizzati, a brandelli e altre scene terribili”. L’autobomba non è stata l’unica esplosione di questa “tragica” mattinata nella capitale siriana: “Un colpo di mortaio è caduto anche qui a meno di trecento metri dalla nunziatura. Per noi è difficile distinguere se siano esplosioni, cannonate, colpi di arma da fuoco”. Da fonti militari si è appreso che l’attacco di mortaio era diretto alla sede dello Stato maggiore dell’Esercito, un edificio da poco sottoposto a restauri. Con questi attacchi il conflitto civile tra fautori del presidente Assad e i ribelli armati dell’Opposizione entra prepotentemente nel centro moderno di Damasco: “Un primo attacco si era verificato circa dieci giorni fa, ma non di questa ampiezza”.
“Attualmente siamo nella nunziatura apostolica che è nei paraggi dell’ambasciata di Italia e di altri Paesi come l’Iraq, gli Usa, in una zona non molto distante dalla nota piazza degli Omayyadi. Finora siamo rimasti abbastanza fuori dalla tormenta ma adesso anche qui si registrano colpi e scambi a fuoco”. Circa la notizia, rilanciata da un’agenzia locale, su un possibile attentato contro di lui, progettato in ambienti militari e dell’intelligence siriana, come rappresaglia contro i suoi recenti pronunciamenti sul conflitto, mons. Zenari spiega di “non avergli dato peso. Questa mattina ho fatto tradurre dall’arabo la notizia. Da quel che ho appreso è che alcuni non avrebbero gradito delle mie dichiarazioni, risalenti a una settimana fa, in cui dicevo che qui stiamo camminando sul sangue delle vittime sparse ovunque, strade e marciapiedi, anche a Damasco. In quella occasione dicevo anche che la Siria sta vivendo, più che la Quaresima, il suo Venerdì Santo, e invitavo la comunità internazionale a non lavarsi le mani e a non fare la parte di Ponzio Pilato. L’unica via per uscire rapidamente dal conflitto è costringere i contendenti a negoziare. Di quella dichiarazione non ritiro nemmeno una virgola. Rischiamo, lo ripeto, di camminare su strade e marciapiedi grondanti di sangue”.

http://www.agensir.eu/ita/viewArticolo.jsp?id=0&url=http%3A%2F%2Fwww.agensir.it%2Fpls%2Fsir%2Fv3_s2doc_b.rss%3Fid_oggetto%3D256295%23256295&stit=Quotidiano


IL VIDEO DELLA RIVENDICAZIONE DELL'ATTACCO



Quale fine per i cristiani?


Il Sussidiario- 16 febbraio 2013
 di Augusto Lodolini

Come rileva Robi Ronza nel suo editoriale "La lezione di Assad all'Italia", forse ci si sta rendendo  conto che la questione siriana non è risolvibile con una manichea distinzione  tra “buoni” e “cattivi” e che la cacciata di Assad è tutt’altro che imminente.
Ci si sta anche rendendo conto che la caduta di Assad senza un adeguato periodo di transizione e una qualche idea, seria, sul dopo regime rischia di far cadere  la Siria “dalla padella nella brace; e in una brace ben peggiore dell’attuale  padella.”

Ma l'embargo colpisce il popolo

SANZIONI  UE  ALLA  SIRIA



Il patriarca Gregorios III Laham chiede all'Europa un protagonismo diverso: ''Il nostro Paese non ha bisogno di forniture di armi. La nostra terra è intrisa di sangue. Più armi significa più morte, più violenza, più emigrazione, più povertà. Abbiamo bisogno che le diplomazie lavorino per raggiungere la pace''

S.I.R. Martedì 19 Febbraio 2013

L’Unione europea, nella seduta di ieri a Bruxelles, ha rinnovato per tre mesi il pacchetto di sanzioni contro il regime di Damasco in scadenza il prossimo 28 febbraio, con l’impegno di “emendare” le misure in modo da “fornire un maggiore supporto non-letale e assistenza tecnica per la protezione dei civili”. Nel prolungamento delle sanzioni non c’è l’allentamento sull’embargo delle armi che era stato ventilato dalla Gran Bretagna, per poter dare un aiuto diretto all’opposizione. Ipotesi tiepidamente sostenuta dalla Francia, ma osteggiata dalla maggioranza dei 27.
Sempre ieri, ma a Ginevra, la Commissione Onu sulle violazioni dei diritti umani, di cui è membro l’ex procuratrice federale, Carla Del Ponte, ha presentato un rapporto che punta il dito “sugli individui in posizione di leadership” come responsabili dei crimini. “C’è un bisogno urgente di avere accesso alla Siria” per indagare sulle violazioni dei diritti umani ed è ora che il Consiglio di sicurezza deferisca la situazione nel paese alla Corte penale internazionale, ha detto Del Ponte.
Sul terreno degli scontri la situazione si fa ancora più complicata ora che le milizie sciite libanesi di Hezbollah sono scese in campo a fianco dello storico alleato siriano, il presidente Assad, sferrando attacchi contro i ribelli locali nella provincia centrale di Homs. Su questi ultimi sviluppi Daniele Rocchi, per il Sir, ha posto alcune domande al patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, Gregorios III Laham.

Beatitudine, ieri l’Ue ha prorogato per tre mesi il pacchetto di sanzioni contro il regime di Damasco. Cosa ne pensa?
“Questo embargo non fa che peggiorare le condizioni del popolo e non tocca il Governo e il presidente. La vita in Siria è ogni giorno più costosa, le famiglie hanno difficoltà ad acquistare i generi di prima necessità, moltissime hanno avuto le proprie case distrutte. Tante hanno lasciato il Paese. Per questo oggi siamo riuniti qui a Damasco con i rappresentanti di tutti gli organismi di solidarietà delle chiese cristiane. Lo scopo è quello di coordinare gli aiuti alla popolazione sfollata, rifugiata, alle famiglie e alle persone che sono rimaste ma che hanno perso la casa, il lavoro e che non riescono ad andare avanti”.

Cosa avrebbe dovuto fare l’Unione europea, allora?
“La situazione è da tempo insostenibile, la violenza e l’instabilità minano l’economia, ormai al collasso, impediscono ogni dialogo e la ricerca di una soluzione politica negoziata che è quella che tutti auspichiamo. L’Ue invece di aiutare la riconciliazione interna, lottando contro il fondamentalismo di tante fazioni in campo, proroga di tre mesi le sanzioni. Non è questa l’Ue che vogliamo”.

Di cosa avrebbe bisogno la Siria?
“Diciamo prima di cosa non ha bisogno la Siria: la Siria non ha bisogno di forniture di armi. La nostra terra è intrisa di sangue. Più armi significa più morte, più violenza, più emigrazione, più povertà. Abbiamo bisogno che le diplomazie lavorino per raggiungere la pace. Non vogliamo denaro, non vogliamo armi. La gente siriana che soffre della violenza chiede questo alla comunità internazionale: che si dia da fare per il negoziato, il dialogo e la riconciliazione. La Siria vuole stabilità e sicurezza”.

Sono sempre di più i casi di violenza e abusi contro la popolazione e la piaga dei rapimenti sembra colpire principalmente i cristiani. Perché proprio i cristiani?
“Oggi non c’è luogo sicuro in Siria. I rapimenti sono solo un aspetto della mancanza di sicurezza che si vive in Siria oggi. Questi non riguardano solo i cristiani ma tutta la popolazione. I cristiani, certamente, sono anch’essi nel mirino. Al momento sappiamo di tre sacerdoti rapiti e stiamo cercando di riportarli a casa salvi”.

Da domani, fino al 22 febbraio, ad Amman, in Giordania si tiene un summit delle 17 Caritas nazionali del medio Oriente e del Nord Africa, che avrà a tema anche la tragedia siriana. I profughi siriani sono più di 350mila sia in Giordania che in Libano e non meno di 150mila in Turchia…
“L’incontro di Amman è il segno più vero e autentico dell’amore della Chiesa verso la Siria e indica ciò che si dovrebbe fare per aiutare veramente il nostro Paese. Salutiamo con riconoscenza la Santa Sede e le Chiese che si stanno prodigando per portare sostegno spirituale e materiale ai nostri fratelli sfollati e rifugiati in Giordania, Libano, Turchia. Questa è la vera risposta alle sanzioni imposte dall’Ue, che ormai ha perso ogni senso di valore cristiano”.

La fuga dei siriani dal Paese sembra non finire. A complicare le cose anche la discesa in campo delle milizie libanesi di Hezbollah a fianco del presidente Assad. Teme l’escalation della guerra?
“L’allargamento del conflitto, che vede adesso in campo anche le milizie sciite di Hezbollah a fianco di Assad è la riprova che questa guerra potrà finire solo in presenza di un’azione vigorosa di dialogo e di negoziato. Con le armi non si va da nessuna parte. Mi appello all’Europa e al mondo: non armate i contendenti ma aiutateli a sedere intorno ad un tavolo per trovare una soluzione politica giusta. Serve uno sforzo politico e diplomatico per la riconciliazione tra i gruppi in conflitto”.

Carla Del Ponte, magistrato dell’Onu che si occupa di diritti umani, ha detto ieri che “è arrivato il momento” per il Consiglio di Sicurezza di portare i crimini di guerra della Siria davanti alla Corte penale internazionale (Cpi). È d’accordo con questa richiesta?
“Oggi in Siria siamo tutti criminali, siamo tutti da processare, ma anche l’Europa. Questa è anche la guerra dell’ipocrisia e della bugia. Quel che si scrive intorno a questo conflitto non è tutto vero. Non è vero, per esempio, che tutta la popolazione è contro Assad. La gente chiede solo la fine della violenza, di uscire dal caos in cui vive, di ritrovare sicurezza e stabilità. Aiutateci a dialogare allontanando tutte quelle forze straniere e fondamentaliste che combattono dentro la Siria e che minano la convivenza del popolo e la rinascita del Paese”.


martedì 19 febbraio 2013

Crudele ipocrisia delle sanzioni: la guerra che voi state facendo ...

"Così si uccide la speranza, la dignità, e anche la vita fisica di un popolo" 

Testimonianza delle Monache Trappiste dalla Siria lacerata dal conflitto





Ancora un bollettino di guerra. Ma stavolta non quella che stanno combattendo esercito e ribelli, una guerra che è diretta da grandi potenze e da grandi interessi, e che ci supera, noi e voi che leggete. Vi imploriamo di riflettere su una guerra a cui si dà il consenso in nome di una sedicente prassi democratica. Stiamo parlando delle sanzioni internazionali, e della strage quotidiana che provocano.

Ci commuoviamo e ci indigniamo (giustamente) alla notizia che in un bombardamento sono morti bambini e donne. Perché non ci sconvolge il fatto che ci siano intere famiglie ridotte alla fame a causa nostra? Pensate sia più duro morire improvvisamente sotto le bombe, o morire di inedia, un giorno dopo l’altro? È più crudele raccogliere il corpo dei propri figli sotto le macerie, o vederli lamentarsi e soffrire per giorni per la mancanza di medicine? Le sanzioni stanno uccidendo molto più delle bombe. Uccidono i corpi; uccidono la speranza. Uomini che da mesi non hanno lavoro, e non hanno prospettive di trovarne : nella sola zona di Aleppo, 1.500 officine, laboratori, piccole industrie distrutte. I macchinari rubati, e trasportati in Turchia. Una vera razzia. Con cosa si lavora, se manca tutto ?

In città ci si inventa qualcosa, si vende di tutto pur di guadagnare almeno il pane. Si affitta un’auto, ci si improvvisa trasportatori verso destinazioni pericolose, dove nessuno accetta di andare.
 Come George, padre di tre figli, che pur di lavorare è morto in questo modo ai confini della Turchia, ucciso da cecchini, "liberatori della Siria".
In molte campagne i contadini non osano seminare: troppo pericoloso. Manca il gasolio, senza gasolio non vanno le pompe dell’acqua, con cosa si irriga ? E i trattamenti e i concimi, molti dei quali importati, soprattutto dopo che sono state bruciate fabbriche chimiche e magazzini, sono costosissimi e, anche se si dispone di denaro, spesso introvabili. I più poveri, che hanno solo qualche mucca, la stanno vendendo: tra mangimi e foraggi il costo degli alimenti è al minimo 60-70 lire siriane al chilo, quando un litro di latte si vende a 25. I rapimenti, in tragica crescita, e la delinquenza, sono un’altra conseguenza delle sanzioni.
per scaldarsi e cucinare!

Certo, direte : che ingenuità! Le sanzioni sono fatte apposta per esasperare un Paese, e un Paese esasperato significa pressione sui suoi politici e quindi un intervento democratico efficace. È ciò che vogliono i vostri politici. Ma la nostra domanda è : lo volete anche voi? Volete davvero questo? Volete avere responsabilità sulla sofferenza e la morte di tante persone innocenti, in nome di un "intervento" che loro non vi hanno chiesto? Sì, il popolo siriano vuole la sua libertà e i suoi diritti, ma non così, non in questo modo. Così si uccide la speranza, la dignità, e anche la vita fisica di un popolo.

Siete convinti che bisogna pur pagare un prezzo per ottenere libertà e democrazia? Allora digiunate, voi, nelle piazze europee, a favore della Siria. E lasciate che qui ognuno scelga se e come dare la vita per ciò in cui crede. Costringere un popolo alla fame, alla rabbia, alla disperazione, perché si ribelli, è forse metterlo in grado di esercitare una scelta democratica? Che razza di idea di democrazia e di libertà è mai questa? Il lavoro è una grande forza per un popolo, dà dignità, crea prospettive, educa alla libertà vera. Uccidere il lavoro è un altro modo di uccidere vite. Le sanzioni internazionali sono uno strumento iniquo, perché ipocrita : lascia l’illusione di non sporcarsi le mani con il sangue altrui.



La Siria stava crescendo, lentamente, anche contradditoriamente, ma con continuità. È tornata cinquant’anni indietro. E adesso si raccolgono milioni di dollari di aiuti umanitari, con spese enormi di invio, di distribuzione. Per dare cibo là dove si è lasciato bruciare il grano, per dare coperte là dove si sono lasciati distruggere i magazzini. Che senso ha? Certo, deve esserci un guadagno per qualcuno, altrimenti che interesse avrebbe il mondo politico internazionale a dirigere le cose in questo modo?

Ma , alla fine, la nostra domanda è ancora: voi volete davvero questo? Volete combattere questa guerra contro un intero popolo? Se la vostra risposta è "no", fate qualcosa. Ve lo chiediamo con tutte le nostre forze e la nostra preghiera, a nome di tanti siriani .
Raccogliete firme, fate petizioni a livello europeo, promuovete incontri per sensibilizzare la gente, create associazioni di persone e di imprenditori che facciano pressione per riaprire il commercio con la Siria. Pensate voi agli strumenti, ma fate qualcosa. E in fretta. C’è gente che muore, tanta. E tanta che se ne va, per sempre.

© riproduzione riservata
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/suore_trappiste_siria.aspx



"L’Unione europea ha deciso di rinnovare per tre mesi le sanzioni al regime di Damasco, con un significativo allentamento dell’embargo sulle armi. I provvedimenti, scrivono i ministri degli esteri dell’Ue dopo un giorno di vertice a Bruxelles, sono modificati in modo da fornire all’opposizione «un maggiore supporto non letale e assistenza tecnica per la protezione dei civili».
La decisione è un compromesso dopo settimane di disaccordo tra Gran Bretagna, che con il ministro William Hague chiedeva di dare il «massimo supporto e assistenza» alla coalizione «che abbiamo riconosciuto» come legittimo rappresentante, ipotizzando di fornire una «più ampia gamma di materiali». 
Notizia da Avvenire
19 febbraio 2013

domenica 17 febbraio 2013

Annullata l' iniziativa "Riscatta un cristiano"


Cari amici,

nei giorni precedenti avevamo lanciato una raccolta per riscattare i sacerdoti rapiti, e altri cristiani di Aleppo.

Adesso dalla Siria ci dicono che non è una iniziativa opportuna, in quanto rischia di esporre altri cristiani a pericoli di estorsioni.

L’iniziativa è revocata, tutto quello che è già stato o sarà versato sarà dato ai poveri e ai rifugiati.

 Ringraziamo tutti coloro che hanno aderito e i vari siti web che hanno rilanciato l'iniziativa.

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Ringraziamo tutti gli esponenti ecclesiastici che  hanno corretto la nostra "imprudente" iniziativa RISCATTA UN CRISTIANO che, nell'impeto di una buona opera di carità, ci era parsa trovare sintonie. Si è trattato di un equivoco. 
Riportiamo sotto il comunicato dell'Agenzia FIDES.

Inoltre, nel ringraziare sentitamente  www.fides.org che pochi giorni fa ha dato rilievo all'iniziativa con un ampio articolo, segnaliamo ai lettori e corrispondenti che da sempre questo Blog nasce come iniziativa cristiana e laica dei siti Fraternità Maria Gabriella e Undicesima Ora.
Ora pro Siria non è gestito dalle Sorelle Trappiste, né vuole rappresentare alcuna comunità monastica in particolare, ma è una libera iniziativa di cristiani laici, amici di diverse comunità monastiche in Italia e in Siria, che agiscono solo ed esclusivamente in nome proprio e non delle Monache le quali non sono da ritenere responsabili, autrici o ispiratrici delle nostre iniziative.
Fraternità Maria Gabriella e Undicesima Ora




Per i sequestrati la Chiesa non paga riscatti, ma offre preghiere

Aleppo - Agenzia Fides- 18/2/2013 – 
La Chiesa siriana, in tutte le sue articolazioni e comunità, non ha mai pagato e mai pagherà riscatti per i cristiani sequestrati. I fedeli chiedono alla comunità internazionale un sostegno per fermare la disumana pratica dei sequestri, verso tutti i cittadini siriani, e invitano i confratelli cristiani del mondo a offrire preghiere e sacrifici spirituali per le vittime. E’ quanto riferiscono all’Agenzia Fides autorevoli fonti nella Chiesa cattolica in Siria, specificando che qualsiasi campagna di “redenzione” dei rapiti (attualmente sono due i sacerdoti in mano a bande di sequestratori) è una campagna di natura del tutto spirituale e non implica alcuna raccolta di fondi. Padre Alberto Barattero, dei Missionari del Verbo Incarnato, in una nota pervenuta a Fides, rimarca che i religiosi della sua fraternità non si adoperano nella “raccolta di denaro” per i sequestrati, ma che proseguono l’impegno di solidarietà verso famiglie, cristiane e non, che soffrono povertà e sfollamento a causa del conflitto.

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=41032&lan=ita

La terza Quaresima di sofferenza per i cristiani che vivono in Siria

  Un tempo segnato insieme da inquietudine e speranza: lo scrive l'Arcivescovo maronita di Damasco Samir Nassar, che si sofferma su alcuni fatti recenti che hanno ispirato sentimenti ambivalenti tra i battezzati in Siria: le dimissioni di Benedetto XVI, la visita a Damasco del Patriarca maronita Boutros Bechara Rai, l'esodo dei fedeli della Chiesa greco-ortodossa.



"Papa Benedetto XVI è stato vicino a questo popolo dimenticato"


Damasco - Agenzia Fides - 14/2/2013)

 La rinuncia del Santo Padre - scrive monsignor Nassar - ha toccato in modo del tutto particolare i cristiani siriani: la preghiera e gli appelli di Benedetto XVI per la pace in Siria, insieme ai suoi gesti di carità concreta, “avevano reso questo Papa così vicino a questo popolo dimenticato”. L'Arcivescovo maronita si augura che si possa procedere lungo il cammino comune “in questo tempo di Quaresima che lui ha scelto per continuare in maniera diversa la sua missione”.

Un fatto lieto citato nel messaggio dell'Arcivescovo è la recente visita a Damasco del Patriarca maronita: “Nessuno dei 15 Patriarchi greco-ortodossi” sottolinea S. E. Nassar “ha osato venire a Damasco in occasione della intronizzazione di Giovannni X Yazigi come nuovo Patriarca greco-ortodosso di Antiochia. L'unico che ha voluto varcare il confine siriano libanese per essere presente alla Messa d'insediamento è stato il Patriarca maronita Bechara Boutros Rai, nonostante le tensioni che ora segnano i rapporti tra i due Paesi”. S. B. Rai – riferisce l'Arcivescovo Nassar - è stato accolto da migliaia di cristiani che hanno salutato “piangendo di gioia” il Patriarca venuto nel nome “della pace, dell'unità e della speranza”.
Proprio le occasioni pubbliche legate all'inizio del nuovo Patriarcato greco ortodosso con sede a Damasco hanno reso evidente l'esodo dei cristiani che sta falcidiando soprattutto la comunità ora affidata a Giovanni X Yazigi. Una cattedrale mezza vuota – racconta S. E. Nassar - aveva accolto il nuovo Patriarca il 20 dicembre, dopo la sua elezione. “La Chiesa greco-ortodossa” posegue l'arcivescovo maronita - “rappresenta il 60% dei cristiani in Siria”, ma nei due anni di conflitto “l'emorragia ha disperso più di metà delle parrocchie. Molte decine di migliaia hanno lasciato il Paese per fuggire nei paesi confinanti, cercando poi rifugio ai quattro angoli del mondo”.

L'indebolimento della comunità greco-ortodossa, definita da monsignor Nassar “spina dorsale del cristianesimo siriano”, a suo giudizio rimette in questione l'avvenire di tutte le minoranze cristiane in Siria. “La guerra dell'Iraq ha provocato l'esodo di massa dei suoi cristiani... La Guerra in Siria avrà le stesse conseguenze?” si domanda l'arcivescovo maronita, chiedendo anche di pregare “Nostra Signora dei senza rifugio” per i sacerdoti nelle mani dei rapitori dal 9 febbraio e per tutte le altre migliaia di scomparsi registrati nel conflitto siriano.

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=41011&lan=ita


Mons. Zenari: camminiamo sul sangue, la comunità internazionale se ne lava le mani






mons. Mario Zenari: Purtroppo è la terza Quaresima che abbiamo iniziato in questo clima di terribile sofferenza di tutta la popolazione siriana. Più che la Quaresima, vorrei dire che qui stiamo vivendo il Venerdì Santo, il terzo Venerdì Santo, che dura, dura … e che ancora non lascia intravvedere le luci della Pasqua. Ecco, purtroppo temo che si abbia l’impressione che si ripeta quel gesto del Venerdì Santo, che sentiamo nel Vangelo, di lavarsene le mani. Sotto certi aspetti si ha l’impressione che anche la Comunità internazionale, come recentemente diceva il mediatore internazionale Brahimi, stia lì a guardare questa Siria che va in rovina: va in rovina sotto gli occhi della Comunità internazionale, che non sa che cosa fare! Il numero delle vittime, che viene continuamente aggiornato, è veramente impressionante: si ha l’impressione di camminare sul sangue di queste vittime della violenza. Anche qui a Damasco, quante esplosioni in questi due anni… Questo sangue che anche fisicamente si attacca sotto la suola delle nostre scarpe, camminando qui per la Siria! Questa violenza è ormai diffusa dappertutto!


D. - Come vive la gente?
R. - La gente è ormai molto stanca, molto delusa… Sono anche molto abbattuti sotto l’aspetto del vivere quotidiano: la mancanza di cibo, la mancanza di quelle cose normali di cui c’è bisogno in inverno, come il riscaldamento, la mancanza di lavoro e la mancanza delle scuole per i bambini…. In più, tante sono le famiglie provate soprattutto da sofferenze e da lutti. Si vede una popolazione accasciata e stanca. Si ha l’impressione che questo conflitto, che dura ormai così a lungo, non riesca più a suscitare l’impegno di chi potrebbe - soprattutto la Comunità internazionale - agire e fare qualcosa per una soluzione pacifica e rapida.

D. - Dai microfoni della Radio Vaticana, quale appello vuole lanciare?
R. - Io farei un appello a tutti coloro che hanno qualche possibilità o che hanno, per autorità, il dovere di intervenire e di non lavarsene le mani, ma di intervenire presto e subito affinché si arrivi ad una soluzione pacifica della crisi.

D. - In questa situazione, come vive la comunità cristiana?
R. - Le varie comunità dei differenti riti hanno cominciato o stanno per cominciare la Quaresima. Devo dire, da quello che ho visto anche nei mesi passati, che i cristiani frequentano con ancora più fervore le Chiese, pregano il Signore. Bisogna accomodare un po’ gli orari, perché non si può fare una liturgia, per esempio, alla sera e quindi si anticipano gli orari, ma ugualmente le chiese sono piene e si nota una grande affluenza: i cristiani sentono che c’è bisogno veramente dell’aiuto di Dio in questa situazione!

Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/02/14/siria._mons._zenari:_camminiamo_sul_sangue,_la_comunità_internazionale/it1-664971
del sito Radio Vaticana