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lunedì 25 febbraio 2013

«L’agonia della Siria non può continuare»

«LAGGIÙ MANCA PERSINO LA CONVINZIONE DI POTER AVERE UN FUTURO»

 L’appello di suor Annunciata


da "Il Cittadino"  16 febbraio 2016
di Eugenio Lombardo

Dov’è la verità? Come si riesce a comprenderla? E cosa può essere fatto per aiutare un’intera nazione oggi in ginocchio, che rischia di non rialzarsi più, malgrado il fascino millenario di alcune sue città? E quali devono essere i nostri sentimenti di persone cristiane: lasciarsi coinvolgere, attrezzarsi per sostenere aiuti e collette finanziarie, chiudersi nell’indifferenza, con qualche rabberciata preghiera, perché la guerra è molto, molto lontano da casa nostra, anche se sta uccidendo un numero impressionante di persone, oltre 60mila secondo una stima delle Nazioni Unite dall’inizio del conflitto, cioè dal marzo 2011, e fra questi un numero impressionante è purtroppo di bambini? Cosa fare, dunque? Come essere operatori di pace?

 LA TRAGEDIA SIRIANA
Questa drammatica situazione - definita dal Comitato Internazionale della Croce rossa Onu quale conflitto armato non internazionale, quantomeno per applicare gli interventi umanitari previsti in casi di eventi bellici - si sta svolgendo in Siria. Ed una religiosa lodigiana, tra l’altro monaca di clausura, suor Annunciata Dordoni, è stata sino a poche settimane addietro, per dieci lunghi mesi, testimone degli scontri tra l’esercito governativo guidato dal presidente Assad e le truppe dei ribelli, esponenti della Primavera Araba per alcuni osservatori, mentre per altri soltanto terroristi islamici legati ad al Qaida. Suor Annunciata appartiene all’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza; è cioè una trappista, una religiosa che vive nel silenzio, nella preghiera e nel lavoro svolto all’interno della propria comunità; ma incoraggiata dalla propria badessa del monastero di Valserena nel comune di Guardistallo, in provincia di Pisa, ha scelto di essere adesso portavoce della tragedia del popolo siriano. Questa appare divenuta per lei un’autentica missione. Il suo arrivo in Medio Oriente era forse scritto nel destino: «Quando ancora non ero consacrata - mi spiega, illuminando di intensi bagliori i suoi azzurrissimi occhi - mi era già capitato di andare in zone colpite dalla guerra e dai saccheggi, come nella ex Jugoslavia: allora, si partiva con i furgoni, ad organizzare le attività. Inizialmente fu un gruppo di Lecco, successivamente si aggiunsero i volontari del movimento Lavoratori credenti di don Peppino Barbesta; quindi, allorché la badessa mi chiese se volevo raggiungere le mie consorelle in Siria, tale proposta mi apparve in linea con la mia sensibilità di donna che nella vita è sempre stata impegnata nel sociale, ed accettai di buon grado la soluzione, cosa che avrei comunque fatto per obbedienza». Il convento in Siria è sorto dando seguito alla presenza monastica in Algeria dei sette religiosi uccisi a Tibhirine nel 1996; quello fu un fatto agghiacciante: i monaci vennero decapitati e i loro corpi non furono mai ritrovati. Il vile attacco fu rivendicato dal Gruppo Islamico Armato. L’idea era quella di ritornare in Algeria, ma la presenza costante delle guardie militari non garantiva la solitudine ambita da chi professa il monachesimo: alla fine la scelta cadde sulla Siria, perché vantava già nel passato una presenza monastica di rilievo.

LA GUERRA CIVILE
Il monastero siriano delle monache di clausura si trova al confine con il Libano, da cui è diviso solo da uno striminzito fiumiciattolo, gli echi della guerra civile arrivano ancora attenuati, ma suor Annunciata sa riconoscerne i sinistri presagi: «Il conflitto si riconosce da tante cose, anche dalle più banali; persino dalle finestre che mancano nel nostro edificio: abbiamo chiesto a un artigiano di portarcele, ma nessuno si avventura per le strade. C’è la paura che i terroristi islamici facciano agguati e compiano rapimenti. La corrente elettrica va a singhiozzo, il più delle ore manca; il gasolio è razionato, di bombole del gas è inutile parlarne. Nei paesi accanto al nostro monastero è possibile trovare solo beni di prima necessità, per procurarsi ogni altra cosa occorre andare a Tartus, strategicamente importante in Siria perché vi è il secondo porto del paese, dove oggi sono ancorate le navi russe, e città abitata dai cristiani e dalla minoranza islamica degli alawiti, di cui fa parte il presidente Bashar al Assad; ma oggi Tartus è irriconoscibile, invasa da orde di profughi che arrivano da Aleppo, Damasco, Homs e da tantissimi altri luoghi da cui gli abitanti fuggono via». 
Su queste orde di disperati suor Annunciata ha idee molte chiare: «È gente che ha una fortissima dignità. Non chiede soldi, non vuole vivere di sostegni solidaristici fine a se stessi. Desidera un lavoro e soprattutto la sicurezza di poter riprendere la vita di un tempo, senza più odi e guerre». Invece pare che della Siria non importi nulla ai paesi occidentali, e meno che meno all’Italia. Nei mesi scorsi le alte gerarchie cattoliche hanno cercato di accendere le luci sulla drammatica condizione in cui vive il popolo siriano: lo ha fatto monsignor Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo; ha scritto lunghi appelli e rilasciato interviste il vescovo caldeo Antoine Audo; ha implorato di essere ricevuta dal governo italiano la deputata cristiana Maria Saadeh, ma le porte sono rimaste chiuse. 
«Come può essere aiutata la Siria? - ripete la mia domanda suor Annunciata - Glielo dico subito: con una corretta politica dell’informazione, sapendo come stanno realmente le cose, sinora è prevalsa l’idea che il governo sia solo contrario alle riforme e che i ribelli siano povere vittime. Non è propriamente così. Tra i rivoluzionari vi sono terroristi che hanno rapito medici e tecnici ospedalieri, tanto che oggi gli ospedali non funzionano, e che stanno uccidendo così la propria gente, perché quando ci si ammala o si resta feriti non ci sono mezzi per curarsi; adesso rapiscono anche i poveri, così che nei villaggi gli abitanti facciano il porta a porta per realizzare una misera colletta e pagare il riscatto».

UN INGIUSTO EMBARGO
«Guardi - prosegue con passione, suor Annunciata Dordoni - in Siria non esiste più l’agricoltura, non c’è più lavoro, e manca in termini elementari la convinzione di avere un futuro. No, non è sufficiente dire che la Siria è in ginocchio! Essa è stesa a terra ed agonizzante. Una volta esistevano 14 km di Souq, cioè del mercato artigianale, uno spettacolo da vedere, considerato patrimonio dell’Unesco, oggi non vi è più una sola bottega: tutto raso al suolo dai bombardamenti e dai saccheggi. Informarsi è già progettare un domani per questa gente. E togliere l’embargo imposto dai paesi occidentali sarebbe il primo passo per la ricostruzione». 
Suor Annunciata non sa se potrà ritornare in Siria: «Le confido una cosa e sono certa che da buon giornalista non la scriverà, giusto? Per tranquillizzare i parenti ed i tanti amici che ho lasciato qui nel Lodigiano, ufficialmente dovrei dire di no. Ma - spiega sorniona - io ho fatto il voto di obbedienza, e faccio quello che mi dicono i Superiori. Da noi si è soliti dire: volontà dei Superiori, volontà di Dio».

L’ESEMPIO DI ZACCHEO 
Suor Annunciata, dopo una brevissima permanenza di 48 ore a Lodi, è da qualche giorno rientrata nel suo convento toscano; così dopo aver a lungo parlato sulla Siria, le chiedo di narrarmi la propria esperienza religiosa: «Forse la prima intuizione della mia vocazione è da far risalire ai tempi del mio volontariato in Bosnia; tornata da lì compresi che tutto ciò che possedevo - e di beni ne avevo tanti: una casa, una macchina, qualche soldo da parte - era per me superfluo. Non potevo operare come il giovane ricco dei Vangeli, che dopo aver chiesto a Gesù cosa dovesse fare per seguirlo, finiva per rinunciare al progetto per non lasciare le proprie comodità. Il resto è stato il frutto di una vera e propria chiamata, alla quale non potevo che rispondere di sì. Non a caso un’altra fra le pagine più belle dei Vangeli che sento proprio mia è quella in cui il Signore dice a Zaccheo: «Oggi devo fermarmi a casa tua». Ed io, proprio come Zaccheo, ho sentito di ricevere direttamente questa proposta ».

IL SALMO 83
Il monastero di Valserena è stato fondato nel 1968 come dipendenza da quello di Vitorchiano, in provincia di Viterbo, famoso per la produzione delle marmellate e per avere al suo interno un’antica stamperia. Nella struttura toscana vivono, pregano e cantano le lodi una quarantina di suore: «Sono certa che oramai chiederà se è facile vivere fra donne, pur religiose, in una grande comunità! Un martirio bianco, secondo alcuni! Non sempre, in effetti, è facile: ma fra i nostri voti vi è pure quello della conversione del cuore, quindi accettare l’altro, la sorella diversa da me. Noi seguiamo la regola di San Benedetto, improntata al vivere insieme fraternamente: lo zelo può essere esercitato in modo buono o cattivo, un lavoro fatto con un senso di amarezza e di mortificazione fa prevalere il secondo, mentre lo slancio per servire gli altri fa parte dello zelo buono». 
Le giornate delle suore, al convento di Valserena, così come in quello in Siria, sono interamente dedicate ai Salmi e a Dio: «Ci alziamo alle 2.30 del mattino e alle 3 siamo già in chiesa per il canto dei Salmi notturni; poi abbiamo un’ora per la lectio divina; quindi alle 5 siamo nuovamente in chiesa; di ora in ora si canta, si prega, si lavora, sino alle 18.30, momento della compieta. Alle diciannove andiamo a dormire. Il nostro pregare è un canto perenne: nella liturgia, infatti, intoniamo ben 150 salmi». Per suor Annunciata la preghiera rivela sempre qualcosa di nuovo: «Ho imparato a pregare in modo diverso frequentando, durante gli anni di Casalpusterlengo, il gruppo del Rinnovamento dello Spirito. Penso che la preghiera possa veramente rinnovare una ricchezza interiore immensa, basta sapere ascoltare nel proprio cuore le parole. È vero: siamo umani e ci sono i giorni che le giaculatorie vengono ripetute quasi meccanicamente; ma ve ne sono altri in cui anche una singola parola prorompe dentro di me e fa assumere alla vita una luce nuova, assolutamente originaria, e improntata al disegno di Dio. Personalmente, trovo stupendo il salmo 83: Anche il passero trova una casa e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli presso i tuoi altari. Lì c’è il senso dell’accoglienza cristiana».



sabato 23 febbraio 2013

Sperando contro ogni speranza ...

Lettera del 3 febbraio (Lettera n ° 8)

Aleppo, Febbraio 2013

È mezzogiorno. I colpi di cannone  continuano  ad occupare un posto di rilievo nella nostra vita quotidiana. Aleppo ha sperimentato in gennaio  una situazione sempre più drammatica, soprattutto a livello umano: la scarsità e il rincaro delle materie prime essenziali per la vita o per la sopravvivenza di ogni giorno: pane, medicine, carburante, il gas, elettricità ecc.
I drammi umani a cui noi, Maristi Blu, assistiamo quotidianamente sono terribili. Gli sfollati stanno aumentando di numero e di bisogno.
 La gente comune, povera e miserabile, impotente e senza lavoro, viene da noi a supplicarci di trovarle un posto di lavoro di piccole dimensioni: molti hanno installato un "Basta", una  piccola bancarella  in strada per vendere qualsiasi cosa: biscotti, sigarette , frutta e verdura, ecc ..


Elias, per esempio, ha come capitale  2000 lire siriane (20 euro). lui e suo figlio Hanna  (7 anni), stanno là,  tutto il giorno, davanti  al "Basta" per vendere biscotti, un pacchetto a 5 lire siriane...

Hassan padre di famiglia, sfollato, senza lavoro, passa tutta la notte davanti al panificio per comprare qualche chilo di pane che rivenderà un po ' più caro. Questo piccolo commercio gli permetterà di sovvenire ai bisogni essenziali dei sette membri della sua famiglia.

Penso  ai bambini,  venditori di benzina, e a quell'adolescente che si posiziona  in una strada ben frequentata da migliaia di pedoni. Le sue mani vengono utilizzate come scaffale, ella vi tiene un pacchetto di biscotti che vende.…


Penso ai giovani ... Ci sono quelli che hanno lasciato il Paese, con o senza i loro genitori, ma ci sono anche quelli che sono rimasti: gli universitari che vogliono completare i loro studi per progettare un futuro, e coloro che sono senza lavoro. Allora, quali parole di speranza possono  aiutarli a proseguire il loro percorso? A volte è solo il silenzio e l'ascolto ...
Questi stessi giovani sono rimasti scioccati per l'attacco che aveva come obiettivo l’Università di Aleppo il primo giorno di esami semestrali e ha causato la morte di così tanti studenti eppure che, contro ogni previsione, si aggrappano ad un futuro incerto .

La città diventa sempre più una città fantasma.
 Dopo le 16:00, senza elettricità e con pochi passanti, la città viene abbandonata a se stessa, ai combattimenti, ai checkpoint  ... Sembra una città abbandonata al suo destino, al suo Maktoub.

Aleppo è sempre più isolata e soffocata. L'aeroporto internazionale rimane chiuso. L'unica possibilità  di viaggiare è via terra, con tutto ciò che rappresenta come minaccia per la vita dei viaggiatori. Per questi viaggiatori e per le loro famiglie, il giorno dello spostamento è un giorno di angoscia e preoccupazione. In particolare nella zona più vicina ad Aleppo, dove vengono tagliate le telecomunicazioni e i posti di blocco delle diverse fazioni si moltiplicano.

In questo cupo quadro della realtà  Aleppina , noi continuiamo la nostra azione di solidarietà:
abbiamo migliorato la quota settimanale di alimenti necessari alla vita quotidiana delle famiglie sfollate e vi abbiamo aggiunto legna da ardere. 


 In realtà, il freddo è stato così mordente nel mese di gennaio 2013, che gli sfollati  accendevano per riscaldarsi, tutto quello su cui riuscivano a mettere le mani : carta, plastica, legno, stracci, abiti vecchi, a volte anche a rischio di asfissia.






In queste condizioni, i bambini si aggrappano alla vita. Hanno approfittato di un giorno di neve per esprimere la loro gioia e l’amore per il gioco, costruendo i loro pupazzi di neve!

E, a lume di candela, sono diligenti nelle loro ore di studio, che i nostri volontari continuano ad offrire.







Alcuni giovani sfollati preparano gli esami di maturità e per il brevetto ufficiale. Questo ci ha dato l’occasione di iscriverli a corsi privati a pagamento, non lontano dai centri di accoglienza in cui sono alloggiati.




E alla distribuzione mensile del Carrello della Montagna  (300 famiglie ne beneficiano), abbiamo aggiunto per il Natale, formaggio e carne. Il mese scorso siamo stati in grado di distribuire, per la gioia di tutte le famiglie, bombole di gas per cucinare e per il riscaldamento dell'acqua.
Grazie a tutti i benefattori!

F. Georges Sabe, fms – per i "Maristi Blu di Aleppo"

giovedì 21 febbraio 2013

MONS. ZENARI (NUNZIO a DAMASCO): "CAMMINIAMO SU STRADE DI SANGUE"

"Perché la violenza, perché tutta questa violenza? Chi vogliono uccidere?  La pietra, la sicurezza, il regime, o meglio: l'UOMO.   Damasco piange, tutta la Siria soffre! Ogni uomo e ogni donna della terra sono terrorizzati. L'Uomo del mio paese è crocifisso, condotto al mattatoio in sacrificio per niente, niente, niente. Queste immagini così violente che voglio condividere con voi, miei amici nel mondo, sono per dirvi l'orrore che vive il mio popolo" (messaggio di Frère Georges dopo l'attentato di Damasco).

 







“Abbiamo sentito un forte boato che ha sprigionato una enorme nuvola di fumo. Eventi abituali qui. Solo dopo, guardando la televisione locale abbiamo appreso che il bilancio delle vittime è enorme”. Il nunzio apostolico in Siria, monsignor Mario Zenari, racconta così al Sir l’esplosione di un’autobomba questa mattina in pieno centro a Damasco che ha provocato, secondo i media, 53 morti e 200 feriti.
 “Le immagini trasmesse - dichiara il nunzio - mostravano corpi carbonizzati, a brandelli e altre scene terribili”. L’autobomba non è stata l’unica esplosione di questa “tragica” mattinata nella capitale siriana: “Un colpo di mortaio è caduto anche qui a meno di trecento metri dalla nunziatura. Per noi è difficile distinguere se siano esplosioni, cannonate, colpi di arma da fuoco”. Da fonti militari si è appreso che l’attacco di mortaio era diretto alla sede dello Stato maggiore dell’Esercito, un edificio da poco sottoposto a restauri. Con questi attacchi il conflitto civile tra fautori del presidente Assad e i ribelli armati dell’Opposizione entra prepotentemente nel centro moderno di Damasco: “Un primo attacco si era verificato circa dieci giorni fa, ma non di questa ampiezza”.
“Attualmente siamo nella nunziatura apostolica che è nei paraggi dell’ambasciata di Italia e di altri Paesi come l’Iraq, gli Usa, in una zona non molto distante dalla nota piazza degli Omayyadi. Finora siamo rimasti abbastanza fuori dalla tormenta ma adesso anche qui si registrano colpi e scambi a fuoco”. Circa la notizia, rilanciata da un’agenzia locale, su un possibile attentato contro di lui, progettato in ambienti militari e dell’intelligence siriana, come rappresaglia contro i suoi recenti pronunciamenti sul conflitto, mons. Zenari spiega di “non avergli dato peso. Questa mattina ho fatto tradurre dall’arabo la notizia. Da quel che ho appreso è che alcuni non avrebbero gradito delle mie dichiarazioni, risalenti a una settimana fa, in cui dicevo che qui stiamo camminando sul sangue delle vittime sparse ovunque, strade e marciapiedi, anche a Damasco. In quella occasione dicevo anche che la Siria sta vivendo, più che la Quaresima, il suo Venerdì Santo, e invitavo la comunità internazionale a non lavarsi le mani e a non fare la parte di Ponzio Pilato. L’unica via per uscire rapidamente dal conflitto è costringere i contendenti a negoziare. Di quella dichiarazione non ritiro nemmeno una virgola. Rischiamo, lo ripeto, di camminare su strade e marciapiedi grondanti di sangue”.

http://www.agensir.eu/ita/viewArticolo.jsp?id=0&url=http%3A%2F%2Fwww.agensir.it%2Fpls%2Fsir%2Fv3_s2doc_b.rss%3Fid_oggetto%3D256295%23256295&stit=Quotidiano


IL VIDEO DELLA RIVENDICAZIONE DELL'ATTACCO



Quale fine per i cristiani?


Il Sussidiario- 16 febbraio 2013
 di Augusto Lodolini

Come rileva Robi Ronza nel suo editoriale "La lezione di Assad all'Italia", forse ci si sta rendendo  conto che la questione siriana non è risolvibile con una manichea distinzione  tra “buoni” e “cattivi” e che la cacciata di Assad è tutt’altro che imminente.
Ci si sta anche rendendo conto che la caduta di Assad senza un adeguato periodo di transizione e una qualche idea, seria, sul dopo regime rischia di far cadere  la Siria “dalla padella nella brace; e in una brace ben peggiore dell’attuale  padella.”

Ma l'embargo colpisce il popolo

SANZIONI  UE  ALLA  SIRIA



Il patriarca Gregorios III Laham chiede all'Europa un protagonismo diverso: ''Il nostro Paese non ha bisogno di forniture di armi. La nostra terra è intrisa di sangue. Più armi significa più morte, più violenza, più emigrazione, più povertà. Abbiamo bisogno che le diplomazie lavorino per raggiungere la pace''

S.I.R. Martedì 19 Febbraio 2013

L’Unione europea, nella seduta di ieri a Bruxelles, ha rinnovato per tre mesi il pacchetto di sanzioni contro il regime di Damasco in scadenza il prossimo 28 febbraio, con l’impegno di “emendare” le misure in modo da “fornire un maggiore supporto non-letale e assistenza tecnica per la protezione dei civili”. Nel prolungamento delle sanzioni non c’è l’allentamento sull’embargo delle armi che era stato ventilato dalla Gran Bretagna, per poter dare un aiuto diretto all’opposizione. Ipotesi tiepidamente sostenuta dalla Francia, ma osteggiata dalla maggioranza dei 27.
Sempre ieri, ma a Ginevra, la Commissione Onu sulle violazioni dei diritti umani, di cui è membro l’ex procuratrice federale, Carla Del Ponte, ha presentato un rapporto che punta il dito “sugli individui in posizione di leadership” come responsabili dei crimini. “C’è un bisogno urgente di avere accesso alla Siria” per indagare sulle violazioni dei diritti umani ed è ora che il Consiglio di sicurezza deferisca la situazione nel paese alla Corte penale internazionale, ha detto Del Ponte.
Sul terreno degli scontri la situazione si fa ancora più complicata ora che le milizie sciite libanesi di Hezbollah sono scese in campo a fianco dello storico alleato siriano, il presidente Assad, sferrando attacchi contro i ribelli locali nella provincia centrale di Homs. Su questi ultimi sviluppi Daniele Rocchi, per il Sir, ha posto alcune domande al patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, Gregorios III Laham.

Beatitudine, ieri l’Ue ha prorogato per tre mesi il pacchetto di sanzioni contro il regime di Damasco. Cosa ne pensa?
“Questo embargo non fa che peggiorare le condizioni del popolo e non tocca il Governo e il presidente. La vita in Siria è ogni giorno più costosa, le famiglie hanno difficoltà ad acquistare i generi di prima necessità, moltissime hanno avuto le proprie case distrutte. Tante hanno lasciato il Paese. Per questo oggi siamo riuniti qui a Damasco con i rappresentanti di tutti gli organismi di solidarietà delle chiese cristiane. Lo scopo è quello di coordinare gli aiuti alla popolazione sfollata, rifugiata, alle famiglie e alle persone che sono rimaste ma che hanno perso la casa, il lavoro e che non riescono ad andare avanti”.

Cosa avrebbe dovuto fare l’Unione europea, allora?
“La situazione è da tempo insostenibile, la violenza e l’instabilità minano l’economia, ormai al collasso, impediscono ogni dialogo e la ricerca di una soluzione politica negoziata che è quella che tutti auspichiamo. L’Ue invece di aiutare la riconciliazione interna, lottando contro il fondamentalismo di tante fazioni in campo, proroga di tre mesi le sanzioni. Non è questa l’Ue che vogliamo”.

Di cosa avrebbe bisogno la Siria?
“Diciamo prima di cosa non ha bisogno la Siria: la Siria non ha bisogno di forniture di armi. La nostra terra è intrisa di sangue. Più armi significa più morte, più violenza, più emigrazione, più povertà. Abbiamo bisogno che le diplomazie lavorino per raggiungere la pace. Non vogliamo denaro, non vogliamo armi. La gente siriana che soffre della violenza chiede questo alla comunità internazionale: che si dia da fare per il negoziato, il dialogo e la riconciliazione. La Siria vuole stabilità e sicurezza”.

Sono sempre di più i casi di violenza e abusi contro la popolazione e la piaga dei rapimenti sembra colpire principalmente i cristiani. Perché proprio i cristiani?
“Oggi non c’è luogo sicuro in Siria. I rapimenti sono solo un aspetto della mancanza di sicurezza che si vive in Siria oggi. Questi non riguardano solo i cristiani ma tutta la popolazione. I cristiani, certamente, sono anch’essi nel mirino. Al momento sappiamo di tre sacerdoti rapiti e stiamo cercando di riportarli a casa salvi”.

Da domani, fino al 22 febbraio, ad Amman, in Giordania si tiene un summit delle 17 Caritas nazionali del medio Oriente e del Nord Africa, che avrà a tema anche la tragedia siriana. I profughi siriani sono più di 350mila sia in Giordania che in Libano e non meno di 150mila in Turchia…
“L’incontro di Amman è il segno più vero e autentico dell’amore della Chiesa verso la Siria e indica ciò che si dovrebbe fare per aiutare veramente il nostro Paese. Salutiamo con riconoscenza la Santa Sede e le Chiese che si stanno prodigando per portare sostegno spirituale e materiale ai nostri fratelli sfollati e rifugiati in Giordania, Libano, Turchia. Questa è la vera risposta alle sanzioni imposte dall’Ue, che ormai ha perso ogni senso di valore cristiano”.

La fuga dei siriani dal Paese sembra non finire. A complicare le cose anche la discesa in campo delle milizie libanesi di Hezbollah a fianco del presidente Assad. Teme l’escalation della guerra?
“L’allargamento del conflitto, che vede adesso in campo anche le milizie sciite di Hezbollah a fianco di Assad è la riprova che questa guerra potrà finire solo in presenza di un’azione vigorosa di dialogo e di negoziato. Con le armi non si va da nessuna parte. Mi appello all’Europa e al mondo: non armate i contendenti ma aiutateli a sedere intorno ad un tavolo per trovare una soluzione politica giusta. Serve uno sforzo politico e diplomatico per la riconciliazione tra i gruppi in conflitto”.

Carla Del Ponte, magistrato dell’Onu che si occupa di diritti umani, ha detto ieri che “è arrivato il momento” per il Consiglio di Sicurezza di portare i crimini di guerra della Siria davanti alla Corte penale internazionale (Cpi). È d’accordo con questa richiesta?
“Oggi in Siria siamo tutti criminali, siamo tutti da processare, ma anche l’Europa. Questa è anche la guerra dell’ipocrisia e della bugia. Quel che si scrive intorno a questo conflitto non è tutto vero. Non è vero, per esempio, che tutta la popolazione è contro Assad. La gente chiede solo la fine della violenza, di uscire dal caos in cui vive, di ritrovare sicurezza e stabilità. Aiutateci a dialogare allontanando tutte quelle forze straniere e fondamentaliste che combattono dentro la Siria e che minano la convivenza del popolo e la rinascita del Paese”.


martedì 19 febbraio 2013

Crudele ipocrisia delle sanzioni: la guerra che voi state facendo ...

"Così si uccide la speranza, la dignità, e anche la vita fisica di un popolo" 

Testimonianza delle Monache Trappiste dalla Siria lacerata dal conflitto





Ancora un bollettino di guerra. Ma stavolta non quella che stanno combattendo esercito e ribelli, una guerra che è diretta da grandi potenze e da grandi interessi, e che ci supera, noi e voi che leggete. Vi imploriamo di riflettere su una guerra a cui si dà il consenso in nome di una sedicente prassi democratica. Stiamo parlando delle sanzioni internazionali, e della strage quotidiana che provocano.

Ci commuoviamo e ci indigniamo (giustamente) alla notizia che in un bombardamento sono morti bambini e donne. Perché non ci sconvolge il fatto che ci siano intere famiglie ridotte alla fame a causa nostra? Pensate sia più duro morire improvvisamente sotto le bombe, o morire di inedia, un giorno dopo l’altro? È più crudele raccogliere il corpo dei propri figli sotto le macerie, o vederli lamentarsi e soffrire per giorni per la mancanza di medicine? Le sanzioni stanno uccidendo molto più delle bombe. Uccidono i corpi; uccidono la speranza. Uomini che da mesi non hanno lavoro, e non hanno prospettive di trovarne : nella sola zona di Aleppo, 1.500 officine, laboratori, piccole industrie distrutte. I macchinari rubati, e trasportati in Turchia. Una vera razzia. Con cosa si lavora, se manca tutto ?

In città ci si inventa qualcosa, si vende di tutto pur di guadagnare almeno il pane. Si affitta un’auto, ci si improvvisa trasportatori verso destinazioni pericolose, dove nessuno accetta di andare.
 Come George, padre di tre figli, che pur di lavorare è morto in questo modo ai confini della Turchia, ucciso da cecchini, "liberatori della Siria".
In molte campagne i contadini non osano seminare: troppo pericoloso. Manca il gasolio, senza gasolio non vanno le pompe dell’acqua, con cosa si irriga ? E i trattamenti e i concimi, molti dei quali importati, soprattutto dopo che sono state bruciate fabbriche chimiche e magazzini, sono costosissimi e, anche se si dispone di denaro, spesso introvabili. I più poveri, che hanno solo qualche mucca, la stanno vendendo: tra mangimi e foraggi il costo degli alimenti è al minimo 60-70 lire siriane al chilo, quando un litro di latte si vende a 25. I rapimenti, in tragica crescita, e la delinquenza, sono un’altra conseguenza delle sanzioni.
per scaldarsi e cucinare!

Certo, direte : che ingenuità! Le sanzioni sono fatte apposta per esasperare un Paese, e un Paese esasperato significa pressione sui suoi politici e quindi un intervento democratico efficace. È ciò che vogliono i vostri politici. Ma la nostra domanda è : lo volete anche voi? Volete davvero questo? Volete avere responsabilità sulla sofferenza e la morte di tante persone innocenti, in nome di un "intervento" che loro non vi hanno chiesto? Sì, il popolo siriano vuole la sua libertà e i suoi diritti, ma non così, non in questo modo. Così si uccide la speranza, la dignità, e anche la vita fisica di un popolo.

Siete convinti che bisogna pur pagare un prezzo per ottenere libertà e democrazia? Allora digiunate, voi, nelle piazze europee, a favore della Siria. E lasciate che qui ognuno scelga se e come dare la vita per ciò in cui crede. Costringere un popolo alla fame, alla rabbia, alla disperazione, perché si ribelli, è forse metterlo in grado di esercitare una scelta democratica? Che razza di idea di democrazia e di libertà è mai questa? Il lavoro è una grande forza per un popolo, dà dignità, crea prospettive, educa alla libertà vera. Uccidere il lavoro è un altro modo di uccidere vite. Le sanzioni internazionali sono uno strumento iniquo, perché ipocrita : lascia l’illusione di non sporcarsi le mani con il sangue altrui.



La Siria stava crescendo, lentamente, anche contradditoriamente, ma con continuità. È tornata cinquant’anni indietro. E adesso si raccolgono milioni di dollari di aiuti umanitari, con spese enormi di invio, di distribuzione. Per dare cibo là dove si è lasciato bruciare il grano, per dare coperte là dove si sono lasciati distruggere i magazzini. Che senso ha? Certo, deve esserci un guadagno per qualcuno, altrimenti che interesse avrebbe il mondo politico internazionale a dirigere le cose in questo modo?

Ma , alla fine, la nostra domanda è ancora: voi volete davvero questo? Volete combattere questa guerra contro un intero popolo? Se la vostra risposta è "no", fate qualcosa. Ve lo chiediamo con tutte le nostre forze e la nostra preghiera, a nome di tanti siriani .
Raccogliete firme, fate petizioni a livello europeo, promuovete incontri per sensibilizzare la gente, create associazioni di persone e di imprenditori che facciano pressione per riaprire il commercio con la Siria. Pensate voi agli strumenti, ma fate qualcosa. E in fretta. C’è gente che muore, tanta. E tanta che se ne va, per sempre.

© riproduzione riservata
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/suore_trappiste_siria.aspx



"L’Unione europea ha deciso di rinnovare per tre mesi le sanzioni al regime di Damasco, con un significativo allentamento dell’embargo sulle armi. I provvedimenti, scrivono i ministri degli esteri dell’Ue dopo un giorno di vertice a Bruxelles, sono modificati in modo da fornire all’opposizione «un maggiore supporto non letale e assistenza tecnica per la protezione dei civili».
La decisione è un compromesso dopo settimane di disaccordo tra Gran Bretagna, che con il ministro William Hague chiedeva di dare il «massimo supporto e assistenza» alla coalizione «che abbiamo riconosciuto» come legittimo rappresentante, ipotizzando di fornire una «più ampia gamma di materiali». 
Notizia da Avvenire
19 febbraio 2013

domenica 17 febbraio 2013

Annullata l' iniziativa "Riscatta un cristiano"


Cari amici,

nei giorni precedenti avevamo lanciato una raccolta per riscattare i sacerdoti rapiti, e altri cristiani di Aleppo.

Adesso dalla Siria ci dicono che non è una iniziativa opportuna, in quanto rischia di esporre altri cristiani a pericoli di estorsioni.

L’iniziativa è revocata, tutto quello che è già stato o sarà versato sarà dato ai poveri e ai rifugiati.

 Ringraziamo tutti coloro che hanno aderito e i vari siti web che hanno rilanciato l'iniziativa.

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Ringraziamo tutti gli esponenti ecclesiastici che  hanno corretto la nostra "imprudente" iniziativa RISCATTA UN CRISTIANO che, nell'impeto di una buona opera di carità, ci era parsa trovare sintonie. Si è trattato di un equivoco. 
Riportiamo sotto il comunicato dell'Agenzia FIDES.

Inoltre, nel ringraziare sentitamente  www.fides.org che pochi giorni fa ha dato rilievo all'iniziativa con un ampio articolo, segnaliamo ai lettori e corrispondenti che da sempre questo Blog nasce come iniziativa cristiana e laica dei siti Fraternità Maria Gabriella e Undicesima Ora.
Ora pro Siria non è gestito dalle Sorelle Trappiste, né vuole rappresentare alcuna comunità monastica in particolare, ma è una libera iniziativa di cristiani laici, amici di diverse comunità monastiche in Italia e in Siria, che agiscono solo ed esclusivamente in nome proprio e non delle Monache le quali non sono da ritenere responsabili, autrici o ispiratrici delle nostre iniziative.
Fraternità Maria Gabriella e Undicesima Ora




Per i sequestrati la Chiesa non paga riscatti, ma offre preghiere

Aleppo - Agenzia Fides- 18/2/2013 – 
La Chiesa siriana, in tutte le sue articolazioni e comunità, non ha mai pagato e mai pagherà riscatti per i cristiani sequestrati. I fedeli chiedono alla comunità internazionale un sostegno per fermare la disumana pratica dei sequestri, verso tutti i cittadini siriani, e invitano i confratelli cristiani del mondo a offrire preghiere e sacrifici spirituali per le vittime. E’ quanto riferiscono all’Agenzia Fides autorevoli fonti nella Chiesa cattolica in Siria, specificando che qualsiasi campagna di “redenzione” dei rapiti (attualmente sono due i sacerdoti in mano a bande di sequestratori) è una campagna di natura del tutto spirituale e non implica alcuna raccolta di fondi. Padre Alberto Barattero, dei Missionari del Verbo Incarnato, in una nota pervenuta a Fides, rimarca che i religiosi della sua fraternità non si adoperano nella “raccolta di denaro” per i sequestrati, ma che proseguono l’impegno di solidarietà verso famiglie, cristiane e non, che soffrono povertà e sfollamento a causa del conflitto.

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=41032&lan=ita

La terza Quaresima di sofferenza per i cristiani che vivono in Siria

  Un tempo segnato insieme da inquietudine e speranza: lo scrive l'Arcivescovo maronita di Damasco Samir Nassar, che si sofferma su alcuni fatti recenti che hanno ispirato sentimenti ambivalenti tra i battezzati in Siria: le dimissioni di Benedetto XVI, la visita a Damasco del Patriarca maronita Boutros Bechara Rai, l'esodo dei fedeli della Chiesa greco-ortodossa.



"Papa Benedetto XVI è stato vicino a questo popolo dimenticato"


Damasco - Agenzia Fides - 14/2/2013)

 La rinuncia del Santo Padre - scrive monsignor Nassar - ha toccato in modo del tutto particolare i cristiani siriani: la preghiera e gli appelli di Benedetto XVI per la pace in Siria, insieme ai suoi gesti di carità concreta, “avevano reso questo Papa così vicino a questo popolo dimenticato”. L'Arcivescovo maronita si augura che si possa procedere lungo il cammino comune “in questo tempo di Quaresima che lui ha scelto per continuare in maniera diversa la sua missione”.

Un fatto lieto citato nel messaggio dell'Arcivescovo è la recente visita a Damasco del Patriarca maronita: “Nessuno dei 15 Patriarchi greco-ortodossi” sottolinea S. E. Nassar “ha osato venire a Damasco in occasione della intronizzazione di Giovannni X Yazigi come nuovo Patriarca greco-ortodosso di Antiochia. L'unico che ha voluto varcare il confine siriano libanese per essere presente alla Messa d'insediamento è stato il Patriarca maronita Bechara Boutros Rai, nonostante le tensioni che ora segnano i rapporti tra i due Paesi”. S. B. Rai – riferisce l'Arcivescovo Nassar - è stato accolto da migliaia di cristiani che hanno salutato “piangendo di gioia” il Patriarca venuto nel nome “della pace, dell'unità e della speranza”.
Proprio le occasioni pubbliche legate all'inizio del nuovo Patriarcato greco ortodosso con sede a Damasco hanno reso evidente l'esodo dei cristiani che sta falcidiando soprattutto la comunità ora affidata a Giovanni X Yazigi. Una cattedrale mezza vuota – racconta S. E. Nassar - aveva accolto il nuovo Patriarca il 20 dicembre, dopo la sua elezione. “La Chiesa greco-ortodossa” posegue l'arcivescovo maronita - “rappresenta il 60% dei cristiani in Siria”, ma nei due anni di conflitto “l'emorragia ha disperso più di metà delle parrocchie. Molte decine di migliaia hanno lasciato il Paese per fuggire nei paesi confinanti, cercando poi rifugio ai quattro angoli del mondo”.

L'indebolimento della comunità greco-ortodossa, definita da monsignor Nassar “spina dorsale del cristianesimo siriano”, a suo giudizio rimette in questione l'avvenire di tutte le minoranze cristiane in Siria. “La guerra dell'Iraq ha provocato l'esodo di massa dei suoi cristiani... La Guerra in Siria avrà le stesse conseguenze?” si domanda l'arcivescovo maronita, chiedendo anche di pregare “Nostra Signora dei senza rifugio” per i sacerdoti nelle mani dei rapitori dal 9 febbraio e per tutte le altre migliaia di scomparsi registrati nel conflitto siriano.

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=41011&lan=ita


Mons. Zenari: camminiamo sul sangue, la comunità internazionale se ne lava le mani






mons. Mario Zenari: Purtroppo è la terza Quaresima che abbiamo iniziato in questo clima di terribile sofferenza di tutta la popolazione siriana. Più che la Quaresima, vorrei dire che qui stiamo vivendo il Venerdì Santo, il terzo Venerdì Santo, che dura, dura … e che ancora non lascia intravvedere le luci della Pasqua. Ecco, purtroppo temo che si abbia l’impressione che si ripeta quel gesto del Venerdì Santo, che sentiamo nel Vangelo, di lavarsene le mani. Sotto certi aspetti si ha l’impressione che anche la Comunità internazionale, come recentemente diceva il mediatore internazionale Brahimi, stia lì a guardare questa Siria che va in rovina: va in rovina sotto gli occhi della Comunità internazionale, che non sa che cosa fare! Il numero delle vittime, che viene continuamente aggiornato, è veramente impressionante: si ha l’impressione di camminare sul sangue di queste vittime della violenza. Anche qui a Damasco, quante esplosioni in questi due anni… Questo sangue che anche fisicamente si attacca sotto la suola delle nostre scarpe, camminando qui per la Siria! Questa violenza è ormai diffusa dappertutto!


D. - Come vive la gente?
R. - La gente è ormai molto stanca, molto delusa… Sono anche molto abbattuti sotto l’aspetto del vivere quotidiano: la mancanza di cibo, la mancanza di quelle cose normali di cui c’è bisogno in inverno, come il riscaldamento, la mancanza di lavoro e la mancanza delle scuole per i bambini…. In più, tante sono le famiglie provate soprattutto da sofferenze e da lutti. Si vede una popolazione accasciata e stanca. Si ha l’impressione che questo conflitto, che dura ormai così a lungo, non riesca più a suscitare l’impegno di chi potrebbe - soprattutto la Comunità internazionale - agire e fare qualcosa per una soluzione pacifica e rapida.

D. - Dai microfoni della Radio Vaticana, quale appello vuole lanciare?
R. - Io farei un appello a tutti coloro che hanno qualche possibilità o che hanno, per autorità, il dovere di intervenire e di non lavarsene le mani, ma di intervenire presto e subito affinché si arrivi ad una soluzione pacifica della crisi.

D. - In questa situazione, come vive la comunità cristiana?
R. - Le varie comunità dei differenti riti hanno cominciato o stanno per cominciare la Quaresima. Devo dire, da quello che ho visto anche nei mesi passati, che i cristiani frequentano con ancora più fervore le Chiese, pregano il Signore. Bisogna accomodare un po’ gli orari, perché non si può fare una liturgia, per esempio, alla sera e quindi si anticipano gli orari, ma ugualmente le chiese sono piene e si nota una grande affluenza: i cristiani sentono che c’è bisogno veramente dell’aiuto di Dio in questa situazione!

Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/02/14/siria._mons._zenari:_camminiamo_sul_sangue,_la_comunità_internazionale/it1-664971
del sito Radio Vaticana


venerdì 15 febbraio 2013

Il messaggio di Quaresima di S.B. Gregorios III: è in gioco il futuro dei cristiani, la solidarietà è la risposta.

Facendo propria una parola delle Scritture, «chi dà ai poveri presta a Dio», il Patriarca dei greco-cattolici Gregorios III offre, nel suo messaggio di Quaresima 2013, una valutazione dell'impatto della crisi siriana sulla sua Chiesa e l'appello alla solidarietà nella fede e nella carità. 

"Di fronte alle sofferenze e catastrofi affrontate dai nostri paesi arabi, in primo luogo abbiamo bisogno di vivere questa solidarietà cristiana", dice Gregorios III nel suo messaggio. "Come potremmo altrimenti affrontare la situazione in Siria, che supera, e di molto, le nostre capacità ben limitate in termini di aiuto umanitario sul medio come sul lungo termine".




L'immagine della tragedia

"Nelle eparchie di Homs, Latakia, Safita e Marmarita (Valle dei cristiani con 143 villaggi), di Houran, Aleppo e Damasco, la situazione della popolazione, in generale, e nostri fedeli, in particolare, è catastrofica. Circa 20 chiese sono state distrutte, danneggiate, devastate, abbandonate. Non vi è più è celebrata la Divina Liturgia. I fedeli se ne sono andati e i sacerdoti anche. Si ipotizza un numero superiore a 2 milioni di sfollati. »

 Le regioni e le comunità dove i nostri chiese e istituzioni sono particolarmente colpite sono:
 Nell'Eparchia di Homs: il Vescovado, la maggior parte delle chiese e istituzioni ecclesiali della città di Homs, Kousair, Dmeineh Charquieh, Rableh, il Santuario di Sant’ Elia, Jousi, Yabroud, Krak des Chevaliers, la Valle dei cristiani.

Nell'Eparchia di Aleppo: il Vescovado, chiese, istituzioni e il quartere Salebi (Cristiano).

Damasco e dei suoi dintorni: Zabadani, Harasta, Daraya (mia città natale), Douma, Ayn Terma, Kassaa... 


 "Molti dei nostri fedeli sono stati rapiti e coloro che sono stati restituiti alle loro famiglie lo sono stati dietro il pagamento di un riscatto enorme. Oltre ai feriti, si stima che oltre 1.000 cristiani sono stati uccisi tra cui un centinaio di cattolici greco-melchiti. »

Situazione tragica
 «La situazione degli sfollati all’interno è tragica. Gli affitti nelle zone di rifugio sono esorbitanti, mentre in cambio non c'è più possibilità di salario . Questi rifugiati dopo aver perso la loro case, il loro lavoro e spesso i loro strumenti di lavoro,  solo molto raramente trovano un impiego. Essi sono spesso senza alcuna risorsa. Non dimentichiamo coloro che hanno ancora la possibilità di restare nei loro villaggi, nelle loro case, ma che sono anche i nuovi poveri. Dei poveri nella crisi economica che ha colpito tutto il Paese: prezzi più alti e ricavi inferiori. E ci sono i profughi che ci hanno lasciato per i Paesi limitrofi come il Libano, in Europa o altrove.
 Ovunque  incontriamo le stesse tragedie e disperazione anche con il dolore della perdita di cari, un marito, un figlio, un fratello... morto, rapito o scomparso. Ovunque  dubbio, paura e sospetto... Ma tutto questo è solo una immagine assai pallida della triste realtà della vita quotidiana dei nostri fedeli in Siria. Un'immagine a cui dovremmo aggiungere che la maggior parte delle nostre istituzioni - quando non sono state distrutte o impedite di lavorare normalmente - hanno dovuto imparare ad adattarsi alla situazione. Questo è stato, per esempio, il caso delle nostre scuole. Molte sono stati chiuse , così gli studenti sono stati spostati in zone più sicure ma spesso inadatte all’insegnamento, come i 2.200 studenti nella nostra nuova scuola di Mleiha (aeroporto di Damasco) che hanno trovato posto nell'ex sede del Collegio patriarcale nel cortile della cattedrale.


Bussare a  tutte le porte
 «Tutte le chiese della Siria si sono riunite per portare aiuto e sollievo a tutti coloro, cristiani e musulmani, che hanno chiesto e che continuano ogni giorno a domandare.».  Ma noi bussiamo ad ogni porta. In Siria, in Libano, nelle nostre eparchie della diaspora come a quelle delle organizzazioni e istituzioni internazionali... Vorremmo ringraziare ed esprimere la nostra gratitudine a tutti coloro che ci hanno aiutato, che hanno risposto alle nostre richieste. Ma come faremmo senza di loro per continuare a sovvenire ai bisogni urgenti di alimenti, farmaci, alloggio e riscaldamento ?... A Natale già abbiamo lanciato un appello per una solidarietà attiva. La solidarietà è un atto di fede. (...) La domanda a cui noi dobbiamo rispondere, noi qui in Oriente, è esistenziale: TO BE OR NOT TO BE... Essere o non essere! È in gioco il futuro dei cristiani in Oriente. »
 "Per supportare e organizzare questa solidarietà chiediamo a tutte le nostre eparchie di costituire dei comitati di solidarietà (...). La nostra solidarietà è ovunque la vera cura contro il  pessimismo, la paura, lo scoraggiamento, la frustrazione, la disperazione, il dubbio... Facciamo appello ai nostri fratelli musulmani per sostenere i nostri sforzi e per preservare la presenza cristiana con loro e per loro. Essi sanno come la presenza cristiana è stata ed è ancora così importante - ed efficace - nella storia del mondo arabo su tutti i piani. Sanno come le nostre  istituzioni culturali, sanitarie, educative, sociali, intellettuali e religiose sono al servizio di tutti i cittadini senza distinzione. Tutto, tutto, è in pericolo se la presenza cristiana dovesse sparire. Anche la solidarietà cristiana deve essere una solidarietà di musulmani e cristiani, perché lo scopo è quello di servire la nostra società, le nostre patrie arabe senza distinzione, come lo è stato nel corso della storia. Abbiamo bisogno di solidarietà, cristiani e musulmani, per un futuro migliore per le nostre generazioni a venire. »


 "Prima di concludere, chiamiamo tutti i nostri fedeli a rispettare la pratica del digiuno, dell’astinenza e mortificazioni, delle preghiere proprie della Quaresima, senza mai dimenticare la virtù, la misericordia, il perdono e la carità". 

http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Lent-letter-2013




Mentre l'embargo voluto dalle Nazioni Unite priva di ogni mezzo di sussistenza la popolazione civile, Bruxelles avrà il "coraggio" di togliere l'embargo alle armi destinate all'opposizione siriana?

Il governo dimissionario Monti armerà le brigate anti-Assad in Siria ? 

Riceviamo da Rete-No War e pubblichiamo, solidali con la preoccupazione dei Vescovi siriani che invocano"Basta armi!"


Lunedì 18 febbraio si riuniscono a Bruxelles i Ministri degli Esteri dell’ Unione Europea.
Discuteranno anche di Siria e delle sanzioni verso Damasco fissate nel 2011-2012 e rinnovate a inizio dicembre 2012 per tre mesi. Tra le sanzioni c’e’ anche l’ embargo alle armi che comporta il divieto di fornire materiale bellico all’ opposizione contro Assad.

Francia e Gran Bretagna vorrebbero togliere l’embargo alle armi per “i ribelli”, magari iniziando con un’ ipocrita distinzione tra armi difensive e armi offensive.

Il governo Monti a gennaio ha ufficialmente rinunciato a partecipare all’ impegno dell’ Unione Europea nel Mali perché dimissionario, farà ora a febbraio una scelta ancora più grave come armare l’ opposizione contro Assad ?


La logica ci farebbe credere di no, che questa decisione non sarà presa, però il voto italiano potrebbe essere indispensabile nel contesto del Consiglio Esteri dell’ Unione Europea.

Ma nessuna situazione particolare giustificherebbe una decisione così grave da parte di un governo ormai in carica solo per l’ ordinaria amministrazione.

....
Marco Palombo
Rete No War
Roma




giovedì 14 febbraio 2013

L'orrore silenzioso dei cristiani siriani: sequestri, stupri e traffico di profughi

Il conflitto in Siria degenera e colpisce tutti i cittadini siriani, indipendentemente da etnia o religione. Ma, come in ogni guerra, la situazione delle minoranze è la peggiore: le minoranze cristiane sono divenute un comodo bersaglio per criminali e terroristi che usano sequestri, stupri, violenze e organizzano il traffico clandestino dei profughi. E’ quanto afferma una nota inviata all’Agenzia Fides  dall’ organizzazione non governativa aconfessionale “Minority Rights Group” (MRG), con sede a Londra, che ogni anno redige un dettagliato rapporto sulla condizione delle minoranze etniche, religiose, culturali, in tutto il mondo. 

Damasco, il resto della "Via" percorsa da San Paolo

  Londra - Agenzia Fides 13/2/2013
Dopo una capillare indagine condotta fra i campi profughi in Siria, Libano, Turchia, Giordania e colloqui con i rifugiati siriani giunti in Europa, l’organizzazione denuncia, in particolare, la condizione dei profughi di religione cristiana, dando voce “a una minoranza silenziosa che racconta storie strazianti di stupri, rapimenti e traffico di esseri umani”.
Come riferito a Fides, la maggior parte dei rifugiati raggiunti dall’Ong “Minority Rights Group” esprime il desiderio di lasciare il Medio Oriente e afferma che, per realizzare questo progetto, è entrata in contatto con bande di trafficanti di esseri umani. “Esiste oggi un fiorente business multi-milionario, sviluppatosi intorno alla crisi dei rifugiati siriani”, nota l’Ong, raccontando alcuni casi specifici e il commercio messo in atto dai contrabbandieri. Un profugo ha potuto “comprare un passaporto svedese per 7.000 dollari”, mentre in Libano si sta organizzando una “mafia dei falsi visti e dei falsi timbri”, che organizzazioni illecite garantiscono ai rifugiati per permettere loro di proseguire il viaggio verso l’Europa.
Inoltre, in alcune parti della Siria – hanno raccontato dei profughi fuggiti dalla Mesopotamia – “un cristiano non può più segnalare ingiustizie o crimini. Siamo ostaggi della crescita dell'islamismo militante, ed essere cristiani è abbastanza per essere un bersaglio”. Profughi cristiani assiri e siriaci riferiscono di violenze di carattere confessionale subite dai fedeli cristiani a Deir Ezzor o ad Hassake, in Mesopotamia, dopo l’arrivo delle bande dei ribelli, ricordando omicidi a sangue freddo, sequestri e stupro di donne cristiane.
“Vogliono forse svuotare la Siria dai cristiani?”, si chiedono. Alcuni sacerdoti della comunità cristiana assira esprimono “grave preoccupazione per il futuro dei cristiani in Siria, dato che molti preferiscono emigrare per sfuggire alle violenze. Sua Beatitudine Ignatius Zakka I Iwas, Patriarca della Chiesa Siro-ortodossa, afferma: “Non vogliamo che lascino il paese, ma la cosa importante è che essi vivano in pace e che Dio è con loro, qualsiasi cosa facciano o dovunque siano”.

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=41000&lan=ita


"La vita dei cristiani è a rischio, e i rifugiati in Libano non hanno diritto agli aiuti dalla comunità internazionale"

il Crak visto da Mar Marita
 
Parla Issam Bishara, responsabile per la Siria dell'agenzia del Papa per l'aiuto alle Chiese cattoliche e alle genti del Medio Oriente (Cnewa) . Cnewa e Chiesa locale aiutano oltre 4mila famiglie vittime di bombardamenti, rapimenti e soprusi da parte degli estremisti islamici.

Asia News 28/01/2013  di Simone Cantarini

 "I cristiani di Siria soffrono come tutta la popolazione, musulmana, alawita, sunnita. Essi hanno però un problema in più: il dilagare dell'estremismo islamico, che rischia di trasformare il Paese in un nuovo Iraq". È quanto afferma ad AsiaNews Issam Bishara, direttore regionale della Catholic Near East Welfare Association (Cnewa) per Libano, Egitto, Siria e Iraq.
Il funzionario cita i casi di Homs e Qusayr, dove gli islamisti entrati in possesso della città hanno cacciato le famiglie cristiane dalle loro abitazioni.
Egli racconta che, nei primi mesi di guerra, molte famiglie hanno trovato rifugio nelle città costiere della Siria, in quella che un tempo veniva chiamata "la fascia cristiana". Tuttavia, per il dilagare della guerra e la discesa in campo di brigate estremiste islamiche - fra tutte le milizie al-Nousra - "queste città sono ormai praticamente deserte, ma sono migliaia le famiglie che hanno scelto o sono state costrette a restare a causa dei rischi che comporta l'espatrio in Libano".
Secondo Bishara l'embargo rende impossibile far giungere aiuti diretti agli sfollati. Per gestire l'emergenza, la Cnewa lavora in collaborazione con la Chiesa locale. Oltre ai membri delle organizzazioni internazionali, ordini religiosi e sacerdoti del Patriarcato Greco ortodosso sono gli unici a poter operare sul territorio. Sacerdoti e religiosi affrontano spesso in prima persone il dramma degli omicidi sommari, i soprusi degli jihadisti stranieri e i rapimenti a fondo di riscatto, che colpiscono soprattutto la minoranza cristiana.
Al momento l'associazione aiuta circa 3mila famiglie: 300 a Tartous (città costiera a ovest del Paese) attraverso il convento delle suore del Buon Pastore; 1000 nella valle di Wadi al Nasara, situata a ovest del Paese e conosciuta come la valle dei cristiani. Esse sono sotto la protezione del Patriarcato greco-ortodosso e della Chiesa cattolica. A Homs, roccaforte dei musulmani sunniti fra i luoghi più martoriati dalla guerra civile, sono ben 800 le famiglie ortodosse e cattoliche rimaste nella città. Ad aiutare queste persone vi sono i padri Gesuiti e le suore del Buon Pastore. Nella capitale le famiglie cristiane rimaste sono circa 600. Ad assisterle vi è la missione delle Suore del Buon Pastore e il Patriarcato greco-cattolico. Infine, ad Hassake (Siria del Nord), la società di San Vincenzo de Paoli si prende cura di circa 1200 sfollati cristiani.
Alle 3mila famiglie rimaste in Siria si aggiungono i migliaia di profughi che dall'inizio del 2012 hanno scelto di fuggire del Paese, tentando di varcare i confini con il Libano. "All'inizio - afferma Bishara - essi hanno trovato rifugio fra parenti e amici, sperando in un rapido ritorno in patria". Tuttavia, negli ultimi mesi la situazione si è aggravata. La speranza di rivedere i propri villaggi e i propri cari rimasti in Siria è sempre più flebile. "Essi - racconta - non hanno diritto agli aiuti, perché risiedono al fuori dei campi profughi e chi li ospita non può mantenerli. Che cosa sarà di questa gente nei prossimi mesi?".
Il funzionario dice che finora la Cnewa sostiene circa 1000 famiglie cristiane fuggite in Libano, distribuendo loro vestiti, pasti caldi e beni di prima necessità. "Purtroppo - spiega - le richieste aumentano di giorno in giorno e noi siamo gli unici a fornire questo tipo di servizio. Il nostro timore è di non riuscire ad aiutare tutte le persone che ne fanno richiesta. Per questa ragione abbiamo bisogno del sostegno dei Paesi occidentali e di tutti i cattolici che desiderano soccorrere questa gente, dietro cui si cela il volto di Cristo sofferente".
 
 
 

mercoledì 13 febbraio 2013

Volevano ucciderci perché eravamo cristiani. Ci chiamano Cafri [gli infedeli]


Dentro l'attuale guerra civile siriana, la comunità cristiana della Siria è oggetto di crescente minaccia da jihadisti stranieri e radicali musulmani che sempre più hanno un ruolo importante nella ribellione contro il presidente Bashar al-Assad.

di Kim Sengupta - The Independent

Nella guerra in corso, hanno cercato di rimanere neutrali. Ma nonostante questo, molti sono ora di fronte alla persecuzione e alla morte. 
La rossa Mitsubishi Lancer GT con il suo "andare più veloce"  era fonte di grande orgoglio per Hamlig Bedrosian. Era l'unica del suo genere in città, correva per le strade con ruggiti lunghi, oggetto di ammirazione e di invidia tra i suoi amici di Aleppo. L'auto può essere stata la ragione per cui è stato teso un agguato al ventitreenne studente, preso in ostaggio insieme ad un'amica, mentre erano in viaggio verso un complesso commerciale. I combattenti rivoluzionari con kalashnikov che li hanno portati via hanno sottoposto Mr Bedrosian - bendato e legato - a pestaggi selvaggi e minacce di esecuzione prima che la coppia fosse finalmente liberata in cambio di un riscatto.
Oppure ci può essere un altro motivo per l'attacco: sono stati presi di mira dai ribelli sunniti perché erano cristiani. 
Il signor Bedrosian non ha aspettato molto per scoprirlo, fuggendo - insieme a suo fratello - per il Libano. Altri della comunità siro-armena li hanno seguiti, abbandonando le loro case.
La famiglia Haddad non ha dubbi sul perché hanno dovuto fuggire da Homs. "Abbiamo lasciato la Siria perché stavano cercando di ucciderci", ha detto la diciottenne Noura Haddad. Ora  sta con dei parenti nella città di Zahle nella valle della Bekaa. "Volevano ucciderci perché eravamo cristiani. Ci chiamavano Cafri, anche i bambini piccoli dicevano queste cose. Coloro che sono stati i nostri vicini  erano improvvisamente contro di noi."
Alla fine, quando siamo scappati, siamo passati attraverso balconi. Non abbiamo neanche avuto il coraggio di uscire per la strada di fronte alla nostra casa. Ho tenuto il contatto con i pochi amici cristiani rimasti a casa, ma non posso più parlare ai miei amici musulmani . Mi dispiace molto per questo.
Il signor Bedrosian e la sig.ra Haddad sono tra le migliaia di persone che hanno lasciato la Siria dove in 20 mesi la guerra civile diventa sempre più feroce e sempre più settaria. La prospettiva di riconciliazione tra gli alawiti, da cui proviene la classe dirigente, e la stragrande maggioranza dell'opposizione sunnita, diventa sempre più remota. 
Ma ora sono i cristiani, che hanno in gran parte cercato di rimanere neutrali, che si trovano a ricevere abusi e attacchi. Per molti, la scelta è tra lasciare il Paese o rischiare un futuro incerto e pericoloso.
Alcuni nella Chiesa sono convinti di sapere di chi è la colpa - non solo per coloro che effettuano la persecuzione, ma quelli che  incoraggiano che accada. Per Mons. Issam John Darwish di Furrzol, Zahle e nella Bekaa, la responsabilità per gli attacchi  è per "un afflusso di jihadisti nelle file dei ribelli negli ultimi sei, sette mesi.  C'è, come in tante simili situazioni  in Medio Oriente, lo spettro di una "mano invisibile". "Penso che la situazione viene manipolata dagli Stati Uniti e forse Israele - vogliono che questo accada", ha insistito.
Archbishop John Darwish
L'Arcivescovo e altri come lui ritengono che ci sia una mancanza di comprensione in Europa di ciò che  i cristiani della zona stanno attraversando. Parlando alla sua diocesi, ha continuato: "Ho evidenziato questo con i funzionari in Occidente, devono portare la pace! I jihadisti non si fermeranno qui, la guerra si diffonderà in Europa. Che ne sarà dell'Inghilterra tra dieci o 15 anni.?"

Madre Agnese-Mariam, che è di origine palestinese e libanese, è in un tour internazionale ed è venuta a parlare in Gran Bretagna. Lei ritiene che i combattenti dell'opposizione hanno cacciato 80.000 cristiani solo  dalla regione di Homs  e lei stessa è scappata dopo essere stata avvertita che era l'obiettivo del rapimento. "Aggressivi, bande armate che hanno voluto paralizzare la vita comunitaria, sequestrando persone, con la decapitazione, portando il terrore anche alle scuole", ha detto, sostenendo che molti di loro sono affiliati ad "al-Qaeda e con sfondi di Fratellanza musulmana". Solo uno su 20 sono siriani, gli altri provengono da una vasta gamma di Stati, dalla Gran Bretagna al Pakistan, da Cecenia e Nord Africa, dice. Molti sono veterani di Iraq e Afghanistan, e ora "la loro causa viene riciclata per uccidere siriani". 
L'organizzazione "Syrian Christians for Democracy " ha sottolineato che molti cristiani hanno avuto un ruolo nel movimento di protesta contro il presidente siriano Bashar al-Assad e il suo regime e alcuni avevano pagato con la vita di conseguenza. Ma ci sono anche quelli che, come il signor Bedrosian, che aveva sostenuto la riforma,  poi si sono trovati di essere vittime di ribelli.  In qualità di studente presso l'Università di Aleppo in un paese senza mezzi di informazione liberi , in un primo momento ha accettato la propaganda del regime che i manifestanti erano terroristi. "Ma poi ho visto i reports diramati dall'opposizione, ho visto quello che la gente di Assad  stava facendo, le cose brutali e ho cominciato a sostenere le proteste," ha detto. 
"La mia amica e io siamo stati portati in una villa nella periferia di Aleppo dopo che siamo stati catturati [nel quartiere Anadan]. Venivo picchiato con i calci dei fucili, pugni e calci. Nessuno degli uomini che ci avevano preso era straniero, erano tutti siriani ed è stato uno di loro che è stato davvero violento. Mi hanno accusato di combattere per il regime, ma ho detto loro che ero un Armeno Siriano -.. non volevamo combattere da nessuna delle due parti,  ho anche detto loro che avevo preso parte a marce all'Università. Ma hanno detto che saremmo stati uccisi a meno che il denaro fosse pagato per la ragazza e per me. "

I rapitori hanno chiamato i genitori del signor Bedrosdian e sono arrivati al cellulare di sua madre - che aveva come suoneria una canzone in lode di Bashar al-Assad: il regime riceve, in generale, più sostegno nella vecchia generazione. Questo gli ha ottenuto un altro pestaggio, ma il riscatto è stato consegnato da suo padre, mercanteggiato fino a $ 12.000, e la coppia è stata liberata. I rapitori hanno tenuto la macchina. 
La prima cosa che il signor Bedrosian ha fatto al ritorno a casa è stato  di cambiare la suoneria di sua madre.
Lo storico souk di Aleppo devastato 

Due mesi fa, il mercato coperto di Aleppo risalente al 14 ° secolo,  è stata bruciato. Il regime ed i ribelli si sono addossati la colpa l'un l'altro, mentre il Souk al-Medina, uno dei migliori esempi del suo genere in tutto il Medio Oriente, è in rovina. Jiraryr Terzian, un commerciante di gioielli, è stato uno delle decine che hanno perso il loro negozio quel giorno. Ora è a Beirut con la sua famiglia siriana armena, la loro casa chiusa a chiave si trova in uno dei quartieri cristiani invasi settimana scorsa da combattenti rivoluzionari. "L'attività è stata avviata da mio nonno 60 anni fa e speravo che i miei figli avrebbero continuato dopo  di me. La storia della mia famiglia è in Aleppo e non ci piace lasciarla. Penso che entrambe le parti sono in errore in ciò che sta accadendo. Il nostro Paese viene distrutto. 
Il fatto è che si può ritornare se vince Assad.   Non mi piace dire questo, non vogliamo che il regime rimanga così com'è, ma  sarà più sicuro sotto di lui . "
Un altro rifugiato cristiano, che vuole essere conosciuto come Boutros, dice di sapere che cosa accadrà quando i rivoluzionari prenderanno il sopravvento. Nella sua città natale, Qusayr, i ribelli erano, egli li conosce, sunniti locali, non stranieri. «Ma ci hanno detto che dobbiamo combattere con loro contro il governo. Quando ci siamo rifiutati hanno cominciato a minacciarci e insultarci . Hanno iniziato a uccidere i cristiani. Mathew Kasouha è stato il primo che hanno ucciso. Era un uomo buono". I cristiani locali hanno preso le armi dopo un po', ha detto Boutros, e nel marzo c'è stata una "resa dei conti". 
Altri cristiani sono stati uccisi ed egli è fuggito in Libano.

http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/the-plight-of-syrias-christians-we-left-homs-because-they-were-trying-to-kill-us-8274710.html