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venerdì 11 gennaio 2013

Il Vescovo di Hassaké : Il nostro grano saccheggiato e venduto ai turchi

Appelli dell'Arcivescovo Hindo al Premier irakeno al-Maliki e alla Fao

 Due appelli urgenti sono stati rivolti alla Presidenza della Fao - l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, con sede centrale a Roma – e al Primo Ministro irakeno, Nuri al-Maliki, con la richiesta di un intervento immediato davanti all'emergenza umanitaria che sta stritolando centinaia di migliaia di siriani nella regione di Jazira, nell'Alta Mesopotamia siriana. 

Agenzia Fides 2/1/2013 
 A richiamare di nuovo l'attenzione su uno dei tanti versanti oscurati del dramma siriano è l'Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, titolare della arcieparchia siro-cattolica di Hassaké-Nisibi: le cose si aggravano in fretta, e la situazione – avverte l'Arcivescovo siriano - “potrebbe presto diventare catastrofica”.
Nel testo dell'appello alla Fao, inviato anche all'Agenzia Fides, il deterioramento delle condizioni di sopravvivenza della popolazione dell'area è delineato nei dettagli. All'inizio dell'inverno, ogni attività economica appare paralizzata. Le strade per i rifornimenti in direzione ovest sono interrotte da più di un mese, e ciò provoca il progressivo esaurimento dei beni di prima necessità e un aumento vertiginoso dei prezzi di tutte le derrate. 

La mancanza di carburanti impedisce il riscaldamento delle abitazioni e ha portato al blocco totale di tutte le attività agricole, proprio mentre inizia la stagione della semina. “I silos di grano - riferisce in particolare l'Arcivescovo Hindo - sono stati saccheggiati e il frumento è stato venduto a commercianti turchi che lo hanno convogliato in Turchia, sotto lo sguardo dei doganieri turchi. Il nostro grano è stato venduto a un prezzo molto basso”. La regione di Jazira era rinomata per la produzione di grano di ottima qualità. Nei decenni scorsi, a prelevare sottocosto il frumento pregiato dell'area, erano le politiche agricole del governo centrale di Damasco. 

Oltre al grano saccheggiato, l’Arcivescovo Hindo denuncia la progressiva scomparsa di altri prodotti vitali, come il latte per i bambini e le medicine, a partire dagli antibiotici. L'unica rotta di collegamento con l'esterno rimane la strada internazionale diretta in Irak, che collega l'Alta Mesopotania siriana a Mossul. Nel testo del suo secondo appello, rivolto al Premier irakeno Al-Maliki, Monsignor Hindo pone al leader politico del Paese confinante una richiesta concreta: “Vi preghiamo di soccorrerci il più in fretta possibile, inviandoci 600 cisterne di carburante, 300 cisterne di benzina e alcune tonnellate di farina”. L'Arcivescovo siriano, nel messaggio inviato anche a Fides, accomuna le sofferenze vissute adesso dal suo popolo con quelle che gli iracheni hanno provato nel loro recente passato: 
Noi - scrive Monsignor Hindo ad al-Maliki - soffriamo ciò che ha sofferto il popolo irakeno per l'imposizione dell'embargo. Le prime vittime sono stati i bambini. Voi avete provato nei vostri corpi, nelle vostre anime e nei vostri bambini, tutta l'ingiustizia che ne deriva. Perché ad essere punito è solo il popolo, e non il governo. Gli Stati così pongono i loro interessi al di sopra degli interessi degli uomini, e anche al di sopra dei diritti che Dio ha su ciò che è opera Sua”.
La regione di Jazira, con i centri urbani di Kamishly e Hassakè (capoluogo dell'omonimo governatorato) contava un milione e mezzo di abitanti, ai quali dall'inizio della guerra civile si sono aggiunti almeno 400mila profughi provenienti da Aleppo, Homs, Deir-Ez-Zor e Damasco.


giovedì 10 gennaio 2013

L’Arcivescovo Nassar: “A Damasco profughi palestinesi costretti all'esodo, come la Sacra Famiglia”

In questi giorni del tempo di Natale “non è insolito vedere famiglie palestinesi aggirarsi per le strade di Damasco. Genitori con in braccio i bambini, seguiti da altri figli più grandi che si portano dietro pacchi e bagagli. Lacrime negli occhi delle donne, rabbia negli occhi degli uomini, tristezza negli occhi dei bambini”.


Agenzia Fides 8/1/2013

Damasco -  In un messaggio inviato all'Agenzia Fides, l'Arcivescovo di Damasco dei Maroniti, Samir Nassar, delinea il doppio dramma dei profughi palestinesi travolti dalla guerra civile siriana, paragonando il loro penoso vagare a quello vissuto da Gesù, Giuseppe e Maria. “Migliaia di palestinesi - riferisce l'Arcivescovo - hanno dovuto lasciare i campi nei quali vivevano dal 1948”. Alcuni cercano di raggiungere il Libano. Ma per la gran parte, il secondo esodo si trasforma presto nell'angosciosa ricerca di un qualsiasi rifugio di emergenza nei centri urbani, a partire da Damasco.
Nella desolazione del momento, l'Arcivescovo Nassar descrive con commossa gratitudine l'arrivo nella capitale siriana del nuovo Patriarca greco ortodosso, Ioann X Yazigi: “in un tempo in cui tutti stanno lasciando la città, il nuovo Patriarca greco ortodosso Yohanna X è arrivato a Damasco il 20 dicembre, giorno della festa di Sant'Ignazio di Antiochia, del quale lui è successore... I suoni delle campane si mischiavano con le esplosioni dei bombardamenti”. In mezzo a segni così contraddittori, il Patriarca – fa notare monsignor Nassar “è accorso per essere in mezzo al suo popolo che vive nel tumulto da 22 mesi, per confermare la loro fede, la loro missione, la loro identità e testimonianza, invitando nel tempo di Natale tutti al perdono, alla riconciliazione e al dialogo, unici strumenti di pace in un Paese straziato dalla violenza”.

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40706&lan=ita


Il direttore della Caritas Giordania: rivolta nel campo di Zaatari, devastato dalla tormenta; per fuggire i profughi scelgono di tornare in Siria


Agenzia Fides 9/1/2013
Le tempeste di neve, vento e pioggia gelida abbattutesi sul Regno hashemita hanno avuto effetti devastanti sul campo profughi di Zaatari, nel deserto giordano, dove vivono ammassati in una situazione sempre più intollerabile 50mila dei rifugiati fuggiti dalla guerra civile siriana. “Le tormente - riferisce all'Agenzia Fides Wael Suleiman, direttore di Caritas Giordania - hanno distrutto almeno 500 tende del campo. In mezzo al deserto, i profughi vivono una condizione ormai insostenibile, in cui c'è da diventare pazzi. Non abbiamo ancora notizie di morti, ma certo in molti si sentiranno male e avranno bisogno di essere curati. Alcuni hanno ripreso la via della Siria. Preferiscono i rischi di un Paese dilaniato della guerra alla prospettiva di veder morire i propri bambini nell'inferno del campo profughi”.
Dopo tre giorni di pioggia e neve, il fango ha travolto le tende che ospitano i rifugiati, comprese quelle dove vivevano bambini e donne incinte. Nel pomeriggio di martedì 8 gennaio, alcuni profughi esasperati hanno attaccato con pietre e bastoni il personale dell'Onu e delle organizzazioni locali coinvolto nella gestione del campo. “La situazione è esplosiva. Da tempo sosteniamo che il campo di Zaatari andrebbe chiuso. Ma l'apertura di una nuova struttura nell'area di Zarqa, data sempre per imminente, viene di volta in volta rinviata” spiega a Fides Suleiman.

La Caritas, che non è coinvolta nella gestione diretta del campo di Zaatari, davanti alla drammatica situazione climatica ha distribuito negli ultimi giorni coperte, stufe e cibo caldo a 30mila famiglie di profughi. Ma le iniziative di soccorso messe in campo in Giordania appaiono in affanno davanti a un'emergenza umanitaria che si dilata di giorno in giorno. “Se parliamo con quelli del governo - racconta a Fides il direttore di Caritas Giordania - ci dicono che la questione dei rifugiati non è di loro competenza diretta. Se andiamo dai funzionari dell'Onu, ci dicono che le risorse sono limitate e non si può operare meglio di così. Intanto le cose peggiorano, e rischia di saltare tutto”. I siriani espatriati in Giordania sono più di 280mila. E la cronicizzazione del conflitto lascia prevedere un nuovo afflusso massiccio di profughi nei primi mesi del 2013 appena iniziato

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40725&lan=ita

mercoledì 9 gennaio 2013

" I CRISTIANI PAGANO IL PREZZO DELLA PRIMAVERA ARABA"

MONS. CHACOUR (ISRAELE):  “Siamo profondamente preoccupati per l’avvenire della Chiesa in Siria. I cristiani di lì hanno davanti lo stesso avvenire di quelli iracheni, dispersi e spariti. Chiedo a tutto il mondo cristiano di avere un’attenzione speciale all’avvenire della chiesa siriana, è dalla Siria che il cristianesimo si è diffuso”



S.I.R. 8 gennaio 2013

Da Betlemme, dove questa mattina ha incontrato i vescovi europei ed americani dell’Holy Land Coordination in visita alle comunità locali, è mons. Elias Chacour, arcivescovo di Akka, San Giovanni d'Acri, Tolemaide dei Greco-Melkiti (Israele), a lanciare un appello per i cristiani di Siria. In una dichiarazione resa al Sir, l’arcivescovo afferma che “i cristiani mediorientali stanno passando momenti difficili. Stiamo pagando il prezzo di questa primavera araba, che lo vogliamo o no”. “I cristiani – sottolinea - sono in pericolo di dispersione ma non di sparizione, noi resteremo qui. Ma in quanti resteremo?”. 
Riferendosi in modo particolare alla Siria mons. Chacour ricorda che con Assad “i nostri fratelli siriani vivevano molto bene, rispettati. Non avevano certo libertà di espressione come tutti i siriani, ma quantomeno si sentivano a casa. Ora ci si chiede: se Assad cade, cosa ne sarà dei cristiani oppure, se Assad rimane al potere sarà possibile per lui governare un popolo che gli si è rivoltato contro? Questo è il vero dilemma”. 
Quartiere cristiano di Bab Touma, Damasco
 La situazione peggiora giorno dopo giorno e dalla Siria arrivano sempre più richieste di aiuto, come quella del patriarca greco-cattolico melkita di Damasco, Gregorios III Laham: “Ci ha scritto chiedendo aiuto per i cristiani siriani, servono soldi e accoglienza. Io speravo di poter accogliere mille, duemila siriani, avrei aperto le nostre case, le nostre scuole, le nostre chiese ma non si può farli entrare in Israele, è impossibile”. 
Da qui l’appello al mondo cristiano ad avere attenzione al futuro della Chiesa siriana. Mons. Chacour non rinuncia, poi,  a dare una stoccata alla comunità internazionale che, afferma, “ha preso posizione contro il regime di Assad ancora prima che la crisi cominciasse. È per questo che i Paesi arabi del Golfo hanno pagato i volontari per andare a combattere contro il regime siriano. I problemi in Siria sono cominciati a causa degli stranieri. La comunità internazionale, se si considerano paesi come l’America e l’Europa, ha deciso di stare contro il regime, il perché non si sa. Assad non è peggio di tanti altri regimi. Egli sarebbe stato pronto ad aprirsi di più se non del tutto alla democrazia. Gli Usa, però, non sono con lui e per questo è necessario che cada”.

http://www.agenziasir.it/pls/sir/v4_s2doc_A.a_pagina_tipo

ritaglio da "LA STAMPA" 9 gennaio 2013



martedì 8 gennaio 2013

Dove andranno i Cristiani? In Arabia Saudita??

Il patriarca latino di Gerusalemme: cristiani del Medio Oriente sul Calvario



La situazione è sempre più difficile per i cristiani in Medio Oriente: è quanto afferma il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, che lancia un appello alla solidarietà internazionale verso queste piccole minoranze religiose mediorientali. In questo contesto non si ferma l’esodo dei cristiani. Sulla situazione, ascoltiamo il patriarca Twal al microfono di Luca Collodi:RealAudioMP3

R. – La situazione è peggiorata. D’altra parte, tra gli aspetti negativi dell’anno 2012, noi abbiamo registrato anche numerosi attacchi vandalici contro chiese e conventi cristiani, atti compiuti da musulmani ed israeliani. Abbiamo sempre denunciato i fatti presso le autorità israeliane, sottolineando l'importanza di promuovere una corretta educazione. Io mi chiedo come mai queste persone sono state educate a odiare l’altro. E’ un problema di educazione dei bambini, nelle scuole. E’ vero che anche le autorità israeliane hanno condannato tali atti però, al di là delle parole, non ho visto un seguito e questi colpevoli non sono stati fermati.


D. - Il patriarcato latino di Gerusalemme guarda con preoccupazione anche alla situazione siriana e ai profughi...

R. – In passato io dicevo che noi di Gerusalemme siamo la Chiesa del Calvario, ma ormai tutto il Medio Oriente è chiesa del calvario, anzi la situazione in Siria è peggiore della nostra. Noi non possiamo dimenticare la Siria, non possiamo dimenticare i nostri cristiani che vivono lì. Non possiamo tacere. La violenza in se stessa è da condannare. Poi la cosa peggiore in Siria è l’incognita di quello che verrà dopo. Non sappiamo quello che verrà dopo. C’è un piano internazionale per cambiare la situazione, ma su ciò che verrà dopo c’è sempre un silenzio totale. Sarà peggio? Non lo so … C’è l’esempio dell’Iraq, l’esempio dell’Egitto, di fronte a noi ... e ora la Siria: sarà la stessa cosa, chiaramente. Noi, certo, speriamo che non sarà lo stesso, magari! Ma cambiare tanto per cambiare non serve né ai diritti umani, né al rispetto della persona, né alla pace in medio Oriente!

D. – Nel territorio del patriarcato latino di Gerusalemme - quindi pensiamo anche alla Giordania - ci sono profughi siriani. Voi che cosa state facendo?

R. - Non posso dimenticare la Giordania che è il polmone del patriarcato. La maggioranza dei nostri preti viene da lì, la maggioranza dei seminaristi viene da lì. La Giordania è finora l’unico Paese dove c’è stabilità e dove i cristiani e i non cristiani possono rifugiarsi. E’ il caso di tanti iracheni, tanti siriani, è il caso di tanti egiziani che vengono a cercare lavoro, sono tutti da noi in Giordania … La mia domanda, che non è bella è: ma se capita qualche cosa in Giordania, dove vanno questi cristiani? In Arabia Saudita? Dove andiamo? Sì, sono preoccupato.

D. – L'Anno della Fede quale Chiesa trova in Medio Oriente?

R. – Quest’anno dobbiamo sottolineare bene la nostra fede, perché francamente ne abbiamo bisogno, considerando il contesto in cui viviamo, che è difficile, complicato: abbiamo bisogno di più fede per poter resistere alle difficoltà e continuare e dare testimonianza con più entusiasmo.
http://it.radiovaticana.va/news/2013/01/03/il_patriarca_latino_di_gerusalemme:_cristiani_del_medio_oriente_sul_ca/it1-652500



I frati della Custodia: "Se dobbiamo morire è meglio morire in chiesa che a casa". Nonostante le sofferenze, i cristiani non hanno perso la fede 


Non sono rassicuranti le notizie che giungono dalla Siria. Padre Halim, frate libanese della Custodia di Terra Santa e ministro regionale della Regione San Paolo, segue con apprensione l’evolversi della situazione. E’ quanto riferisce lo stesso religioso, in stretto contatto con i confratelli siriani, ai microfoni del Franciscan Media Center. Nel riferire la situazione che stanno vivendo i cristiani nella guerra civile - riporta l'agenzia Sir - il francescano afferma: “i cristiani dicono sempre di non avere altra speranza se non in Dio. Nessuno li può salvare se non un miracolo dall’alto. Un frate mi ha detto che la gente ha visto che le chiese - nonostante tutte queste difficoltà - durante la messa e le celebrazioni eucaristiche sono piene. E qualche volta anche di più dei tempi normali”. Motivo di così tanta affluenza sta nella frase riferita da padre Halim: “Se dobbiamo morire è meglio morire in chiesa che a casa. E quindi nonostante tutto c’è ancora uno spiraglio di fede, di gente che tenta ancora e ha una fede forte in Dio. É solo lui che potrebbe salvarli. Il Principe della Pace di cui celebriamo il Natale, che porti la pace nei cuori di tutti i siriani, che ci sia la pace dappertutto”. (R.P.)

lunedì 7 gennaio 2013

Santo Padre agli Ambasciatori: "Rinnovo il mio appello affinché in Siria le armi siano deposte e quanto prima prevalga un dialogo costruttivo "

Sala stampa della Santa Sede

Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala Regia del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza i Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno.



Il Vangelo di Luca racconta che, nella notte di Natale, i pastori odono i cori angelici che glorificano Dio e annunciano la pace sull’umanità. L’Evangelista sottolinea così la stretta relazione fra Dio e l’anelito profondo dell’uomo di ogni tempo a conoscere la verità, a praticare la giustizia e a vivere nella pace (cfr Giovanni XXIII, Pacem in terris: AAS 55 [1963], 257). Oggi si è indotti talvolta a pensare che la verità, la giustizia e la pace siano utopie e che esse si escludano mutuamente. Conoscere la verità sembra impossibile e gli sforzi per affermarla appaiono sfociare spesso nella violenza. D’altra parte, secondo una concezione ormai diffusa, l’impegno per la pace si riduce alla ricerca di compromessi che garantiscano la convivenza fra i Popoli, o fra i cittadini all’interno di una Nazione. Al contrario, nell’ottica cristiana esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini sulla terra, così che la pace non sorge da un mero sforzo umano, bensì partecipa dell’amore stesso di Dio. Ed è proprio l’oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare la violenza. Infatti, quando si cessa di riferirsi a una verità oggettiva e trascendente, come è possibile realizzare un autentico dialogo? In tal caso come si può evitare che la violenza, dichiarata o nascosta, diventi la regola ultima dei rapporti umani? In realtà, senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace.
Alle manifestazioni contemporanee dell’oblio di Dio si possono associare quelle dovute all’ignoranza del suo vero volto, che è la causa di un pernicioso fanatismo di matrice religiosa, che anche nel 2012 ha mietuto vittime in alcuni Paesi qui rappresentati. Come ho avuto modo di dire, si tratta di una falsificazione della religione stessa, la quale, invece, mira a riconciliare l’uomo con Dio, a illuminare e purificare le coscienze e a rendere chiaro che ogni uomo è immagine del Creatore. Se, dunque, la glorificazione di Dio e la pace sulla terra sono fra loro strettamente congiunte, appare evidente che la pace è, ad un tempo, dono di Dio e compito dell’uomo, perché esige la sua risposta libera e consapevole.
Per tale ragione ho voluto intitolare l’annuale Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace: Beati gli operatori di pace. E’ anzitutto alle Autorità civili e politiche che incombe la grave responsabilità di operare per la pace. Esse per prime sono chiamate a risolvere i numerosi conflitti che continuano a insanguinare l’umanità, a cominciare da quella Regione privilegiata nel disegno di Dio, che è il Medio Oriente. 
Penso anzitutto alla Siria, dilaniata da continui massacri e teatro d’immani sofferenze fra la popolazione civile. Rinnovo il mio appello affinché le armi siano deposte e quanto prima prevalga un dialogo costruttivo per porre fine a un conflitto che, se perdura, non vedrà vincitori, ma solo sconfitti, lasciando dietro di sé soltanto una distesa di rovine. Permettetemi, Signore e Signori Ambasciatori, di domandarvi di continuare a sensibilizzare le vostre Autorità, affinché siano forniti con urgenza gli aiuti indispensabili per far fronte alla grave situazione umanitaria. 
Guardo poi con viva attenzione alla Terra Santa. In seguito al riconoscimento della Palestina quale Stato Osservatore non Membro delle Nazioni Unite, rinnovo l’auspicio che, con il sostegno della comunità internazionale, Israeliani e Palestinesi s’impegnino per una pacifica convivenza nell’ambito di due Stati sovrani, dove il rispetto della giustizia e delle legittime aspirazioni dei due Popoli sia tutelato e garantito. Gerusalemme, diventa ciò che il Tuo nome significa! Città della pace e non della divisione; profezia del Regno di Dio e non messaggio d’instabilità e di contrapposizione! Rivolgendo poi il pensiero alla cara popolazione irachena, auguro che essa percorra la via della riconciliazione, per giungere alla desiderata stabilità.
In Libano – dove, nello scorso mese di settembre, ho incontrato le sue diverse realtà costitutive - la pluralità delle tradizioni religiose sia una vera ricchezza per il Paese, come pure per tutta la Regione, e i cristiani offrano una testimonianza efficace per la costruzione di un futuro di pace con tutti gli uomini di buona volontà. 

Il Papa su Twitter:

Citta' del Vaticano, 7 gennaio. (Adnkronos) - 
''Vi chiedo di unirvi a me nella preghiera per la Siria, affinche' il dialogo costruttivo prenda il posto dell'orribile violenza''. E' quanto ha scritto il Papa in un nuovo tweet diffuso questa mattina dopo il discorso tenuto di fronte al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. 

sabato 5 gennaio 2013

Da Qara: In laude di Brahimi e di tutti i veri colloqui di pace

Cari tutti,
a quanti ci chiedono della nostra incolumità: al di fuori resta di tanto in tanto molto pericoloso, ma noi rimaniamo provvisoriamente al sicuro dentro il nostro Monastero.


Qara 1 gennaio 2013
Subito dopo la Santa Messa di Santo Stefano riceviamo la notizia che vi è una interessante intervista da seguire su Almayadeen. Questo trasmettitore è apparentemente dissociato  dal network Jazeera in Qatar ed è ora domiciliato in Iran. Si sta trattando della questione di come il Natale viene celebrato quest'anno in Siria.  Mostrano: poca gente per le strade di Damasco, il Patriarca, un deputato della Siria, un uomo dell’ "opposizione" che proclama: nessuna violenza ma vogliamo la pace, e la madre Agnes-Mariam. Le loro testimonianze sono di un grande impatto.
Quest'anno Natale è celebrato, ma in modo tanto diverso. Sia i Patriarchi come i leader musulmani hanno invitato a  vivere le Feste di Natale, ma in modo meno esuberante e contribuendo in tal modo a soccorrere la gente e le famiglie colpite e in questa guerra , in particolare i cristiani che soffrono a Homs, Quousseir, Aleppo.
Tutti hanno dato una forte testimonianza di unità, in particolare i musulmani, che dicono che nella Costituzione non c'è "Maggioranza" e "Minoranza", che l'Islam non è la religione della Siria e che in Siria non vi è "guerra di religione" e ritengono che i cristiani di Siria non possono andare via. Tutti parlano di una cospirazione dell’Occidente.

A uno dei musulmani è stato chiesto: quanti musulmani ci sono ora  in Siria?, e lui ha risposto: 18 milioni. Quando gli è stato chiesto: quanti cristiani ci sono? egli ha risposto ancora: 18 milioni. Noi siamo sempre stati insieme, ha detto, e abbiamo sempre celebrato insieme Natale e Capodanno. Solamente adesso ci tocca portare la sofferenza di vedere i quartieri cristiani devastati. Ma attraverso il dialogo e la pace l’unità della Siria si potrà recuperare.

In questa Domenica abbiamo ricevuto una notizia particolarmente gratificante da Qara. Due settimane fa ci avevano chiesto di pregare per il rilascio di ufficiali cristiani rapiti in Qara, e di un farmacista. I rapitori avevano chiesto un milione di Lyre siriane,  altrimenti la famiglia avrebbe avuto indietro solo la testa. Abbiamo recitato tutti i giorni intense preghiere. Dopo una settimana i rapitori hanno chiesto  solo la metà. Che era comunque inaccettabile. Continuiamo a pregare e oggi veniamo a sapere che  l'uomo è stato rilasciato, sano e salvo. D'altra parte ci è giunta una nuova richiesta di preghiera urgente per la liberazione dei quartieri cristiani Mhardeh sopra Hama.

L’ Eucaristia della sera è particolarmente dedicata per il lavoro del mediatore di pace Lakhdar Brahimi, che in Damasco sembra avere buoni contatti con l'opposizione moderata. Nel frattempo, noi preghiamo per fermare l'esplosione di violenza che "Gli amici della Siria" in questo momento vogliono scatenare.  
Nel suo discorso di Natale anche Benedetto XVI chiede dialogo e una soluzione politica. Questo è così lontano dai sogni di America,  Europa e le roboanti "soluzioni" degli "Amici della Siria" , che sembrano portare solo il caos. Noi offriamo l'Eucaristia ogni giorno per una svolta nei negoziati per una soluzione politica, per Brahimi, che ottiene da noi grande fiducia.
Sì, c'è speranza per la Siria.

L'Occidente vede in tutta la sua cecità già da 20 mesi "la fine imminente del governo siriano" e "la fuga di Bashar al-Assad". La realtà è diversa. Non appena verrà confermata l'amministrazione di Obama II al Senato, sarà messo sul tavolo il piano di pace per la Siria nel Consiglio di Sicurezza. I boss della NATO che erano contro il piano di pace sono stati messi da parte. 
Viene discusso questo mese come eventualmente possano essere dispiegati i "caschi blu" in Siria. 
Anche se la Francia e l'Inghilterra si erano veementemente opposte al piano di pace, non possono far altro che seguire in ciò l'America . Esse hanno tentato senza successo di cambiare il piano di pace di Brahimi.
E poi ci sono anche gli "uomini in campo": i guerrafondai. Gli jihadisti di Hamas, fedeli a Khaled Mechaal, hanno cercato di prendere il campo di Yarmouk, ma sono stati espulsi dall'esercito, solo dopo però essere riusciti a provocare danni.
Ora provano a far qualcosa dentro e fuori Damasco.
Lasciatemi ammettere nel frattempo che tra l'esercito siriano ci sono molte difficoltà. Se i giovani vedono giornalmente amici che uccidono e muoiono, e inoltre sanno che i loro coetanei che si battono contro la Siria molto spesso vengono pagati più di loro, la tentazione di passare dall'altra parte può essere grande. Più dura è la guerra, maggiore è la tentazione.

Detto questo, parliamo ora della gallina occidentale dalle uova d'oro della rivoluzione siriana: il Libero Esercito Siriano. Questo non è un esercito, non è libero e non certo siriano, ciò che già si sapeva.
Sono terroristi provenienti da ogni dove, drogati e  pagati dagli sceicchi degli stati del petrolio.
Dei distretti, borghi e città, che si suppone siano già sotto il loro controllo, solo la
devastazione è visibile, mentre la popolazione stessa a poco a poco riprende una convivenza pacifica.

Ora bisogna solo aspettare il momento che gli alleati occidentali si sveglino e non sostengano questo oscuro club di terroristi ... per il bene del popolo siriano e per la pace nel mondo.
O, con le parole di una delle persone più informate: l'Esercito Libero Siriano continuerà a brillare per un pò come una stella morta.
Voilà, e ora è il momento per i veri colloqui di pace.


Perciò per ora cercherò di smettere con i miei scarabocchi politici per cercare di dare tutte le opportunità al reciproco dialogo. I miei commenti chiaramente non cambieranno i dialoghi, soprattutto perchè sono scritti per entrambe le parti in una lingua incomprensibile...
Tuttavia, voglio esprimere la mia solidarietà a tutti gli uomini di buona volontà, da ogni angolo o da ogni storia, che vogliono contribuire alla pace in Siria.
Per più di venti mesi ho scritto abbastanza. E il nostro grido di soccorso è solo diventato più forte. 
 
Se in Occidente ancora non si sa che cosa sta realmente accadendo, allora non si vuole saperlo.
Io sono stato abbastanza chiaro. Ed era giusto così, anche se non me lo si è chiesto.
L' occidente "cristiano" (America, Europa, completata dalla Turchia) con i suoi amici paesi terroristi del Golfo (Arabia Saudita e Qatar) deve sospendere questo lavoro diabolico.
Che risolvano i loro "casini" nelle loro nazioni prima!
Allora ci sarà molto presto la pace e voi sarete di nuovo benvenuti qui.
Nel frattempo continuate a pregare e lavorare per la giustizia e la riconciliazione, verità e dialogo.
E io da parte mia, cercherò di non scrivere per un pò questi commenti.


Signore Gesù, benedici il Presidente e i membri del governo della Siria.
Benedici i Presidenti, i capi di Stato e di Governo di tutti i Paesi.
Benedici tutti i membri dell'opposizione.
Benedici il popolo siriano, e soprattutto le famiglie che sono state fortemente colpite da questa guerra. Lascia che i morti condividano la Tua misericordia.
Benedici tutti i cittadini del mondo.
Benedici le chiese cristiane e tutti i quartieri in Siria pesantemente colpiti.
Benedici tutti i Cristiani in Oriente e Occidente, cosi' che comprendano il loro compito in questo mondo e lo facciano con coraggio.
Signore, abbi pietà di me (da recitare 40 volte).

A tutti un benedetto 2013!

Padre Daniel  Maes, Qara

Syrie : l'Envoyé de l'ONU et de la Ligue arabe fait part d'options limitées pour parvenir à une sortie de crise



parvenir à une sortie de crise



Le Représentant spécial conjoint des Nations Unies et de la Ligue des États arabes en Syrie, Lakhdar Brahimi.
31 décembre 2012 – « Je suis incapable de voir une issue en dehors des deux possibilités suivantes : soit une solution politique qui réponde à leurs aspirations légitimes est acceptée de tous les Syriens, soit la Syrie se transforme en enfer. »Ces propos ont été tenus par le Représentant spécial conjoint pour les Nations Unies et la Ligue des États arabes pour la Syrie, Lakhdar Brahimi, lors d'une conférence de presse donnée dimanche au Caire, dernière étape d'une série de déplacements au Moyen-Orient et ailleurs, dans le cadre des efforts qu'il déploie afin de trouver une solution politique négociée pour mettre fin au conflit qui déchire ce pays.« Les gens parlent d'une Syrie divisée en une myriade de petits états à la manière de la Yougoslavie. Absolument pas ! Ce n'est pas ce qui va se passer. Ce qui va se passer, c'est une 'somalisation' du pays, avec l'émergence de chefs de guerre et un peuple syrien persécuté […] », a prévenu M. Brahimi
.........


giovedì 3 gennaio 2013

« Che in Europa si sappia bene che cosa sta succedendo qui e per colpa di chi. Questa è soprattutto una guerra di commercio. Siamo nella nuova colonizzazione. »

La testimonianza da Aleppo di mons. Giuseppe Nazzaro

 
  Buio e freddo avvolgono Aleppo dove la notte la temperatura scende a sotto lo zero. Mancano elettricità e riscaldamento e a farne le spese sono soprattutto i bambini che si ammalano. Il rischio di morire per freddo e stenti è alto, soprattutto per chi vive nei campi profughi e per le strade perché a causa dell’embargo in Siria mancano anche le medicine. È una testimonianza drammatica quella che da Aleppo mons. Giuseppe Nazzaro Ofm, vicario apostolico di Aleppo dei Latini, racconta al Sir.
 
 
S.I.R. 3 gennaio 2013

Il prezzo della pace


Ci parli come è la situazione ad Aleppo: sappiamo che non c’è elettricità, che le famiglie vivono al buio e al freddo. È così, eccellenza? “Esattamente come sto adesso io. Siamo qui con il giaccone addosso e il cappello in testa per proteggerci dal freddo. La sera siamo completamente al buio ma anche durante il giorno non c’è elettricità. Ieri per esempio, non abbiamo avuto corrente dalle 3 e mezza di pomeriggio fino a questa mattina, quando è ritornata verso le 11 e mezza”.

E i bombardamenti…“Noi sentiamo le bombe da dove partono ma non sappiamo dove arrivano. Il problema qui è che chiunque prenderà il potere domani, prima di preoccuparsi di mettere a posto il Paese e ricostruire sulle macerie, dovrà fare i conti con gli animi che vivono di odio e di disperazione. Se non passano due o tre generazioni, qui ora la situazione è disastrosa”.

Come è la situazione per le strade?
“Per la strada bisogna fare giri incredibili per andare da un posto all’altro della città a causa dei blocchi dappertutto e i controlli per la sicurezza. Questa è la situazione”.

Sappiamo che i bambini a causa del freddo si stanno ammalando. È così?
“È normale. Tra l’altro siamo anche senza medicine. L’embargo che hanno voluto le Nazioni Unite oltre a togliere i viveri hanno privato la popolazione delle medicine. È chiaro che in una situazione del genere se nei campi dei rifugiati muore un bambino per il freddo, è normale visto che non ci sono neanche le medicine per curarlo.

Siamo tutti senza gasolio, senza riscaldamento, senza gas per cucinare, senza elettricità e senza pane, senza quindi i più elementari mezzi di sussistenza. Ma noi qui abbiamo ancora un tetto sopra la testa, che ci protegge. Chi vive invece sotto una tenda e peggio ancora per la strada, come fa a sopportare il freddo? Qui la notte la temperatura scende sotto lo zero. Mi chiedo se i signori che siedono al Palazzo di vetro, si pongono questo problema”.

Vuole lanciare un appello per la fine dell’embargo sulla Siria?
“Io lancio un allarme non soltanto per l’embargo ma per tutta la situazione che siamo obbligati a vivere oggi. I potenti della terra che l’hanno causata, la devono smettere, la devono finire. Noi stavamo benissimo. Vivevamo in pace. Ci hanno portato una guerra che è diventata guerra fratricida, che sta distruggendo un paese che era bellissimo, ricco di storia, ricco di civiltà. Ed ora è tutto distrutto. Sono fatti di una storia che si ripete in tutto il Medio Oriente. Guardiamo per esempio che cosa sta succedendo in Egitto”.

Ieri l’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani ha fornito dei dati agghiaccianti sul conflitto siriano: 60 mila morti dal 15 marzo 2011 ad oggi. Che impressione le fanno questi numeri?
“L’alto Commissariato dell’Onu ha mai detto quanti sono stati i morti durante il conflitto in Iraq. Ci hanno sempre dato soltanto i numeri dei marines morti ma non hanno mai detto le migliaia e migliaia di iracheni civili morti. Che vuol dire, che in una guerra i civili sono solo carne da macello? Che non meritano di essere contati. Quando una bomba parte, crea distruzione e morte”.

In Italia, purtroppo, la gente si è abituata a questi “numeri”. Lei che cosa ha da dire?
“Quello che mi sta a cuore è che in Europa si sappia bene che cosa sta succedendo qui e in tutto il Medio Oriente e per colpa di chi. Questa è soprattutto una guerra di commercio. Siamo nella nuova colonizzazione che si traduce: ‘io vi do le armi, voi vi autodistruggete e poi vengo io a ricostruire tutto’. Ma poi tutto questo è pagato questo con la nostra vita”.

Ha un auspicio per il 2013 che comincia?
“Io non ho mai perso la speranza perché sono convinto che ci vuole un pizzico di buona volontà.

Prima o poi noi avremo la pace. Il giorno in cui arriverà la pace, sarà stata pagata a caro prezzo, al prezzo di tante vite umane che se ne sono andate via. E al prezzo di tanti animi distrutti e angosciati, pieni di odio e di vendetta l’uno contro l’altro”.
 

mercoledì 2 gennaio 2013

"Difendo il mio popolo e la verità sulla Siria": si alzano le voci fuori dal coro

 La dissoluzione dello Stato Siriano, continua a ripetere la deputata cristiana  Maria Saadeh, sarebbe un disastro per tutto il Medio Oriente e per le comunità religiose minoritarie che ci vivono.

Non ci sta Maria Saadeh a vedere la sua Siria dipinta come l’impero del male assoluto, non smette mai di impegnarsi di correre dove può per portare la sua parola di verità sulla situazione siriana.
Maria Saadeh: Si precipita a Beirut per incontrare la delegazione di Assadakah, una porta aperta verso l’Europa, una porta che non si vuole far aprire. Con la sua auto percorre la strada, per lei pericolosa, che congiunge Damasco a Beirut. Mostra tutto il coraggio di una donna che ha fatto della difesa del proprio Paese il suo modus vivendi. Fallita la sua missione e quella di due parlamentari siriani a Roma per incontrare le istituzioni italiane, a causa del diniego dei visti da parte del Ministro Terzi, ora il tentativo è quello di passare per Bruxelles. Non è facile, l’omologazione e la mistificazioni politica e mediatica sulla Siria sono fortissime, la campagna di menzogne continua a diffondersi per bocca dei politici e nei palinsesti televisivi. Non accettano nessun confronto in Occidente, vogliono sentire una sola voce, quella dei potenti, quella degli Stati Uniti, di Israele, del Qatar e della Turchia. Pur smentita nei fatti, la macchina del fango sul regime di Bashar al Assad non si ferma. Ora le armi chimiche! Una bufala clamorosa, dimostrata dai fatti e dalle testimonianze dei giornalisti, quelli ancora liberi, che in Siria ci vanno e raccontano. Quelli che non si capacitano del fatto che la verità possa essere mistificata in modo cosi palese. Quelli i cui servizi vanno in terza serata, mentre nei TG trasmettono i twitt dei terroristi. Maria Saadeh non smette di raccontare: “A Damasco non ci sono problemi, gli attacchi sono stati respinti all’esterno della città, certo cominciano a sentirsi gli effetti della guerra ed anche delle sanzioni, il popolo soffre, ma all’Occidente questo non interessa”.
Come al solito pragmatica e concreta, lei non ha mai difeso aprioristicamente il regime di Assad, anzi ha sempre contestato il predominio assoluto del partito Baath, tuttavia: “Una cosa è costruire un sistema democratico, altra è abbattere lo Stato. Lo Stato va difeso come principio assoluto, bisogna lavorare dall’interno per costruire regole democratiche, partecipazione e libertà. Non possiamo sprecare questa occasione”. “Il partito Baath per anni ha pervaso il tessuto sociale Siriano, si è sostituito allo Stato, ha creduto di poter fare le veci delle istituzioni, ha coltivato dentro di sé fenomeni di corruzione pesante, questo è tutto vero, ma per cambiare dobbiamo accettare la logica del pluripartitismo, proporre riforme interne, superare la supremazia del partito unico. Non possiamo accettare che questo accada con un intervento esterno, io difenderò fino alla fine il mio Paese, ed allo stesso tempo combatterò per ottenere le riforme”. Maria Saadeh, deputata eletta al Parlamento, manifesta tutta la sua forza di donna impegnata, quando racconta della sua Siria. “La Siria deve mantenere la sua laicità, non può cadere in mano agli integralisti sponsorizzati dal Qatar e dall’Arabia Saudita, la forza della Siria è il pluralismo religioso e l’integrazione fra i suoi componenti. La strategia occidentale è tesa ad indebolire il nostro Paese, prima di tutto perché nonostante la vicinanza geografica a Israele, ci siamo sempre schierati a favore del popolo palestinese, poi perché non accettiamo che si precluda il dialogo aperto con l’Iran, ed ancora per il nostro impegno di contrasto nei confronti delle interferenze esterne in Medio Oriente, inoltre gli interessi dell’industria bellica sono sempre in agguato e non potete immaginare quante armi sono state messe in campo dalle lobby americane in questa guerra. Una Siria debole e divisa fa più comodo all’Occidente e a Israele. I paesi del Golfo coltivano l’idea di dividere il nostro Paese, per realizzare dei piccoli emirati, cosi riducendo la sua forza”. Ecco il perché di tanta tenacia nel delegittimare l’attuale governo siriano”.Non si ferma mai Maria Saadeh, racconterebbe per ore la sua verità, il suo modo di vedere, la sua soluzione alla crisi siriana. Perché si parla di bombe, di armi, di conflitti, ma non si leva mai la voce di chi sostiene che la crisi siriana si può risolvere con il dialogo. Fra persone che vogliono confrontarsi e che hanno a cuore l’integrità statale e laica della Siria, gli altri sono solo i signori della guerra. Non ascoltare la voce di Maria Saadeh, non consentirle di portare in Occidente la propria parola è un grave errore, è come voler chiudere la porta di fronte alla verità, per alcuni è come mettere la testa sotto la sabbia per non vedere. Lei non si arrende e noi neppure nel farci interpreti delle sue parole ogni volta che c’è uno spiraglio di libertà che lo consente.
http://www.assadakah.it/dettaglio-attivita203/Maria-Saadeh-Difendo-il-mio-popolo-e-la-verita-sulla-Siria

L'Inviato Vaticano : la Nazione siriana ha il diritto di decidere il proprio destino



TEHERAN - L'ambasciatore del Vaticano in Libano Mons. Gabriele Caccia ha sottolineato che il popolo siriano è l'unico che ha il diritto di determinare il proprio destino, e ha accolto con favore il piano dell'Iran in sei punti per risolvere la crisi in Siria.

"La decisione finale sul destino politico della Siria deve essere fatta dal popolo di quel paese e attraverso un percorso democratico," ha detto Mons. Caccia in un incontro con il suo omologo iraniano Qazanfar Roknabadi a Beirut Lunedi.Ha descritto i colloqui e la soluzione politica come l'unico modo per risolvere la crisi in Siria, e ha sottolineato il ruolo costruttivo dell'Iran nella regione e il sostegno del Vaticano al piano in sei punti di Teheran per risolvere i problemi in Siria.Mons. Caccia ha anche sottolineato che l'aiuto finanziario e in armi offerto da alcuni Stati stranieri per i ribelli armati in Siria è inaccettabile.Lo ha detto dopo che l'esercito siriano ha annunciato Lunedi di avere sventato un attacco massiccio da parte di un gran numero di terroristi che cercavano di entrare in Siria attraverso il confine con la Giordania, e anche confiscate missili di fabbricazione israeliana e armi dei ribelli armati.L'esercito siriano ha confiscato ai terroristi missili anticarro e diversi apparecchi senza fili che sono stati fabbricati in Israele, secondo le notizie riportate sul sito Jahineh .L'esercito siriano ha impedito ai ribelli armati di attraversare il confine della Siria attraverso la vicina Giordania.Il giornale Washington Post, citando attivisti dell'opposizione e funzionari statunitensi e stranieri, ha riferito che i funzionari dell'amministrazione Obama hanno sottolineato che l'amministrazione ha ampliato i contatti con le forze di opposizione militari per fornire le nazioni del Golfo Persico con valutazioni di credibilità dei ribelli e comando e controllo delle infrastrutture.Secondo il rapporto, il materiale è stato accumulato a Damasco, a Idlib, vicino al confine turco, e in Zabadani al confine libanese.Attivisti dell'opposizione che qualche mese fa avevano detto che i ribelli erano a corto di munizioni hanno riferito a maggio che il flusso di armi - la maggior parte acquistati sul mercato nero nei paesi limitrofi o da elementi in passato appartenenti alle forze armate siriane - è notevolmente aumentato a seguito della decisione di Arabia Saudita, Qatar e altri stati del Golfo Persico di fornire milioni di dollari nel finanziamento, ogni mese.
http://english.farsnews.com/newstext.php?nn=9107132143



Addio alle archeologie siriane

Nel caos della guerra civile, il patrimonio archeologico siriano sta scomparendo pezzo dopo pezzo oltreconfine, favorendo così fortune personali o finanziando il conflitto. "E' molto simile a quanto accaduto in Iraq", ha detto al Financial Times un uomo coinvolto nel contrabbando delle opere d'arte.
Così si finanziano i ribelli siriani

 MADRE MARIE-AGNES  DENUNCIA: RIBELLI HANNO DECAPITATO UN CRISTIANO E DATO I PEZZI AI CANI

Si era appena sposato e sua moglie stava per partorire, ma questo non ha salvato Andrei Arbashe, un giovane cristiano, all'inizio di questo mese, da un destino orribile ...per mano di ribelli che combattono il regime del presidente Bashar al-Assad .
"Lo hanno decapitato, tagliato a pezzi e dato in pasto ai cani", ha detto Agnès-Mariam de la Croix, madre superiora del Monastero di San Giacomo il mutilato tra Damasco e Homs.
Dimenticate la narrativa consueta sulla primavera araba in merito a masse calpestate che affrontano le forze del male: il conflitto siriano sembra essere entrato in una fase più tenebrosa, in cui i ribelli stanno commettendo atrocità contro civili innocenti. Non è di buon auspicio per la pace.
Le persone che hanno fatto a pezzi Arbashe non sembra avessero bisogno di molto più di questo motivo: suo fratello era stato sentito lamentarsi che i ribelli si comportano come banditi ...
Conclude Madre Marie-Agnes : « Il sostegno dell’Occidente agli insorti islamisti è uno scandalo al mondo libero e democratico ».

martedì 1 gennaio 2013

BEATI GLI OPERATORI DI PACE

In un mondo, non solo la Siria, dilaniato dai conflitti armati e non solo, riteniamo che l'unica via che porti a una pace vera e duratura che non sia solo assenza di ostilità ma collaborazione e aiuto reciproco, sia l'adesione al pensiero di Cristo, unica novità vera nella storia dell'uomo: l'unico che possa offrire le basi su cui ciascun uomo di buona volontà possa attingere con creatività e capacità di iniziativa per lavorare a creare rapporti realmente pacifici.
Mai come in questo momento le parole del Pontefice possono essere un'indicazione chiara e utile per ciascuno di noi per pacificare innanzitutto i nostri rapporti quotidiani prima che i rapporti fra i popoli e le nazioni.
 


 
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
XLVI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1° GENNAIO 2013
 
BEATI GLI OPERATORI DI PACE
 
1. Ogni anno nuovo porta con sé l’attesa di un mondo migliore. In tale prospettiva, prego Dio, Padre dell’umanità, di concederci la concordia e la pace, perché possano compiersi per tutti le aspirazioni di una vita felice e prospera.
A 50 anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, che ha consentito di rafforzare la missione della Chiesa nel mondo, rincuora constatare che i cristiani, quale Popolo di Dio in comunione con Lui e in cammino tra gli uomini, si impegnano nella storia condividendo gioie e speranze, tristezze ed angosce,  annunciando la salvezza di Cristo e promuovendo la pace ...
 
 

lunedì 31 dicembre 2012

"Buon Anno" anche a te, Siria!

Le speranze e le preghiere per il 2013 di un Paese ferito dalla guerra e dalle difficoltà


Salvatore Cernuzio
ROMA, Monday, 31 December 2012 (Zenit.org).
 
Solo poche ore e si concluderà il 2012. Poche ore ancora per fare bilanci, per ricordare gli avvenimenti importanti, per prepararsi a dare il benvenuto al nuovo anno e salutare quello passato, così intenso, così pieno, così difficile.
Poche ore e i cristiani reciteranno il Te Deum,per ringraziare solennemente Dio, perché qualsiasi cosa sia accaduta loro negli ultimi dodici mesi, anche negativa, è comunque un Suo dono, un segno della Sua volontà che si manifesta nella vita umana.
È una certezza questa, radicata nel cuore di ogni fedele. Non si spiega altrimenti come i cristiani di una regione ferita come la Siria siano ancora capaci di dire grazie al Signore per l’anno passato e di tenere viva la speranza per quello futuro.
Lo conferma una fonte dell’Arcidiocesi siriana di Jazirah in una nota inviata a ZENIT, in cui racconta che “come i cristiani in ogni parte del mondo anche noi cristiani di Siria celebriamo la Natività del nostro Signore e il nuovo anno. Speriamo che il Cristo non possa mai dimenticare la gente siriana e tutta l'umanità per portare loro pace e giustizia”.
Questa zona storica della Siria, corrispondente all’antica Mesopotamia, dopo anni di serenità, vive oggi una situazione molto difficile. “Il nostro futuro è incerto - racconta la fonte - la gente teme che i combattimenti in molte parti della Siria potrebbero spostarsi un giorno nella nostra zona, portando morte e distruzione”.
Un sentore questo che è diventato quasi realtà quando, il 9 novembre 2012, i combattenti si sono spostati a Ras Al-Ayn, una piccola città al confine con la Turchia e a circa “un'ora di auto” dalla sede dell’Arcidiocesi di Jazirah in Hassaké. “Il 10 dicembre 2012 – si legge nella nota – abbiamo fatto un giro a Ras Al-Ayn con Padre Touma Qas Ibrahim ed è stata dura vedere la sua Chiesa di San Tommaso e le altre chiese della città vuote, danneggiate o addirittura distrutte”.
“Questa era una cittadina molto tranquilla, la gente ha vissuto in pace per molti anni, ma ora è una città di morte”. “La Chiesa ha fatto un grande sforzo fino ad oggi per creare armonia fra tutte le comunità, soprattutto tra arabi e curdi” spiega la fonte, raccontando del recente incontro ecumenico di preghiera per la pace presieduto dai sacerdoti cristiani nella Cattedrale siro-ortodossa di San Giorgio a Hassaké.
Per l’Arcidiocesi di Jazirah è stato questo “un evento significativo, che ci ha permesso di raggiungere sia ​​arabi che curdi”, i quali “non avevano mai avuto un’occasione di stare insieme dal marzo del 2011”, da quando, cioè, sono cominciati i problemi in Siria. “Queste persone hanno partecipato alla veglia, hanno pregato con noi e hanno dato un vero messaggio di pace all’umanità”.
Sempre secondo quanto riferito nel comunicato, la regione di Jazirah ha accolto, inoltre, un gran numero di famiglie sfollate, venute a vivere nelle città di Hassaké e Kamishly. “Queste due città sono diventate ormai un rifugio sicuro per decine di migliaia di famiglie, fuggite dalle zone di combattimento, tanto che la popolazione di entrambe è quasi raddoppiata”. “Preghiamo quindi che queste due città possano stare lontane dal conflitto, per evitare una catastrofe umana definitiva” si legge.
La guerra in Siria, infatti, è ancora in corso, e il prezzo di morte, distruzione, miseria e dolore è spesso a carico di persone innocenti. L'assenza “locale e internazionale” di uno spirito di riconciliazione “ha portato il paese ad una situazione di caos totale” dichiara ancora la fonte di Jazirah: “La Chiesa in Siria, come tutte le altre comunità, ha sofferto tanto per questa guerra così empia”.
In aggiunta a tutte queste difficoltà, il popolo siriano è costretto a sottostare ad altri problemi: inflazione, povertà in crescita, vendetta, carenza di forniture di cibo e carburante, clima freddo, rapimento di bambini, uomini e anziani. E ancora: immigrazione, più di 12 ore di energia elettrica a breve taglio, rischi nel viaggiare, connessione ad internet quasi sempre assente e molto altro ancora.
“La Chiesa cattolica siriana cerca di fare il massimo per ‘riparare’ a questi danni, per ottenere la pace, per la carità verso i poveri e per ricostruire le Chiese di Dair Al-Zor, Ras Al-Ayne e Homs” conclude la nota.
Tutto questo non è una denuncia, né un grido di disperazione, ma solo la descrizione della tragica vita di un Paese dove la speranza cristiana resta accesa come un faro in una tempesta. E la richiesta è solo una: “Chiediamo solo le vostre preghiere incessanti per la pace in Siria. Speriamo che le immagini di distruzione spesso trasmesse dai media tocchino il cuore dell'umanità. Intanto auguriamo a tutti i nostri fratelli di proseguire nel successo e nella prosperità in questo nuovo anno che sta per iniziare”.
http://www.zenit.org/article-34792?l=italian


Fermare le armi, dare speranza alla pace
 

 Sono passati più di 21 mesi dall’inizio della guerra in Siria, costata la vita finora ad oltre 45 mila persone. Stamani, il ritrovamento a Damasco di 30 cadaveri sfigurati. Tra le vittime del conflitto anche molti cristiani. L’ultimo - riferisce una suora carmelitana missionaria in Siria - è un tassista di 38 anni decapitato da estremisti islamici.
Sul versante politico, intanto, il primo ministro siriano ha dichiarato che il governo è pronto a rispondere a qualsiasi iniziativa che risolva la crisi attraverso il dialogo. Un appello per la pace in Siria viene anche dalla Terra Santa, dove sono in pellegrinaggio i militari italiani accompagnati dall’arcivescovo Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia. Il nostro inviato Luca Collodi lo ha intervistato:RealAudioMP3R. - Siamo particolarmente sconvolti da quanto accade in Siria. Si fermino le armi, e si apra la via diplomatica! Una guerra civile che - mi pare - non solo uccide la pace, ma sta uccidendo l’uomo. E poi un appello non solo perché si concluda la guerra al più presto, ma perché si pensi anche alle piccole comunità cristiane presenti in quel martoriato territorio. Tanti credenti soffrono non solo per la guerra e per la mancanza di dignità umana, ma anche per una forma di indifferenza. Noi, famiglia cristiana nel mondo, dobbiamo essere solleciti nel far arrivare messaggi e gesti concreti di attenzione che mettano in circolo la fiducia.
.............
http://it.radiovaticana.va/news/2012/12/31/guerra_in_siria._mons._pelvi_dalla_terra_santa:_fermare_le_armi,_dare_/it1-651819

domenica 30 dicembre 2012

Te Deum laudamus 2: Per i compagni di cammino

 
 
Ringraziamo tutti i Siti, i Gruppi e i Circoli Culturali con cui in questi dieci mesi dall'inizio di OraProSiria abbiamo condiviso la passione sulla sorte dei Cristiani siriani e che contribuiscono a far conoscere la verità su quel che accade in Siria.

Ringraziamo Marco Tosatti che su http://vaticaninsider.lastampa.it/ in un recente articolo sulla Siria - che vi consigliamo di leggere ((Siria, ormai è guerra ai cristiani, del 1/12/2012 ) - ci cita come « il sito web che in Italia si fa voce di alcune comunità monastiche cristiane in Siria, e che svolge una preziosa opera di informazione sulla situazione religiosa nel conflitto in corso ».

Come lui, ringraziamo i molti amici che in questi mesi hanno sfidato i luoghi comuni sulle vicende drammatiche in Siria e che , ciò facendo, ci hanno aiutato direttamente o indirettamente a far emergere un giudizio più realistico sulla situazione siriana, seppure sempre confusa e ingarbugliata, e così lontana da una soluzione pacifica.
Senza voler fare alcuna battaglia contro chi sobilla discordia, guerra e violenza, qui o in Siria o in qualsiasi altra parte del mondo, in questi mesi abbiamo cercato di far emergere e diffondere notizie e voci che i media - per diversi motivi - non avevano interesse a far conoscere. Le voci dei testimoni: le suppliche inascoltate dei Pastori di un gregge in fuga; quelle dei giganti di carità e di coraggio che sono i Missionari, come le voci di dolore dei semplici cristiani nel loro esodo dall'amata Terra di Anania, di Paolo e Tecla ....
 
Abbiamo iniziato questo Blog sentendoci "formichine" davanti a dei giganti.
Accorgerci ora che le "formichine"  sono state ascoltate almeno da qualcuno di quei "giganti" ci incoraggia a proseguire in questo lavoro da "formichine" (che  più di questo non siamo); ma, sapendo che tante voci insieme possono fare molto anche se forse non potranno fermare bombe e proiettili, continuiamo....
«Animati da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: " Ho creduto, perciò ho parlato", anche noi crediamo e perciò parliamo...».

Che l'anno 2013 porti alla Siria il dono della Riconciliazione e della Pace.
Grazie