Traduci

sabato 24 novembre 2012

A Maalula non c'è posto per l'odio settario


 
I residenti della antica città  cristiana di Maaloula - uno degli ultimi luoghi in cui
 l'aramaico, la lingua di Gesù Cristo, è ancora parlata - hanno promesso fin dall'inizio del conflitto siriano 20 mesi fa, di non cedere al settarismo e di non essere trascinati nel caos.
Qui i cristiani sono in gran parte di appartenenza greco-cattolica e antiocheni ortodossi, i musulmani sono sunniti. Ma la maggior parte delle persone è riluttante a classificare se stessa a partire dalla religione, preferendo dire semplicemente: "Io sono di Maaloula."
"Ognuno è un cristiano e tutti sono musulmani", ha dichiarato Mahmoud Diab, l'imam sunnita. "La situazione qui non si deteriora, è il contrario. Le persone si sostengono a vicenda. "
"Se diventiamo salafiti", ha detto, riferendosi al ceppo fondamentalista dell'Islam che ha assunto nuova importanza nella primavera araba, "perdiamo tutto questo mix etnico, e questo è tragico. Ognuno dovrà essere come impongono loro. Non ci sarà spazio per nessun altro. "

http://www.nytimes.com/2012/11/22/world/middleeast/maloula-is-a-diverse-haven-from-syrias-horrors.html?pagewanted=1&_r=0

Mountaintop Town Is a Diverse Haven From Syria’s Horrors

 November 21, 2012   
MALOULA, Syria — In a country clouded by conflict, where neighbors and families are now divided by sectarian hatred, this mountaintop town renowned for its spiritual healing qualities and restorative air is an oasis of tolerance. Residents of the ancient and mainly Christian town — one of the last places where Western Aramaic, the language of Jesus Christ, is still spoken — vowed at the beginning of the Syrian conflict 20 months ago not to succumb to sectarianism and be dragged into the chaos. Their determination was all the more remarkable given the town’s location, on the main road from the battered city of Homs to the increasingly embattled capital, Damascus. But it reflects a bitter history.
A Unesco World Heritage site, Maloula was besieged during the Great Syrian Revolt in 1925, when rebel Druze, Christians and Muslims tried to throw off the colonial yoke of France. The history of that insurrection lingers bitterly; many older residents were weaned on stories of women and children hiding in the caves of the three mountains that surround the town to escape atrocities.
The Christians are largely from the Greek Catholic and Antiochian Orthodox offshoots; the Muslims are Sunnis. But most people are loath to classify themselves by religion, preferring to say simply, “I am from Maloula.” Mahmoud Diab, the Sunni imam of the town, said: “Early on in this war, I met with the main religious leaders in the community: the bishop and the mother superior of the main convent. We decided that even if the mountains around us were exploding with fighting, we would not go to war.”
      
Born and raised in Maloula, Mr. Diab, who is also in Syria’s Parliament, sat in the courtyard of his mosque, shadowed by olive and poplar trees and a fading poster of Syria’s president, Bashar al-Assad, whom he supports. “It’s a sectarian war, in politics, it’s another name,” he said with a shrug. “But the fact is, there is no war here in Maloula. Here, we all know each other.”
Mr. Diab said that tolerance had been a tradition since St. Takla, the daughter of a pagan prince and an early disciple and possibly the wife of St. Paul, fled to these mountains in the first century. She was escaping soldiers sent by her father, who was threatening to kill her for her religious beliefs. Legend has it that, exhausted and finding her way blocked by the sharp, rocky sides of a mountain, Takla fell on her knees in desperate prayer, whereupon the mountains parted. Hence, “Maloula,” meaning “entrance” in Aramaic. Here in these mountains are all different people, different religions. But we decided adamantly that Maloula would not be destroyed,” Mr. Diab said.
At the ancient shrine of St. Takla, Christian nuns, true believers in the Assad government, live isolated, quiet lives, devoted to God and country. They sleep in small, spotlessly clean chambers and pass their time working, praying and tending the needs of the sick.
The convent is silent except for birdsong and the sound of nuns scurrying up and down marble stairs with large glass jars of apricot jam, which they make and sell.
The convent is one of 40 holy sites in Maloula, which before the war was a place where Muslims and Christians prayed to cure infertility or other ailments, and drank water from the crack in the rock that St. Takla was said to have parted.
      
The nuns rise at dawn and spend the day in prayer and contemplation and welcoming the sick. They also run a small orphanage.
But religion is not an issue, said Mother Pelagia, who has lived in this convent for 30 years, and is Greek Catholic.
“We had an Iraqi Muslim man who was badly wounded who came here to be healed,” she said.

venerdì 23 novembre 2012

Appello al Papa e ai capi delle Nazioni: scongiurate la catastrofe che incombe su di noi

Un appello urgente al Papa, al Segretario dell'Onu e a tutti i Capi di Stato affinché sia evitata la catastrofe che incombe sulle popolazioni siriane dell'alta Mesopotamia, tra il Tigri e l'Eufrate.

 
 

Lo lanciano, attraverso l'Agenzia Fides, tre Vescovi della regione, alla fine dei tre giorni di digiuno con cui i cristiani dell'area hanno chiesto al Signore il dono della pace.

 
Urgentissimo appello
Per conto dei tre vescovi della regione, siro-cattolico, siro ortodosso e assiro orientale e per conto di vari gruppi etnici: siriaco, arabo, curdo yazidi, armeni e altri, rivolgo questo appello urgentissimo a:
Sua Santità Papa Benedetto Sedicesimo, tutti i capi di Stato, in particolare quelli che hanno una influenza su ciò che accade nella regione, in particolare in Siria, al Segretario Generale dell’ONU e tutti gli uomini di buona volontà, di voler intervenire con forza affinchè la nostra regione, prefettura di Hasaka nel nord-est della Siria,  rimanga ancora un paradiso di pace e di sicurezza, come fino a questo momento è stata, l’unica in parte risparmiata in Siria.
Questa zona della Gezira, le cui due più grandi città sono Kamichli e Hasaka, accolgono più di 400.000 rifugiati provenienti da ogni parte del paese: Aleppo, Idleb, Homs, Der Ez-Zor ... ecc. e anche gli ex rifugiati iracheni ormai  generalmente dimenticati.
Quello che vogliamo - e con forza - è che tutti coloro ai quali rivolgiamo questo appello urgente, facciano pressione sui vari gruppi armati e sull'Esercito S. Libero perché non entrino nella nostra zona, in modo che rimanga quello che è: l’unico rifugio di pace e sicurezza in Siria.
Insistiamo sull’uscita dei gruppi armati che occupano Ras El Ain, città di confine e oggi città fantasma, in modo che i trentamila profughi che l’hanno lasciata possano rientrare nelle proprie case.
Nel caso in cui i vari gruppi armati che attaccano le nostre città vi si stabiliscano, vedremo 400.000 profughi sulle strade dell'esilio una seconda volta, e più di 800.000 nuovi rifugiati prendere le strade dell'esilio, verso l'ignoto, ma sicuramente, in una debacle totale, verso la fame, il freddo e i massacri. A seguito di una loro entrata, ciò che attende le città e le loro popolazioni è  - a parte i pericoli di morte-  la distruzione totale dei quartieri e delle città, poichè l'esercito siriano, nella sua logica, bombarderà ovunque, allora sarà desolazione della desolazione.
Quel che ci attende, a quanto pare, sono i lugubri campi che si preparano già in Turchia,  destino triste per una popolazione che aspira solamente a vivere a casa propria in sicurezza.
A tutti gridiamo di intervenire, perché abbiamo già la nostra parte di angoscia, di pene e di sofferenza per le mancanze di ogni genere, che sosteniamo e che sopportano gli stessi rifugiati.
A tutti gridiamo:
Risparmiate la nostra regione, le nostre città e i villaggi che vivono ancora, nonostante tutto, nella sicurezza della propria persona e delle proprietà.
Risparmiateci i massacri, le distruzioni e tutti gli orrori della guerra.
A tutte le Nazioni gridiamo le nostre paure, e noi vi diciamo di non tacere e lasciar fare, come già è  accaduto in Africa e nei Balcani, alla presenza, cosiddetta pacifica, delle forze delle Nazioni Unite.
Risparmiateci da qualsiasi intervento militare: gestiremo noi stessi la nostra situazione. I nostri comitati civili, al di fuori di tutte le macchinazioni politiche, hanno il controllo della situazione nella regione. La buona intesa fra tutte le componenti della nostra società, garantiscono la pace e la sicurezza. Ci occupiamo noi anche di porre rimedio a carenze di qualsiasi genere, per quanto possibile.
Il nostro lavoro è neutrale e noi non vogliamo essere il pulpito ai cannoni dei belligeranti.
Di grazia, risparmiateci questa tortura. Stiamo solo aspettando, solo gli aiuti umanitari, e nient'altro.
A voi tutti gridiamo: abbiate la volontà, abbiate il coraggio di mettere da parte le strategie politiche e gli interessi e le ragioni di stato, per salvare più di due milioni di uomini e donne, dagli orrori della guerra.
A voi ora agire, a noi  aspettare, con ansia, naturalmente, ma con tanta speranza.
Un’ultima volta lancio:
SOS, non potrete dire domani con una buona ipocrisia diplomatica: non sapevamo nulla.
Behnan Hindo
Arcivescovo siro-cattolico di  Nisibi-Hasaka, Siria
Hassaké il 22/11/2012
 
 

giovedì 22 novembre 2012

LA RICONCILIAZIONE DI QARA

 Un atto di vandalismo, poi le scuse e la riconciliazione.
E’ accaduto a Qara, nella diocesi di Homs (Siria occidentale), dove il 19 novembre l’antica chiesa dei santi Sergio e Bacco, del VI secolo, è stata profanata da vandali che hanno forzato la porta.


 Agenzia Fides 22/11/2012

 
I vandali hanno rubato oltre 20 icone (del XVIII e XIX sec), antichi manoscritti e arredi sacri. Hanno profanato l'altare e hanno cercato di rubare un famoso affresco del XII sec, la “Madonna del latte”. Per cercare di staccarlo, lo hanno rovinato, provocando due tagli alla figura della Vergine.
Appena la notizia si è diffusa a Qara, cittadina sotto il pieno controllo dell’opposizione siriana, si è sviluppato un forte movimento di solidarietà in tutte le comunità. Capi delle famiglie, leader delle tribù, capi musulmani e di altri confessioni sono venuti a visitare la chiesa e a manifestare amarezza e solidarietà al sacerdote greco cattolico p. Georges Luis che, con un prete greco-ortodosso, continua a celebrare la Messa per le poche famiglie cristiane di Qara, tenendo accesa la fiammella della fede.
Il Patriarca greco-ortodosso Ignazio IV Hazim e il Patriarca greco-cattolico Gregorios III Laham sono stati avvisati e hanno esortato sia il governo sia l'opposizione a garantire la sicurezza nel paese che, hanno detto, “sta sprofondando nel caos”, visti gli atti di banditismo, sequestri, aggressioni, massacri, bombardamenti di aree residenziali.
I fedeli cristiani e musulmani di Qara si sono riuniti in veglie di preghiera. Ieri, 21 novembre, festa della Presentazione della Vergine al Tempio, è accaduto quello che la comunità locale definisce “un miracolo”.
 Al mattino un camion con uomini dal volto coperto è giunto alla chiesa. Il gruppo ha chiesto di incontrare p. Georges. Come riferito a Fides dal sacerdote, gli uomini gli hanno detto: “Non apprezziamo quanto hanno fatto i nostri compagni. Vi preghiamo di perdonarci. Noi siamo una comunità, un solo popolo, una nazione. La vostra sicurezza è la nostra. Voi siete sotto la nostra responsabilità”. La maggior parte degli oggetti rubati – altrimenti destinati al mercato di contrabbando – sono stati restituiti, con grande gioia e sollievo per tutti. P. Georges ha servito un caffè arabo agli ospiti e molte altre persone del quartiere si sono unite al momento conviviale. La popolazione locale ha festeggiato offrendo dolci in strada. Un finale all’insegna della riconciliazione che il movimento locale “Mussalaha” ha benedetto e favorito.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40392&lan=ita

"Risparmiate le nostre città!"

Appello dell’Arcivescovo Roham ai belligeranti: “Risparmiate le città di Kamishly e Hassaké”


Hassaké – Migliaia di civili innocenti e di famiglie di profughi, fra i quali donne, anziani bambini, sono rifugiati nella città di Kamishly e di Hassaké (Siria orientale), che vanno assolutamente “preservate e risparmiate dal conflitto, per evitare una catastrofe umanitaria”: è l’appello lanciato tramite l’Agenzia Fides da Sua Ecc. Mons. Eustathius Matta Roham, Arcivescovo siro-ortodosso della diocesi di Jazirah ed Eufrate, che copre territori della Siria orientale.


posizione strategica al confine con la Turchia

Agenzia Fides 22/11/2012
Raccontando, in un messaggio inviato a Fides, la situazione nella sua diocesi, Mons. Matta Roham la definisce “confusa” e descrive la gente “piena di paura, specialmente a Kamishly e Hassaké”. “Ci sono oltre 400.000 abitanti in ciascuna di queste due grandi città – spiega – e i cristiani sono circa il 20% in ognuna. Inoltre migliaia di famiglie sfollate sono giunte a Kamishly e Hassaké dopo aver lasciato le loro case in rovina in altre parti del paese. Se un giorno, Dio non voglia, la guerra arriverà in queste due città, ci sarà un vero e proprio grande disastro per migliaia di famiglie e di civili innocenti”.
Per questo l’Arcivescovo rivolge un accorato appello agli organismi internazionali e a tutte le parti in lotta perchè “questa regione possa essere risparmiata e possa rimanere un rifugio sicuro per tutti, al fine di salvare la vita di migliaia di famiglie, ed evitare una distruzione definitiva”. Nel messaggio inviato a Fides, l’Arcivescovo, guardando la distruzione di tanti luoghi e infrastrutture in Siria, afferma con amarezza che “ci vorranno molti anni per ricostruire sia le anime e sia gli edifici nel nostro paese. Prego che la giustizia e la pace prevalgano su questa situazione di caos”.
“La guerra in Siria - prosegue - ha provocato divisione tra le comunità in molti luoghi e la distruzione di molte aree urbane. D'altra parte, ha creato solidarietà tra la maggioranza delle persone, che rifiutano la lotta e cercano di prendersi cura delle famiglie che soffrono”.
Mons. Matta Roham prega il Signore perché “nella sua sapienza possa condurre le parti verso una soluzione pacifica del conflitto”.
 
 Agenzia Fides 13/11/2012
La provincia di Jazirah, sulla riva nord dell'Eufrate, nella parte orientale della Siria, al confine con la Turchia, da alcuni giorni è teatro di forti scontri e città come Deir Ezzor, Hassaké, Qamishli, Ras Al-Ayn sono fortemente destabilizzate, per la presenza di fazioni diverse (curdi, arabi, sunniti) in conflitto fra loro e con le forze lealiste. A causa della totale insicurezza, del banditismo e della presenza di combattenti stranieri, la larga maggioranza dei fedeli cristiani, delle diverse comunità (principalmente assiri, siro-ortodossi e siro-cattolici, con piccoli gruppi di armeni) sono fuggiti, come ha riferito all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Eustathius Matta Roham, Arcivescovo siro-ortodosso di Jazirah ed Eufrate (vedi Fides 12/11/2012). Nella piccola città frontaliera di Ras Al-Ayn, al confine turco-siriano, la presenza di circa duemila combattenti stranieri, a fianco dei ribelli, ha spinto la piccola comunità cristiana a rifugiarsi ad Hassaké, ma anche qui “la situazione è precaria”, raccontano a Fides alcuni testimoni oculari cristiani, esprimendo forti preoccupazioni per la sorte dei civili. L’attentato alla Chiesa dell'Annunciazione di Raqqaq  si aggiunge alla distruzione della chiesa evangelica di Damasco (vedi Fides 10/11/2012), e all’esplosione davanti alla chiesa siro-ortodossa a Deir Ezzor (vedi Fides 27/10/2012). 

martedì 20 novembre 2012

Le comunità cristiane in Siria e Libano sono una ricchezza troppo preziosa perchè il mondo possa farne a meno

Nelle ultime settimane si sono moltiplicate le violenze contro Chiese, Sacerdoti e Fedeli

di Mario Villani e tutti i collaboratori di "Appunti" e del Circolo Beato Carlo d'Asburgo

Notizie sempre più drammatiche –e sistematicamente censurate dai media- giungono ormai quotidianamente dalle città siriane sconvolte dal conflitto armato. Come hanno sfrontatamente dichiarato alcuni salafiti ad un gruppo di greci-cattolici (melchiti) ora è arrivato il turno dei Cristiani. Non che le violenze nei loro confronti siano mancate nei mesi precedenti, ma oggi non è più esagerato dire che i nostri fratelli della Siria stanno fronteggiando una vera e propria persecuzione dovuta alla loro fede.

Vediamo brevemente i fatti dell'ultimo mese, o meglio i fatti di cui ci è giunta, in qualche maniera, notizia.

Il 21 ottobre due autobombe. Una nel quartiere cristiano di Bab Touma a Damasco, l'altra nel quartiere cristiano di Shaar ad Aleppo. Decine di vittime.

Il 22 ottobre vengono rapiti i passeggeri cristiani che viaggiano su tre minibus da Yacoybieh verso Aleppo, ancora oggi non se ne sa nulla.

Il 25 ottobre è rapito, orrendamente torturato, mutilato e ucciso Padre Fadi Haddad, sacerdote ortodosso che stava recandosi ad un appuntamento con i rapitori di un giovane della sua parrocchia per trattarne la liberazione. Ai suoi funerali una bomba uccide due civili ed alcuni militari.

Il 27 ottobre viene lanciata una bomba contro la chiesa siro-ortodossa di Deir Ezzor. Cinque vittime. Lo stesso giorno un'autobomba esplode nel quartiere cristiano di Jarama a Damasco, facendo una tremenda strage. Si parla di 47 morti.

Il 30 ottobre viene incendiata e distrutta ad Aleppo la chiesa Armena di Sant Kravory. Nel medesimo giorno vengono rapito 10 cristiani vicino ad Aleppo. Ad oggi sarebbero circa 1700 i sequestrati prevalentemente Cristiani) nelle mani di bande di terroristi. Quelli che vengono liberati dall'esercito raccontano di sevizie ed esecuzioni sommarie. Qualcuno viene rilasciato dietro pagamento di un riscatto da parte delle famiglie o delle parrocchie, ma chi non può pagare non ritorna vivo.


 
Il 31 ottobre viene assassinato a Homs Elia Mansour di 84 anni. Era l'ultimo cristiano che viveva nel centro storico della città. Non aveva voluto abbandonare la sua casa perchè doveva assistere un figlio gravemente handicappato. Una sua intervista televisiva aveva commosso la Siria, ma gli è costata la vita. Il figlio è scomparso.


Il 9 novembre circa 1500 salafiti invadono i villaggi cristiani di Ras Ain e Ghassanieh, vicono al confine con la Turchia. La chiesa siro-ortodossa viene distrutta, mentre gli abitanti sono costretti a fuggire verso zone più sicure (come già era successo a Qusayr ed in molti altri piccoli centri da dove i Cristiani hanno dovuto andarsene, cacciati dalle loro case manu militari).

Il 10 novembre viene distrutta con l'esplosivo l'antica chiesa evangelica araba di Aleppo. Lo stesso giorno colpi di mortaio cadono sul quartiere cristiano di Kassaa a Damasco. Il pronto intervento dell'esercito impedisce che il bombardamento si prolunghi e si registrano solo danni materiali.

Il 13 novembre un'autobomba esplode davanti alla chiesa ortodossa di Raqqah che subisce gravissimi danni.



L'autobomba esplosa di fronte alla chiesa greco-cattolica  a Raqqa ha gravemente ferito l'Archimandrita Padre Naaman Rawik





Chi attacca i Cristiani? Talvolta, come purtroppo succede a molti civili senza distinzione di confessione, finiscono presi in mezzo tra il fuoco incrociato dell'esercito e dei cosiddetti “ribelli”.

Più spesso però ad agire sono le bande di islamisti salafiti, in buona parte composte da non siriani, che sognano una Siria esclusivamente sunnita e che seminano il terrore al grido di “Cristiani a Beirut (cioè via dalla Siria), Alauiti nella tomba”. Queste bande sono una componente essenziale della rivolta, ma i media occidentali fanno finta di non accorgersene e vorrebbero far credere che il nuovo organismo unitario dell'opposizione creato a Doha sarà in grado di tenerle sotto controllo. Una pia illusione. Sul terreno conta chi ha le armi ed è deciso ad usarle. Degli oltre duemila gruppi e gruppuscoli che combattono il governo di Damasco, oltre la metà sono composti da salafiti, armati e finanziati da Qatar e Arabia Saudita. Sono loro che stanno sostenendo gli scontri più sanguinosi con l'esercito siriano. Pensare che un domani possano rientrare buoni buoni nei ranghi e mettersi agli ordini di quei quattro tromboni che compongono l'opposizione siriana all'estero vuole dire essere in malafede o completamente disinformati.



Qualcuno, purtroppo anche in ambiente cattolico, si è permesso di sostenere che i Cristiani in Siria sono attaccati perchè sostengono Assad. Verrebbe da rispondere che la verità è esattamente l'opposto: sostengono Assad perchè sono attaccati, perchè devono scegliere tra chi, in qualche modo, garantisce una pacifica convivenza tra le varie confessioni e chi progetta una drammatica pulizia etnica su base religiosa. In realtà però i Cristiani in Siria non sostengono un uomo o un regime ma, come ha ben precisato il Patriarca Maronita Bechara Rai (prossimo Cardinale di Santa Romana Chiesa), semplicemente sostengono lo Stato. Metterle sotto accusa per questo significa farsi complici dei loro persecutori.

Le comunità cristiane in Medio Oriente e segnatamente in Siria e Libano sono una ricchezza troppo preziosa perchè il mondo possa farne a meno. Sono comunità portatrici di un messaggio che hanno ascoltato per la prima volta, duemila anni fa, proprio direttamente da Cristo. Un messaggio di Amore, di Pace, di Giustizia, diffuso in una regione che sembra sempre più aver dimenticato il significato di tutte e tre queste parole.

Come Cristiani di questa Europa sempre meno cristiana abbiamo dei doveri morali nei confronti dei fratelli in Siria. Abbiamo l'imperativo di raccogliere il loro grido: “non abbandonateci”. Quindi di adoperarci per loro. Facile dire: cosa possiamo fare noi che non contiamo nulla, mica abbiamo le leve del potere. Verissimo, però possiamo pregare, possiamo testimoniare la verità, possiamo costruire legami con le comunità di religiosi e laici in Siria (sto pensando alle splendide suorine (italianissime) del convento di Azer. Solo il fatto di sapere di non essere stati dimenticati può costituire un sostegno morale poderoso. Infine potremmo inviare anche un aiuto economico che possa servire ad assistere chi non ha più una casa o a riscattare, salvandogli la vita, un rapito.

Per chi volesse ecco alcuni recapiti.

Per far pervenire un aiuto alle suore trappiste (sarà interamente utilizzato per assistere bisognosi, non solo Cristiani) di Azeir: c.c. postale 12421541 o bancario IBAN IT08Q0335901600100000002047

Per donazioni ai Padri Maristi di Aleppo: contattare mail fmsi@fmsi-onus.org

Infine per sostenere SOS Cristiani in Siria: andare al sito http://soscristianiinsiria.wordpress.com









lunedì 19 novembre 2012

Le vittime, siamo noi, il popolo!

"Le vittime, siamo noi, il popolo! Non è più il tempo di cercare il colpevole ... Occorre  chiamare  alla pace senza condizioni ": una posizione condivisa dal Patriarca Gregorio III e da Monsignor Pascal Gollnisch, direttore generale di L'Oeuvre d'Orient


Incontro di Mons. Pascal Gollnisch, direttore generale della "Oeuvre d'Orient", con il Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, Gregorio III, e con rappresentanti delle Chiese del Medio Oriente, e il vice-rettore dell'Istituto Cattolico di Parigi.
 
Mons. Gollnisch ha ricordato che "Oeuvre d'Orient non è né l'ONU né la NATO né l'UNHCR, ma è preoccupata per la situazione dei cristiani in Siria. Essa opera nella misura delle sue capacità, attraverso l'assistenza pratica, ma anche prendendo la parola in Francia " nei media, presso i politici.
 
Egli ha sottolineato i 6 punti che guidano l'atteggiamento  dell’Œuvre d’Orient sulla questione della Siria:
- Essere accanto ai cristiani sul posto. Ci teniamo in contatto per telefono, per posta. Inoltriamo i vostri messaggi, le vostre parole, le vostre azioni.
 
- L'assistenza agli sfollati, ai rifugiati, come abbiamo fatto per i cristiani in Iraq.
 
- Garantire un migliore equilibrio di informazioni. Siamo ben consapevoli delle difficoltà dell' informazione, a volte troppo unilaterale. Ci sforziamo di dare voce ad altre voci, di trasmettere altre visioni più vicino alla realtà locale .
Essere consapevoli del carattere internazionale del conflitto e delle difficoltà che questo comporta.
 - Richiamare
sulla complessità della situazione per porre fine alla dualità dei ribelli buoni contro un esercito del male.
 - Appellare
 alla pace senza condizioni. Non si possono più imporre condizioni quando vi sono migliaia di morti, occorre fermare le armi.


Per S.B. Grégoire III  "La guerra è il momento in cui c'è più menzogne ​​e più ipocrisia. Oggi nessuno ha una soluzione. Questo è il grande problema. Dobbiamo parlare con Una Voce. L'Europa deve avere meno ingerenza negli affari del Medio Oriente e tutti noi dobbiamo chiamare alla riconciliazione. Dobbiamo essere sensibili alle vittime e al carnefice, ci ha detto il Papa durante la sua visita in Libano. Non c'è più tempo di cercare il colpevole. Le vittime siamo noi, il popolo. Parlare solo dei cristiani non è giusto, noi siamo cittadini, vogliamo la pace in Siria per tutti i cittadini. "
Ci sono molti esempi di solidarietà tra cristiani e musulmani alawiti o sunniti, "i cristiani sono un catalizzatore. Dobbiamo sottolineare il loro ruolo di agenti di pace all'interno della Siria e in tutto il mondo (...). L'Islam ha molte correnti, noi non dobbiamo avere alcun odio o paura, ma camminare insieme. Grazie a "Oeuvre d'Orient", che è un catalizzatore di queste idee ", ha aggiunto il Patriarca.
"Il governo ha preso le nostre scuole, non abbiamo mai ricevuto soldi, noi siamo liberi. Siamo il riferimento locale (...). Noi siamo per la stabilità, per la laicità. Non siamo né pro né contro il regime ", dice, aggiungendo: "La Francia deve sapere che le siamo affezionati e  non dimentichi che essa aveva un mandato in Siria, che ha dato la laicità come lo ha dato all'impero ottomano. "
http://www.zenit.org/article-32473?l=french

PAROLE PROFETICHE: Alla base delle tensioni e delle divisioni in Medio Oriente, c'è “il conflitto israelo-palestinese e il conflitto arabo-israeliano”, rispetto ai quali la comunità internazionale è chiamata a favorire l'applicazione delle risoluzioni internazionalmente legittimate.

RIPROPONIAMO IL POST PUBBLICATO IL 21 OTTOBRE SU QUESTO BLOG, PER LA SUA ATTUALITA'

I cristiani davanti ai conflitti del Medio Oriente
 
Roma (Agenzia Fides)18/10/2012  - Le rivendicazioni dei popoli arabi per ottenere riforme costituzionali, economiche e sociali sono giuste e legittime, ma non lo è affatto la pretesa di imporre tali cambiamenti “dall'esterno e attraverso la forza”, come la scelta di scatenare “la violenza e la guerra” in nome di tali obiettivi. E' questo uno dei criteri di discernimento emersi durante una riunione di Patriarchi, Cardinali e Vescovi svoltasi in margine ai lavori del Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione in corso in Vaticano.
  L'incontro – al quale hanno partecipato, tra gli altri, i Cardinali Timothy Dolan, Leonardo Sandri, Louis Tauran e Pèter Erdo, insieme al Patriarca greco-melchita Grégoire III Laham – si è svolto lunedì 15 ottobre presso il Pontificio Collegio Maronita, su invito del Patriarca della Chiesa maronita Béchara Boutros El Raï, e ha fornito l'occasione di un confronto sul ruolo dei cristiani in Libano e in Medio Oriente nell'attuale, delicata congiuntura storico-politica.
Dalla sintesi della riunione, pervenuta all’Agenzia Fides, emerge che rispetto alla crisi siriana i padri sinodali presenti alla riunione hanno concordemente auspicato che una soluzione del conflitto e la realizzazione delle riforme siano raggiunte “attraverso il dialogo e il negoziato politico e diplomatico”. I presenti hanno anche ribadito che, alla base delle tensioni e delle divisioni in Medio Oriente, c'è “il conflitto israelo-palestinese e il conflitto arabo-israeliano”, rispetto ai quali la comunità internazionale è chiamata a favorire l'applicazione delle risoluzioni internazionalmente legittimate.
I Patriarchi, i Cardinali e i Vescovi riuniti al Pontificio Collegio Maronita hanno anche condiviso il rammarico per la politica di alcune potenze dell'area mediorientale e occidentale che “sfruttano le proteste popolari e le loro rivendicazioni per seminare il caos e promuovere i conflitti interni e settari”, preoccupate solo di incrementare il traffico d'armi e affermare i propri interessi strategici. Tutti hanno concordato che in questa fase storica la road map per i cristiani del Medio Oriente è rappresentata dalle parole pronunciate da Benedetto XVI nel corso della sua recente visita apostolica in Libano. L'invito rivolto a tutti i cristiani dell'area mediorientale è quello di “perseverare nella loro testimonianza unica di convivenza islamo-cristiana”, anche resistendo ai conflitti religiosi e culturali che vengono fomentati per miope interesse politico “da alcune potenze regionali e internazionali”. 
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40104&lan=ita


DAL  SALUTO DI GREGORIOS III AL SANTO PADRE DURANTE LA CONSEGNA DELL'ESORTAZIONE POST-SINODALE, il 14 settembre 2012

".....Inoltre, la soluzione del conflitto israelo-palestinese arabo è la garanzia per risolvere i problemi più complessi del mondo arabo e una garanzia anche per rallentare l'emigrazione dei cristiani e di rafforzare la loro presenza in Oriente, che è la culla del cristianesimo, e consentendo loro di continuare il loro ruolo storico e la missione, fianco a fianco e mano nella mano con musulmani e altri concittadini, "che essi abbiano la vita, e che l'abbiano in abbondanza -" (cfr. Gv 10, 10) , una società più libera, più dignitosa, vita aperta, sviluppata e fiorente......   Il riconoscimento dello Stato palestinese è il bene più prezioso che può essere acquisito dal mondo arabo in tutte le sue denominazioni cristiane e musulmane. Essa garantirà la realizzazione degli orientamenti dell'esortazione post-sinodale, per la quale esprimiamo la nostra più viva gratitudine. Potrebbe preparare la strada ad una vera e propria primavera araba, la democrazia reale e una rivoluzione in grado di cambiare il volto del mondo arabo e dare la pace in Terra Santa, nel Medio Oriente e nel mondo."
http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Address-to-the-Pope-on-the-Feast-of-the-Elevation-of-the-Cross-2012


IL VOLTO FEMMINILE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE: Jocelyne Khoueiry al Sinodo

venerdì 16 novembre 2012

Disgrazie e miracoli ad Aleppo

Aleppo, 12 novembre 2012
 
Carissimi, con questa nuova lettera vogliamo ringraziare per esservi presi cura di noi e per le preghiere che avete fatto per noi e per la Siria. Abbiamo molto da raccontarvi, delle cose molto belle e delle cose molto tristi! Questo è ciò che si vede in guerra: disgrazie e miracoli.
La situazione qui continua ad essere allarmante. Qualcuno assicurava che ciò che stava succedendo ad Aleppo sarebbe durato pochi giorni, invece siamo di fronte ad un cruento ed interminabile conflitto che dura già da più di tre mesi e di cui ancora non si può vedere la via d’uscita. Le conseguenze sono angosciose. Chi in precedenza aveva avuto l’occasione di visitare questa leggendaria città, oggi non la riconoscerebbe; prima della guerra Aleppo era caratterizzata da due cose in particolare, che le davano un prestigio anche maggiore della capitale Damasco:  il movimento commerciale che occupava gli imprenditori per il business, e  la classe media e bassa come fonte di lavoro, e la sua animata vita sociale che copiava dall’Occidente. Allo stesso tempo si distingueva per essere una città tranquilla, sicura, pittoresca e ordinata.
Però ora è cambiato tutto.
Soprattutto nella parte antica e in qualche zona del centro lo spettacolo è terribile: quartieri bombardati, edifici distrutti, cadaveri accatastati nelle strade. Le autombulanze attraversano la città a tutta velocità sparando in aria per aprirsi la strada. I carri armati girano nelle strade e trema tutto per le deflagrazioni. Ci sono trincee sparse in tutti gli angoli delle strade e nelle vie importanti; i cecchini sono appostati sui tetti e sparano al minimo movimento. Le armi dei ribelli difficilmente hanno un obiettivo determinato e molte volte colpiscono edifici civili.

Le scuole e la città universitaria sono piene di profughi che hanno perso la loro casa e purtroppo questi edifici non bastano più per tutti. Gli spazi verdi della città ed i viali sono stracolmi di intere famiglie che dormono, sotto le intemperie, coperte con cartoni. Si calcola che un milione di persone sono rimaste senza un tetto! Solo nei giardini della città universitaria ci sono settemila rifugiati che dormono all’aria aperta. Qualche settimana fa le condizioni metereologiche erano buone, però adesso fa più freddo e piove, quindi ci si domanda: dove andrà tutta questa gente? Nessuno ha una risposta, gli ospedali non sono sufficienti, oltre ai feriti si aggiungono i malati per il freddo e per la mancanza di alimenti.
Il caos è generale ed ha condizionato la vita della città e di tutti i suoi dintorni. I servizi pubblici della luce, del telefono, dell’acqua e Internet si interrompono spesso ed in alcuni quartieri anche per settimane. L’aria che si respira puzza per l’odore delle esplosioni e per la mondezza che nessuno porta via. L’insicurezza domina le strade, non c’è polizia stradale, non c’è nessuno che rappresenti la giustizia. Giorno dopo giorno aumentano sempre di più i sequestri e le minacce in cambio di denaro per comprare le armi. Queste non sono notizie riferite per "sentito dire", perchè le hanno sofferte i nostri stessi  fedeli.
La morte passeggia per le strade e continua a portarsi via vittime: è guerra aperta in piena città. Gli attentati fanno centinaia di vittime. Centinaia di persone muoiono in pochi minuti. Chi avrebbe mai immaginato che Aleppo si sarebbe trasformata in uno scenario di crudeli uccisioni?

La gente di Aleppo è cambiata. La differenza, in confronto ai primi mesi del conflitto, è che ora gli aleppini tentano di continuare la vita quotidiana. Le famiglie devono mangiare e non potranno sopravvivere se continueranno a rimanere chiuse in casa. Per questo motivo, nonostante il caos e il pericolo, la gente va nelle strade con il rischio di non tornare più a casa…”Torneremo la prossima settimana” disse uno dei nostri giovani, ed aggiunse con un volto triste: “se sopravviveremo”.
Tutti i giorni ci sono molte vittime tra i civili. Anche nelle zone meno bombardate ci sono morti a causa dei proiettili vaganti. L’altro giorno un bambino di 10 anni ci diceva: ”Prima raccoglievamo le foglie degli alberi per la strada, adesso raccogliamo proiettili”.
"Le sparatorie e le esplosioni sono ormai familiari per noi”, dicono tutti, però hanno causato molta tensione e nervosismo: "è da settimane che non dormiamo”. Si sentono tutti i giorni promesse di speranza: “Ci hanno detto che in due giorni tutto finisce e torneremo a vivere, però questi due giorni non arrivano mai".
C’è stato un tentativo di tornare alla normalità, alcune università hanno aperto le porte, però non ci sono professori sufficienti, nè sufficiente è il numero di alunni per fare delle lezioni regolari. Alcune scuole hanno cominciato a funzionare solo per poche ore e per qualche giorno a settimana, utilizzando edifici prestati, ma questo non era molto adeguato perchè si trovavano fuori città dove c’è molto pericolo, o erano colmi di rifugiati.
Una delle adolescenti che viene a Messa tutti i giorni ci diceva contenta: ” Finalmente cominciamo le lezioni!; l’unico problema però è che il frastuono delle sparatorie è permanente e con difficoltà sentiamo quello che ci dice il professore”.
La zona industriale nelle periferie della città è distrutta. Le fabbriche e le imprese sono state incendiate, bombardate e saccheggiate; erano fonte di lavoro per migliaia di persone…
Non è una cosa strana che una donna pianga; però il problema è come aiutare ora, nel vedere questi uomini, padri di famiglia, presi dalla disperazione ed impotenza, singhiozzare in silenzio, sconsolati per la preoccupazione del futuro dei propri figli?
Per questo la nostra presenza qui come missionari è di questi tempi così tanto necessaria. Molti sono coloro che hanno già lasciato il Paese, famiglie intere, anche i fedeli della nostra cattedrale; ce ne sono alcuni che hanno sufficiente possibilità economica di sopravvivere all’estero, pur senza ancora una casa, nè un lavoro . Però la maggioranza della gente rimane qui perchè non può affrontare la partenza o perchè preferisce continuare a vivere nella propria terra. Molte persone ci domandano: ” E voi che avete la possibilità di scappare, perchè rimanete qui?”... Che razza di pastore sarebbe quello che nel momento di maggior pericolo fuggisse per stare tranquillo, mentre le proprie pecore rimangono in balia del nemico?
Certamente noi missionari non possiamo salvarvi dalle pallottole, non possiamo impedire che un proiettile cada sulle vostre case e che si porti via tutta una famiglia, non possiamo far sì che questo non accada...  è molto grande l’impotenza che sperimentiamo. Però possiamo sostenervi e darvi coraggio, consolarvi e accompagnarvi, e se arriva il momento di offrire le proprie vite, quel giorno possiate trovarvi preparati e sereni. Che migliore occasione di questa, per prepararvi ad andare in Paradiso? Per questo motivo rimaniamo, restiamo qui al servizio di coloro che rimangono qui.
In questo senso, si spiega cosa significa che "vediamo giorno per giorno nuovi miracoli”. Miracoli di conversione di persone che mai pregavano ed ora non smettono di pregare il Rosario tutti i giorni. Persone che erano lontane dall' essere cristiane praticanti, ed ora assistono con sincera devozione alla Messa quotidiana. Giovani che, anche in mezzo a tutta questa incertezza e desolazione, sentono la chiamata di Dio e decidono di abbracciare la vita religiosa. Possiamo assistere ad opere di carità eroica, persone che da molti anni non si confessavano, riconciliazioni che da anni sembravano impossili.
Icona di Saydnaya
 Ci sono stati miracoli della Vergine Maria che ha protetto le famiglie cristiane. Più di una volta abbiamo sentito che è caduto un missile in una certa casa e non è scoppiato; oppure ci sono state esplosioni molto grandi che hanno distrutto un piano intero però gli abitanti sono rimasti illesi! Queste persone dicono con piena convinzione: “La Madonna ci ha protetti, perchè preghiamo il Santo Rosario in famiglia”.
Anche nell’apostolato, Dio ci sta permettendo di fare cose impressionanti. È stata organizzata una catena continua del Santo Rosario, 24 ore, ed i nostri fedeli si sono prenotati con tanta voglia, sicuri che la preghiera del Santo Rosario porterà la pace su questa terra benedetta. I giovani continuano a venire e se ne sono aggiunti dei nuovi. Per loro desiderio abbiamo cominciato un corso di studio della Dottrina Cristiana, al quale partecipano alcuni adulti del nostro gruppo di fedeli; con i giovani facciamo settimanalmente dello sport, anche per scaricare la forte tensione che stanno soffrendo. È divertente vederli giocare, la loro allegria contagia quando festeggiano ogni gol, mentre si ascoltano in sottofondo i bombardamenti. Esistono solo pochi momenti nei quali possono “dimenticare” che stanno vivendo nel mezzo della guerra.
Abbiamo predicato due serie di Esercizi Spirituali ai quali hanno partecipato 20 giovani. Purtroppo non hanno potuto avere l’ambiente al quale siamo abituati: la natura, il silenzio e la tranquillità. Hanno fatto gli Esercizi praticamente rinchiusi, raccomandando a Dio il destino delle proprie famiglie e meditando sotto il frastuono delle esplosioni.
Non è eroismo ciò che hanno fatto questi giovani?

Disgrazie e Miracoli, in questo modo si sta costruendo la storia della Siria, come quella di tanti altri paesi del mondo distrutti dalla guerra. Questa è anche la storia della nostra vita contrassegnata da allegrie e tristezze, da conquiste e da prove. Questa è anche la storia della Chiesa che: ” avanza nel suo pellegrinaggio attraverso le persecuzioni del mondo e delle consolazioni di Dio” (Sant’Agostino, De Civitate Dei 18, 5; cf. LG 8).

Viva la missione!!!

Sacerdoti e Suore missionari ad Aleppo
http://soscristianiinsiria.wordpress.com/2012/11/15/42/

giovedì 15 novembre 2012

IL JOKER

"A Doha le diverse formazioni dell'opposizione in Siria hanno firmato un accordo per la creazione di una "Coalizione nazionale" mirata a unire le forze e rovesciare il regime di Bashar al Assad, dopo quattro giorni di riunioni sotto gli auspici del Qatar e della Lega Araba. Ecco i punti principali:

- Le parti firmatarie convengono di operare per la caduta del regime e di tutti i suoi simboli e pilastri, per lo smantellamento dei suoi organi di sicurezza, perseguendo tutti coloro che sono implicati nei crimini contro i siriani.
- La Coalizione si impegna a non portare avanti alcun dialogo o negoziati con il regime.
- Sostiene l'unificazione dei consigli militari rivoluzionari sotto la supervisione del Consiglio militare supremo.
- Si dota di una commissione giuridica nazionale e di commissioni tecniche e specializzate.
- Procedera', dopo aver ottenuto un riconoscimento internazionale, alla formazione di un governo provvisorio.
- Convoca un congresso generale nazionale dal momento della caduta del regime.
- La Coalizione e il governo provvisorio saranno dissolti, su decisione della Coalizione, dopo la tenuta del Congresso generale nazionale e la formazione di un governo di transizione.
- Questo accordo entrera' in vigore dopo essere stato approvato dalle istanze di riferimento di ciascuna delle parti contraenti."
http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=171374

 
15 novembre 2012, Sant’Alberto Magno

Era un passaggio de “Il cavaliere oscuro”, secondo film della trilogia di Batman di Cristopher Nolan.

Non ricordo la frase, ma ne ricordo il senso “Se tu dai via libera al Joker, che ti aspetti dopo, se non il Joker?”.

 

E’ una cosa tanto ovvia. Se, per i tuoi scopi, ti servi di terroristi, finita la storia cosa pensi che accada? Che i terroristi si pongano come mammolette a servizio del proceduralismo democratico?

Se dai via libera ai terroristi, avrai il terrore. L’avrai durante la guerra civile e l’avrai dopo. L’avrai soprattutto contro i buoni e gli innocenti, quelli che per loro formazione interiore non sono idonei a difendersi sparando.

Tutto questo non è ragionamento, è realtà. Girate la testa dalla Siria alla Libia e vedrete il ripetersi di un film. Anche l’ambasciatore Stevens pensò di poter gestire il Joker: “usiamo un po’ di Al Qaeda per abbattere Gheddafi, poi riprendiamo il controllo”. Ma il controllo lo prenderanno altri, perché Stevens ci ha già lasciato le penne in questa sporca vicenda.

 

Doha sta in Qatar. A Doha le opposizioni siriane si sono “unificate” per abbattere il regime. Dopo di che un proconsole del Qatar si installerà a gestire la Siria.

“Il Qatar è una monarchia assoluta, retta dalla famiglia reale Al Thani, alla quale appartiene circa il 40% della popolazione autoctona. Secondo la costituzione del 1970, il potere esecutivo viene esercitato dal Consiglio dei ministri (Shura), i cui membri vengono nominati dal capo di stato, l'emiro, che svolge anche le funzioni di capo del governo. Il sistema giudiziario è composto da corti civili e penali; le corti, amministrate secondo la legge islamica della Shari'a, sono dotate di giurisdizione limitata. Per le spese militari viene stanziato circa un quarto del bilancio dello Stato.” (Wikipedia)

 

A gente di questo tipo noi affidiamo il proceduralismo democratico della Siria: non si può nemmeno chiamare “sonno della ragione”, perché questa è ormai lucida follia.

 

“Le parti firmatarie convengono di operare per la caduta del regime e di tutti i suoi simboli e pilastri, per lo smantellamento dei suoi organi di sicurezza, perseguendo tutti coloro che sono implicati nei crimini contro i siriani”. 

Detto in parole semplici, si chiama “epurazione”. E verrà gestita da una giustizia in stile “nuova Libia”.

 

“Che la situazione della giustizia in Libia sia lungi dall’essere ‘normale’ lo dimostra la vicenda dell’avvocato di Saif [Gheddafi] e di altri tre funzionari della Cpi [Corte Penale Internazionale], arrestati in giugno per 26 giorni subito dopo la visita al detenuto. […] Mentre le autorità di Tripoli si sforzano di rassicurare i giudici internazionali delle loro competenze e capacità, le organizzazioni per la difesa dei diritti umani non smettono di puntare il dito contro i maltrattamenti cui i vincitori sottopongono i fedeli del regime abbattuto, e non solo. Torture, processi sommari senza garanzia per la difesa, detenzioni in condizioni disumane sono all’ordine del giorno”. (Luciano Ardesi, Nigrizia, novembre 2012)

 

Buffo che anche qui mi venga in mente Batman, la corte penale del terzo Batman “Il cavaliere oscuro – il ritorno”: terroristi a gestire la giustizia.

 

E non sarà la foglia di fico di George Sabra, ex comunista nato da una famiglia cristiana, a cambiare la sostanza della coalizione anti Assad.

Con buona pace di padre Dall’Oglio, del nunzio Zenari, di Pierferdinando Casini che invitò Sabra in settembre per prendere parte all'Internazionale Democratica di Centro, affermo che la pianificazione della caduta di Assad è stata affidata al Joker.

 

E quando comanda il Joker sono dolori inenarrabili. Per la Siria, per la minoranza cristiana in Siria, e per la salute mentale dell’occidente cosiddetto “democratico”.

Giovanni Lazzaretti

Aleppo: Morto d'infarto il Direttore delle Pontificie Opere Missionarie.

"Che la sua morte sia un’offerta per la pace e per la riconciliazione in Siria, per l’avvenire della comunità cristiana in Siria, per il trionfo della carità in Siria e in Medio Oriente”.


Aleppo 15/11/2012 (Agenzia Fides) – E’ deceduto ieri a mezzogiorno, in seguito a un improvviso attacco cardiaco, P. Jules Baghdassarian, 55 anni, Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Siria, incarico che ricopriva dal 2003. P Jules era un sacerdote greco cattolico (melkita) e risiedeva ad Aleppo. I funerali saranno celebrati sabato prossimo nella chiesa di San Giorgio di Aleppo, da Sua Ecc. Mons. Jean-Clément Jeanbart, Arcivescovo greco cattolico della città.
P. Jules aveva sofferto molto per la tragica situazione del conflitto siriano, giunto fino al cuore di Aleppo. Negli ultimi mesi, data la grave situazione umanitaria di migliaia di rifugiati nella città, si era dedicato anima e corpo alle attività caritative, all’assistenza, alla sistemazione di famiglie sfollate, all’organizzazione degli aiuti, alla risoluzione dei tanti problemi che sorgevano in quest’opera. Probabilmente – riferiscono a Fides dall’Ufficio delle POM ad Aleppo – le preoccupazioni, la situazione di stress psico-fisico, l’ansia e la fatica gli sono state fatali.
Il Patriarca greco cattolico S. B. Gregorios III Laham, esprimendo all’Agenzia Fides il suo cordoglio alla famiglia di p. Baghdassarian e alla comunità greco cattolica di Aleppo, lo ricorda con queste parole: “Era un grande amico dei poveri, era animato da grande zelo per la carità. I suoi verbi erano amare e servire”. “Speriamo – aggiunge – che la sua morte sia un’offerta per la pace e per la riconciliazione in Siria, per l’avvenire della comunità cristiana in Siria, per il trionfo della carità in Siria e in Medio Oriente”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40327&lan=ita

Le parole di Padre Baghdassarian

" La gente non vuole la guerra e la violenza: il mondo ci aiuti a ritrovare la pace!”: è l’accorata testimonianza rilasciata all’Agenzia Fides da p. Jules Baghdassarian, sacerdote greco-cattolico di Aleppo e Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Siria.
Il Direttore dice a Fides: “I combattenti dell’Esercito Libero Siriano vogliono prendere il cuore di Aleppo e nel cuore ci sono le chiese e le case dei cristiani. Le bande armate rivoluzionarie sono in prevalenza islamiste, abbiamo testimoni oculari di ciò, e i cristiani hanno paura di subire violenze. La gente di Aleppo non vuole la rivoluzione, ama la pace. Famiglie cristiane e musulmane sono stanche della violenza, perché la vita è diventata molto dura nell’ultimo anno”.

Pensiamo che la politica debba fare qualcosa per la pace e la riconciliazione. Come cristiani, la nostra speranza è la riconciliazione. Chiediamo alla comunità internazionale e all’Unione Europea di aiutarci a ritrovare la pace, non di fomentare la guerra!”
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39594&lan=ita

martedì 13 novembre 2012

"Nessun negoziato, vogliamo più armi!"

Con il Papa, speravamo che le parti in conflitto si impegnassero a "non risparmiare alcuno sforzo nella ricerca della pace e a perseguire, attraverso il dialogo, le strade che portano ad una giusta convivenza, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto"...

 George Sabra, cristiano, nominato  nuovo presidente del Consiglio nazionale siriano e la nuova "Coalizione Nazionale delle Forze di Opposizione" rispondono: "nessun negoziato, vogliamo più armi!"





La riconosciuta Coalizione nazionale siriana: "non abbiamo bisogno solo di pane, ma di armi"

 AsiaNews - 13/11/2012
 La Lega Araba riconosce la Coalizione nazionale siriana di opposizione contro il regime di Bashar al- Assad. Essa sarà l'unica realtà a rappresentare la voce del popolo siriano. La nuova entità è stata creata ieri a Doha (Qatar) al termine di una lunga riunione delle varie componenti dell'opposizione siriana. A capo della Coalizione vi sarà Ahmad al-Khatib Moaz, musulmano sunnita e figlio dell'ex imam della grande moschea di Damasco. Insieme al cristiano George Sabra, nominato di recente leader del Consiglio nazionale siriano (Cns) principale partito di opposizione, Moaz guiderà i partiti e movimenti autori della rivolta contro Assad iniziata nel marzo 2011. I primi a riconoscere la nuova entità sono stati i Paesi del Golfo persico, seguiti dal resto degli Stati arabi. Nelle prossime ore anche i Paesi occidentali dovrebbero dare la propria adesione.
Nonostante gli sforzi politici per coalizzare il panorama dell'opposizione, nulla o poco è stato fatto per creare un'agenda politica in grado di fermare le violenze e imporre un cessate il fuoco. La temuta "discesa agli inferi" annunciata in giugno da mons. Mario Zenari, nunzio a Damasco, in un'intervista ad AsiaNews, è un dato di fatto aggravato dall'abbandono della strada diplomatica a favore delle armi.
Entrambi i nuovi leader dell'opposizione siriana hanno sottolineato che l'unica via per sconfiggere Assad e aiutare il popolo siriano è la lotta armata. Secondo Moaz, deve essere la comunità internazionale ad intervenire, come accaduto per la Libia di Gheddafi e l'Iraq di Saddam Hussein. Sabra preme invece per finanziare con armi e denaro i ribelli: "non abbiamo bisogno di solo pane - ha affermato - ma di armi".
http://www.asianews.it/notizie-it/La-riconosciuta-Coalizione-nazionale-siriana:-non-abbiamo-bisogno-solo-si-pane,-ma-di-armi-26345.html


 Dal racconto dell'inviato in Libano cardinale Sarah:

2012-11-13 Radio Vaticana
D. - Eminenza, lei ha quindi incontrato questi profughi siriani: temono una deriva integralista islamica nel loro Paese?
R. - I cristiani temono molto questa possibilità e proprio per questo preferiscono non registrarsi nei campi: preferiscono andare nelle famiglie o nella parrocchia. Alcuni mi hanno anche raccontato di essere stati maltrattati. Non sono soltanto i rifugiati ad avere paura: anche la Chiesa teme che fra poco non ci sarà più un cristiano nella regione.
D. – Anche perché il conflitto non sembra risolversi in tempi brevi?
R. – Non sembra, non sembra, perché sia il governo che i ribelli sono determinati a vincere; ciascuno vuole vincere e, così, non si ferma la guerra. Speriamo che la comunità internazionale possa intervenire per discutere e portare la pace in questo Paese.
D. – Lei crede che questa unificazione dell’opposizione possa aiutare a trovare una risoluzione al conflitto?
R. – Ciò che posso dire è che, almeno, abbiamo una struttura con cui discutere, perché prima non si sapeva con chi sedersi e parlare. Però io non so rispondere se questa struttura sarà un evento positivo per portare la pace. Speriamo. Preghiano che il Signore dia più saggezza a queste persone che credono nella soluzione della guerra. Che il Signore possa far capire che solo nel dialogo e nella riconciliazione si può trovare più tranquillità, più pace, e soprattutto sollevare dalla sofferenza il popolo siriano.
D. – Annunciando la sua missione in Libano, il Papa ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché faccia tutto il possibile per la Siria perché un giorno, ha detto, “potrebbe essere troppo tardi”. Crede che siamo ancora in tempo per mettere fine a questo sanguinoso conflitto?
R. – Io penso che se la Comunità internazionale ascolta la voce del Santo Padre e decide di sedersi per discutere, possiamo trovare una soluzione, però bisogna ascoltare la voce del Santo Padre, che cerca veramente di fermare le violenze e portare la pace in Siria. Questo vuol dire che non soltanto i siriani, ma la comunità internazionale è decisa ad aiutare questo popolo a trovare la pace nell’incontro, nella discussione, nel dialogo. Noi cristiani dobbiamo pregare, perché il Signore ha detto: senza di me non potrete fare niente. Non dobbiamo escludere Dio nella negoziazione e per questo la voce del Santo Padre, il richiamo quotidiano a pregare per la Siria, mi sembra una voce importante, non soltanto per questa situazione in Siria. Sappiamo che tanti conflitti nel mondo stanno portando sofferenza e morte a tante popolazioni. Io credo che la voce del Santo Padre sia ascoltata e, così, questa nuova struttura dell’opposizione potrà essere un momento di dialogo, con l’aiuto della comunità internazionale.

Lega Araba e Ue riconoscono la nuova opposizione unificata. Si aggrava l’emergenza umanitaria

Radio Vaticana 13/11/2012
Sulle possibili vie di pacificazione in Siria, Giancarlo La Vella ha intervistato don Renato Sacco, di Pax Christi
R. - Se vogliamo evitare il peggio, se davvero la guerra è una avventura senza ritorno, bisogna mettere in campo tutto quello che può favorire un’uscita dal conflitto e non un acuirsi dello scontro, cercando di essere dalla parte delle vittime, cercando di dialogare con tutte le parti in conflitto. Credo che anche la Siria, nella attuale confusione, non debba essere letta soltanto in chiave bellica, nel senso di dire unicamente “appoggiamo gli insorti o appoggiamo il regime, armiamo l’uno o armiamo l’altro”; dobbiamo, invece, cercare strade diverse, che non parlino solo di armi.
D. - Secondo lei, servirebbe a qualcosa se il presidente Assad facesse un passo indietro, ovvero accettasse un’uscita incruenta dallo scenario politico siriano?
R. - Senza dubbio servirebbe, ma forse dovremmo metterlo nelle condizioni di operare una scelta del genere, facendo tutti un passo indietro dalla logica di guerra e indicando anche altri percorsi e altre strade.
D. - Purtroppo sembra rimanere in secondo piano, nel dibattito internazionale, quello che è il crescente dramma umanitario…
R. - Sì. Credo che, come credente, sia doveroso dire: “Mettiamo in evidenza il dramma delle vittime, dei profughi” e da lì leggiamo la situazione. Proprio da lì la dobbiamo partire, non dalle stanze dei potenti.

NOME NUOVO PER “VECCHIA OPPOSIZIONE”, UNA VOCE FUORI DAL CORO

MISNA, 13/11/2012
Un “maquillage”, un nome nuovo “perché con il vecchio non era più possibile andare avanti”, un “teatrino promozionale allestito in Qatar” ma restano la stessa struttura di comando e le stesse parole d’ordine “prive di reale senso politico” ovvero “no al negoziato, sì all’intervento armato”: Haitham Manna, voce storica dell’opposizione siriana e dirigente del Comitato nazionale di coordinamento per il cambiamento democratico della Siria, non ha parole tenere per la neonata Coalizione nazionale siriana (Cns, ma per esteso il suo nome è Coalizione nazionale dei poteri siriani della rivoluzione e dell’opposizione). Formata nel fine settimana in Qatar, la Coalizione si propone come legittimo rappresentante della Siria delle opposizioni, e ieri ha anche ottenuto primi riconoscimenti da Consiglio di cooperazione del Golfo e Lega Araba. Alla MISNA, che lo raggiunge telefonicamente, Manna dice però che la Coalizione “altro non è che una riedizione del vecchio Consiglio nazionale siriano, con gli stessi uomini in plancia di comando, le stesse idee, e gli stessi sostenitori”.
Per il dirigente dell’opposizione sentito dalla MISNA, nulla è cambiato negli equilibri interni alle opposizioni, “e la strada indicata dalla Coalizione non è quella che può portare a una soluzione politica del conflitto” né prepara a quella “necessaria pianificazione politica” se veramente si volesse ricorrere a un intervento armato che “porterebbe il paese alla completa rovina”.
Manna è per i negoziati, per coinvolgere l’intera comunità internazionale e andare oltre gli Stati e gli interessi di parte: “Con la Russia – aggiunge – si deve arrivare a un compromesso
storico che possa aprire la strada della pace. Se la comunità internazionale dovesse veramente sostenere la Coalizione, andrebbe in chiara contraddizione con l’operato dell’inviato in Siria di Onu e Lega Araba, Lakhdar Brahimi, che sta invece cercando soluzioni praticabili sul piano politico”.
Eppure ieri, proprio i ministri degli Esteri della Lega Araba riuniti al Cairo hanno dato il benvenuto alla nuova formazione e “invitato gli altri gruppi dell’opposizione a farvi parte”. Più deciso e scontato il sostegno del Consiglio di cooperazione del Golfo che ha invece legittimato il gruppo come rappresentante del popolo siriano.
“Non vedo soluzioni seguendo la strada indicata dalla Coalizione” conclude Manna. “I soldi del Qatar non bastano, senza il coinvolgimento della comunità internazionale nel suo insieme e senza negoziati non si arriverà ad alcun risultato”.