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lunedì 29 ottobre 2012

Una voce dalle Chiese dell'apocalisse: ORA PRO SIRIA INTERVISTA MADRE AGNES-MARIAM DE LA CROIX

Il 20 ottobre, promosso da Aiuto alla Chiesa che Soffre, si è svolto a Roma l’incontro con il Patriarca  Gregorios III Laham:  «Mussalaha. I cristiani siriani e il ministero della riconciliazione». Vi ha partecipato Madre Mariam - Agnès de la Croix, superiora del monastero di Qara e coordinatrice del gruppo di supporto del movimento Mussalaha (in arabo «riconciliazione»), movimento popolare interconfessionale e multietnico.

La Madre ha accettato di rispondere, con grande franchezza, alle domande di ORA PRO SIRIA  in una lunga intervista che pubblichiamo in due parti.



1) Quali sono le motivazioni che hanno spinto Lei, una religiosa, ad impegnarsi in questa campagna di informazione sulla Siria?

Ho dedicato la mia vita a Gesù Cristo e all’instaurarsi del Suo Regno, che è un Regno costruito sull'amore della Verità, e dove la verità  ci rende liberi, se la vogliamo accettare e seguire con tutto il  cuore. Dire la verità di ciò che viviamo in Siria è stato l'inizio del mio viaggio e della mia lotta. Questo approccio non è politico, ma etico. Esso non  risponde al bisogno di affermare un certo modello di società piuttosto che un altro, ma per denunciare  gli abusi che vengono occultati dalla comunità internazionale e dai media.

Ho notato che semplicemente il raccontare i fatti così come li viviamo  ha suscitato inquietudine e  ha causato  reazioni  da parte di  alcuni  per i quali la  promozione  di posizioni ideologiche  passa prima della realtà sul terreno, o di altri per i quali la realtà è a tal punto quella presentata dai media che qualsiasi altra narrazione, anche quella dei testimoni oculari, appare a loro come una menzogna o una cospirazione contro la democrazia.
Sapete bene che la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Un'ideologia è intrinsecamente perversa quando  dimentica la realtà per creare una realtà alternativa plasmata  a misura dei propri  interessi.  Aggirare la realtà con la creazione di una realtà alternativa si chiama "manipolazione delle masse." Chi ne viene interessato  subisce una "alienazione". Ho sperimentato il dolore di tali situazioni e, naturalmente, sono stata sempre più spinta dalla mia coscienza e dal mio impegno religioso a dare la mia testimonianza pacatamente, sapendo che è, in ultima analisi, per difendere gli innocenti e i piccoli, quelli di cui nessuno parla e che non interessano  a nessuno, perché non fanno parte del mercato politico.
Sì, ho accettato di dare la mia testimonianza e continuerò a farlo avendo cura di  non esprimere giudizi affrettati.
Continuo a credere nella buona volontà della comunità internazionale e spero che con una testimonianza credibile i cuori si volgano in favore del Vero e del Bene, e  ricevano  la forza di lavorare per la giustizia, anche a costo di una perdita di alcuni interessi momentanei. E’ un'utopia credere che sia lecito  che gli  interessi delle grandi potenze siano pagati con il sangue degli innocenti. Credo che questa epoca sia finita. Siamo nell'era della globalizzazione e digitale. L’opinione pubblica non si lascia ingannare e non può essere rinchiusa nella propaganda di massa.
2 Perché secondo lei, ogni posizione sugli eventi in Siria viene ricondotta a un PRO o CONTRO Assad?
 E ' interessante notare che anche nell’ agire in modo fraudolento  gli uomini usano i concetti di bene e di male. Infatti, l'inclinazione  al bene è profondamente radicata nel cuore della persona umana. In luogo di proporre esplicitamente un male morale alla gente, si trucca questo male presentandolo come un bene. In ogni guerra mediatica, la strategia è quella di screditare l'avversario da sconfiggere. E così accade che il presidente siriano, un anno prima della rivolta, era considerato dai media come una persona compita , tanto  che la Regina d'Inghilterra lo aveva anche ricevuto a un suo tè  pomeridiano  in compagnia della moglie.
Improvvisamente i media hanno mostrato un ritratto in bianco e nero. Da una parte i "manifestanti pacifici, che - sia detto en-passant-, sono confusi con tutto il popolo siriano"  mentre non sono la maggioranza,  e dall'altra un regime oppressivo  assetato di sangue. Questo ritratto binario, manicheo, è un metodo di manipolazione delle masse. Ricordiamo che i media non sono un pulpito di buona condotta, né una  scuola di valori, tanto meno un riferimento morale. Ma la loro attrazione è tale che molte persone recepiscono l' immagine,  accompagnata da un discorso semplicistico,  come loro Credo perché hanno fame di una Causa. E quale migliore Causa che l’espellere un dittatore  rimanendo comodamente seduti nella propria poltrona?
Abbiamo sperimentato la censura di un sistema che, mentre assicura la promozione della democrazia e della libertà di opinione, diventa totalitario. Questo abuso è in contrasto con i diritti umani e sfigura il volto del mondo occidentale. L'impossibilità di formulare un parere diverso da quello che viene offerto come norma da seguire e da pensare. Ho parlato un giorno di "prêt à penser",  "pronti a pensare."
La situazione in Siria è molto complessa ed è per questo che siamo stati costretti a parlare  a questo proposito: ci sono gruppi  - che sostengono di appartenere all'opposizione - che terrorizzano la popolazione, distruggendo le infrastrutture di Stato, mettendo in pericolo le zone residenziali e saccheggiando il patrimonio culturale. Noi siamo testimoni di questi gruppi che abbiamo nominato nel novembre 2011 "bande armate non identificate".
Oggi tutti hanno riconosciuto questi personaggi. Si tratta di mercenari finanziati da Arabia Saudita e Qatar. Secondo la rivista americana "The Economist" ci sono più di 2000 gruppi che operano in Siria, la maggior parte sono legati ad Al Qaeda, ai Fratelli Musulmani e ai salafiti. Non sono venuti per instaurare  la democrazia, ma la legge coranica in nome di Allah. Essi sfruttano la religione per scopi politici.  Essi danno un'immagine negativa dell'Islam.
E 'un dovere per noi di parlare e di nominare gli aggressori, chiunque siano quelli che  mettono in pericolo la popolazione civile e la vita di innocenti. Oggi gli esperti dicono la rivoluzione è stata deviata  favorendo un conflitto settario e confessionale. E 'un peccato. Ieri il grande  oppositore  Nabil Fayyad ha scritto un tono drammatico  sulla stampa araba: "No, non è la mia rivoluzione".
Cosa dire dopo questo?
3 Nei commenti seguiti all'incontro  di presentazione di Mussalaha, è stato scritto che la posizione  della Chiesa è dettata dalla preoccupazione di non scontentare Assad che altrimenti effettuerebbe ritorsioni sui cristiani.  Noi siamo certi che è semplicemente in nome del Vangelo che voi vi muovete, e che osate gridare quale sia il BENE del Paese. Perché lo sguardo dei Vescovi cristiani, che affermano che non è con la rivoluzione che si libera l'uomo, non viene ascoltato? Quale è l'equivoco di fondo che muove quei cristiani per cui la priorità assoluta, costi quel che costi, è la Democrazia  e la “Lotta di liberazione dalla tirannia”?
Pensate che la gerarchia cattolica in Siria e il suo leader siano dei minorati  o degli ostaggi che hanno bisogno di uno sponsor o un salvatore che parla per loro? Ecco un bel modo per deviare la voce autorevole di un responsabile.
Sua Beatitudine il Patriarca  inizia il suo appello per la Riconciliazione con una citazione di San Paolo per mostrare che si tratta di un messaggio spirituale e Sua Santità Papa Benedetto XVI, in Libano, chiedendo la Riconciliazione come la via di soluzione  in Siria, ha chiamato  i cristiani ad essere ciascuno nel proprio ambiente un "servo della Riconciliazione". I nostri pastori non ci chiamano a una posizione di sottomissione ad un regime, ma ad una posizione di fedeltà al messaggio di Cristo che ci insegna ad amare i nostri nemici e a pregare per coloro che ci perseguitano. La riconciliazione è la via perché essa mette fine all’ odio e  insegna l’amore a colui che si presenta  o che io credo essere il mio nemico.
 E' per la paura del regime di Assad? Questa accusa è ridicola. La Chiesa non ha paura di nessuno ed è indipendente da qualsiasi autorità politica. La Chiesa dice, spesso ad alta voce, quello che crede essere la verità e la giustizia.
D'altra parte, è vero che oggi la Chiesa riceve minacce e che sono spesso attuate, ma provengono dagli insorti. Per non ripetere gli eventi già noti (come ad esempio l'esodo di 150.000 cristiani a Homs e la zona circostante a causa dell'invasione di queste aree da parte dei ribelli e mercenari stranieri) notiamo che sono i quartieri cristiani che sono più spesso oggetto di attacchi armati : ieri un'autobomba a Bab Touma e l’incendio presso la Chiesa dell'Annunciazione a Midane, la settimana scorsa il bombardando delle aree cristiane di Aleppo ha causato undici morti, poi omicidi e sequestri giornalieri dell’ elite cristiana. Nonostante questo i nostri pastori rifiutano di parlare di persecuzione, ma di pressioni per costringere i cristiani ad essere più concilianti con l'opposizione armata.
Conosciamo il regime e il suo aspetto dittatoriale. Le sue azioni non ci sorprendono. Ma che una opposizione ufficialmente presentata come promotrice  dei diritti umani, della democrazia e della libertà, agisca con violenza ancor più sanguinosa rispetto al regime, questo è ciò che sciocca.
L’appello delle Gerarchie della Siria è chiaro.  Si esprimono a partire da un piano spirituale e invitano a  resistere a un messianismo falso. La teologia della liberazione ha degli aspetti  che ogni etica cristiana deve adottare come opzione preferenziale per i poveri e la lotta contro l'ingiustizia. Ma la Chiesa mette in guardia contro l'adozione della lotta politica al posto di combattimento spirituale.  Sono piani diversi, di  dimensioni diverse.
Il cristiano in generale e il clero come gli operatori pastorali in particolare (religiosi, laici impegnati) non sono chiamati a promuovere alcuna  agenda politica come se avesse uno scopo salvifico. Si sta mescolando i generi. Il soprannaturale si occupa di "cose di lassù" e della "conversione dei cuori" che si verifica, naturalmente, negli atti quotidiani di giustizia,  carità,  compassione e con la presa di posizione coraggiosa a favore dei poveri,  dei piccoli, gli oppressi, i diseredati.  E’ la direzione quel che cambia tutto. Lo faccio nel nome di Gesù Cristo? Allora è la Sua Salvezza Eterna ciò che mi interessa ed è da lì che  traggo ispirazione,  dalla Sua Parola scritta e dalle  ispirazioni del suo Spirito Santo per agire in favore della dignità della persona umana, al fine di promuovere la giustizia e la pace. Ciò non ha nulla a che fare con la lotta proletaria, quali che siano le nobili intenzioni di coloro che vi si dedicano .
I diritti umani non si limitano a un sistema politico o economico.
L'uomo non può accedere a tutti i suoi diritti  che se gli si riconosce un destino trascendente che supera il mondo che passa. C'è un modo per decapitare la condizione umana nel non farne altro che una questione politica, economica o sociale. Questo è ridurre la dimensione umana  ad uno dei suoi componenti: ad esempio il consumo, nella prospettiva economica. Ero in un grande congresso europeo. Si parlava solo di prosperità economica, era noioso e utopico, avendo, in filigrana, la terribile crisi dell'euro.
Sursum corda! Come cristiana io sono impegnata nella Città terrena, ma tengo gli occhi in alto, a Gerusalemme, la città che scende dal cielo, che è mia Madre. Questo è il mio progetto di vita, che mi riempie di speranza e di gioia. Il Regno di Dio mi riempie e mi rende felice fino al midollo della mia vita passeggera. Ne sono testimone rispettosamente, senza cercare di imporlo a nessuno. Ma io dico che è un dono da condividere con tutti gli uomini di buona volontà e non posso resistere al desiderio di farlo.
D'altra parte la democrazia sta davvero garantendo nel modo migliore i diritti dell’uomo? Anzitutto: sono stati  capiti ed elencati tutti? Che cosa, per esempio, circa il diritto alla vita fin dal concepimento dell'embrione? E se avessero applicato la legge dell'aborto sulla mia vita? L’avrei vissuto come un omicidio anti-democratico. Ci ho riflettuto, e lo dico ad alta voce che, se mia madre o mio padre o il medico avessero deciso di abortirmi  l’avrei sentito  come un omicidio. Perchè io apprezzo infinitamente la vita che mi è stato dato di vivere. Oppure i bambini senza ragione non hanno diritti?
Parliamo dei diritti di Dio. Se Egli esiste - e ci sono miliardi di persone per cui esiste-  Gli spetteranno bene dei diritti, almeno come a noi??? Tuttavia, i Suoi diritti vengono ignorati dalle nostre società democratiche.
E ' evidente che l’opinione pubblica benpensante  impone dei punti di vista che non sono quelli di tutti. E ciò è anti-democratico.
Noi cristiani, abbiamo una domanda  fondamentale: quando l'uomo usa il suo "diritto" per  espellere Dio dalla vita personale, sociale e politica cosa succede ? Si tratta di una liberazione  evidente? O è una alienazione strisciante?
Possiamo fare un esame di coscienza onesto, una autocritica sana e benefica delle nostre società che hanno deciso di sradicare Dio dalla sfera pubblica? Quali risultati? Non oso, io non sono un esperto. Ma quando vengo in Europa, non posso dire che tutto va per il meglio nel migliore dei mondi. Ma questa è un'altra questione.

Ma di che tipo di democrazia stiamo parlando? E perché, giacchè questa è la democrazia, il mondo intero si immischia di imporre con il ferro e fuoco la sua opinione al popolo siriano, che nella sua maggioranza è messo a tacere da oppressione, isolamento e ostracismo proprio da questi pseudo-combattenti  per la libertà e la democrazia?
Io credo che una vera democrazia inizia con il diritto di autodeterminazione di un popolo. Un referendum è una conditio sine qua non. Elezioni  libere  altrettanto. Chi si preoccupa  di sentire dire dal popolo siriano quello che pensa? La democrazia può anche diventare un cavallo di Troia per far passare progetti che nulla hanno a che fare con l'effettiva liberazione di un popolo. Guardate in Iraq, meditiamo sulla Libia.
il seguito dell'intervista nel prossimo post....

domenica 28 ottobre 2012

Tregua e violazioni: chi lavora per la guerra?

Il “piano” dei cristiani dimenticato dall’Occidente

da Il Sussidiario -19 ottobre 2012
di  Augusto Lodolini

Come sembra ormai inevitabile per qualsiasi evento, anche la tragedia siriana viene letta secondo il “politicamente corretto” del momento, al servizio di interessi altri rispetto a quelli del popolo siriano e a favore dell’una o dell’altra fazione nella guerra civile in corso. Definizione questa accettata con fatica, perché significava ammettere che le pacifiche dimostrazioni iniziali in nome della libertà si erano trasformate in una vera e propria guerra interna, anche a causa degli interventi esterni.

Tuttavia, le descrizioni continuano in gran parte con toni manichei, da una parte tutti i buoni e dall’altra tutti i cattivi, invocando l’intervento di eserciti stranieri per una missione, si dice pudicamente, di “peace keeping”. Ma qui non c’è alcuna pace da mantenere e la missione straniera sarebbe di “peace enforcing”, cioè di imposizione della pace, un vero e proprio atto di intervento armato nelle vicende interne, per quanto drammatiche, di un altro Paese. Sarebbe cioè una guerra vera e propria mascherata da intervento umanitario. Come è stato fatto, peraltro, in Libia.

A questo punto, in Occidente molti dovrebbero porsi qualche domanda, a partire da cosa ha legittimato ieri una guerra per abbattere Gheddafi, e oggi la legittimerebbe contro Assad, mentre l’equivalente operazione contro Saddam Hussein viene considerata un grave crimine. Si pensa davvero che Gheddafi fosse un sanguinario dittatore e Saddam, invece, un leader democratico? Almeno Russia e Cina non ammantano i propri interessi con sacri principi e, nella nuova contrapposizione verso l’Occidente, continuano apertamente ad appoggiare i loro alleati nella Guerra Fredda.

Molti europei, soprattutto nelle sinistre ma non solo, dovrebbero spiegarci perché gli Assad, padre e figlio, venivano un tempo tollerati o addirittura sostenuti in funzione anti-israeliana. Per esempio, mi piacerebbe conoscere l’opinione di Massimo D’Alema sulla vicenda siriana, non avendo dimenticato la sua ostentata “passeggiata”, da Ministro degli Esteri, a braccetto di un leader di Hezbollah. Non credo che D’Alema ignorasse che Assad finanziava e riforniva
d’armi, insieme all’Iran, la sciita Hezbollah e la sunnita Hamas, le due fazioni islamiche che lottano per la cancellazione di Israele.

La vicenda siriana fa cadere un altro mantra delle sinistre, e non solo, che gli Stati Uniti fanno le guerre per conquistare il petrolio e per questo hanno invaso l’Iraq. A parte che noi europei, in particolare noi italiani, siamo molto più dipendenti dal petrolio mediorientale di quanto siano gli americani, la Siria non è un grande produttore di olio nero e, causa l’embargo americano, il petrolio degli iraniani viene ora comprato da Russia e Cina.
 
Sarebbe bene che la si finisse con tutte queste ipocrisie, le cui conseguenze vengono pesantemente scontate dalle popolazioni coinvolte. Non vi è alcun dubbio che in Siria sia al governo un sanguinario regime dittatoriale, come ve ne sono, peraltro indisturbati, tanti altri in giro per il mondo, ma bisogna decidere se l’obiettivo è abbattere a ogni costo Assad e fare arrivare la democrazia sulla punta delle baionette. Ma non è di questo che si accusava la politica di Bush e dei suoi ministri neocon?

A mio parere l’obiettivo dovrebbe essere quello di far finire la dittatura e attivare una transizione verso un sistema più democratico, nella versione che i siriani riterranno più consona come risposta al loro desiderio di libertà. Ciò che sta avvenendo, invece, porta a un abisso senza fine, dove la minoranza ora al potere, gli alawiti, potrebbe diventare la perseguitata di domani, dove altre minoranze si stanno autonomamente attrezzando, come quella curda, e dove la nuova Siria rischia di cadere in mano a facinorose fazioni estremiste. Perfino l’Onu sembra essersi reso conto del pericolo e della quasi impossibilità a sconfiggere il regime sul campo, della necessità, quindi, di attivare trattative in vista di un periodo di transizione.

Guarda caso, questa è la posizione da sempre sostenuta in Siria da cattolici e
cristiani e dalle loro gerarchie, spesso contrabbandata sui nostri media come un
appoggio al regime per salvaguardare propri interessi particolari. In Siria,
come in Iraq e in Egitto, i cristiani hanno sempre operato per una convivenza
pacifica con la maggioranza musulmana, non solo per la loro fede o per la loro
concreta sopravvivenza, ma per l’apertura che ha sempre contraddistinto
parecchie delle loro opere nel sociale e nell’educazione.

I loro inviti a una transizione pacifica non sono, comunque, stati gli unici, ma
anche quelli provenienti dal mondo musulmano sono stati messi a tacere, forse
per non irritare i ricchi Stati arabi, come Arabia Saudita e Qatar,
aggressivamente coinvolti nella questione siriana. Si è preferito descrivere i
ribelli come una compagine unita e democratica a priori, sostenuta compattamente da tutti i siriani. La realtà è però diversa e, come in ogni guerra civile, la maggioranza della popolazione non ne è parte, ma vittima.

A conferma, diverse interviste o articoli pubblicati anche su Ilsussidiario. Si
prenda, per esempio, l’intervista del 31 gennaio scorso ad Ammar Waqqaf del
Syrian Social Club, gruppo di espatriati siriani che sostengono la riforma del
sistema, piuttosto che la sua fine violenta, al fine di evitare il baratro già
accennato. A un certo punto, Waqqaf dice che a suo parere la richiesta dei
cristiani è solo di avere uno spazio in cui vivere e praticare la loro fede
senza che qualcuno gli dica: “Sei diverso, devi andare via o sarai ucciso.”

È quasi la stessa frase di una suora italiana che vive in Siria e intervistata
nel servizio di Gian Micalessin su Rete 4, nella trasmissione Terra! dell’8
ottobre: “Se i ribelli passassero, il nostro villaggio cristiano maronita
sparirebbe. Nel giro di mezz'ora direbbero ai cristiani: ‘O con noi, o ve ne
andate’”. Non credo che questa sia la nuova Siria per la quale tanti siriani,
compresi i cristiani, stanno combattendo.

 ilsussidiario.net© Riproduzione Riservata.
http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2012/10/19/SIRIA-Il-piano-dei-cristiani-dimenticato-dall-Occidente/330706/

sabato 27 ottobre 2012

I vescovi cattolici di Damasco esprimono cordoglio per la barbara uccisione del sacerdote greco-ortodosso Fady Haddad, deplorano “il complotto straniero che sta seminando male e distruzione nel Paese”

Per i vescovi cattolici, padre Fady Haddad è “un martire”; appello alla riconciliazione

Agenzia Fides 27/10/2012
Beato Angelico: Santi Martiri Cosma e Damiano
I vescovi cattolici di Damasco esprimono cordoglio per la barbara uccisione del sacerdote greco-ortodosso Fady Haddad, deplorano “il complotto straniero che sta seminando male e distruzione nel Paese” e lanciano un forte appello alla riconciliazione: è quanto si legge in una nota del Consiglio dei vescovi cattolici damasceni, inviata all’Agenzia Fides.
Padre Fady, parroco presso la chiesa di Sant’Elia a Qatana – piccolo centro alla periferia della capitale siriana – era stato rapito il 18 ottobre mentre stava trattando la liberazione di un suo parrocchiano, già finito nelle mani di un gruppo non identificato di uomini armati. Il sacerdote greco-ortodosso è stato ritrovato cadavere sei giorni dopo. Nell’appello inviato all'Agenzia Fides, i Il Consiglio dei vescovi cattolici damasceni esprime le condoglianze al Patriarca Ignazio IV e a tutti I fratelli della Chiesa greco-ortodossa, pregando il Signore “di accogliere nel suo regno il prete-martire insieme a tutti i martiri della Siria”.
Davanti all'omicidio del sacerdote, i vescovi cattolici esprimono dolore per tutti gli “attacchi rivolti contro i cittadini innocenti, i luoghi di culto cristiani e musulmani e gli uomini di religione impegnati nel loro ministero umanitario e spirituale” che si stanno moltiplicando in questi giorni di sofferenza per tutta la Siria. Ripetendo che la violenza e la divisione “non fanno parte della natura del popolo siriano e delle sue tradizioni pacifiche”, i leader cattolici di Damasco rinnovano il loro “appello alla riconciliazione” e a “porre fine alle violenze, alla proliferazione delle armi e all'effusione del sangue”. Richiamano tutte le parti in lotta alla necessità del dialogo “per ritrovare una soluzione che garantisca la pace, la libertà, la giustizia e l'eguaglianza di tutti i cittadini”.
L'ultimo parte dell'appello è rivolta ai “fratelli musulmani”, che in questi giorni celebrano la festività dell'Aladha: “La vostra festa” scrivono i vescovi cattolici “è la nostra festa, le vostre gioie sono le vostre gioie, così come le vostre pene sono anche le nostre. Da fratelli abbiamo vissuto, e come fratelli continueremo a vivere”.
Padre Fady Haddad è il secondo prete ammazzato in Siria dall'inizio del conflitto. A gennaio il sacerdote Bassilios Nassar era stato ucciso ad Hama mentre tentava di soccorrere un ferito. Come nel caso di p. Haddad, anche in quell’occasione, i comitati di coordinamento della rivolta siriana hanno contestato la versione ufficiale proposta dalle fonti governative, che avevano addossato l'assassinio a un gruppo di “terroristi armati”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40189&lan=ita


Autobomba davanti a una chiesa siro-ortodossa

Agenzia Fides 27/10/2012

Una autobomba è esplosa questa mattina davanti all’unica chiesa siro-ortodossa nella cittadina di Deir Ezzor, nella Siria orientale, danneggiandola gravemente. Secondo fonti locali, le vittime dell’attentato sono cinque persone che si trovavano in un ristorante vicino alla chiesa. Il Patriarcato siro-ortodosso di Damasco, guidato da S. Beatitudine Ignatius Zakka I Iwas, confermando a Fides l’attentato, non ha saputo fornire ulteriori dettagli perché “non è stato ancora possibile stabilire collegamenti telefonici fra Damasco e Deir Ezzor”.

Nel settembre scorso la stessa chiesa dedicata alla Vergine Maria, era stata dissacrata e vandalizzata da bande armate. Nelle regione di Deir Ezzor, attualmente sotto il controllo dell'Esercito Libero Siriano, sono stati segnalati gruppi salafiti. Un mese fa alcuni giovani cristiani della stessa regione, nelle file dell'opposizione hanno scritto una lettera aperta, riportata anche dal sito web indipendente “Now Lebanon”, chiedendo ai vertici militari del Consiglio rivoluzionario il rispetto dei luoghi di culto cristiani e musulmani, simbolo della civiltà siriana e affermando che gli atti dissacratori sono “contro i valori della rivoluzione”. I militari risposero che avrebbero garantito la protezione dei luoghi sacri.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40191&lan=ita


Patriarcat grec-orthodoxe d’Antioche et de tout l’Orient


بطريركية أنطاكية و سائر المشرق للروم الأرثوذكس

Communiqué

Damas – Le 25 octobre 2012 --- Nous nous adressons à Toi avec des coeurs tristes, en Te demandant clémence et pardon, sollicitant aussi Ton affection pour nous conduire vers la paix, en ayant pitié de nous et en nous guidant vers la sagesse et le discernement, nous les humains qui avons été créés à Ton image et Ta ressemblance divines.
En ce 18 octobre, le révérend père Fadi HADDAD, prêtre de la paroisse du prophète Elie de la ville Kotna, est sorti pour accomplir une mission humanitaire noble pour tenter de récupérer un des fidèles de sa paroisse qui avait été enlevé avant lui voilà quelques jours. Ce qui lui est arrivé est plus difficile de ce qui pouvait être prévu, puisque le Père HADDAD a été enlevé lui même avec l'intermédiaire qui l'accompagnait, la rançon et sa voiture privée. L’épisode tragique a commencé alors par la négociation avec ceux qui l'ont enlevé et qui ont demandé une grande somme d'argent (pour le libérer).
Nous espérions que les consciences allaient être en éveil pour nous épargner le pénible drame qui est survenu et qui a eu lieu, puisque la dépouille du Père Fadi HADDAD a été trouvée la matinée du jeudi 25 octobre 2012 dans la région de DROUCHA, portant des traces de torture et de défigurations indescriptibles. C’est le Révérend Père Elias ELBABA, prêtre de la localité de HINEH, qui l’a reconnu, l'a transféré à un dispensaire de la ville et a informé de son martyr le Patriarcat á Damas, afin que son sang pur soit une offrande sur l'autel de la réconciliation et l'entente.



venerdì 26 ottobre 2012

Dolore e speranza all'inizio della tregua per la Festa dell’Eid al Adha

Una bomba al funerale di padre Fadi Haddad, “martire della riconciliazione e dell’armonia”

Agenzia Fides 26/10/2012
Una bomba è esplosa questa mattina al funerale di p. Fadi Jamil Haddad, il prete ortodosso rapito e ritrovato morto ieri a Damasco (vedi Fides 25/10/2012).

Secondo fonti locali di Fides, l’esplosione ha ucciso due civili e alcuni militari. Alla Messa funebre, celebrata nella chiesa di Sant’Elia a Qatana dal Patriarca greco-ortodosso Ignatius IV Hazim, erano presenti migliaia di fedeli cristiani commossi e desolati per la perdita del sacerdote.
In un comunicato del Patriarcato Greco Ortodosso di Antiochia, inviato all’Agenzia Fides, si definisce p. Haddad “martire della riconciliazione e dell’armonia”. Infatti il sacedote “si era impegnato in una nobile missione umanitaria per far liberare un membro della sua parrocchia che era stato rapito alcuni giorni prima”. Nella mediazione, p. Fadi è stato rapito insieme a un altro intermediario. I rapitori hanno chiesto un ingente riscatto e poi l’hanno ucciso.
La nota del Patriarcato ortodosso racconta la “terribile tragedia”: “Il corpo di Padre Fadi Haddad è stato trovato la mattina del 25 ottobre nell’area di Drousha. Su di lui vi erano indescrivibili segni di torture e mutilazioni. E 'stato identificato da padre Elias el-Baba, sacerdote della città di Hina, ed è stato trasportato alla clinica della città. Il Patriarcato a Damasco è stato informato del suo martirio: il suo sangue innocente e senza macchia è un sacrificio per la riconciliazione e l'armonia”.
La nota giunta a Fides prosegue: “Condanniamo con forza questo atto bestiale e barbaro contro i civili, gli innocenti e gli uomini di Dio, che si sforzano di essere apostoli della pace. Sono uomini che tengono uniti i cuori, fasciano le ferite della sofferenza, confortano i malati, rafforzano i deboli in queste difficili circostanze. Esprimiamo la profondità del nostro dolore per questi atti efferati che sono senza precedenti nella lunga storia della nostra amata nazione, costruita sulle fondamenta di amore, cooperazione, pace e armonia”.
Il Patriarcato invita “tutti i cittadini, le organizzazioni umanitarie e gli uomini di buona volontà a condannare rapimenti, omicidi, distruzione, rapine, aggressione alla sicurezza e al benessere dei cittadini”. “Richiamiamo tutti al dialogo, alla pace e all'armonia” prosegue, “per porre fine al bagno di sangue innocente che si svolge ogni giorno”.
Il testo chiede ai fedeli cristiani “di rimanere saldi nella nostra fede e nella nostra speranza nel potere del Signore che ha voluto che noi abbiamo la vita, e in abbondanza (Gv 10,10)”, invitandoli a “rimanere nella loro terra e nella loro nazione”, guardando al futuro “con la forza della fede”. “Chiediamo a Dio – conclude il Patriarca Ortodosso – che il martirio di Padre Fadi Haddad sia un sacrificio offerto per i figli di questa nazione e per una tregua negli eventi dolorosi che stiamo vivendo in questo tempo”.
Padre Fadi Jamil Haddad era nato nella città di Qatana il 2 febbraio 1969. Aveva studiato teologia a Damasco e in Libano. Si era sposato ed era stato ordinato sacerdote nel 1995 da sua Beatitudine il Patriarca Ignazio IV Hazim. Era parroco della chiesa greco-ortodossa di S. Elia a Qatana. Una fonte del Patriarcato rimarca che “era amato da tutti i gruppi religiosi e non aveva preso posizione politica nel conflitto in corso in Siria, ma era fortemente impegnato per la riconciliazione”
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40181&lan=ita

TREGUA, ARCIVESCOVO MARONITA SAMIR NASSAR:  "VI PREGO DI RISPETTARLA"

MISNA- 26 ottobre.
“Rivolgo una preghiera alle parti in lotta: rispettate la tregua, per il bene dei civili e di tutta la Siria. In 20 mesi di combattimenti e violenze avete ridotto il paese in ginocchio e il tessuto sociale è lacerato”: è l’accorato appello che monsignor Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco affida alla MISNA nel primo giorno di tregua mediata dall’inviato Lakhdar Brahimi in occasione della festività islamica dell’Eid al Adha (festa del sacrificio).
  “Oggi è un giorno di festa e le scuole sono chiuse. Eppure non si respira quel clima gioviale che solitamente accompagna l’Eid” dice il religioso, secondo cui “anche la pioggia, caduta copiosa sulla città e che ancora continua abagnare Damasco, forse, ha contribuito a calmare un po’ gli animi”.
Mentre da diverse parti, l’opposizione invita a cogliere la tregua come un’opportunità per manifestare contro il governo di Bashar al Assad, la comunità internazionale osserva con il fiato sospeso il passare delle ore dall’entrata in vigore di un fragile quanto determinante cessate-il-fuoco.
“Preghiamo e aspettiamo, sperando che questa tregua duri e che ad essa subentri un’altra tregua più solida e duratura, che conduca il paese fuori dal tunnel della violenza” dice il monsignore, tra i firmatari della nota con cui il Patriarcato Greco Ortodosso di Antiochia condanna l’omicidio di padre Fadi Jamil Haddad, il prete ortodosso rapito e ritrovato morto ieri a Damasco.
http://www.misna.org/altro/tregua-arcivescovo-maronita-vi-prego-di-rispettarla-26-10-2012-813.html


26/10/2012 Damasco (AsiaNews/Agenzie)
Damasco, fra esercito e ribelli fragile tregua per la festa musulmana del sacrificio
 Il cessate il fuoco sarà in vigore dal 26 al 29 ottobre, per celebrare la ricorrenza musulmana dell'Eid al-Adha. Ieri i ribelli sono avanzati in alcune zone centrali di Aleppo, città chiave per le sorti del conflitto. Ban Ki-moon auspica “negoziati politici” per la fine delle ostilità. Croce rossa pronta a inviare aiuti nelle aree di guerra.
 - In Siria è entrato in vigore un cessate il fuoco della durata di quattro giorni fra esercito di Damasco e milizie ribelli, per celebrare l'Eid al-Adha, la festa musulmana del sacrificio. Tuttavia, la leadership militare avverte che - a dispetto della fragile tregua - non esiterà a rispondere in caso di attacchi degli insorti. E al-Jazzera poco fa ha sostenuto che l'esercito ha sparato per disperdere una manifstazione, provocando quattro morti.
Se reggerà, la breve sospensione del conflitto per la ricorrenza islamica è stata proposta dall'inviato delle Nazioni Unite e della Lega araba Lakhdar Brahimi, che non ha perso la speranza di avviare un serio processo di pace che porti alla fine del conflitto e a una maggiore democratizzazione del Paese.

La tregua è per l'Eid al-Adha è iniziata questa mattina alle 6 ora locale, secondo quanto riferisce la tv siriana, ed è l'ennesimo tentativo (gli altri finora sono falliti) di fermare anche solo per qualche giorno il conflitto. La festa ricorda il sacrificio di Abramo, che pur di compiacere al comandamento divino, avrebbe ammazzato il figlio; ma dopo l'intervento dell'angelo ha ucciso al suo posto un montone. Questa festa simboleggia quindi la fede, la sottomissione e l'obbedienza totale e indiscussa a Dio nell'islam.
Ieri i ribelli sono avanzati fino a raggiungere alcune zone del centro di Aleppo, nel nord della Siria; è la seconda più grande città del Paese, oltre che luogo simbolo della guerra e campo di battaglia fondamentale per decidere le sorti del conflitto.
 continua su: http://www.asianews.it/notizie-it/Damasco,-fra-esercito-e-ribelli-fragile-tregua-per-la-festa-musulmana-del-sacrificio-26193.html

 

giovedì 25 ottobre 2012

Padre Fadi Jamil Haddad torturato e assassinato a Damasco

LE PAROLE NON BASTANO PER DESCRIVERE L'ORRORE CHE SI CONSUMA IN SIRIA

Agenzia Fides 25/10/2012


Il funerale è previsto oggi , 25 ottobre, alle h.15
Il cadavere del sacerdote greco ortodosso p. Fadi Jamil Haddad, parroco della chiesa di Sant’Elia a Qatana, è stato ritrovato oggi nel quartiere di Jaramana (Nord di Damasco) non lontano dal luogo dove era stato rapito, il 19 ottobre, da un gruppo armato non identificato (vedi Fides 24/10/2012). La conferma a Fides un confratello greco-ortodosso di p. Haddad, chiedendo l’anonimato. “Il suo corpo era orrendamente torturato: gli è stato fatto lo scalpo e cavati gli occhi”, racconta a Fides fra le lacrime. “E’ un atto puramente terroristico. P. Haddad è un martire della nostra chiesa”.Sulle responsabilità del terribile atto è in corso un rimpallo di responsabilità fra le forze di opposizione (che accusano le milizie filo regime) e le autorità governative, che accusano le bande armate nella galassia della ribellione armata.
Secondo fonti di Fides, i sequestratori avevano chiesto alla famiglia del prete e alla sua chiesa un riscatto di 50 milioni di sterline siriane (oltre 550mila euro). E’ stato però impossibile trovare il denaro e soddisfare questa esosa richiesta. Una fonte di Fides stigmatizza “la terribile pratica, presente da mesi in questa guerra sporca, di sequestrare e poi uccidere civili innocenti”.
Fra le diverse comunità cristiane presenti in Siria, quella greco-ortodossa è la più ampia (conta circa 500mila fedeli) ed è concentrata principalmente nella parte occidentale del paese e a Damasco.

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40177&lan=ita

mercoledì 24 ottobre 2012

Perchè le Sorelle rimangono in Siria? Diario dalla Trappa di 'Azeir


'Azeir Siria
29 agosto 2012

Dalle lettere delle Monache Trappiste in Siria



 

Vi ringraziamo immensamente per le vostre preghiere per noi e per la pace qui in Siria. Speriamo, speriamo presto la Pace, il Signore, la Sua e nostra Madre siano propizi.

Noi stiamo bene, ma la gente è stanca di una guerra così iniqua e atroce…. La Siria è bagnata di sangue: incredibile perché non si capisce una guerra così insensata e iniqua. Preghiamo, preghiamo perché tutto è possibile al Signore!!!

Continuiamo la vita normale e regolare, anche se le cose diventano più difficili perché è come tutto paralizzato, gli spostamenti e i viaggi è meglio non farli e quindi la gente e gli operai non possono venire e lavorare ecc….

L’orto intanto produce tanti frutti di ogni genere, tantissime le fragole che abbiamo utilizzato per marmellate le abbiamo date anche agli operai…

I giardini sono stupendi, abbiamo sempre dei fiori e rose tutto l’anno, bellissime in Chiesa e poi tutte le piante che diventano grandi e crescono…. E gli uccelli cantano le lodi di Dio con noi.

Sta per suonare e devo terminare.

A vicenda preghiamo e supplichiamo anche tutti i santi del Cielo che vengano in nostro aiuto. Un caro abbraccio.


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La cosa più importante da dirvi non è una novità per voi: pregate per la Siria! Perché questo popolo, ormai unificato nel nome di una patria comune, non perda questa coscienza di essere un popolo unico, anche se composto da etnie e religioni diverse, che non si spacchi, che non perda i tradizionali valori di tolleranza e ospitalità verso il diverso e lo straniero che vive accanto….

Anche se i nostri vicini, specie quelli a Sud e a Nord, aiutano ben poco, per non dire di peggio. Continuamente mi stupisco dalla pazienza con cui la gente è riuscita fino ad ora a portare la situazione, nonostante le sanzioni che tolgono il pane dalla bocca ai più poveri (e sono tanti!), e l’ostilità aperta, e cieca ad ogni evidenza, delle Potenze che contano. La Siria, ormai da tempo cerca di resistere ad invasori prezzolati che agiscono spietatamente nei riguardi di tutti, dei militari in primis, ma anche contro le minoranze e persino contro i loro stessi correligionari, se non si piegano alle loro pretese. Tutto questo in una tempesta informatica che purtroppo coinvolge anche testate che dovrebbero invece essere garanti della verità dei fatti.

Noi, ci chiediamo continuamente: ma possibile che non si rendano conto, all’estero di come le cose sono manipolate? E tutte, convergono verso la distruzione della Siria, verso l’asservimento totale, civile e religioso, di questo popolo che amiamo sempre di più!.

La gente semplice in mezzo a cui viviamo è sconfortata. Già il nostro villaggio, così piccino, può contare dei morti, sia tra i civili che tra i giovani in servizio militare. Ed altri ne stanno partendo, richiamati per combattere in questa guerra che ormai è chiaramente una guerra di invasione. La Siria è diventata un campo di battaglia per avversari che sono più grandi di lei, e vengono a combattere qui, servendosi di questa terra e della gente (e di altri ancora: sapeste tutti i mercenari, quanti sono e da quante parti del mondo arrivano!) per dirimere i loro grandi conflitti.

Pregate! Grazie.


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Le cose sembrano aggravarsi sempre più e non resta che implorare sempre più la pace per questa nazione e per tutte le nazioni in guerra.

Quanto sangue versato!!! E per che cosa??? Per interessi politici che ci sono dietro?? Quanti giovani ragazzi, bambini innocenti, donne…. E di morti atroci….

Preghiamo, preghiamo per tutto il mondo, ora mi sto rendendo conto di che cos’è la guerra.

 

 

 

Le sorelle vi avranno già detto dell’assurdità che vediamo attraverso questa guerra – ma già lo sapete – Io, vi chiedo di pregare prima di tutto per il nostro custode /uomo di fiducia – perché non lo richiamino alle armi…. Per lui, per noi.

E per i giovani qui….. Cominciano a rivolgersi un po’ a noi, hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a pensare, a crescere, a riflettere….

…. Pregate come già fate, per noi, e per tutta la Siria.

…. Siamo molto grate alla Madre che ci permette di rimanere. E’ molto importante, anzi, direi che fa parte dell’essere qui, ma non solo: è il senso della stabilità. E’ nella logica dell’Incarnazione. Abbiamo una vita che ci lega a un popolo, una terra, ciascuna delle nostre comunità.
 
                               le vostre Sorelle di 'Azeir


Perchè le Sorelle restano in Siria?
Risponde  Madre  Monica, la Superiora della casa-madre, la Trappa di Valserena




Tutto ciò che è stato detto nella circostanza della visita del Papa in Libano sull’importanza della presenza dei cristiani in Siria, e ancora prima quello che è stato detto in occasione del Sinodo per il Medio Oriente, costituisce l’esatta motivazione del nostro rimanere lì.
Siamo andate sulla traccia dei fratelli di Algeria, che avevano costruito a Tibhirine una convivenza pacifica tra un insediamento cristiano contemplativo, il monastero appunto, e una popolazione autoctona musulmana, religiosa e naturalmente contemplativa, che accoglieva con rispetto e anche con gratitudine la loro presenza solidale e fraterna.
Sappiamo il seguito della storia ad opera di gruppi fondamentalisti; ma rimane in noi la convinzione che sia possibile una convivenza costruttiva e pacifica fra popoli e fedi diverse. In Siria, lo abbiamo detto molte volte, abbiamo trovato una cultura antichissima nata dall’incrocio di molte civiltà e aperta, abituata all’accoglienza e alla convivenza, desiderosa di mantenere questa sua identità.
Le forze negative che tentano di distruggere tutto questo, e che provengono per la maggior parte dall’esterno del paese, checché ne dica una certa congiura mediatica della disinformazione, sono all’opera ora anche in Siria.
Ma le sorelle che sono partite per fondare un monastero, come è nella logica dei nostri insediamenti, sono partite per rimanere, e per divenire, se Dio vorrà e col tempo che ci vorrà, decenni o secoli, non importa, parte di quel popolo.
Sono partite (siamo partite, perché fondare un monastero è la decisione di tutta una comunità sia di chi parte sia di chi resta) siamo partite nella fiducia che un punto di preghiera, un luogo dove Dio è adorato nella sua presenza reale, sia eucaristica che ecclesiale nella preghiera e nella comunione fraterna, nella vita cristiana di una sia pur piccola comunità, sia una benedizione per tutti.
Abbiamo trovato, come ho detto, una popolazione accogliente e pacifica, capace di apprezzamento e rispetto reciproco.
Abbiamo trovato, più specificamente, nella zona in cui siamo stabilite, un piccolo villaggio cristiano, una chiesa e una comunità civile che ci ha accolte. Questa comunità è ora duramente provata, come tutto il popolo siriano. Gli abitanti del villaggio non hanno un altro luogo dove andare, un altro paese in cui riparare, a meno di scegliere la sorte dei profughi. Se ormai facciamo parte di questa comunità, a prescindere da una nazionalità italiana e dalle risorse ad essa connesse che possiamo ancora avere, non possiamo andarcene nel tempo della prova. La loro sorte è la nostra sorte. Restiamo per chiedere per tutti la protezione del cielo, per chiedere la pace, anche per essere un piccolo segno di speranza: siamo venute e restiamo. Andarsene ora, sarebbe una desolazione.
La nostra fiducia nell’uomo viene dalla speranza cristiana – Dio ci ha creati e Cristo ci ha redenti –ed è più forte di tutti gli orrori. Il cristiano è chiamato a testimoniare questo nel mondo, noi siamo state chiamate in Siria, adesso. Perché andarcene?
Fuggiremmo nel momento in cui si trattasse solo di salvare la vita, momento in cui tutta la popolazione dovesse fare questa scelta. Dio non voglia.
                                                                                            madre Monica
 

 "Le donne di Dio."
  VIDEO - di Gian Micalessin
 
 ll mio reportage sulle suore trappiste del convento di 'Azer in Siria. Nel monastero costruito per ricordare i sette monaci trappisti uccisi nel 1996 a Tibherin dai fondamentalisti algerini cinque suore italiane rivivono, nel cuore della guerra, l'esperienza della fede e del sacrificio personale.





Testimonianza da un monastero di Trappiste

Pregare, vivere e sperare con tutti i siriani

 

 AVVENIRE- 23 ottobre 2012

Pregare per tutti. Vivere la nostra vita monastica qui, in Siria, oggi, è avere nel cuore e nella preghiera i civili, cristiani e musulmani, da qualunque parte stiano; le autorità politiche e religiose; i militari; persino i mercenari, nella loro cieca illusione di combattere per Dio. Persino i grandi responsabili di questa tragedia, quelli che stanno dietro le quinte e giocano con la vita e il destino di un’intera nazione. Non perché "siamo buone ", o "sappiamo come stanno in verità le cose". Ma pregare perché ci si trova davanti al mistero del Male, così evidente, palpabile, feroce, menzognero. Preghiamo per l’uomo, l’uomo creato ad immagine di Dio, a volte addormentato nella sua fede, a volte così sfigurato dal suo asservimento a falsi idoli, persino a false religiosità.

Vivere con tutti. Ci sentiamo grate verso questo popolo che ci ha accolte, che ci ospita. Dal quale stiamo imparando tanto. Coraggio di resistere, amore per la propria nazione, fede di fronte alla vita e alla morte. Viviamo con loro, nel desiderio della normalità della vita quotidiana. Può sembrare banale: come ci si può accontentare? Ci vuole giustizia, libertà, democrazia, certo. Ma la gente vuole poter lavorare, poter uscire serenamente di casa con la propria famiglia, andare a trovare i parenti, studiare, godere dell’amicizia con i vicini. Tutto questo lo avevamo. Non è abbastanza nobile? Peccato. Perché questa è la realtà: camminare umilmente in pace con il proprio Dio.

Continuando la nostra vita quotidiana – fatta di preghiera, lavoro nei campi, meditazione della Parola, ascolto e accoglienza – cerchiamo di restare fedeli alla verità che è la presenza di Dio, dell’Emmanuele, qui e oggi. Diamo lavoro a qualcuno del villaggio… Cerchiamo di dare speranza impegnandoci per la bellezza del luogo… Le rose che crescono nel nostro giardino, segno della benevolenza di Dio, un sorriso a chi soffre, un silenzio attento a chi porta un dolore.

Sperare per tutti. Sperare la libertà vera. Non sappiamo quanto risalto abbia avuto nelle coscienze la frase del Papa, pronunciata durante la sua visita in Libano: «La libertà religiosa non è una fra tante libertà». Noi l’abbiamo raccolta: questa è la nostra speranza, ciò che speriamo per tutti. E non vuol dire solo che i cristiani possano continuare ad essere presenti in Siria (cosa non affatto scontata), e a esserlo con pieno diritto, ma che si possa continuare a vivere tutti di fede, nella fede (la propria fede, cristiana o musulmana o altra), insieme. Facciamo fatica, in Occidente, a capire cosa significhi: così preoccupati di fare della libertà un valore assoluto, siamo diventati perfino liberi da Dio. Liberi da Lui, per farci schiavi di tante realtà inconsistenti, i nostri nuovi dei. In Siria eravamo liberi, ciascuno di credere, e di vivere della sua fede, gli uni accanto agli altri. Oggi la paura, la vendetta, la rabbia, il dolore, rischiano di creare fratture senza ritorno. Rendiamo grazie, ogni volta che sentiamo la gente colpita (cristiani, musulmani) manifestare un’indefettibile speranza: «Distruggono? Noi ricostruiremo…». «Questa non è la fede, questo non è l’islam». Parole pronunciate nelle piazze dove sono scoppiati ordigni devastanti. Si fanno incontri, nelle città, fra tutte le componenti. Si parla, si discute, si prega insieme. Si cerca la pace. La si chiede a Dio: la pace dei cuori e delle coscienze; la pace del perdono e della verità. La pace dei figli davanti a un solo Padre.
                       Suor Marta e le sorelle trappiste in Siria
 
AVVENIRE© riproduzione riservata
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/pregare-vivere-e-sperare-con-tutti-i-siriani.aspx
 

martedì 23 ottobre 2012

I cristiani sono usati come oggetti in una sfida al governo. COSA FA IL MONDO CRISTIANO OCCIDENTALE?

Due fedeli rapiti e uccisi. Il Patriarca Laham: “I cristiani sono strumentalizzati nel conflitto”

Agenzia Fides 23/10/2012

Due fedeli cristiani sono stati rapiti e uccisi ieri a Damasco, mentre un’autobomba è esplosa ieri sera nei pressi della chiesa di Sant’Abramo, nel quartiere di Jaramana, nel Nord di Damasco. I due fedeli uccisi sono il fratello e il cugino del giovane sacerdote p. Salami, parroco greco-cattolico di Damasco. Come riferito a Fides, ieri i due stavano viaggiando da Qusair a Damasco. Un gruppo armato li ha fermati e sequestrati, poi ha chiesto un riscatto di circa 30mila dollari alla loro famiglia. Dopo due ore, i sequestratori hanno comunicato di averli uccisi.
Nella tarda serata di ieri il terrore ha sconvolto i cristiani e i drusi residenti nel quartiere di Jaramana, già noto per aver subito circa un mese fa altri attentati dinamitardi. Fonti locali di Fides comunicano che una violenta esplosione è avvenuta nei pressi della chiesa greco-cattolica di Sant’Abramo, danneggiando gli edifici circostanti, ma non è tuttora chiaro se vi siano vittime e feriti.
Interpellato dall’Agenzia Fides, il Patriarca greco cattolico Gregorio III Laham, in Vaticano per il Sinodo sulla nuova evangelizzazione, spiega: “I cristiani sono usati come oggetti in una sfida al governo. Non c’è persecuzione, non sono uccisi per la loro fede, ma sono vulnerabili e vengono strumentalizzati per raggiungere altri obiettivi”. Il Patriarca ricorda con preoccupazione che “anche il fratello del Rettore del nostro Seminario maggiore in Libano è stato rapito dal 15 luglio e non se ne hanno più notizie. Questi episodi creano grande angoscia fra i fedeli”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40151&lan=ita

Il vescovo gesuita caldeo Antoine Audo racconta la persecuzione che i cristiani stanno subendo in Siria a opera dei ribelli islamici.

 
di Marco Tosatti
Aleppo in rovina, a Homs tutte le chiese cristiane sono state sconsacrate: è questo il quadro desolante disegnato dal vescovo gesuita caldeo Antoine Audo al Parlamento inglese il 18 ottobre scorso. I vescovi di Aleppo hanno deciso di restare con i cristiani ancora presenti in città. “Non vogliamo lasciarli soli. Se mi allontano dalla città per troppo tempo, la gente si sente sola”. “Non siamo andati in Libano per incontrare il Papa per dirgli che siamo in pericolo” ha aggiunto, riferendosi al viaggio che Benedetto XVI ha compiuto in Libano dal 14 al 16 settembre. “Gli abbiamo scritto una lettera chiedendo il suo appoggio”.
Audo ha accettato di viaggiare per qualche giorno in Gran Bretagna per accrescere la consapevolezza della prova dei cristiani siriani e per chiedere aiuto. Ad Aleppo scuole, ospedali e gli altri servizi pubblici non funzionano. L’80 per cento delle persone non hanno lavoro. La povertà sta diventando un problema molto serio, a causa del rialzo dei prezzi.
“E’ il caos. Non c’è sicurezza, tutto è sporco, non ci sono autobus né taxi”.“Nella città di Homs, che ospitava la seconda più numerosa comunità cristiana del Paese, quasi tutti i cristiani sono stati obbligati a fuggire dopo un’ondata di persecuzione. Tutte le chiese sono state sconsacrate”. I ribelli islamici hanno minacciato di morte la popolazione cristiana della città, obbligandola a lasciare le loro case.

 DONNE, BAMBINI E ANZIANI CRISTIANI RAPITI

 22 ottobre 2012 - Passeggeri  cristiani che si trovavano in un minibus che li portava dai tre villaggi Jdaydeh , Yacoubieh e Qnayeh ad Aleppo, sono stati rapiti quando il loro minibus si trovava a 35 km dalla sua destinazione.

 A bordo del veicolo pubblico vi erano donne, bambini e anziani, perchè gli uomini giovani e maturi non si muovono più, per paura di essere rapiti.

L'autobus avrebbe dovuto giungere alle 11 ad Aleppo. Non vedendolo arrivare, una madre ha preso contatto telefonico con il suo giovane figlio, ed ha così saputo che è stato preso in ostaggio insieme con gli altri passeggeri.

Comment peut-on encore admettre et tolérer ce genre de délits ? Mais qu'attend donc le monde chrétien pour se lever et s'élever contre ce mal que représente la barbarie idéologique et confessionnelle ?
Oui vous avez bien lu...Qu'attend le monde chrétien pour décréter la mobilisation générale de toutes les forces caritatives et spirituelles ?
Que fait-il ? Dort-il ? Ronfle t-il ?
 

Témoignage d’une famille chrétienne de Damas qui a fui le pays


« Il nous reste la foi ».
Pour une raison qu’ils qualifient de « miraculeuse », Fadi, Myriam et Teresa*, un couple de Syriens chrétiens et leur petite fille, ont obtenu leur visa pour l’Europe. Ils attendent aujourd’hui la reconnaissance de leur statut de réfugiés. Anciens résidents de Bab Touma, le principal quartier chrétien de Damas qui vient d’être touché par un attentat sanglant pour la première fois depuis le début de la guerre, ils évoquent douloureusement ce qu’ils viennent de quitter : un pays en guerre certes, mais aussi parents et amis. Nous les avons interrogés quelques heures avant l’attentat du 21 octobre qui a fait 13 morts et des dizaines de blessés dans leur quartier.
Comment se déroulait le quotidien avant votre départ ?
Fadi
: La vie a évidemment beaucoup changé à Bab Touma. Avant, il y avait du monde dans les rues jusqu’à minuit. Aujourd’hui, vers 20h, il n’y a plus un chat. Chacun se terre chez soi. La moitié des restaurants sont fermés, il n’y a plus d’activité. Nous avons souvent des problèmes d’alimentation de pain. Devant les boulangeries, les gens font la queue dès 6h du matin. Une fois, nous n’avons pas eu de pain pendant trois jours. Bab Touma est un quartier protégé par les soldats de l’armée. En revanche, les quartiers voisins sont bombardés. Dès qu’une bombe explosait, c’était toute notre maison qui tremblait.
Mais la vie civile suit son cours ?
Myriam
: A Bab Touma, une partie des écoles sont encore ouvertes, mais les parents y amènent de moins en moins les enfants. A Damas, de manière plus générale, la plupart des institutions sont maintenant fermées. Les hommes armés font pression pour que la vie civile s’arrête. A Jaraman, un quartier voisin, une de mes amies est allée inscrire sa fille à l’école, en septembre. Une voiture piégée a explosé à côté de la mère et la fille et les a tuées toutes les deux.
Fadi : Les opposants disent aux écoles de fermer. Ils veulent mettre fin à toute vie normale. L’armée dit aux gens de continuer à vivre normalement, qu’elle les protège. Les gens sont entre deux feux. Ils doivent obéir aux deux s’ils veulent rester en vie. Ma tante était institutrice à Homs. Elle disait à ses élèves de continuer à venir. Elle militait pour que la vie continue coûte que coûte. Son mari l’a retrouvée égorgée. Sur le mur, ils avaient marqué, avec son sang, « Allah akbar ».
Les chrétiens osent encore aller à la messe ?
Myriam
: En Syrie, une des grandes fêtes de l’année, c’est les Rameaux. Tout le monde va à l’église, on habille les enfants en blanc. Cette année, à Bab Touma, beaucoup ne sont pas allés à la célébration. A la fin, le prêtre a dit aux fidèles de se disperser en petits groupes, silencieusement. Les groupes supérieurs à quatre étaient obligés de se séparer. Evidemment les chrétiens se sentent visés. L’année précédente, pour les rameaux, une des églises avait été taguée avec cette petite phrase : « chrétiens, c’est à votre tour ». Au début dans les manifestions de l’opposition au régime, on entendait : « Les alaouites au tombeau et les chrétiens à Beyrouth ». Maintenant, c’est plutôt « les alaouites et les chrétiens au tombeau ».

lunedì 22 ottobre 2012

Damasco: colpito il luogo-simbolo della cristianità siriana

L'Arcivescovo maronita di Damasco: domande, paure e le preghiere dei cristiani di Siria dopo la strage di Bab Touma
Agenzia Fides 22/10/2012
 
la casa di Anania

L'attentato stragista perpetrato domenica 21 ottobre nel quartiere di Bab-Touma, alla vigilia della missione di pace che porterà in Siria Cardinali e Vescovi delegati del Sinodo dei Vescovi, rinnova per i cristiani siriani angosce e domande a cui solo “i giorni che verranno potranno portare una risposta”. Ma intanto “molti hanno già preso la via dell'esodo. Altri si preparano all'eventualità di una partenza precipitosa”. E una Chiesa senza fedeli è destinata a diventare come “un testimone muto”. Così, in una nota fatta pervenire all'Agenzia Fides, l'Arcivescovo maronita di Damasco, Samir Nassar, racconta a caldo le prime reazioni registrate tra i cristiani della capitale siriana dopo che un'auto-bomba fatta esplodere nella zona cristiana della Città Vecchia ha lasciato sul terreno 13 vittime e decine di feriti. 
L'Arcivescovo Nassar descrive le scene di panico di cui è stato testimone, con i genitori che corrono angosciati “a cercare i loro piccoli nelle scuole del quartiere”, mentre le sirene delle ambulanze accentuano la sensazione insostenibile di vivere in un tempo apocalittico. “Alcuni fedeli – racconta - si sono messi in ginocchio per recitare il rosario implorando Nostra Signora della Pace, prima della Messa, che è iniziata con 20 minuti di ritardo... Io ho celebrato la Messa solenne di domenica alle ore 18, per 23 persone soltanto, pregando per le vittime della mattina e per i musulmani che in Siria si preparano a celebrare la festività di Eid al Adha, il prossimo 26 ottobre, nel dolore e nel silenzio”.
Il quartiere di Bab -Touma è un luogo-simbolo anche per il martirologio della cristianità siriana. Qui – ricorda l'Arcivescovo Nassar -, negli stessi vicoli che San Paolo ha dovuto percorrere al tempo della sua conversione e del battesimo ricevuto da Anania, “11 mila martiri nel 1860 hanno arrossato col loro sangue ogni centimetro quadrato”. Finora Bab-Touma era stato risparmiato dalle violenze che sconvolgono la Siria dal 15 marzo 2011. Adesso – si chiede Nassar – quale messaggio si è voluto dare con una strage programmata di domenica, proprio nella parte della Città Vecchia dove sono concentrate le chiese cristiane? “E' la violenza gratuita che bussa alla porta per terrorizzare gli ultimi cristiani già prostrati?”
Davanti al terrore e alla violenza – conclude l'Arcivescovo maronita – l'annuncio cristiano si manifesta più che mai come quello “della Croce redentrice, dell'amore e del perdono”. E i cristiani di Damasco e della Siria hanno bisogno dell'amicizia e della preghiera di tutti per farsi carico di una condizione segnata da una “solitudine caotica e amara”.

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40144&lan=ita

domenica 21 ottobre 2012

Gregorios III Laham, patriarca di Damasco: incontro a Roma su “Musalaha. I cristiani siriani e il ministero della riconciliazione”

 
Chiesa che è nell'Islam
S.I.R. Domenica 21 Ottobre 2012
Esplosione nel quartiere cristiano di Damasco Bab Touma il 21 ottobre 2012
“Quando sento dire che dobbiamo introdurre la democrazia in Siria, io rispondo che non ce n’è bisogno”. Sua beatitudine Gregorios III Laham, patriarca di Damasco, ha aperto così, ieri pomeriggio a Roma nell’aula Pio XI del Palazzo San Calisto, l’incontro su “Musalaha. I cristiani siriani e il ministero della riconciliazione” organizzato dalla fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre”.
Dove tutti sono uguali. Secondo le statistiche, in Siria, finora, “sono state 30mila le vittime della più grande guerra in termini di bugia e ipocrisia”, ha detto il patriarca che guida 350mila fedeli. Nel panorama del mondo arabo, “la Siria è il Paese meno povero, benché senza petrolio, con meno analfabetismo”, e basti pensare che nel “civile” Egitto a non saper leggere e scrivere è il 50% della popolazione, “gli ospedali e l’insegnamento nelle scuole sono gratuiti, il commercio è libero, la donna pure, e partecipa alla vita politica, sociale, religiosa ed economica. Dal 2012, con la crisi, sono nati dodici partiti, abbiamo una nuova costituzione, un business bancario, l’economia è molto sviluppata. Quello siriano è uno stato socialista laico credente, migliore di molti stati europei che non vogliono riconoscere le loro radici cristiane. La Siria è un Paese in cui tutti sono uguali, musulmani, cristiani. È l’unico stato musulmano senza religione di stato, e il primo ministro è pure un cristiano”.

Una via “altra”. Quanto al ministero della riconciliazione (“musalaha”), “è un segnale di apertura in questa Siria così maltrattata”, sottolinea il patriarca di Damasco: “La crisi della Siria è frutto della divisione del mondo arabo, che principalmente ha bisogno di riconciliazione. Noi siamo la Chiesa incarnata nel mondo arabo. Siamo la Chiesa degli arabi - ha proseguito - ed essendo questi a maggioranza musulmani, siamo di conseguenza la Chiesa dei musulmani. La Chiesa è nell’islam, con l’islam e per l’islam. Gran parte della cultura cristiana è musulmana e viceversa. Purtroppo la stampa dice che solo i cristiani hanno privilegi ma non è vero: tutti, senza discriminazioni, in Siria hanno pari diritti e doveri”. Allo stato attuale, però, “c’è bisogno di tempo: la rivoluzione ha bisogno di evoluzione, sennò diventa distruzione. Il Paese è preparato, ha una storia e una tradizione, ha un patrimonio. Quanto a noi cristiani, non siamo migliori di altri, siamo qualcos’altro, cerchiamo un’altra via, e la riconciliazione per me è questo ‘something else’, qualcos’altro. Non abbiate paura, dico ai miei fedeli, di essere gregge, sale e lievito della società”.

Una parte del problema. All’incontro è intervenuta anche madre Agnès-Mariam de La Croix, coordinatrice del gruppo di supporto internazionale al movimento “Musalaha”: “Lavoriamo per il popolo siriano nella sofferenza terribile per questa guerra che nessuna stampa ha sottolineato e per le pressioni dei grandi interessi internazionali. Questo popolo un anno fa, in un grande incontro con mille rappresentanti associativi, ha fatto il patto di non prendere le armi uno contro l’altro. Il patto del popolo siriano non è politico, ma nazionale, per questo è nata la Musalaha”. A fianco del movimento nato dal basso si colloca il “gruppo internazionale di supporto al Musalaha in Siria, con sede a Sidney e uffici in Francia, Italia, Inghilterra e Irlanda. Tra le attività, relazioni e negoziazioni con organizzazioni non governative e legislatori, deputati, senatori. L’intera comunità internazionale, così come l’Unione europea, vuole una soluzione pacifica al conflitto in Siria. E molte persone pregano perché si fermi la violenza, che non è la soluzione, ma una parte del problema”.

Edificare ponti. “Vengo da una famiglia ortodossa, ma il Signore mi ha chiamato ad essere francescano”, ha raccontato padre Ibrahim Alsabagh, siriano. “A Damasco nello stesso edificio vivono famiglie di tutte le religioni, quand’ero alle elementari avevo amici ebrei e tanta gente, anche oggi, quando passa un religioso, di qualunque tipo egli sia, si alza in piedi in segno di rispetto. Quando sono andato a studiare all’università ebraica Gerusalemme avevo paura, ma giravo con l’abito: noi abbiamo un’identità cristiana, il Signore ci spinge ad esternarla, non possiamo rimanere entro noi stessi, esistere o vivere in qualche posto senza edificare ponti con la gente con cui viviamo”. Secondo padre Ibrahim “la gente ha capito che il fondo della riconciliazione è il ritorno in sé, come ha fatto il figliol prodigo. È una lettura teologica, spiega veramente quella che può essere la riconciliazione. La nostra presenza è molto importante ma anche molto minacciata. Senza questa presenza, chi dovrà edificare ponti?”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=248563&rifi=guest&rifp=guest

La Chiesa in Siria, «nell’islam, con l’islam e per l’islam»
Il patriarca di Antiochia Gregorios III Laham racconta l'esperienza del movimento "Musalaha" (riconciliazione) nell'unica nazione «laica» tra gli stati arabi. Svelando la bugia di una guerra «falsamente civile»
da RomaSette.it - di Elisa Storace

“Musalaha” in arabo vuol dire “riconciliazione”. In Italia questo termine suona familiare solo a pochi addetti ai lavori, ma in Siria in questo momento è molto conosciuto ed è sinonimo di speranza. È infatti il nome di un movimento interreligioso di iniziativa popolare, nato spontaneamente qualche mese fa per dire no alla guerra civile che insanguina il Paese. Un movimento formato da musulmani e cristiani, laici e religiosi, uomini e donne. Un gruppo eterogeneo, unito da un desiderio di pace che, ormai da mesi, rappresenta l’unica aspirazione della maggioranza silenziosa del popolo siriano.
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