SOS Cristiani d’Oriente
Un
quartiere che adesso non esiste più, che non ha più le persone care
perché sono morte o sono fuggite e manca degli edifici perché ora
sono soltanto macerie. Da
europeo ci si aspettano capre,
beduini del deserto e case malfatte, ma quando non sono i media a
parlare ma i tuoi occhi, la storia prende un altro senso. Sebbene
partito informato non mi sarei mai aspettato quello che ho visto:
autostrade efficienti, vicoli ricchi di gente la sera, case ben
arredate. Paesaggi
magnifici che raccontano di fortezze inespugnabili, amicizie di lunga
data e amori interminabili.
Le
città di Damasco con la bellissima moschea degli Omayadi, Maalula
con la sua gente speciale che parla aramaico e le moush moush e
infine Aleppo
con la sua imponente cittadella.
La prima cosa che si vede nelle città infatti è la distruzione
nelle periferie, ma il cuore della città rappresenta le più belle
meraviglie che nonostante la guerra sono ancora lì. Il
cuore della Siria batte ancora.
Ma
quando si viaggia, al ritorno non si portano indietro le foto dei
monumenti ma i ricordi delle persone. Sabine, Nour, Farah, Heghine,
Abd Al, Rita, Joseph, Maria, Patrissia, Hana, Athar per citarne
alcuni: sono stati loro a plasmare quello che ho vissuto qui. Il
sorriso amaro della guerra ma la speranza nei loro occhi. Mi
hanno fatto riscoprire la gentilezza e l’ospitalità che si dà ad
uno sconosciuto. Un aprirsi all’altro, un condividere quello che si
ha senza chiedere nulla in cambio. Ho ricevuto regali, cene, inviti
ad atelier e perfino sigari cubani (e non fumo) ma non ho mai sentito
pressioni di
dover dare indietro qualcosa riscoprendo il puro piacere di stare
insieme.
L’umanità
vuol dire questo: stare insieme non perché ci si aspetta qualcosa ma
per il semplice fatto che siamo esseri umani. Significa essere
vulnerabili ed aprirsi all’altro senza aver paura di mostrare chi
si è. Nel
mio viaggio ho incontrato molti “perfetti” che mostrano una
felicità apparente ma che contengono un pozzo di sofferenza. Ma
l’uomo è imperfetto ed è in questo che risiede la sua bellezza,
la bellezza di raccogliere ogni volta qualcosa di nuovo e scoprirsi
sempre di più nell’incontro con l’altro in un circolo infinito.
E la Siria mi ha donato quel qualcosa in più. Mi ha donato la storia
di Abir, donna di un martire che prega disperatamente per il ritorno
del suo marito prigioniero di Daesh, dei monaci di Qara che si sono
ritrovati tra il fuoco dell’esercito siriano e dei terroristi, di
Mike che nonostante le lunghe sparatorie sotto casa sua non
perdeva la
voglia di mettersi sui libri e sapere che un futuro migliore un
giorno sarebbe arrivato,
di tutti quei giovani siriani che per dieci anni non hanno potuto
conoscere la propria città costretti a rimanere nel proprio
quartiere. Questo fa riflettere. Fa riflettere non solo sulla
brutalità della guerra ma sulla nostra stessa vita.
“C’erano
giorni in cui pensavi che non ci saresti stato più” mi hanno
ripetuto spesso i siriani. E’ un monito alla vita. A reagire alle
sofferenze e “rischiare” di trovare la propria strada perché chi
ha passato la guerra sa che ogni istante che ha adesso, è un regalo.
E’
un monito a rischiare la vita che si ha sempre sognato perché molti
uomini muoiono ogni giorno. Muoiono
spiritualmente perché non mettono la propria passione, la propria
volontà, la propria gioia in quello che veramente vogliono fare e
così si lasciano morire ogni giorno e arriva il momento che si
chiedono “ se in 60 anni della mia vita non è cambiato nulla
perché ho vissuto?”.
Vivete,
vivete le vostre passioni, amate il prossimo e fidatevi degli altri.
Iacopo