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domenica 16 ottobre 2016

La stragrande maggioranza degli abitanti di Aleppo plaude vivamente all’offensiva dell’Esercito siriano. Mons Audo: "A poco a poco sarà la fine di questa bella comunità cristiana di Aleppo"

ancora una volta colpito dai jihadisti il quartiere armeno 

Aleppo città martire


di Nabil Antaki
Pubblicato nella rivista Témoignage Chrétien il 6 ottobre 2016

Nonostante la guerra fosse iniziata in Siria nel marzo del 2011, essa effettivamente si propagò in Aleppo nel luglio 2012, quando i «ribelli» armati occuparono alcuni quartieri della zona est, provocando lo sfollamento di cinquecentomila abitanti che non volevano vivere sotto il controllo degli islamisti. Da quel momento, la città è divisa in due parti: la zona est, con il 25% della superficie totale, dove vivono oggi duecentomila abitanti, mentre il resto ha cercato rifugio nella zona occidentale, sotto la protezione dello Stato siriano, che comprende il 75% del territorio complessivo ed è abitata da un milione e mezzo di abitanti.

Dal 2012, i ribelli islamisti lanciano quotidianamente proiettili di mortaio e bombole di gas, riempite di chiodi ed esplosivo, sui quartieri ovest di Aleppo, causando morti e feriti gravi. Due anni fa, hanno anche interrotto l’approvvigionamento idrico (le autorità cittadine hanno fatto scavare trecento pozzi in pieno centro per sostituire l’acqua corrente.) e l’alimentazione elettrica, e più volte hanno imposto blocchi per impedire il rifornimento di derrate alimentari, oli combustibili e altri generi di prima necessità, con conseguenze gravissime.

L’Esercito siriano, con l’appoggio dei suoi alleati, lotta da quattro anni per liberare Aleppo est dai ribelli armati e restituirla all’amministrazione dello Stato, ma senza esito positivo. Da una parte e dall’altra, bombardamenti e cecchini hanno causato migliaia di vittime e, da quattro anni, la vita in città è un inferno.
Un mese fa, i ribelli armati hanno preso il controllo dell’unica strada che collega Aleppo ovest al resto del mondo, impedendo, come molte volte negli anni scorsi, agli abitanti di lasciare la città o di rientrarvi e causando gravi penurie. Dopo tre settimane di combattimenti, le truppe governative sono riuscite a riconquistarla ed hanno messo sotto assedio i quartieri est. Da due settimane, i ribelli sono quindi bloccati insieme agli abitanti che hanno scelto di non allontanarsi.

Lo Stato siriano è ormai fermamente deciso a liberare una volta per tutte Aleppo dalle grinfie dei terroristi di al-Nusra, che occupano i quartieri est (al-Nusra è considerato unanimemente dalla comunità internazionale un gruppo terroristico al pari di Daesh).
Dato che l’Esercito siriano è riuscito ad assediare la parte ribelle di Aleppo, impiega bombardamenti aerei e combattimenti terrestri per raggiungere il suo obiettivo, ma prima di iniziare l’attacco ha lanciato volantini ed inviato messaggi SMS, chiedendo alla popolazione civile rimasta – la maggioranza ha abbandonato Aleppo est nel corso degli anni – di allontanarsi e rifugiarsi nella zona ovest. Ha aperto sette posti di passaggio e molti ne hanno approfittato rischiando la vita, poiché i gruppi armati li ostacolavano, per utilizzarli come scudi umani. Questi atti di guerra fanno naturalmente numerose vittime tra i terroristi, ma anche tra la popolazione civile.

D’altra parte, i terroristi di Aleppo est hanno intensificato i bombardamenti dei quartieri residenziali di Aleppo ovest, con decine di vittime quotidiane. Mercoledì 28 settembre, un diluvio di bombe e bombole è precipitato sul quartiere cristiano di Azizie, causando dieci morti e un numero doppio di feriti. Venerdì 30 settembre, tutti i quartieri di Aleppo sono stati sotto tiro dei ribelli con un bilancio gravissimo: trentasei morti e numerosi feriti gravi.

I media occidentali mostrano, però, soltanto immagini con le distruzioni, la sofferenza degli abitanti di Aleppo est e l’indignazione della comunità internazionale. Nessuna notizia, invece, sulla sofferenza degli abitanti di Aleppo ovest, sui morti e feriti causati dai bombardamenti dei ribelli.
I cristiani di Aleppo hanno vissuto da sempre nei quartieri del centro città e della zona occidentale. In quattro anni di guerra, tre quarti di loro hanno preso il cammino dell’esodo. Attualmente ne restano circa quarantamila, e i bombardamenti degli ultimi giorni li hanno colpiti deliberatamente.

La stragrande maggioranza dei cittadini di Aleppo ovest plaude vivamente all’offensiva dell’Esercito siriano. Durante quattro anni, hanno troppo sofferto per i tagli dell’acqua e dell’elettricità, per i numerosi blocchi e per i proiettili di mortaio che, ogni giorno, hanno falcidiato le loro donne, i loro mariti, i loro figli i loro amici ed hanno spinto all’esodo metà della popolazione. Essi pensano che è dovere dello Stato proteggere la popolazione e liberare le città.

Noi ripudiamo le inumane azioni di guerra, noi denunciamo i crimini di guerra, siamo atterriti per tutte le sofferenze patite, ma siamo anche indignati per la lettura parziale e distorta che i media fanno della guerra di Aleppo.
Tutti i Siriani, e particolarmente gli Aleppini, aspirano alla pace. Hanno nostalgia del loro bel Paese stabile, sicuro, prospero e laico dell’anteguerra. Nessuno desidera vivere sotto un regime islamista, e tutti vogliono che questa guerra – che ha generato trecentomila vittime, il doppio di feriti e mutilati, otto milioni di sfollati, tre milioni di rifugiati su una popolazione di ventitré milioni [quasi nove milioni di Siriani si sono riparati nelle zone controllate dal governo, n.d.r] – cessi mediante un processo politico e negoziato.

Nabil Antaki (Maristi blu)
Aleppo, 30 settembre 2016

P.S. Dal 30 settembre, il bilancio delle vittime di Aleppo ovest non cessa di aggravarsi e piangiamo ogni giorno numerose vittime.
Nabil Antaki

Traduzione : Maria Antonietta Carta


13 ottobre 2016, Sulaymaniyeh (quartiere cristiano di Aleppo ovest) missili ribelli colpiscono la scuola  elementare al-Ta'ai Grammar School : uccidono 4 bambini e moltissimi feriti


Radio Vaticana, 15 ottobre 

Ieri ha fatto il giro del mondo il disperato appello delle Carmelitane di Aleppo alla comunità internazionale affinché ponga fine a questa guerra. Per una testimonianza dalla martoriata città, Mons. Antoine Audo, presidente di Caritas Siria e vescovo caldeo di Aleppo:
  R. – Quella delle Carmelitane è una testimonianza seria, degna di fiducia. Si tratta di tre suore carmelitane francesi di grande qualità che sono qui da anni con altre religiose siriane. Io le conosco bene: ogni mercoledì mi reco da loro per celebrare la Messa e passare un po’ di tempo con loro. 
Per noi è importante far sapere che nella parte Ovest, dove ci sono due milioni di abitanti, ci sono molti cristiani che abitano nel loro quartiere, ma anche tanti che sono partiti. Nessuno parla di tutte queste bombe che cadono ovunque, anche sui cristiani.

D. - Fino a poco tempo fa le organizzazioni umanitarie operavano solo nella parte della città controllata dai miliziani…
R. - Noi come Caritas ci troviamo sul posto. Ci sono tanti gruppi che lavorano, come la Croce Rossa, si fa un lavoro organizzato ma il problema è che da noi questi bombardamenti ci sono ogni giorno dappertutto e nessuno ne parla. Ad esempio, ieri mattina hanno bombardato una scuola nel quartiere cristiano, hanno ucciso quattro o cinque bambini, una cinquantina di feriti. Una scuola!

D. - Perché secondo lei i mezzi di comunicazione non parlano di Aleppo Ovest?
R. - Penso che quelli che hanno il controllo delle informazioni dell’Occidente hanno un’agenda politica. Dobbiamo come cristiani, come gente onesta, chiedere chi c’è dietro questa manipolazione, questa strumentalizzazione dei media. Questo è molto chiaro per noi.

D. - Secondo le stime più aggiornate i cristiani rimasti ad Aleppo sono appena 35mila. Che futuro per queste persone? Quali speranze?
R. - Penso che se la guerra va avanti nessuno rimarrà ad Aleppo. Questa è la mia convinzione. Chi può parte. Solo quelli che non possono, quindi i poveri e gli anziani rimangono qui. A poco a poco sarà la fine di questa bella comunità cristiana di Aleppo. Questo è il nostro dramma e questa è la nostra sofferenza. Cerchiamo di fare tutto quello che possiamo. Diciamo: “Pace! Pace! Pace”, ma dall’altra parte non c’è pace, bensì “ Guerra! Guerra! Guerra”. Fino alla distruzione.