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giovedì 23 giugno 2016

Quali soluzioni al conflitto in Siria? parla il gesuita Ziad Hilal


Il paese dove  il giovane gesuita Ziad Hilal è nato 42 anni fa, è passato attraverso "cinque anni di guerra, una guerra dove tutti sono contro tutti", lamenta, con calma, nella sede di Montreal di Aiuto alla Chiesa che Soffre, un'organizzazione che sostiene finanziariamente i progetti che egli aveva iniziato a Homs, Aleppo e Damasco. Questa città, con il suo glorioso passato, ha visto violenti scontri prima della partenza di padre Hilal dalla Siria.
"La guerra ha fatto 5 milioni di rifugiati, 10 milioni di sfollati, 300.000 morti, più di 100.000 feriti, disabili e mutilati." Il gesuita lancia questi numeri di getto. Ed aggiunge che "i bambini hanno perso le loro scuole" e che "metà del paese è distrutto."
"E' questa la Siria oggi.".  Ma c'è una seconda immagine del paese, aggiunge il padre Hilal, che è raramente indicata nei media.  "Questo è un paese in cui la società civile è giorno e notte al lavoro per difendere il popolo, aiutarlo a sopravvivere, educare i bambini, ridurre le tensioni tra i gruppi militanti, cercare la pace e la riconciliazione".
"Questa crisi, per quanto mortale di fatto sia, mostra anche la bellezza del cuore dei Siriani", continua Ziad Hilal, abbozzando un sorriso furtivo.  Poi cita le parole del suo superiore, padre Frans van der Lugt. Il gesuita olandese assassinato nella sua casa a Homs, il 7 aprile 2014, ripeteva che "i siriani sono noti per la loro pazienza, e grazie a questa pazienza arriveranno un giorno a ritrovare la pace."
Il giovane gesuita ricorda che 900 metri lo separavano dal suo superiore, rimasto nella città vecchia di Homs quando questa parte della città fu assediata. "Non siamo riusciti a vederci gli uni gli altri per più di due anni. Lui era rimasto nella nostra casa. Comunicavamo per telefono.". L'assedio della città vecchia sarà tolto nel maggio 2014, poco dopo l'uccisione di Frans van der Lugt.    
"E' grazie a lui che siamo riusciti a tornare alla nostra residenza. L'omicidio di padre Frans è ciò che ha aperto le porte della città vecchia. E' la sua morte che ha fatto spostare la grande pietra, come dice il Vangelo. La casa è stata distrutta per metà, ma il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati ha installato una cucina che dà 2000 pasti caldi al giorno alle persone che hanno fatto ritorno ".
Le soluzioni?  
"Ogni guerra ha necessariamente una fine", dice il gesuita. Ma tre ingredienti sono essenziali per raggiungere questo obiettivo. Sono " il perdono, il dialogo e la riconciliazione, senza i quali si continuerà a uccidersi a vicenda."Parole che la comunità internazionale non capisce, egli crede.   "Le forze internazionali hanno iniziato a sostenere un gruppo contro l'altro. Esse non hanno favorito fin dall'inizio il dialogo tra tutte le parti e non possono accordarsi sulla risoluzione dei problemi." 
In questo paese devastato dalla guerra dove egli è nato, ogni paese coinvolto "cerca i suoi interessi personali." La prova di quello che dice? Il numero di armi che si trova oggi in Siria. "Alcuni paesi hanno aumentato la loro fortuna grazie o a causa, non so come dire, della guerra nel mio paese." 
Il Canada deve lavorare per la pace e la riconciliazione ", dice. "Non ci sono altre soluzioni. Dare armi o denaro per combattere è provocare la guerra. Se si continua ad alimentare la guerra, si giungerà davvero a distruggere la Siria ".
Ai primi di luglio, il padre Ziad Hilal tornerà a Homs?  Non lo sa ancora. "Aspetto la mia nuova missione," dice. Ma sarà nel suo paese.