Il paese dove il giovane gesuita Ziad Hilal è nato 42 anni fa, è passato attraverso "cinque anni di guerra, una guerra dove tutti sono contro tutti", lamenta, con calma, nella sede di Montreal di Aiuto alla Chiesa che Soffre, un'organizzazione che sostiene finanziariamente i progetti che egli aveva iniziato a Homs, Aleppo e Damasco. Questa città, con il suo glorioso passato, ha visto violenti scontri prima della partenza di padre Hilal dalla Siria.
"La
guerra ha fatto 5 milioni di rifugiati, 10 milioni di sfollati,
300.000 morti, più di 100.000 feriti, disabili e mutilati." Il
gesuita lancia questi numeri di getto. Ed aggiunge che "i
bambini hanno perso le loro scuole" e che "metà del paese
è distrutto."
"E'
questa la Siria oggi.". Ma c'è una seconda immagine del paese,
aggiunge il padre Hilal, che è raramente indicata nei media.
"Questo è un paese in cui la società civile è giorno e notte
al lavoro per difendere il popolo, aiutarlo a sopravvivere, educare i
bambini, ridurre le tensioni tra i gruppi militanti, cercare la pace
e la riconciliazione".
"Questa
crisi, per quanto mortale di fatto sia, mostra anche la bellezza del
cuore dei Siriani", continua Ziad Hilal, abbozzando un sorriso
furtivo. Poi cita le parole del suo superiore, padre Frans van
der Lugt. Il gesuita olandese assassinato nella sua
casa a Homs, il 7 aprile 2014, ripeteva che "i siriani sono noti
per la loro pazienza, e grazie a questa pazienza arriveranno un
giorno a ritrovare la pace."
Il
giovane gesuita ricorda che 900 metri lo separavano dal suo
superiore, rimasto nella città vecchia di Homs quando questa parte
della città fu assediata. "Non siamo riusciti a vederci
gli uni gli altri per più di due anni. Lui era rimasto nella
nostra casa. Comunicavamo per telefono.". L'assedio della
città vecchia sarà tolto nel maggio 2014, poco dopo l'uccisione di
Frans van der Lugt.
"E' grazie a lui che siamo riusciti a tornare alla nostra
residenza. L'omicidio di padre Frans è ciò che ha aperto le
porte della città vecchia. E' la sua morte che ha fatto
spostare la grande pietra, come dice il Vangelo. La casa è
stata distrutta per metà, ma il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati
ha installato una cucina che dà 2000 pasti caldi al giorno alle
persone che hanno fatto ritorno ".
Le soluzioni?
"Ogni guerra ha necessariamente una fine", dice il gesuita. Ma tre ingredienti sono essenziali per raggiungere questo obiettivo. Sono " il perdono, il dialogo e la riconciliazione, senza i quali si continuerà a uccidersi a vicenda.". Parole che la comunità internazionale non capisce, egli crede. "Le forze internazionali hanno iniziato a sostenere un gruppo contro l'altro. Esse non hanno favorito fin dall'inizio il dialogo tra tutte le parti e non possono accordarsi sulla risoluzione dei problemi."
"Ogni guerra ha necessariamente una fine", dice il gesuita. Ma tre ingredienti sono essenziali per raggiungere questo obiettivo. Sono " il perdono, il dialogo e la riconciliazione, senza i quali si continuerà a uccidersi a vicenda.". Parole che la comunità internazionale non capisce, egli crede. "Le forze internazionali hanno iniziato a sostenere un gruppo contro l'altro. Esse non hanno favorito fin dall'inizio il dialogo tra tutte le parti e non possono accordarsi sulla risoluzione dei problemi."
In
questo paese devastato dalla guerra dove egli è nato, ogni paese
coinvolto "cerca i suoi interessi personali." La prova
di quello che dice? Il numero di armi che si trova oggi in
Siria. "Alcuni paesi hanno aumentato la loro fortuna grazie o a
causa, non so come dire, della guerra nel mio paese."
“Il Canada deve lavorare per la pace e la riconciliazione ", dice. "Non ci sono altre soluzioni. Dare armi o denaro per combattere è provocare la guerra. Se si continua ad alimentare la guerra, si giungerà davvero a distruggere la Siria ".
“Il Canada deve lavorare per la pace e la riconciliazione ", dice. "Non ci sono altre soluzioni. Dare armi o denaro per combattere è provocare la guerra. Se si continua ad alimentare la guerra, si giungerà davvero a distruggere la Siria ".
Ai
primi di luglio, il padre Ziad Hilal tornerà a Homs? Non lo sa
ancora. "Aspetto la mia nuova missione," dice. Ma
sarà nel suo paese.