Al-Qaeda alleato dei ribelli islamici nella lotta
contro Assad
Foto, video e rivendicazioni di
attentati confermano la presenza di centinaia di miliziani sul territorio
siriano. La maggior parte proviene da Paesi esteri, fra cui Russia, Somalia e
Mali. Organizzazione britannica per la difesa lancia l'ipotesi di un colpo di
Stato militare guidato dai Paesi occidentali.
Damasco (AsiaNews/ Agenzie) - Nel nord ovest della Siria i ribelli che
lottano contro il regime di Assad hanno trovato un alleato di eccezione:
al-Qaeda e centinaia di islamisti provenienti da Paesi stranieri. Gli Stati più
rappresentativi sono Iraq, Libia, Egitto, Afghanistan. Ma vi sono anche
militanti da Russia (Cecenia), Ucraina, Mali e Somalia. La presenza degli
estremisti è confermata da diversi video apparsi su siti jihadisti, che mostrano
uomini con il volto coperto che inneggiano alla guerra santa mostrando fucili
mitragliatori, bombe e sventolando la bandiera nera di al-Qaeda. In un filmato
apparso nei giorni scorsi e postato su Youtube una voce fuori campo grida
"stiamo formando cellule di kamikaze per continuare la guerra santa in nome di
Dio".
A tutt'oggi l'opposizione nega la presenza di gruppi estremisti islamici fra
le sue fila, ma secondo gli esperti i confini con Turchia e Iraq sono diventati
dei veri e propri centri di raccolta per miliziani di tutto il mondo islamico
sunnita. Alcuni hanno definito lo scenario siriano "un magnete" per al-Qaeda e i
suoi affiliati. Testimoni raccontano che a Bab al-Hawa, posto di blocco sul
confine turco, centinaia di stranieri sono entrati in questi giorni per
sostenere l'esercito libero siriano nella battaglia di Aleppo. Ciò che spinge
queste persone ad attraversare l'Asia o il Nord Africa, non è il desiderio di
democrazia, ma la punizione esemplare dei "nusayrs" (eretici) nome dispregiativo
per definire gli alawiti, la setta sciita di Bashar al-Assad.
L'aumento dei combattimenti nella provincia settentrionale di Aleppo ha
attirato in questi giorni centinaia di jihadisti provenienti dall'Iraq. La
conferma giunge anche da una recente indagine del governo iracheno, secondo cui
i militanti operativi sul territorio siriano fanno parte dello stesso gruppo che
ha rivendicato gli attentati che hanno sconvolto l'Iraq in questi ultimi mesi.
"Le nostre liste di sospetti - afferma Izzar al-Shahbandar, consulente del primo
ministro - combaciano con quelle delle autorità siriane". Le foto comparse su
alcuni forum legati ad al-Qaeda mostrano anche gruppi di veterani della guerra
in Libia. Secondo Naharnet, agenzia libanese, in alcune appaiono uomini vestiti
di nero che brandiscono uno striscione con scritto: "I rivoluzionari della
brigata di Tripoli". La conferma di una frenetica attività degli estremisti
islamici sul suolo siriano giunge dal numero di attentati rivendicati dalla
stessa al-Qaeda. Da dicembre il sono almeno 35 gli attentati con autobombe e 10
gli attentati suicidi avvenuti sul suolo siriano. Di questi 4 sono stati
rivendicati dal "Fronte Nusra" di Al Qaeda.
La presenza di gruppi jihadisti fra l'esercito libero siriano ha sollevato
molte polemiche anche sul piano diplomatico. Ieri Sergey Lavrov, ministro degli
Esteri russo, ha accusato gli Stati Uniti di sostenere con la sua politica anti
Asssasd i ribelli islamici. Egli ha criticato la posizione di Susan Rice,
ambasciatore Usa all'Onu, che non ha condannato l'attentato di Damasco dello
scorso 18 luglio costato la vita a diversi membri di spicco del regime,
chiedendo invece l'imposizione di nuove sanzioni.
Intanto, si fa sempre più strada l'ipotesi di un intervento armato per
deporre il presidente Assad. Uno studio del Royal United Services
Institute (RUSI), organizzazione britannica specializzata in questioni di
politica internazionale e difesa, avverte su un probabile scontro fra gruppi
sunniti sostenuti da Arabia Saudita e altri Stati arabi e milizie sciite, fra
cui Hezbollah ed esercito regolare siriano, appoggiati dall'Iran. A ciò si
aggiunge la minaccia delle armi chimiche in mano al regime siriano. La presenza
di armi chimiche preoccupa Israele che ha già iniziato a distribuire maschere
anti-gas nelle città al confine con la Siria. Nei giorni scorsi Shimon Peres,
presidente israeliano, ha dichiarato che il probabile utilizzo di armi non
convenzionali da parte del regime di Damasco mette a serio rischio la sicurezza
di Israele. In caso di una caduta del regime, Peres teme il potenziale
trasferimento di armi pesanti o chimiche dell'arsenale siriano agli integralisti
sciiti libanesi di Hezbollah o all'Iran, ma anche il furto da parte di gruppi
islamici legati ad al-Qaeda.
Secondo Michael Clarke, responsabile del Rusi, un intervento militare
dell'occidente è necessario prima che la guerra degeneri. "Non siamo noi che ci
stiamo muovendo verso l'intervento - afferma - ma è l'intervento stesso che si
muove verso di noi". Clarke sostiene che gli eventi degli ultimi giorni hanno
creato un cambiamento radicale nella situazione che allontana la possibilità di
una soluzione diplomatica del conflitto". Il responsabile del Rusi consiglia
l'intervento di forze speciali sul territorio a sostegno dei gruppi ribelli, già
utilizzate in Afghanistan nel 2001 e in Libia nel 2011. Tali operazioni
potrebbero anche includere un colpo di stato contro il regime.
http://www.asianews.it/notizie-it/Al-Qaeda-alleato-dei-ribelli-islamici-nella-lotta-contro-Assad-25392.html
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giovedì 26 luglio 2012
Dove è la verità? media e la violenza: la televisione di Agnès-Mariam de la Croix
“Con questa violenza non avremo neanche un grammo di libertà”. A dirlo, nel
corso dell’incontro che si è tenuto ieri pomeriggio nella sala Metodista di
Roma, è stata madre Agnès-Mariam de la Croix, religiosa
palestinese che vive in Siria, superiora del monastero Deir Mar Yacoub a Qara,
nel governatorato di Homs.
La convivenza, “successo sociale che viene dal cuore”. “Vivo in Siria dal 1994, e la Siria, sotto il regime di Assad, aveva una sicurezza invidiabile, certamente per la repressione, ma anche per il tessuto sociale che viveva secondo un’alleanza, rispettando un patto. Che non è frutto di nessun regime, ma è esso stesso fondamento e sostegno del governo”, racconta la religiosa carmelitana, che da mesi aiuta le vittime civili del conflitto e sostiene la causa del negoziato e della pace. “Damasco è la capitale più antica del mondo abitato, e la Siria è fatta da molte entità etniche, confessionali e razziali. Il problema della convivenza - spiega - non è politico, ma sociale: se una persona accetta l’altro non viene siglato un accordo politico, ma un successo sociale che viene dal cuore. Non è stabilito da nessun regime, ma dalle persone”. Oggi le grandi potenze hanno deciso di “fermare questo regime dimenticando il patto sociale che è origine e forza della convivenza nella società. Come se la Siria - prosegue - fosse un minorenne incapace di decidere per sé, e avesse bisogno di una nutrice. Intromettersi così nella vita di una popolazione è contro la legge delle Nazioni Unite: una nazione autonoma e indipendente ha diritto di scegliere per sé stessa la realtà e il futuro. È a causa dell’ingerenza degli altri - sottolinea - che la Siria vive una fase di drammatica fatica”.
Se “il mondo racconta tutta un’altra storia”. E i mass media, secondo madre Agnès-Mariam, hanno grosse responsabilità: “Pensano a fare titoli altisonanti: indipendenza, libertà, democrazia. Tutti i mezzi di comunicazione del pianeta formano una sola voce per convincere che la realtà è quella che dicono loro. Ma è tutta una bugia, una manipolazione mediatica”, afferma. La verità “non è quella degli schermi tv o delle pagine dei giornali. Ci sono giornalisti che ammettono di non poter raccontare quello che vedono. C’è in atto un’influenza totalitaria per fare di tutti noi un solo pensiero. Certo, noi tutti vogliamo che i siriani vivano in democrazia, ma secondo una loro scelta. E comunque questa guerra non è per la democrazia, ma per il gas. La Siria è più ricca di quanto si pensi, vicino al nostro monastero hanno scoperto uno dei giacimenti più grandi. Come religiosa – aggiunge - credo nella liberazione spirituale, nella possibilità di lottare per la libertà. Credo sia un dovere aiutare un povero che vuole la sua autonomia e non la avrà perché il mondo racconta tutta un’altra storia. Credo che bisogna essere testimoni veri della sfida del popolo vittima degli attentati”.
“Viviamo in una menzogna grandissima”. Madre Agnès-Mariam riferisce di aver visto con i suoi occhi “centinaia di civili uccisi da forze armate dell’opposizione. I banditi li prendono in ostaggio, e i mercenari provenienti da Libano e Giordania invadono le zone residenziali di Damasco: questo è contrario alla Convenzione di Ginevra, ma in migliaia entrano senza permesso, per fare la guerra. In quarantotto ore un milione di persone sono state costrette a fuggire da un quartiere ad un altro. Non sono i ribelli che posizionano cariche da un chilo e mezzo di dinamite, sono forze ben più potenti a farlo”. In grande pericolo, oggi, è la città di Aleppo: “non ha voluto partecipare a tutti questi mesi di sollevazione. Ma dal nord, vicino al confine con la Turchia, arrivano mercenari tunisini, libici, arabi, pakistani, libanesi, sudanesi e afghani: i mercenari vengono per distruggere, non sono certo un esercito di liberazione. Viviamo in una menzogna grandissima - aggiunge - dove si pagano migliaia di dollari perché ciascuno di noi ci creda. Ringrazio Dio che ogni giorno persone libere si alzano per dire quello che non è vero”. Il 90% del Consiglio nazionale siriano, che riunisce gran parte dei gruppi di opposizione, “non viene in Siria da trenta o più anni”. Quanto a Paesi come l’Arabia Saudita e il Qatar, che appoggiano i ribelli, la superiora riflette: “La libertà non esiste in Arabia Saudita: io sono forse libera di andare in giro col mio abito, e con questa mia croce? Come è possibile che questo Paese, allora, dia orientamenti sul cambiamento della Siria? Come è possibile che lo faccia il Qatar, che ha solo pochi anni?”.
Un cammino verso la verità. “Mussalaha”, che vuol dire “riconciliazione”, è un movimento siriano nato dall’impegno della società civile e raccoglie aderenti di ogni etnia, fede e credo politico. Madre Agnès-Mariam, che sostiene il progetto, è fiduciosa: “spero nell’inizio della riconciliazione nazionale, nel rifiuto dell’uso delle armi. La speranza, oggi, per la Siria, è tutta riposta nel popolo siriano stesso, abituato a vivere nella diversità. Non è necessario insegnare ai cristiani d’Oriente come dialogare con l’Islam, perché questo accade da secoli”. Oggi i cristiani hanno paura che la tragedia di Homs si ripeta, ma “dire che sono stati appoggiati e privilegiati dal governo è una calunnia”, sostiene la religiosa, “perché, ad esempio, ogni imam veniva pagato dallo Stato, mentre i ministri di culto cristiani no. E poi nella Siria secolare i cristiani non hanno gli stessi diritti dei musulmani: un cristiano può convertirsi all’Islam, ma un musulmano non può essere registrato come cristiano”. Ad ogni modo la violenza, conclude la madre superiora, “non è un mezzo per fare niente, nemmeno in Siria. C’è un cammino da fare, certo. Ma poco alla volta la verità sarà più forte”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=244407&rifi=guest&rifp=guest
Radio Vaticana: Testimonianze di pace dalla Siria: l'esperienza della suora carmelitana Agnes- Mariam de la Croix
Mentre in Siria divampa la guerra c'è chi non si scoraggia e continua ad operare per la pace, come suor Agnes-Mariam de la Croix, carmelitana e superiora del monastero di Deir Mar Yocoub di Qara, nel governatorato di Homs. La religiosa è sostenitrice dell’iniziativa "Mussalaha" per la "Riconciliazione" che opera partendo dal basso della società siriana. Al microfono di Salvatore Sabatino suor Agnes-Mariam racconta un’altra iniziativa interreligiosa, di sostegno ai musulmani, promossa proprio nel suo monastero in occasione del Ramadan:
...
D. – Dunque, il potere del dialogo può far terminare le violenze. Come si immagina il futuro della Siria?
R. – Nous croyons en la Résurrection, nous croyons dans le Christ Sauveur…
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=607976
La convivenza, “successo sociale che viene dal cuore”. “Vivo in Siria dal 1994, e la Siria, sotto il regime di Assad, aveva una sicurezza invidiabile, certamente per la repressione, ma anche per il tessuto sociale che viveva secondo un’alleanza, rispettando un patto. Che non è frutto di nessun regime, ma è esso stesso fondamento e sostegno del governo”, racconta la religiosa carmelitana, che da mesi aiuta le vittime civili del conflitto e sostiene la causa del negoziato e della pace. “Damasco è la capitale più antica del mondo abitato, e la Siria è fatta da molte entità etniche, confessionali e razziali. Il problema della convivenza - spiega - non è politico, ma sociale: se una persona accetta l’altro non viene siglato un accordo politico, ma un successo sociale che viene dal cuore. Non è stabilito da nessun regime, ma dalle persone”. Oggi le grandi potenze hanno deciso di “fermare questo regime dimenticando il patto sociale che è origine e forza della convivenza nella società. Come se la Siria - prosegue - fosse un minorenne incapace di decidere per sé, e avesse bisogno di una nutrice. Intromettersi così nella vita di una popolazione è contro la legge delle Nazioni Unite: una nazione autonoma e indipendente ha diritto di scegliere per sé stessa la realtà e il futuro. È a causa dell’ingerenza degli altri - sottolinea - che la Siria vive una fase di drammatica fatica”.
Se “il mondo racconta tutta un’altra storia”. E i mass media, secondo madre Agnès-Mariam, hanno grosse responsabilità: “Pensano a fare titoli altisonanti: indipendenza, libertà, democrazia. Tutti i mezzi di comunicazione del pianeta formano una sola voce per convincere che la realtà è quella che dicono loro. Ma è tutta una bugia, una manipolazione mediatica”, afferma. La verità “non è quella degli schermi tv o delle pagine dei giornali. Ci sono giornalisti che ammettono di non poter raccontare quello che vedono. C’è in atto un’influenza totalitaria per fare di tutti noi un solo pensiero. Certo, noi tutti vogliamo che i siriani vivano in democrazia, ma secondo una loro scelta. E comunque questa guerra non è per la democrazia, ma per il gas. La Siria è più ricca di quanto si pensi, vicino al nostro monastero hanno scoperto uno dei giacimenti più grandi. Come religiosa – aggiunge - credo nella liberazione spirituale, nella possibilità di lottare per la libertà. Credo sia un dovere aiutare un povero che vuole la sua autonomia e non la avrà perché il mondo racconta tutta un’altra storia. Credo che bisogna essere testimoni veri della sfida del popolo vittima degli attentati”.
“Viviamo in una menzogna grandissima”. Madre Agnès-Mariam riferisce di aver visto con i suoi occhi “centinaia di civili uccisi da forze armate dell’opposizione. I banditi li prendono in ostaggio, e i mercenari provenienti da Libano e Giordania invadono le zone residenziali di Damasco: questo è contrario alla Convenzione di Ginevra, ma in migliaia entrano senza permesso, per fare la guerra. In quarantotto ore un milione di persone sono state costrette a fuggire da un quartiere ad un altro. Non sono i ribelli che posizionano cariche da un chilo e mezzo di dinamite, sono forze ben più potenti a farlo”. In grande pericolo, oggi, è la città di Aleppo: “non ha voluto partecipare a tutti questi mesi di sollevazione. Ma dal nord, vicino al confine con la Turchia, arrivano mercenari tunisini, libici, arabi, pakistani, libanesi, sudanesi e afghani: i mercenari vengono per distruggere, non sono certo un esercito di liberazione. Viviamo in una menzogna grandissima - aggiunge - dove si pagano migliaia di dollari perché ciascuno di noi ci creda. Ringrazio Dio che ogni giorno persone libere si alzano per dire quello che non è vero”. Il 90% del Consiglio nazionale siriano, che riunisce gran parte dei gruppi di opposizione, “non viene in Siria da trenta o più anni”. Quanto a Paesi come l’Arabia Saudita e il Qatar, che appoggiano i ribelli, la superiora riflette: “La libertà non esiste in Arabia Saudita: io sono forse libera di andare in giro col mio abito, e con questa mia croce? Come è possibile che questo Paese, allora, dia orientamenti sul cambiamento della Siria? Come è possibile che lo faccia il Qatar, che ha solo pochi anni?”.
Un cammino verso la verità. “Mussalaha”, che vuol dire “riconciliazione”, è un movimento siriano nato dall’impegno della società civile e raccoglie aderenti di ogni etnia, fede e credo politico. Madre Agnès-Mariam, che sostiene il progetto, è fiduciosa: “spero nell’inizio della riconciliazione nazionale, nel rifiuto dell’uso delle armi. La speranza, oggi, per la Siria, è tutta riposta nel popolo siriano stesso, abituato a vivere nella diversità. Non è necessario insegnare ai cristiani d’Oriente come dialogare con l’Islam, perché questo accade da secoli”. Oggi i cristiani hanno paura che la tragedia di Homs si ripeta, ma “dire che sono stati appoggiati e privilegiati dal governo è una calunnia”, sostiene la religiosa, “perché, ad esempio, ogni imam veniva pagato dallo Stato, mentre i ministri di culto cristiani no. E poi nella Siria secolare i cristiani non hanno gli stessi diritti dei musulmani: un cristiano può convertirsi all’Islam, ma un musulmano non può essere registrato come cristiano”. Ad ogni modo la violenza, conclude la madre superiora, “non è un mezzo per fare niente, nemmeno in Siria. C’è un cammino da fare, certo. Ma poco alla volta la verità sarà più forte”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=244407&rifi=guest&rifp=guest
Radio Vaticana: Testimonianze di pace dalla Siria: l'esperienza della suora carmelitana Agnes- Mariam de la Croix
Mentre in Siria divampa la guerra c'è chi non si scoraggia e continua ad operare per la pace, come suor Agnes-Mariam de la Croix, carmelitana e superiora del monastero di Deir Mar Yocoub di Qara, nel governatorato di Homs. La religiosa è sostenitrice dell’iniziativa "Mussalaha" per la "Riconciliazione" che opera partendo dal basso della società siriana. Al microfono di Salvatore Sabatino suor Agnes-Mariam racconta un’altra iniziativa interreligiosa, di sostegno ai musulmani, promossa proprio nel suo monastero in occasione del Ramadan:
...
D. – Dunque, il potere del dialogo può far terminare le violenze. Come si immagina il futuro della Siria?
R. – Nous croyons en la Résurrection, nous croyons dans le Christ Sauveur…
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=607976