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mercoledì 10 maggio 2017

Papa Francesco ha accettato la rinuncia del Patriarca melkita Gregorio Laham "zelante servitore del Popolo di Dio"

“Pace e amore. Sono le parole con le quali ho iniziato il patriarcato nel duemila e che rinnovo ancora oggi “con maggior vigore. Non abbiamo tempo che per amare e per ricercare la pace”. È quanto racconta ad AsiaNews l’ormai ex patriarca melchita Gregorio III Laham, che dopo 17 anni lascia la guida di una delle comunità più numerose e ricche della Chiesa d’Oriente. “Questa è la mia eredità - prosegue - e voglio ribadirla una volta di più nella giornata di oggi, 8 maggio, in cui la Chiesa orientale ricorda san Giovanni Evangelista il quale ha affermato con forza che ‘Dio è amore’”.
Lo scorso fine settimana papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Chiesa greco-melkita presentato da sua beatitudine Gregorio III Laham, patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti. In una lettera il pontefice lo ha definito un “servitore zelante del popolo di Dio” e ha riconosciuto il suo impegno per la pace in Siria, sconvolta da un conflitto sanguinoso.  “La speranza - afferma il prelato - è che ora potrò avere più tempo per essere al servizio degli altri, come ha detto Giovanni Paolo II: essere per gli altri, che siano cristiani, musulmani o giudei… io sono per voi!”.
Alcuni fonti interne alla comunità parlano di un malumore dell’ormai ex patriarca per i modi e tempi che ne hanno dettato la fine del mandato. Tuttavia, lo stesso Gregorio sottolinea a più riprese la comunione con il pontefice e il desiderio di unità all’interno della Chiesa. Secondo quanto prevede il codice, ora l’amministrazione è ora affidata a mons. Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo di Aleppo, in qualità di vescovo più anziano per ordinazione del Sinodo permanente.
Gregorio III Laham è nato il 15 dicembre 1933 a Daraya, sobborgo di Damasco. Patriarca di Antiochia dei greco-melkiti, egli è stato eletto nel novembre del 2000 dal sinodo della sua Chiesa, ricevendo la “comunione ecclesiastica” da san Giovanni Paolo II, e ha guidato la comunità negli ultimi 17 anni. Il prelato ha vissuto in prima persona il dramma del conflitto nella sua terra natale, di cui ha denunciato a più riprese violenze e crimini, e ha lanciato a più riprese appelli alla pace e alla preghiera.
“Ho amato il mio popolo - dice ancora - e mi sento padre di tutti, dei vescovi e del mio popolo. In questi anni ho potuto avviare e vedere realizzati molti progetti a Gerusalemme, in tutta la Terra Santa, in Egitto. Ho visitato i Paesi dell’emigrazione, Nord e Sud America, e poi l’Europa; e poi vi è anche il cammino in chiave ecumenica con i patriarchi delle diverse comunità”. Fra i molti progetti promossi o ancora allo studio egli ricorda la costruzione di una chiesa dedicata a san Paolo a Damasco di cui “avrò la possibilità di benedire la prima fase di realizzazione il prossimo 13 giugno”. E ancora, la costruzione “di una scuola e di un ospedale a sud di Damasco, oltre che l’allestimento di un’altra struttura nei quartieri poveri della capitale siriana”. “Anche se non in qualità di patriarca - aggiunge - continuerò a vegliare perché questi progetti possano prendere forma”.
La nota dolente di questi anni è invece la guerra in Siria, un conflitto sanguinoso iniziato nel 2011 che ha sconvolto il Paese, provocando centinaia di migliaia di vittime e milioni di rifugiati. “Oggi ho incontrato il presidente del Libano Michel Aoun - conclude - e abbiamo parlato dell’avvenire della Siria. Sono Russia e Stati Uniti che si devono mettere d’accordo, perché non vi è possibilità alcuna di vincere con le armi. Un successo potrà essere raggiunto solo attraverso un consenso internazionale fra le grandi potenze, compresa l’Unione europea, sconfiggendo Daesh e preparando un futuro migliore per la nazione e il suo popolo”.
Durante il suo patriarcato, Gregorio III Laham ha accolto in Siria il pontefice polacco che il 6 maggio 2001 ha fatto il suo ingresso - primo papa della storia ad entrare in un luogo di culto musulmano - nella Grande Moschea degli Omayyadi a Damasco. Nell’area la tradizione suole collocare la tomba di san Giovanni Battista. Alla morte di Wojtyla è stato proprio Gregorio III a benedirne la bara, durante i funerali a Roma l’8 aprile 2005.
Il nome melkita (o greco-cattolica) indica i cristiani orientali di rito bizantino, legati a Roma dal 1724, che dispongono di un clero proprio e di un capo spirituale. Essa annovera fedeli non solo in Medio oriente (Siria, Libano, Giordania, Palestina), ma anche in Africa (soprattutto Egitto), in America del Nord, in Brasile e in Francia.

lunedì 14 novembre 2016

"Damasco prisma di speranze": «Oggi la via di Damasco – dice il Patriarca Laham- è diventata la strada per la pace nel mondo intero»


Nell’ambito delle celebrazioni del Centenario del Pontificio Istituto Orientale (P.I.O.), il convegno internazionale “Damasco, prisma di speranze” ha voluto offrire un'opportunità di confronto e dialogo rivolto ai Pastori del Medio Oriente, finalizzato alla ricostruzione di un tessuto di relazioni e di mutuo aiuto ai Cristiani in quelle aree di conflitto e di eroica testimonianza.
Il progetto da realizzare sorge da due domande che arrivano dalla Provincia dei Gesuiti del Vicino Oriente, che si interroga sui concetti di identità e appartenenza e su come educare al futuro dopo 5 anni di un conflitto dove sembra impossibile parlare di speranza. E Damasco è il luogo simbolo di quel conflitto e della realtà dei cristiani in quella parte di mondo. Il Pontificio Istituto Orientale ha voluto porsi come “luogo simbolo” di conversazione, per tematiche come dignità dell’uomo o di un intero popolo/comunità, con un’attenzione particolare ad una visione geopolitica ad ampio raggio, attraverso i contesti educativo-religiosi. Questo è l'orizzonte al quale il convegno è orientato (e che vedrà nel prossimo anno 2017 la seconda sessione) per un futuro di coesistenza e di collaborazione tra le varie anime dei popoli medio-orientali.

Gregorio III° Laham, patriarca della Chiesa cattolica greco-melchita con sede a Damasco, in questi giorni a Roma per il convegno al P.I.O. e è noto per il suo entusiasmo e la sua franchezza. Sua Beatitudine non usa mezzi termini quando si affronta la questione della coesistenza tra cristiani e musulmani, quello della responsabilità internazionale nel conflitto siriano, ma insiste soprattutto su un punto: la presenza cristiana in Oriente non deve essere voluta per se stessa, ma per i compiti richiesti alla comunità cristiana in questa regione di guerra e di occupazioni.
Riportiamo qui alcuni pezzi di interviste, dalle quali emerge con chiarezza il suo pensiero. Non è tipo da farsi intimorire e quando si tratta della sua gente - e per SUA gente non fa distinzione fra musulmani, cristiani o altre confessioni - parla senza peli sulla lingua:

"In Occidente mi si accusa di sostenere il presidente Assad. Ma coloro che danno di queste lezioni vengano sul posto per rendersi conto del terrore che gli islamisti ci incutono". "Non si può far dipendere l’avvenire di un Paese e dell’intero Medio Oriente da una persona sola. Pensarlo è del tutto illogico, anche un bambino piccolo è in grado di capirlo. Mi domando quindi come si possa affermare che tutti i problemi dipendano da Assad, quando è evidente che non è così. Questa è una falsa presentazione del problema."

In un'altra intervista del febbraio di quest'anno pubblicata sul sito “L’Oeuvre d’Orient” nella quale si sofferma sulla crisi siriana, il quasi ottantatreenne patriarca, siriano di nascita, parla del “martirio del suo Paese” e accusa le grandi potenze che si rifiutano, dice, “di combattere Daesh con i mezzi necessari” contrastando invece il governo. “Non temo solo per i cristiani ma per tutto il popolo siriano. Le bombe stanno cadendo ovunque. Gli americani, i russi, gli inglesi, i francesi, i turchi, e anche Israele ci bombarda, come è avvenuto lo scorso dicembre per eliminare un membro di Hezbollah, presente a Damasco. Tutto questo, dicono, per sbarazzarsi di Daesh e portarci la pace. Ma in attesa di questa pace che non viene, ad essere uccisi sono civili siriani. Uomini, donne, bambini che muoiono ogni giorno a decine”.
Le grandi potenze ci accusano di sostenere una dittatura, ma il nemico non è Assad né i suoi alleati, è Daesh con le sue legioni straniere, Ceceni, Giordani, Tunisini, Sauditi, e anche Europei che vengono ed occupano le nostre terre. È da loro che dobbiamo liberarci. Il popolo siriano soffre il martirio. Cinque anni di guerra, e il pedaggio è pesante: tra 250.000 e 300.000 morti, migliaia di feriti, mutilati, sfollati, orfani, e l’Occidente sta ancora parlando e sempre dell’uscita di Assad, ma mai di quella dei terroristi. Sono quelli che scacciano i cristiani dalle loro case e che sgozzano i siriani che osano affrontarli. Per quanto tempo ancora dovremo vivere sotto il giogo di questi assetati di sangue?”.
Devo aiutare tutti i Siriani – conclude – poco importa a quale religione appartengano. Bisogna preparare il dopo guerra e ritrovare la voglia di ricostruire insieme la Siria”.

Attraverso quest'altra intervista, rilasciata l'11 novembre a Radio Vaticana, Gregorio III° Laham dice la sua senza perifrasi su quello che più gli sta a cuore. La sua voce denota stanchezza, per gli anni, ma ancor più per il tanto dolore per una situazione che ancora non vede vicina una soluzione alla tragedia siriana.

Il Patriarca: – La Siria è la colonna vertebrale del mondo arabo. Distruggere la Siria vuol dire distruggere il mondo arabo intero. Nella Siria, tutti i cittadini si sentono appartenenti al mondo arabo e alla Siria senza nessuna distinzione di religione: non c’è musulmano, non c’è cristiano, non c’è druso; sono tutti arabi. E in Siria sono tutti Siriani. E dunque la situazione della Siria è critica, difficile, e innanzitutto la situazione dei cristiani è molto grave. Dobbiamo lavorare affinché la pace del Signore regni nel mondo intero, ma innanzitutto nel Medio Oriente, perché la pace è un tesoro, un capitale, un’energia. Con la pace tutto è possibile, tutto realizzabile; senza la pace non si può fare niente di bene e niente di buono. E siccome Dio è la pace, rivolgiamo i nostri desideri al buon Dio perché – ripeto – è l’unico a poter fare qualcosa, perché salvare la Siria vuol dire salvare il mondo arabo intero.

D. – Che notizie ha della comunità cristiana che è dovuta fuggire dalla Siria?
R. – Purtroppo, sono i cristiani che pagano il prezzo di questa situazione catastrofica. Tantissimi sono già fuori, e quelli che sono rimasti vivono una tragedia, una situazione orribile e stanno pensando di seguire l’esempio di quelli che hanno già lasciato la Siria e sono andati via. E dunque, l’unico modo di poter fare la pace nel mondo arabo è fortificare la Siria affinché il mondo arabo possa di nuovo cambiare.

D. – Sente vicino Papa Francesco?
R. – Oh… abbiamo una benedizione, una grazia del buon Dio, avendo questo Papa: un uomo di preghiera e un uomo pragmatico. E dunque ringraziamo il Signore per averlo come capo della Chiesa, ma anche come esempio per il mondo intero di pace, di giustizia e di fratellanza. Di pace.


Al convegno il patriarca ha ricordato come a Maalula il 60 per cento dei cristiani sia ritornato ed ha spiegato che il progetto 'una camera per una famiglia' ha permesso il rientro di molti. Il Patriarca ha poi lanciato un appello ai governi di tutto il mondo a far tornare gli ambasciatori: "venite e vedete e non usate notizie di terza mano".
"La Chiesa non ha lasciato il suo popolo" ha ricordato, e ha chiesto che l’Occidente dialoghi con l’ Islam, anche con i migranti, tramite una maggiore forza della fede e della identità cristiana.
Essenziale ricordare che i cristiani sono autoctoni in Medio Oriente e la strada della convivenza passa necessariamente per la condanna delle islamizzazioni violente che nulla hanno a che fare con il vero Islam.

Redazione OpS

venerdì 23 settembre 2016

Patriarca Gregorios: dramma rifugiati, la vera risposta è mettere fine alla guerra.


IL SUSSIDIARIO
16 settembre 2016

Gregorio III : in mezzo ai profughi ci sono anche i jihadisti

Ben 75mila profughi siriani si trovano intrappolati in un deserto al confine con la Giordania, dopo che le autorità del Paese hanno chiuso il confine per il timore di infiltrazioni da parte dei terroristi. Un rapporto di Amnesty International basato su immagini riprese dal satellite, filmati e testimonianze in prima persona mostra la drammatica situazione all’interno dell’area nota come il Berm. Il numero dei rifugi improvvisati fuori da Rukban, uno dei due valichi tra la Siria e la Giordania, è cresciuto da 363 di un anno fa a 6.563 del luglio scorso a 8.295 di settembre. I profughi nel deserto del Berm sono senza cibo né assistenza medica, con una diffusione impressionante di malattie e una mortalità molto elevata. Ne abbiamo parlato con Gregorio III Laham, patriarca cattolico siriano con doppia sede a Damasco e Beirut.

Che cosa è possibile fare per i 75mila profughi intrappolati al confine tra Siria e Giordania? 
Tutto ciò che posso fare è invitare il mondo intero a lavorare per la pace. Queste vittime e tragedie nascono dal fatto che qualcuno fa la guerra, manda i soldati e arma i terroristi. Tutto ciò è frutto di questa mancanza di un progetto di pace in Siria da parte della comunità internazionale. Se ci fosse la pace tutti i rifugiati rimarrebbero nelle loro case e avrebbero sia da mangiare sia da bere. Mentre finché c’è la guerra, ciascuno è sotto il bastone del terrorismo internazionale. Dateci la pace per favore, è questo che mi sento di gridare al mondo intero.

Lei che cosa ne pensa del fatto che la Giordania non lascia entrare chi fugge dalla guerra? 
La Giordania ha paura del traffico di terroristi. Sono tanti i jihadisti che transitano dopo essersi infiltrati in mezzo ai rifugiati, e ciò ha costretto le autorità di Amman a chiudere le frontiere. I terroristi stanno facendo tanto male sia all’interno sia all’esterno della Siria.
Chi dovrebbe prendersi cura dei rifugiati nel Berm? 
Sia la Siria sia la Giordania, ma quando c’è la guerra i rifugiati rimangono ovunque senza nessun aiuto, diventando spesso vittime e ostaggi. E i rifugiati non sono soltanto i 75mila del Berm, ce ne sono molte altre migliaia. Sono tutti aspetti della guerra. Per questo Papa Francesco ha invitato i Paesi del Medio Oriente a pregare per la pace.

In che modo è possibile ricostruire la pace in Siria? 
Questo è il vero dilemma per tutti. Quando nel 2014 Papa Francesco si recò in viaggio in Giordania, invitò tutti a “operare per la pace” in modo da formare un’alleanza internazionale con la partecipazione di Stati Uniti, Russia, Ue e Paesi arabi ed evitare la tragedia delle vittime della guerra. E’ soltanto un’alleanza internazionale che può mettere fine alla guerra e al terrorismo, nessuno può costruire la pace da solo. Unione Europea, Stati Uniti e Russia devono formare un’alleanza internazionale che prenda delle decisioni comuni, e l’Arabia Saudita seguirà.

Secondo lei i Paesi europei dovrebbero accogliere un numero maggiore di rifugiati? 
In teoria sì, ma la vera questione è mettere fine alla guerra per risolvere il problema dei rifugiati alla radice. I Paesi europei non sono preparati per questo flusso migratorio. E’ molto difficile fare fronte a tutti i bisogni dei migranti per quanto riguarda l’abitazione, il cibo e la scuola. E’ inutile quindi discutere su chi debba accogliere i rifugiati, la vera risposta è mettere fine alla guerra.

Intanto che c’è la guerra però bisogna fare qualcosa per i rifugiati. Che cosa? 
I Paesi europei stanno già facendo tanto per accogliere i rifugiati e non possono fare di più: il numero delle persone ospitate è già molto alto. Gli Stati del Vecchio Continente non sono preparati per un’ondata migratoria così massiccia.
Qual è l’impegno della Chiesa in Siria? 
La Chiesa in Siria sta lavorando per aiutare la gente a ricostruire chiese e case e per venire incontro ai bisogni dei bambini. Stiamo lavorando per ricostruire il Paese.

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2016/9/16/SIRIA-Gregorio-III-Damasco-in-mezzo-ai-profughi-ci-sono-anche-i-jihadisti/723602/


Lettera di mons Samir Nassar, arcivescovo di Damasco

AED France
La famiglia disgregata
Sei anni di guerra son riusciti a svellere il baluardo della società siriana: la famiglia, la cellula di base che ha assorbito i colpi e le disgrazie di questa violenza senza fine, salvare il paese e la Chiesa fino al 2014 ... L'insicurezza, l'intolleranza, la violenza e la distruzione caotica hanno sradicato più di due milioni di famiglie. Prive di casa e disperse un po' ovunque,  come le famiglie potrebbero ancora portare questa prova così pesante?
Le madri eroiche
Dall'inizio della guerra, dal 15 marzo 2011, è comune vedere una la famiglia incentrata su una mamma. Sono gli uomini che vanno in guerra e muoiono lì spesso. Un detto popolare recita: "un ragazzo senza padre non è un orfano"  ; la famiglia è riunita attorno alla madre che assicura l'unità e la sopravvivenza della casa ... In questa lunga e pesante sofferenza, queste madri eroiche vivono in povertà e nelle lacrime, hanno onorato la loro vocazione, vivendo in tende e pagando con la vita.  C'è un sacrificio più grande?

L'esodo di giovani
La mobilitazione generale decretata nel mese di ottobre 2015, chiamando tutti i giovani con meno di 45 anni al servizio militare, ha messo in difficoltà quelle famiglie che non hanno potuto partire e aspettavano sul posto la fine di questa guerra interminabile. Questa fascia di età è la spina dorsale delle attività economiche ancora rimanenti ... Questi giovani sono scomparsi rapidamente. Alcuni hanno raggiunto le caserme e gli altri hanno scelto di fuggire, seguendo l'immigrazione clandestina spesso irreversibile, destabilizzando il mercato del lavoro e la modesta vita familiare privata delle risorse.. Quale futuro per  una comunità senza giovani?
La Chiesa indebolita
Gli effetti di questi cambiamenti hanno indebolito la Chiesa. Le famiglie spesso scelgono di raggiungere il figlio partito ... Da qui l'esodo accelerato delle famiglie ... uno svuotarsi vertiginoso di fedeli in tutte le parrocchie. Squilibrio demografico: in assenza di giovani, le nostre figlie lasciate sole si sposano con musulmani poligami. Quindi ci sono meno matrimoni e un minor numero di battesimi. Per la prima volta, la Chiesa si trova ad affrontare un problema cruciale: un prete su tre presente a Damasco ha scelto di trasferirsi in altri paesi ... più tranquilli. Come trattenere i sacerdoti a Damasco? Cosa diviene la Chiesa senza preti?

Guardiani di pietre
Le Città morte nel nord della Siria sono una forte fonte di ispirazione su ciò che potremmo diventare ... Come evitare di diventare guardiani di pietre? Tocca ai cristiani orientali di riconsiderare la loro vocazione e di vivere nella scia della chiesa primitiva, piccola minoranza che viveva senza garanzie nè protezione. Saremo in grado di assumere questa sfida apostolica?  "O ci ridurremo a guardiani di pietre? "

14 settembre 2016- Festa della Croce Gloriosa 
+ Samir Nassar, Arcivescovo maronita di Damasco
http://www.aed-france.org/syrie-lettre-de-mgr-samir-nassar-archeveque-de-damas/

giovedì 18 agosto 2016

Di video indignati, bombe su Aleppo e dolore dei bambini


Viviamo tempi difficili e sappiamo che in guerra la prima cosa a morire è sempre la verità.  Quando non è palese disinformazione si tratta di servizi o articoli orientati a carpire la benevolenza o l'orrore di chi ascolta, vede, legge.. 

Anche questo video dei bimbi estratti (vivi per fortuna) da un luogo bombardato, non sfugge a questa logica.  In questo caso lo scopo è semplice: fermare la liberazione di Aleppo dai ribelli jihadisti.  Quando la battaglia infuria e l'alleanza Siriani, Russi, Iraniani fa progressi diventa necessario demonizzarli e additarli come gli assassini che colpiscono deliberatamente i civili o gli ospedali.  Nessuno dice che questi civili, quando non sono le famiglie stesse dei jihadisti, sono usati da costoro deliberatamente come scudi umani.  Purtroppo è così: i civili pagano sempre il fatto di essere in mezzo a una battaglia, sia che parteggino per l'una o l'altra parte. 


Ma la cosa peggiore è quando queste vittime non sono accidentali ma deliberatamente volute.
Per fare un esempio basta vedere la differenza di trattamento riservata all'odierno video girato dai ribelli e un altro dove il bambino sgozzato non è certo una morte accidentale.  

Così oggi si invoca la cessazione dei bombardamenti e l'ONU minaccia il fermo dei soccorsi umanitari, dando molto risalto all'operato degli Elmetti Bianchi (finanziati dal Qatar) per i quali magari si proporrà anche la candidatura al Nobel per la pace. Poco importa se loro stessi sono una delle parti belligeranti (ci sono immagini che li ritraggono armati di kalashnikov e con la bandiera di alNusra). 
 Troviamo solo uno stigma verso questo gruppo di bestie feroci, senza però attardarsi a chiedere che siano messi TUTTI in condizioni di non nuocere: anzi, si minimizza dicendo che si tratta di qualche caso isolato che non rappresenta la totalità dei ribelli.  
Credo che in casi come questi, senza abdicare alla nostra umanità, dovremmo fermarci un momento a riflettere su QUALE Siria, quale Iraq, quale Medio Oriente, quale mondo vogliamo e cercare di capire quali sono le forze che in questo frangente lo perseguono.  Non è un lavoro da poco: richiede un'attenzione quotidiana ma non possiamo esimerci dal farlo. 
  Gb.P,  Ora pro Siria 

Mette in guardia il Patriarca Gregorios Laham : nuovo fronte della 'guerra dell'informazione'

Asia News, 18-08-2016

Una "guerra dell’informazione” fatta di bugie, proclami, presunte rivelazioni e che scorre parallela ai “combattimenti con le armi” per distrarre e pilotare l’opinione pubblica internazionale e la popolazione locale. È quanto afferma ad AsiaNews il Patriarca melchita Gregorio III Laham, commentando la notizia secondo cui almeno 18mila persone sarebbero morte per torture e privazioni nelle carceri del governo siriano dall’inizio del conflitto nel marzo 2011. “Come si può credere a questa cifra, alla correttezza dei dati - si chiede il prelato - se non vi è accesso alle carceri e ci si basa solo su alcune testimonianze parziali”.  
In queste ore Amnesty International ha diffuso un rapporto in base al quale emerge che fra il 2011 e il dicembre 2015 si sono registrate “almeno 18mila” vittime nelle prigioni siriane. La denuncia è frutto dei racconti di 65 “sopravvissuti alle torture”, secondo cui vi sarebbe “un uso sistematico” della tortura, dello stupro e di maltrattamenti da parte delle guardie carcerarie.   Il governo siriano ha già respinto con forza il rapporto, negando le accuse di torture e la stima dei morti in cella, pari a 300 vittime al mese.   Il documento di AI parla inoltre di abusi sessuali durante le operazioni di controllo, perpetrati il più delle volte da secondini maschi ai danni di detenute femmine. Inoltre, ai detenuti sono negate cure mediche e non possono lavarsi in modo adeguato per prevenire la diffusione di malattie. 
Per il capo della Chiesa greco-melchita “non è possibile provare” queste cifre e verificare la veridicità di queste informazioni. Inoltre la fonte Amnesty International “non è così indipendente” e nel contesto del conflitto siriano “si sono spesso verificate manipolazioni di notizie”. “Dietro queste [presunte] rivelazioni - aggiunge il patriarca - vi è un colore politico, nel contesto di una guerra di informazione, come è avvenuto in passato per la vicenda delle armi chimiche”. 
Gregorio III parla di una “manovra” in atto per screditare “il governo siriano e la Russia” nel momento in cui sta nascendo un nuovo asse - Mosca, Teheran, Pechino - in grado di contrastare le ambizioni statunitensi nell’area. “Questa è un’altra partita - riferisce - nel contesto della ‘guerra’ fra Stati Uniti e Russia”. 
Una valutazione, racconta il prelato, che è condivisa da gran parte della popolazione siriana che si sente vittima “di una guerra sporca” che, in cinque anni, ha causato 250mila morti e 11 milioni di sfollati. “Noi patriarchi - afferma Gregorio III - da tempo diciamo che una vera alleanza internazionale può vincere il terrorismo, ma vi sono interessi contrapposti”. L’unica “voce di verità” è quella di papa Francesco che non si stanca “di lanciare appelli per l’amata Siria”, che denuncia l’ipocrisia di una comunità internazionale “che parla di pace e poi vende armi” alle parti in lotta. 
“In realtà - prosegue il patriarca - la situazione in alcune aree della Siria sotto il controllo governativo, come Damasco e Homs, è di relativa calma e dal mese di febbraio non si registrano gravi episodi di violenza. I problemi maggiori sono al confine con la Turchia e ad Aleppo, metropoli vittima di distruzioni, bombe, devastazioni. Il 50% della popolazione è fuggito e la città di prepara a vivere la madre di tutte le battaglie”. Criticità, aggiunge, si registrano anche a Madaya, dove vi sarebbero almeno 40mila abitanti bisognosi di cure mediche. “L’area è sotto l’assedio di Daesh  e dei governativi - spiega - e gli aiuti non arrivano anche perché i terroristi si mescolano fra la cittadinanza e usano i civili come scudi umani come successo a Palmira e Homs in passato”. 

Il dottor Nabil Antaki da Aleppo scrive:
Attenzione: non cadete nella trappola!
Un'amica francese mi ha appena consultato su una petizione che circola nel Web a proposito delle distruzioni causate dall'Esercito siriano e dagli aerei russi sugli ospedali di Aleppo: petizione che si chiede alle persone oneste di firmare. Essa verrebbe poi inviata come ''Lettera aperta '' a Obama e Merkel. Non firmatela credendo di aiutarci! Non firmatela per esprimerci la vostra solidarietà! Ecco quello che ho risposto alla mia amica:
Approfittando della simpatia delle persone per le giuste cause e della loro solidarietà con i sofferenti, le usano per i loro scopi politici.
Questa lettera è uno strumento di propaganda molto abile.
Esattamente come:
1. L' OSDH (Osservatorio siriano per i diritti dell'uomo) che, sotto un nome che ispira fiducia, nasconde un ufficio con sede a Londra, creato dalla CIA per fare disinformazione nel conflitto siriano. I suoi dispacci sono, purtroppo, utilizzati da tutti i Media occidentali e presentati come Vangelo.
2. La macabra barzelletta sull' ''ultimo pediatra di Aleppo'' di qualche mese fa. Questa lettera ad Obama è firmata da personaggi fittizi tranne uno o due: 15 nomi inventati. Come al solito, vogliono fare l'amalgama tra le poche zone in mano ai terroristi e il resto di Aleppo.
In essa si raccontano menzogne.
Vi si dice, ad esempio, che 15 ospedali di Aleppo sarebbero stati bombardati in un mese!!! Se dovessimo contare tutti gli ospedali e le strutture sanitarie che, secondo i comunicati dei terroristi o di Medici senza Frontiere (MSF) sarebbero stati bombardati dall'Esercito siriano, significherebbe che la Siria ha più ospedali della Francia!''.
  ( trad. M.A. Carta)

mercoledì 3 agosto 2016

Gregorio III Laham chiede la preghiera e il digiuno “contro il terrorismo nei vari Paesi”


Patriarcato greco-cattolico melkita : appello  di agosto
Sulla soglia di questo mese di agosto, mese mariano, e all'inizio della preghiera di Paraklisiss (dal 1 ° al 14 agosto)  noi chiamiamo i nostri fedeli nelle nostre diocesi alla preghiera e al digiuno perchè con la preghiera e il digiuno combattiamo l'ondata di terrorismo che colpisce un Paese dopo l'altro in tutto il mondo. 
 In questo mese di luglio la Germania è stata colpita tre volte, e in tre giorni consecutivi, da questo terrorismo cieco e oggi è la Francia, dove padre Jacques Hamel è stato decapitato durante la celebrazione della Messa. Drammi che già vivono la nostra amata Siria, soprattutto in questi giorni in Aleppo e Qamishli, e il nostro caro Libano con la tragedia di Qaa, per non parlare del tentativo di assassinio contro il nostro fratello, Sua Beatitudine Efrem II, patriarca syro- ortodosso. 
 E' con profondo dolore che viviamo queste tragedie soprattutto quando  rifugiati siriani sono coinvolti, il che implica reazioni di odio e di razzismo nei confronti di altri rifugiati pacifici. Questo è ciò che abbiamo constatato durante le nostre visite ai nostri fedeli siriani rifugiati in Germania. 
 Facendo ancora una volta nostre le parole di Nostro Signore Gesù Cristo, "Questo tipo di demoni non può essere scacciato se non con la preghiera e il digiuno", appelliamo ancora una volta al digiuno e preghiera in preparazione alla festa dell' Assunzione della Vergine Maria affinchè per la sua intercessione, con il digiuno e la preghiera, possiamo scacciare questo terrorismo, questi crimini e violenze.  
Presentiamo a nostro nome e per conto di tutta la nostra gente, le nostre sentite condoglianze alla Francia e alla Germania,  pregando per il riposo delle anime di tutte le vittime, per una rapida guarigione dei feriti e il ritorno della pace in tutti i nostri Paesi.
Patriarca Gregorios III 
http://www.pgc-lb.org/fre/gregorios/view/aa



giovedì 25 febbraio 2016

Patriarca Gregorios III Laham, “chi mi accusa di sostenere Assad venga qui a vedere il terrore che gli islamisti ci incutono”


S.I.R.  24/02/2016

“In Occidente mi si accusa di sostenere il presidente Assad. Ma coloro che danno di queste lezioni vengano sul posto per rendersi conto del terrore che gli islamisti ci incutono”. A dichiararlo è il patriarca greco melkita Gregorios III Laham in un’intervista pubblicata oggi sul sito “L’Oeuvre d’Orient” e nella quale si sofferma sulla crisi siriana. 
L’ottantaduenne patriarca, siriano di nascita, parla del “martirio del suo Paese” e accusa le “grandi potenze che si rifiutano, dice, “di combattere Stato islamico con i mezzi necessari” contrastando invece il regime. “Non temo solo per i cristiani ma per tutto il popolo siriano. Le bombe stanno cadendo ovunque. Gli americani, i russi, gli inglesi, i francesi, i turchi, e anche Israele ci bombardano, come è avvenuto lo scorso dicembre per eliminare un membro di Hezbollah, presente a Damasco. Tutto questo, dicono, per sbarazzarsi di Daesh e e portarci la pace. Ma in attesa di questa pace che non viene, a essere uccisi sono civili siriani. Uomini, donne, bambini che muoiono ogni giorno a decine”. 
“Le grandi potenze ci accusano di sostenere una dittatura, ma il nemico non è Assad è Daesh con le sue legioni straniere, ceceni, giordani, tunisini, sauditi, e anche europei che vengono ad occupano le nostre terre. È da loro che dobbiamo liberarci. Il popolo siriano soffre il martirio. Quasi cinque anni di guerra, e il pedaggio è pesante: tra 250 000 e 300 000 morti, migliaia di feriti, sfollati, orfani, e l’Occidente sta ancora parlando e sempre dell’uscita di Assad. Ma mai di quella dei terroristi. Sono quelli scacciano i cristiani dalle loro case, che sgozzano i siriani che osano affrontarli. Per quanto tempo ancora dovremo vivere sotto il giogo di questi assetati di sangue?”. 
“Devo aiutare tutti i siriani – conclude – poco importa a quale religione appartengano. Bisogna preparare il dopo guerra e ritrovare la voglia di ricostruire insieme la Siria”.

http://agensir.it/quotidiano/2016/2/24/siria-patriarca-gregorios-iii-laham-chi-mi-accusa-di-sostenere-assad-venga-qui-a-vedere-il-terrore-che-gli-islamisti-incutono/

Siria, la vera priorità è combattere lo Stato Islamico. Non Assad


Asianews,

di Samir Khalil Samir sj


Sulla situazione attuale in Siria giornali e politici occidentali continuano a riproporre un cliché: perché vi sia pace, Bashar Assad, il presidente siriano, se ne deve andare. Per Stati Uniti, Francia, Arabia saudita, Turchia questo è il primissimo punto di un’agenda per costruire la pace in Medio oriente.
Eliminare Daesh o il presidente Assad?
A mio parere questo “primissimo punto” non è realistico e può essere dannoso per diversi motivi.
1) È vero, Assad è un dittatore, e nessuno lo nega. Ma va aggiunto che non è l’unico nella zona. Anche i re sauditi e gli emiri dell’area sono dittatori e hanno delle costituzioni che non lasciano spazio a nessuna voce. Ma in questi casi nessuno protesta. Ora, la questione è che se adesso tu elimini Assad, chi prende il potere? Ci sarà ancora più disordine e violenza. Almeno, con Assad al potere c’è un minimo di sicurezza.  Va anche detto che l’insicurezza è partita da Daesh [acronimo in arabo dello Stato islamico-ndr] e dagli altri gruppi fondamentalisti, la cosiddetta “opposizione siriana”, che ha fagocitato anche l’opposizione laica interna siriana.
2) D’altra parte nessuno spiega da dove vengano le armi e i soldi dei terroristi: non possono fare ciò che fanno se non hanno alcun appoggio. Una grande figura della politica in Egitto, molto quotata dal punto di vista internazionale, Tareq Haggi, ha affermato che “Arabia saudita e Qatar sostengono militarmente e finanziariamente Daesh”. Quello che non si vede e non si legge da nessuna parte è che il conflitto in Siria ha preso ormai un volto molto chiaro di una lotta del sunnismo contro lo sciismo. Questo ha una sua controprova: come mai Daesh non va in Arabia saudita, o in Qatar, dove potrebbero acquisire più potere e influenza? È perchè l’obbiettivo di Daesh è divenuto quello dell’Arabia saudita ed è confessato anche da sunniti di diversi orientamenti: una lotta contro lo sciismo dell’Iran, dell’Iraq e della Siria (alaouiti).
Sradicare il fondamentalismo sostenuto dall’Arabia saudita
Se vogliamo la pace in Siria, occorre incontrarsi a a Ginevra o altrove. Ma chi non vuole partecipare? Proprio i ribelli sponsorizzati dall’Arabia saudita.  Ora i Sauditi, come i Turchi vogliono fare attacchi di terra “contro il terrorismo”, ma in realtà vogliono combattere contro Assad, o meglio contro il governo sciita.
L’alleanza fra Stati Uniti, Turchia, Arabia saudita, Qatar è un’alleanza di interessi economici e militari. Gli Stati Uniti hanno un accordo stabile con l’Arabia saudita e il Qatar. Non parliamo poi degli interessi turchi: sono legati alla Nato, giocano in modo ambiguo con Daesh (comprano il loro petrolio, fanno passare nuove reclute dello Stato islamico, combattono i curdi, i quali sono gli unici armati che lottano contro Daesh,….), minacciano l’Europa con le ondate di profughi…
Quanto all’Arabia, sta programmando di intervenire in molti Paesi arabi musulmani, come ha fatto in Yemen e in Bahrain, ma sempre per colpire gli sciiti presenti in quelle nazioni.
Nessuno vede (o confessa) che la causa fondamentale di tutto questo caos è l’ideologia fondamentalista e la sua fonte ideologica è l’Arabia saudita, che difende il suo islam wahhabita (l’interpretazione più radicale dell’Islam) come il vero islam.
La soluzione per la pace in Siria e in Medio oriente è anzitutto fermare la guerra e dare una tregua al Paese; poi eleggere un presidente, chiunque esso sia, Assad o altri, senza trucchi elettorali; la terza è la ricostruzione. Più si aspetta e più ci sono migranti che l’Europa ormai non riesce ad integrare. Perfino la Germania, che ha fatto un gesto eroico (pronta ad accettare 800 mila rifugiati siriani), ora si è fermata. Occorre fermare la guerra: del governo, dei ribelli, di Daesh.
A proposito di Russia
Sull’intervento della Russia, criticato spesso dall’occidente, vedo invece che in Medio oriente molta gente l’apprezza perché colpisce i fondamentalisti e Daesh; gli altri – la cosiddetta coalizione internazionale – non hanno fatto granché. Poi ci sono i curdi che combattono anch’essi Daesh e con successo. Fra l’altro, anche i miliziani di Daesh sono bravi. E chi sono i loro istruttori? Sono i comandanti irakeni sunniti che, estromessi dal governo e dalla società irakena, sono stati formati dagli americani e ora si sono riciclati in questa lotta contro gli sciiti a fianco dei loro amici fondamentalisti e terroristi. E purtroppo sono bravi.
Conclusione
C’è una mancanza di chiarezza nell’informazione e non vi è collaborazione fra le forze che dicono di combattere il terrorismo. La Russia ha chiesto collaborazione, ma è rimasta sola.
L’errore che i Paesi implicati stanno facendo è di aver messo come scopo il cambiamento della leadership in Siria: è lo stesso errore fatto in Iraq e in Libia, che ha creato disastri ancora maggiori. Davvero non capisco perché l’occidente prenda sempre dei simboli da eliminare per “portare la democrazia”. Ma la democrazia in Medio oriente non esiste (e anche in Europa scricchiola). Certo, speriamo che possa realizzarsi in futuro, ma oggi sono importanti la sicurezza e la giustizia.
Gli occidentali sono chiamati a scegliere bene i loro obiettivi: prima di tutto va garantita sicurezza e giustizia e non attaccare qualche leader. Perché se cambi il capo, la società rimane uguale e il caos prende il sopravvento. Meglio la dittatura che conosciamo che la dittatura islamica che vediamo.
E bisogna poi avere il coraggio di dire: la causa di questa guerra ha un’origine più remota ed è il fondamentalismo islamico radicale sostenuto dall’Arabia saudita. Nessuno mai osa dirlo. Riyadh compra le armi all’occidente, per i ribelli e per Daesh, e con i suoi soldi compra il silenzio dell’occidente, Europa e Stati Uniti. L’ideale della democrazia in Medio oriente è diventato solo un paravento per interessi ideologici ed economici.
http://www.asianews.it/notizie-it/Siria,-la-vera-priorit%C3%A0-%C3%A8-combattere-lo-Stato-islamico.-Non-Assad-36693.html

venerdì 12 febbraio 2016

In attesa del grande incontro tra Francesco e Kirill: il sogno del 'cessate il fuoco' e ... "tra la popolazione prevale apprezzamento per il ruolo giocato dai russi”.

Il Vescovo di Aleppo: l'incontro tra Francesco e Kirill è anche il frutto delle nostre sofferenze. E questo ci consola


Agenzia Fides 12/2/2016

“I cristiani di qui si sono accorti che le loro sofferenze non cadono nel nulla: l'incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill lo percepiscono come il frutto della croce che stanno vivendo. La sofferenza di tutti i cristiani del Medio Oriente porta il frutto dell'unità, e ne potrà portare anche altri. Questo per noi è una grande consolazione e ci aiuta a andare avanti, anche se dobbiamo ancora soffrire”. Così il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, descrive all'Agenzia Fides i sentimenti che registra in questi giorni tra i cristiani della sua città, mentre le notizie sull'incontro a Cuba tra il Vescovo di Roma e il Primate della Chiesa ortodossa russa si mescolano a quelle su un possibile, imminente cessate il fuoco nei teatri di guerra siriani. 
“Qualche giorno fa” aggiunge il Vescovo francescano “un alto rappresentante del Patriarcato di Mosca ha detto esplicitamente che a rendere urgente l'incontro di Cuba è stata la comune sollecitudine per le sofferenze dei fratelli cristiani del Medio Oriente. Di questo abbiamo parlato anche nelle omelie e nei nostri incontri: i fedeli ritrovano coraggio, quando si accorgono che le loro sofferenze hanno a che vedere in maniera misteriosa con l'unità tra i fratelli separati, dove Cristo ci abbraccia e ci consola tutti”.
Il Vicario apostolico di Aleppo riporta anche le attese suscitate nella popolazione dalle notizie su un possibile, imminente cessate il fuoco imposto alle parti coinvolte nel conflitto siriano: “Per noi” dice a Fides il Vescovo Abou Khazen “sarebbe un sogno. Rimane l'incognita dei gruppi jihadisti. Sappiamo che per buona parte sono stranieri: chi li comanda? A chi rispondono? Aderiranno alla tregua?”. 
Il Vicario apostolico fornisce anche notizie di prima mano sulla situazione di Aleppo: “L'esercito regolare avanza con l'aiuto dei russi, e nei quartieri liberati ricomincia a funzionare l'acqua e la luce, riaprono le scuole. In molte situazioni si offre la possibilità di riconciliazione ai siriani che si erano legati coi gruppi di ribelli. Sono le milizie combattenti controllate da stranieri che impongono ancora le resistenza e la guerra. 
E tra la popolazione prevale apprezzamento per il ruolo giocato dai russi”.



Patriarca Laham: L'accordo sulla   Siria un passo positivo, 

ora uniti contro lo Stato islamico


Gregorio III auspica che l’accordo “possa dare benefici al Paese e al suo popolo”. Egli esorta a mantenere in vita l’alleanza contro Daesh e gli altri gruppi jihadisti. Ora devono mediare “il governo siriano e la vera opposizione interna”. Solo i combattenti mercenari stranieri non vogliono la pace. Dall’incontro fra Francesco e Kirill la speranza di una Pasqua unita e fissa. 
Asianews, 12-02.2016
Una notizia “positiva”, che “tutti noi speriamo possa dare benefici al Paese e al suo popolo”. La decisione di cessare il fuoco “era già contenuta nella risoluzione Onu 2254 del dicembre scorso”, poi vi sono stati “i dialoghi, subito interrotti” di Ginevra; ora “speriamo che mettano in pratica questi propositi e lavorino per la pace”. È “felicissimo” il patriarca melchita Gregorio III Laham, che conferma “l’importanza” dell’accordo per la “fine delle ostilità” in Siria entro una settimana raggiunto nella notte da Usa e Russia, insieme ad altre 15 nazioni. Alla cessazione delle operazioni militari decisa dal Gruppo di sostegno internazionale per la Siria (Issg) sono escluse le battaglie contro i gruppi jihadisti di al Nusra e dello Stato islamico.  
....     “Per raggiungere una vera pace - prosegue Gregorio III - è necessario che si incontrino il governo siriano e la vera opposizione interna. In realtà l’opposizione è fatta di molti gruppi e schieramenti, almeno 28, ma non dobbiamo prendere in considerazione in questo panorama variegato i gruppi terroristi. Essi non devono essere parte delle discussioni”. 
L’altro aspetto “essenziale” per il patriarca melchita è che “gli aiuti arrivino a tutta la popolazione che versa in stato di bisogno”. Tuttavia, aggiunge, “i militanti in molti casi non fanno arrivare gli aiuti, ma confiscano tutto quello che arriva. Questo è successo per molto tempo a Yarmouk, dove lo Stato voleva mandare aiuti, che venivano confiscati dai miliziani”. 
Gregorio III conferma quanti affermato nei giorni scorsi dal vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, secondo cui i siriani non vogliono più la guerra, ma “sono gli stranieri a fomentarla”. In Siria operano bande di mercenari, jihadisti, estremisti e criminali comuni che trovano nel conflitto una fonte di sostentamento. “Il Paese è diventato un mercato - spiega il patriarca melchita - e i combattenti agiscono per denaro, guadagno materiale, e questa è una delle ragioni della presenza numerosa di stranieri”. 
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martedì 29 settembre 2015

''Per battere l'Isis occorrono i siriani, Assad compreso'': la voce dei Vescovi di Siria


I vescovi siriani sono ''stanchi delle tante parole e dei pochi fatti'' messi in campo dalla comunità internazionale per provare a fermare il bagno di sangue causato dal conflitto, giunto ormai al suo quinto anno, e dai terroristi dello Stato islamico. Voci molto severe da Aleppo e da Damasco. Per tutti lo stesso interrogativo: ''Come si può sconfiggere il terrorismo senza lo Stato siriano?''

S.I.R. , 29 settembre 2015


Mentre a New York si parla, in Siria si continua a morire. A gridarlo alle orecchie dei Grandi della Terra, impegnati all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, sono alcuni vescovi siriani, “stanchi delle tante parole e dei pochi fatti” messi in campo dalla comunità internazionale per provare a fermare il bagno di sangue causato dal conflitto, giunto ormai al suo quinto anno, e dai terroristi dello Stato islamico (Is). Nei loro discorsi  Obama e Putin hanno ribadito la necessità di combattere e sconfiggere l’Is, mostrando, tuttavia, profonde divergenze sul ruolo del leader siriano Bashar al Assad. Per la Casa Bianca Assad non deve essere sostenuto poiché “ha brutalizzato il suo popolo”. Una soluzione in Siria, pertanto, deve essere “la transizione a un nuovo leader”. Dal Cremlino, invece, è arrivato l’appoggio al governo di Damasco e al suo esercito, “l'unico in grado di sconfiggere l'Is. Non cooperare con Assad è un errore”.

Da Aleppo. “Gli unici che combattono lo Stato islamico sono i curdi e i soldati dell’esercito regolare siriano. Se a New York sono seri non possono pensare di escludere il governo di Assad”, afferma monsignor George Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino. “Solo dopo aver sconfitto lo Stato islamico si negozi una transizione ma è importante non creare un vuoto, perché - spiega il Vicario - il rischio è diventare come la Libia se non peggio. Le grandi potenze, purtroppo, guardano solo ai loro interessi anche perché a pagare è questa povera gente privata di tutto, affetti, lavoro, casa. Vogliamo un cessate il fuoco per fermare il bagno di sangue. Si fa presto a parlare da New York, ma vengano qui ad ascoltare la popolazione. Devono decidere sulla base di che? Dei voleri di Qatar o Arabia Saudita o di altri grandi potenze?”. 
Da Aleppo, città-martire della Siria, da mesi sotto assedio, padre George parla di situazione drammatica anche se “la gente gioisce per la poca acqua che arriva e per l'elettricità che viene erogata per due ore. E intanto mentre si continua a morire e a bombardare c’è chi parla di democrazia e di diritti umani”.

Da Damasco.  “Sono cinque anni di guerra durante i quali abbiamo cercato di resistere. Ora la popolazione è stanca e va via, fugge perché non esiste una posizione internazionale che intende combattere unitariamente lo Stato islamico”. Gregorio III Laham, patriarca melchita di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme non usa mezzi termini. I discorsi di New York mostrano chiaramente che “i grandi Paesi non sono d’accordo come combattere e soprattutto chi combattere”. 
“Mi chiedo - sono le sue parole - come si possa pensare di difendere una nazione da un nemico, senza volerla coinvolgere. E non mi riferisco al presidente Assad, ma al Paese. Non puoi combattere un nemico in casa mia senza che io non sia consultato. Vogliono cacciare Assad spargendo il sangue del suo popolo? Chi deve difendermi? Forse gli aerei americani che vengono da lontano o chi è qui, il governo con l’esercito? Vogliono affossare un popolo per uccidere una persona, il presidente. È un crimine che il Tribunale internazionale dell’Aja deve perseguire”, dichiara il patriarca che ribadisce: “Davanti a un pericolo internazionale è urgente avere una posizione internazionale comune, Siria, Iraq, Turchia, Qatar, Arabia Saudita, Iran, Cina, Ue, Usa e Russia e via dicendo. Una voce che riconosca che il pericolo riguarda tutti, e non solo il Medio Oriente. Rimuovere Assad senza avere l’alternativa è assurdo. In Siria agiscono ben 28 gruppi di opposizione. Sono piccoli gruppi armati, divisi al loro interno e destinati a passare prima o poi nelle fila dello Stato islamico”. Perché, dice Gregorios, “non creare una coalizione che comprenda anche la Siria per combattere l’Is? Una volta debellato questo nemico sono certo che si troveranno soluzioni politiche”. “Questo è ciò che vuole il popolo siriano che aspira alla pace e chiede la fine della sofferenza. I cristiani devono fare la loro parte cominciando a rimuovere le divisioni tra le diversi denominazioni. L’unità darebbe forza morale e sarebbe una risposta all’estremismo islamico”. 
Anche per l’arcivescovo siro-cattolico di Damasco, monsignor Elias Tabe, “il presidente Assad è l’unico che può ancora tenere insieme il Paese nonostante le correnti contrarie. Essendo stato eletto dal suo popolo deve essere coinvolto nel tentativo di fronteggiare lo Stato islamico”. Ben venga anche il supporto della Russia che, spiega l’arcivescovo, “ha sempre avuto forti legami con il Medio Oriente. I russi conoscono bene il territorio siriano e ciò sarà certamente di aiuto. Tuttavia è inutile negarlo - conclude mons. Tabe - qui la Russia difende anche i suoi interessi. Ma i terroristi dell’Is vanno combattuti”.

venerdì 4 settembre 2015

Gregorio III Laham: "Non parole sui migranti e discorsi sull’accoglienza. Mai più la guerra”.


Asianews , 04-09-15
“Tutto il mondo ha visto la foto del bambino curdo siriano” morto sulle spiagge della città turca di Bodrum, e “a questo proposito voglio lanciare un appello: per evitare simili tragedie il punto è fare la pace, garantire la salvezza e il futuro del Medio oriente”. 
È un appello accorato e lucido quello che il Patriarca melchita Gregorio III Laham consegna ad AsiaNews, mentre il mondo guarda ancora con dolore e commozione alla foto del piccolo Aylan, simbolo di questo terribile conflitto che da quattro anni insanguina il Paese.
Ai governi occidentali e all’Europa, prosegue, “dico che il punto centrale non è accogliere e ospitare i profughi, ma è fermare il conflitto alle radici. Tutti devono essere coinvolti, dall’Occidente alle nazioni arabe, dalla Russia agli Stati Uniti. Questo è ciò che aspettiamo, la pace… Non parole sui migranti e discorsi sull’accoglienza. Mai più la guerra”.

In questi giorni il patriarca melchita ha inviato una lettera ai giovani cristiani, chiedendo loro di fermare lo “tsunami” dell’emigrazione, che rischia di svuotare il Paese della presenza cristiana. Una ondata migratoria che investe la Siria, come il Libano e l’Iraq e che la guerra e le violenze dei movimenti jihadisti - fra cui lo Stato islamico - hanno contribuito ad accelerare. 
Secondo le ultime informazioni, dal 2011 almeno 450mila degli 1,7 milioni di cristiani siriani hanno abbandonato le loro zone di origine. Ora vivono all’estero o sono considerati rifugiati interni al loro stesso Paese. Nel vicino Iraq la popolazione è scesa da un milione a meno di 300mila nell’ultimo decennio, e continua a scendere. 

Ad AsiaNews il patriarca melchita racconta di aver scritto la lettera per dire ai giovani siriani “che siamo interessati a loro, siamo interessati alla loro fede, alla loro vita, alla loro educazione, alle loro tradizioni e al loro futuro”. “Noi vogliamo che rimangano - aggiunge - e prenderci cura di loro, ma al tempo stesso vogliamo star loro vicino anche se decidono di andarsene. E fondare nuove parrocchie nei luoghi della diaspora, dove questi giovani trovano rifugio”. 
Gregorio III Laham parla di “pena spirituale e affetto” verso le nuove generazioni, il futuro della Chiesa perché “una Chiesa senza gioventù non è viva”. Egli chiarisce che “non vogliamo proibire loro di andare via, ma diciamo anche di avere pazienza e fiducia, e se partite noi vi siamo vicini”. 
I terroristi distruggono ogni germoglio della società civile, partendo dalle scuole e dagli istituti educativi. “Solo qui, in Siria - conferma il patriarca - sono state distrutte almeno 20mila scuole. E senza istruzione, questi bambini la cui infanzia è stata negata saranno i futuri terroristi, i nuovi membri di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico]… Questo è il dramma più grande”. Per questo la sfida di noi cristiani, avverte, è quella di “continuare a essere presenti nella regione, anche se il cristianesimo è un bersaglio, per proseguire l’opera di dialogo con i musulmani. Senza i cristiani ci sarebbe un vero e proprio shock di civiltà”. 

Per garantire la vita e il futuro della comunità, la Chiesa siriana si è attivata per sostenere piccole iniziative con la modalità del microcredito. Vi sono a disposizione circa 50mila dollari, che vengono suddivisi in piccole somme a sostegno di progetti mirati. “Realizzare candele, preparare il cibo in casa, costruire un forno per la produzione di pane - conclude il patriarca melchita - sono alcune fra le varie proposte. E poi vogliamo aiutare le famiglie che tornano nei villaggi un tempo distrutti e ora in pace, dando loro almeno una stanza in cui ricominciare a vivere, riprendere a poco a poco il percorso dove era stato interrotto”. 


tweet da @Pontifex: “La guerra è madre di tutte le povertà, una grande predatrice di vite e di anime”


Il piccolo siriano alla polizia ungherese:
 "Fermate la guerra adesso. Semplicemente fermate la guerra. Solo questo"

martedì 19 maggio 2015

Gregorio III: paghiamo gli errori dell'Ue e di Obama


Intervista a Gregorio III Laham






ilsussidiario.net
 18 maggio 2015



La Conferenza Episcopale Italiana ha deciso di dedicare la Veglia di Pentecoste del 23 maggio ai “martiri di oggi”, cioè ai cristiani perseguitati in tutto il mondo. Un dramma che non conosce confini geografici, anche se è particolarmente grave nelle aree di Siria e Iraq controllate dallo stato islamico. 
Dopo avere ucciso o costretto alla fuga migliaia di cristiani, yazidi e altre minoranze religiose, il califfato ha lanciato un’offensiva per la conquista della città irakena di Ramadi. Sempre ieri i caccia dell’aeronautica militare di Damasco hanno bombardato i sobborghi di Palmira, città siriana dove sono in corso violenti scontri tra l’esercito regolare e i miliziani dell’Isis. I resti del periodo greco e romano fanno di Palmira una delle meraviglie dell’umanità, che ora rischiano di scomparire se la città dovesse essere conquistata dallo stato islamico. 
Per Gregorio III Laham, patriarca cattolico siriano con sede a Damasco, “chi vuole distruggere le vestigia della civiltà sumera, il sito storico di Palmira e le chiese siriane non va contro questa o quella religione ma contro gli stessi valori umani”.

Il 23 maggio si pregherà per tutti i “martiri di oggi”. Com’è la situazione dei cristiani in Siria?
La guerra in corso in Siria è una tragedia per tutti, in quanto a essere sotto attacco sono cristiani e musulmani, sunniti e sciiti, drusi e yazidi. La situazione è particolarmente tragica ad Aleppo, le cui chiese sono state tutte distrutte o gravemente danneggiate. L’intera città si è trasformata in una grande prigione dalla quale non è possibile né uscire né entrare.


Com’è invece la situazione nella capitale e nelle zone circostanti?
Damasco non rischia incursioni di terra ma teme per i bombardamenti dal cielo. La situazione nei villaggi cristiani come Maalula in questo momento è calma. Ora la battaglia è particolarmente violenta intorno a Palmira, e anche il Nord è in pericolo.


Sono quattro anni che la Siria è attraversata dalla guerra. I cristiani come vivono questo momento?
I cristiani vivono l’aspirazione forte alla pace di tutti i siriani di buona volontà. Non si può dire che quella che sta avvenendo in Siria sia una persecuzione contro i cristiani. Quest’ultima sta avvenendo in Iraq, mentre i cristiani siriani sono vittime della guerra e non della persecuzione. Anche se noi cristiani, poiché siamo un gruppo più debole degli altri, siamo più esposti a questa tragedia.


Che cosa possono fare i cristiani occidentali per i loro fratelli siriani?
C’è bisogno di un aiuto materiale affinché le chiese in Siria possano essere vicine ai loro fedeli, e soprattutto ai rifugiati. Il mio patriarcato a Damasco per esempio deve spendere tra i 40 e i 50mila dollari ogni mese per i profughi. Ma c’è bisogno anche di un contatto continuo tra le conferenze episcopali dei principali Paesi europei e la Chiesa locale in Siria.


In che modo?
Invito i vescovi italiani a venire a pregare con noi a Damasco, perché sarebbe un gesto simbolico dal valore enorme. Aiutare i cristiani significa inoltre lavorare per la pace. La chiesa cattolica, quella ortodossa, le chiese orientali, gli anglicani e i protestanti dovrebbero sottoscrivere una dichiarazione comune per la pace in Siria, in Iraq e in Palestina.




Come valuta l’avanzata dell’Isis su Ramadi e Palmira?
E’ una domanda che dovrebbe rivolgere a un generale, non a me. La guerra è guerra, si avanza e poi ci si ritira. L’Isis è forte in quanto è sostenuta da tante nazioni, sia arabe sia europee. Gli stessi Stati Uniti dovrebbero essere più seri e aiutare il governo siriano.


In che senso?
La Siria è una nazione, non un regime. Non capisco perché Washington aiuti le cosiddette fazioni “moderate” dei ribelli, che poi sono moderate per modo di dire. Oggi dobbiamo riconoscere tutti che non abbiamo alternative. Questa opposizione siriana è divisa e corrotta, ed è quindi inutile aiutare un elemento così debole perché significa far sì che ci siano soltanto più vittime tra la popolazione siriana.



Che cosa intende dire quando afferma che l’Isis è aiutata dai Paesi europei?
Sappiamo che ogni giorno ci sono giovani italiani, inglesi e francesi che partono per la Siria con l’obiettivo di infittire le file dei gruppi fondamentalisti. Formazioni che non definirei islamiche, perché sono gruppi puramente militari. E la guerra non è tra islam e cristianesimo, bensì è una lotta per i valori umani. Chi vuole distruggere le vestigia della civiltà sumera, il sito storico di Palmira e le chiese siriane non va contro questa o quella religione ma contro gli stessi valori umani.


Quale responsabilità hanno gli Stati europei per i giovani che si arruolano nell’Isis?
Il punto è che manca una posizione unica dell’Unione Europea, la quale non si sta dando da fare in modo serio per favorire la pace in Medio Oriente. L’Ue è indecisa e non fa patti efficaci per fermare la guerra. Se i 28 Paesi Ue avessero un’unica posizione forte, ciò permetterebbe di fermare l’influenza dell’Isis in Medio Oriente. Il mondo arabo è diviso perché l’Europa è divisa. 

Il baluardo più efficace contro l’Isis è il governo siriano, e quindi se l’Ue si schiera chiaramente a fianco di Damasco può veramente contribuire a fermare l’Isis. Questo occorre, una dichiarazione comune dell’Ue a favore del governo siriano.
(Pietro Vernizzi)