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mercoledì 16 luglio 2014

Assad al terzo mandato



da PAPABOYS 3.0

 Il presidente della Repubblica Araba Siriana, Bashar al-Assad, ha prestato giuramento per un nuovo mandato. Nel corso della cerimonia di insediamento che si è tenuta nel palazzo presidenziale a Damasco, Assad ha detto che gli stati occidentali e arabi che hanno sostenuto il “terrorismo” pagheranno un “prezzo alto” e che combatterà i ribelli fino a quando la sicurezza non sarà assicurata in tutto il paese. Il riferimento implicito è ai Paesi del Golfo, alla Turchia e ad alcuni Paesi occidentali, come Stati Uniti, Francia e Regno Unito, accusati di sostenere il terrorismo ovvero la rivolta che va avanti dal 2011. Assad -riferisce una nota di Spondasud-  ha promesso di combattere il terrorismo fino a quando non sarà riportata la pace in Siria. “Sono passati tre anni e quattro mesi da quando qualcuno ha gridato ‘libertà”, ha aggiunto il presidente ricordando l’inizio, nel marzo 2011, della rivolta sfociata poi nella guerra. “Volevano una rivoluzione, ma siete stati voi i veri rivoluzionari”, ha aggiunto rivolto alla platea, “e mi congratulo per la vostra rivoluzione e la vostra vittoria”. “Coloro che si erano persi possono ora vedere chiaramente: sono state svelate le loro facce mostruose, le maschere della ‘libertà e della ‘rivoluzione’ sono cadute”.

Il leader siriano ha affermato che il suo Paese deve fronteggiare “un’aggressione straniera” perpetrata attraverso “strumenti locali” e ha rilanciato la sua offerta di una “riconciliazione nazionale” con quanti deporranno le armi. La cerimonia si è svolta in una sala in cui campeggiava una fotografia di Hafez, padre di Bashar, e alla presenza di parlamentari e altri ospiti selezionati. Assad ha giurato di “rispettare la Costituzione e le leggi e difendere gli interessi del popolo siriano”
Il capo dello Stato ha tracciato le principali linee del suo nuovo mandato settennale, il suo terzo consecutivo, sullo sfondo di un conflitto che ha causato in Siria, secondo alcune stime, almeno 250 mila morti. Assad, 48 anni, è stato riconfermato nelle elezioni del 3 giugno scorso che le opposizioni e i governi occidentali hanno considerato una farsa. Gli Stati Uniti avevano descritto le elezioni prive di significato. La Russia, che ha sempre fornito alla Siria supporto diplomatico e militare, ha giudicato le elezioni in Siria “eque, libere e trasparenti”. Malgrado il boicottaggio di Stati Uniti ed Europa, Assad ha vinto la competizione con l’88,7 per cento dei voti. Un plebiscito.

Vaste aree della Siria, in particolare l’est e il nord est del paese, sono cadute nelle mani dei gruppi islamisti, tra i quali il potente gruppo jihadista dello Stato islamico che ha anche conquistato importanti aree di territorio in Iraq. Lo Stato islamico nelle ultime settimane ha ampliato la sua sfera di controllo, sconfiggendo altre fazioni islamiste con nuovi armamenti arrivati dall’Iraq. Assad, dal suo canto, ha rafforzato il controllo su un corridoio strategico del territorio che si estende a nord di Damasco, riconquistando le principali città del paese, tra cui Homs. 
Sostenute dai miliziani Hezbollah libanesi, le sue forze sono ora concentrate per combattere le sacche di resistenza ad Aleppo, dove sono presenti sia i ribelli dell’Esercito Libero Siriano che le forze radicali e qaediste dello Stato islamico e del Fronte al Nusra.

http://www.papaboys.org/assad-al-terzo-mandato-pagheranno-un-prezzo-alto-gli-amici-dei-fondamentalisti/

ASSAD NON E' BEPPE GRILLO

IL Sussidiario, venerdì 6 giugno 2014
di ROBI RONZA
Lo spoglio dei risultati delle elezioni presidenziali, svoltesi in Siria nelle aree sotto il controllo del governo, si è concluso con l'annuncio che l'88,7 per cento degli elettori recatisi alle urne si è espresso a favore del rinnovo del mandato al presidente uscente Bashar al-Assad.  Agli altri due candidati, Hassan al-Nouri e Maher Hajjar è andato rispettivamente il 4,3 e il 3,2 dei suffragi. Pur non essendo di certo un risultato da democrazia davvero funzionante, l'esito di queste elezioni rientra nella norma della democrazia finora possibile nei paesi arabi.
Ci sarebbe perciò da domandarsi come mai il Segretario di Stato americano John Kerry, che si è affrettato a definire "senza senso" tali risultati, non avesse invece trovato nulla da ridire quando in Egitto l'aspirante presidente … predestinato alla vittoria dall'esercito (con l'appoggio degli Usa) aveva ottenuto percentuali analoghe; ma la risposta è ovvia.Non si fatica ad immaginare che se, con il giustificato motivo della guerra civile in corso, Bashar al-Assad avesse deciso di rinviare le elezioni, lo si sarebbe perciò accusato di calpestare la democrazia. Siccome invece le ha fatte, ci si precipita a dire che non valgono niente. Qualunque cosa insomma avesse fatto in proposito non aveva scampo. 
In realtà, malgrado che ciò a Washington dispiaccia, tutti gli osservatori che seguono sul posto la crisi siriana senza pregiudizi sono concordi nel dire che Bashar al-Assad gode del sostegno della maggioranza dei siriani. E sarebbe strano il contrario, considerando che in Siria si tratta di scegliere tra lui e Al-Qaeda, non tra Matteo Renzi e Beppe Grillo. 
Cercando una via d'uscita da questa situazione, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna stanno puntando a rafforzare il Fronte Islamico di Hassan Abbud, il più presentabile dei gruppi schierati in armi contro al-Assad, accreditandolo come un'alternativa possibile all'impresentabile Isis, ovvero Al-Qaeda. Proprio nei giorni delle elezioni la Bbc ha diffuso un'ampia intervista ad Hassan Abbud, che nella circostanza fa sfoggio di moderazione (si fa per dire). Si dice contrario all'impiego di terroristi suicidi, afferma che nell'islam c'è spazio per le diversità di opinione, promette in caso di vittoria salvezza agli alawiti (la minoranza religiosa cui appartengono sia al-Assad che buona parte dei membri del suo governo), dice che in una Siria governata dal Fronte Islamico le donne potranno guidare l'auto, andare all'università, portare il velo solo se lo vogliono (fermo restando che se non lo portano peccano); e "i cristiani nonavranno niente da temere".Precisa però che il modello di governo del Fronte Islamico è la Sharia, ma che il Fronte non la vuole imporre bensì solo indicare a tutti come ideale. Un bel cocktail insomma per rendersi "spendibili" agli occhi occidentali senza rinunciare ai pilastri di una visione chiaramente integralista dell'islam.  È un cocktail che potrà magari trovare qualche bevitore in Occidente, ma di certo non in Siria. E resta poi da vedere quanto in campo islamista pesa il Fronte Islamico rispetto all'Isis. 
Puntare in un tale contesto sulla caduta del regime di al-Assad – come stanno continuando a fare Stati Uniti e Gran Bretagna − è un gesto irresponsabile. Come analogamente è un gesto irresponsabile quello di far leva sulla crisi dell'Ucraina per creare instabilità nel bacino del Dniepr e nella regione del Mar Nero rischiando di farne un altro Medio Oriente.I due maggiori Paesi europei più esposti alle conseguenze negative di tali sviluppi, ossia la Germania e l'Italia, dovrebbero fare tutto il possibile per evitarli.
http://www.ilsussidiario.net/News/Editoriale/2014/6/6/Assad-non-e-Beppe-Grillo/505525/

venerdì 21 febbraio 2014

Usa e Arabia Saudita di nuovo assieme... per l'offensiva di primavera?



 da: La Nuova Bussola Quotidiana, 21-02-2014
di Gianandrea Gaiani

Nonostante il supporto saudita ai gruppi armati qaedisti jihadisti, Washington ha rinsaldato nelle ultime settimane l’intesa con Riyadh per ridare slancio alla rivolta siriana anti-Assad puntando nuovamente sui “moderati” sull’Esercito Siriano Libero. La formazione militare che diede il via alla rivolta contro il regime di Damasco raccogliendo migliaia di disertori sunniti che avevano lasciato l’esercito regolare è stata schiacciata nel centro nord del Paese dalle forze estremiste islamiche dei movimenti al-Nusra e Stato islamico di Iraq e Levante. Sul fronte meridionale, dove i ribelli vengono alimentati dagli aiuti che affluiscono sul confine giordano, l’ESL ha ancora  quasi l’esclusiva nella guerra contro Assad ed è qui che sembrano puntare sauditi e statunitensi per sbloccare il conflitto dopo il fallimento dei colloqui tra regime e opposizioni di Ginevra.

Due gli elementi che sembrano indicano questi sviluppi. Il più recente lo ha raccontato ieri il quotidiano panarabo al-Hayat, edito a Londra, che citando fonti dei ribelli ha riferito di 3 mila miliziani siriani ostili al regime di Damasco e ai movimenti estremisti islamici addestrati negli ultimi otto mesi dalle forze americane nel nord della Giordania in cooperazione con l'esercito di Amman e altri non meglio precisati eserciti arabi. Il giornale cita anche il leader di una brigata ribelle siriana, Ali Rifai, operativo nella regione meridionale di Daraa confinante con la Giordania, secondo il quale l'addestramento di migliaia di ribelli siriani definiti "moderati" dura da 8 a 12 giorni in basi militari dell'esercito giordano. L'addestramento è monitorato da ufficiali statunitensi e si concentra sull'uso di armi leggere e medie, come missili antiaerei e anticarro giunti recentemente dalla Giordania. 
La presenza di campi d’addestramento per l’ESL gestiti in Giordania da personale statunitense non è una novità ma il numero di miliziani che hanno ricevuto un addestramento basico da fanteria e specialistico circa l’uso di alcune armi dimostra cosa bolla in pentola.

Il secondo elemento risale a lunedì scorso quando fonti diplomatiche arabe e alcuni leader dell’opposizione siriani hanno riferito al Wall Street Journal che l’Arabia Saudita sta fornendo per la prima volta in modo ufficiale missili antiaerei e anticarro ai ribelli siriani. 
Si tratterebbe di missili contraerei portatili FN-6 di fabbricazione cinese e missili guidati anticarro russi Konkurs. Armi, soprattutto gli FN-6, che l’Occidente non vorrebbe vedere in mano ai ribelli per il timore che possano finire a milizie qaediste che potrebbero usarli contro aerei civili a scopo terroristico.

Un alto funzionario dell’amministrazione, contattato dal Wsj, ha ribadito l’opposizione di Washington alla consegna di queste armi ai ribelli che oggi da Washington ricevono  maggiori aiuti finanziari inclusi milioni di dollari necessari a pagare gli stipendi ai miliziani. 
La posizione statunitense (1) pare però contraddittoria perché i missili sarebbero in arrivo attraverso la Giordania a quanto precisato da una fonte diplomatica occidentale, e sono quindi destinati a quel fronte meridionale dove l’ESL riceve aiuto e addestramento dagli americani.

In questo settore i ribelli stanno preparando un’offensiva contro i quartieri meridionali di Damasco riconquistati negli ultimi mesi dai lealisti. L’obiettivo di Washington e Riad  sembra essere quello di far guadagnare posizioni ai ribelli “affidabili” per costringere il regime a negoziare con loro una soluzione politica del conflitto. Il Fronte meridionale è guidato da Bashar al-Zoubi, considerato in diretto contatto con le agenzie di intelligence occidentali e arabe.

La rinnovata intesa tra statunitensi e sauditi sulla crisi siriana sembra confermata anche dalla decisione di Riad di affidare Riad ha affidato la gestione della crisi siriana al ministro degli Interni, il principe Mohammed bin Nayef (gradito a Washington per il suo impegno contro al-Qaeda), estromettendone il potente capo dell'intelligence, principe Bandar bin Sultan. La notizia è riportata ancora una volta dal Wall Street Journal che cita consiglieri della famiglia reale saudita, sottolineando come l'avvicendamento apra la strada a una normalizzazione dei rapporti con Washington, dopo le tensioni emerse negli ultimi mesi tra i due alleati sulla strategia da seguire in Siria. Secondo fonti americane l’avvicendamento potrebbe favorire anche un maggior impegno saudita contro i miliziani jihadisti.

Al di là degli intenti dei sostenitori dei ribelli, sul campo di battaglia siriano sono però le forze lealiste a registrare successi. Nei giorni scorsi gli uomini di Assad hanno riconquistato Maan, il villaggio alauita (sciita) nella provincia centrale di Hama teatro il 9 febbraio scorso di una vera e propria carneficina di civili da parte dei miliziani jihadisti.

Offensiva dei governativi (e degli hezbollah libanesi loro alleati) anche su Yabrud, ultima importante località in mano ai ribelli delle brigate islamiste e dei jihadisti del Fronte al-Nusra nei pressi del confine libanese. Le difficoltà militari dei ribelli hanno riflessi anche sulla tenuta dello stesso Esercito Siriano Libero il cui comandante militare, il generale Selim Idriss, è stato destituito domenica scorsa per gli “errori e la disattenzione” nella conduzione guerra battaglia e per la “scarsa distribuzione delle armi” fra i ribelli.

Idriss, in carica dal dicembre 2012, è stato sostituito con il colonnello Abdelilah al-Bashir promosso generale di brigata. Una destituzione respinta però dallo stesso Idriss e dai cinque comandanti delle brigate che chiedono la “ristrutturazione totale” della catena di comando dell’ESL. Le forze “moderate” su cui punta Washington per rovesciare Assad non sembrano in grado neppure di mettersi d’accordo su chi deve comandare le operazioni militari. 
Una situazione che facilita da un lato le offensive di Assad e dall’altro rafforza le milizie islamiste e qaediste come unica forza militare credibile tra i ribelli.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-usa-e-arabia-saudita-di-nuovo-assieme-8499.htm 

[1] “Spymasters gather to discuss Syria”, par David Ignatius, Washington Post, 19 février 2014.

http://www.washingtonpost.com/opinions/david-ignatius-regional-spymasters-make-tactical-changes-to-bolster-syrian-moderates/2014/02/18/5d69596c-98f0-11e3-b931-0204122c514b_story.html



"pronti all'offensiva di primavera" per il controllo di Damasco

  

da: Papaboys 3.0
di Francis Marrash

I terroristi che operano nella parte meridionale della Siria stanno organizzando una “offensiva di primavera” contro Damasco. 
Secondo fonti del governo e dell’opposizione, all’interno di questa offensiva è previsto lo spiegamento di quei combattenti che sono stati addestrati dalle forze occidentali in Giordania. 
Allo stesso tempo l’esercito regolare siriano sta riposizionando le proprie truppe nella provincia di Quneitra, nei pressi del confine israeliano, e punta a fermare l’avanzata dei ribelli a Daraa. 
Dal canto suo, il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha dichiarato che “solo i colloqui di Ginevra” possono portare la pace nel Paese e ha invitato “tutte le parti in causa” a tornare al tavolo del dialogo dopo il fallimento del secondo round di incontri. 

Sul campo si teme l’arrivo di migliaia di ribelli addestrati dagli Stati Uniti. Abdullah al-Qarazi, ex ufficiale dell’esercito regolare e oggi comandante ribelle, ha messo in chiaro che l’offensiva ci sarà: “La provincia di Daraa è il cancello di Damasco. È da qui che inizia la battaglia per la capitale”. Per ora, ha aggiunto, “abbiamo solo la garanzia che le armi arriveranno da quelle nazioni che sostengono la rivolta contro Assad. Se le promesse saranno onorate, a Dio piacendo arriveremo nel cuore della capitale”. 
Dall’estate del 2013, i ribelli possono vantare il controllo di parti della città di Daraa e di alcune posizioni strategiche nei pressi del confine giordano: queste potrebbero divenire il corridoio per il passaggio delle armi. Inoltre hanno formato una coalizione composta da 47 fazioni e aperto canali di comunicazione con i combattenti della provincia di Damasco e con quelli che lottano a Quneitra, nel Golan. 
Da parte sua, l’esercito regolare non ha intenzione di cedere: secondo un funzionario del governo, “tutto è pronto” per la battaglia di Daraa. 

http://www.papaboys.org/siria-i-terroristi-pronti-alloffensiva-di-primavera/

venerdì 14 febbraio 2014

Per i Cristiani della Valle, il Krak des Chevaliers è diventato un mostro di pietra


Papaboys 3.0

Traduzione dellarticolo: Syrias Valley of the Christians Under Fire, di Firas Choufi. 
di Francis Marrash

Le feroci battaglie tra lesercito siriano e gruppi estremistici armati nella città di Zara – che circondano il Krak des Chevaliers, riecheggiano in tutta la Wadi al-Nasara, la parte araba della valle dei cristiani. Ogni giorno, i villaggi nella valle celebrano funerali e seppelliscono nuove vittime. Coloro che non sono fuggiti hanno deciso di non abbandonare la Siria.
 La voce del conducente mescolata con il suono martellante del vento nevoso, si mescola con la velocità eccessiva dell’auto durante il tragitto della strada che porta da Hawash-Zara a Wadi al-Nasara, ad ovest della città di Homs. L’uomo che guida la macchina fa osservare a noi passeggeri: Questa strada di notte è sporca. Nella parte posteriore sono seduti due uomini con dei fucili attaccati fuori dalla finestra. La paura è forte, ma si tenta di superarla insieme. Fuori è buio. I militanti dell’opposizione siriana, – rintanati nel Krak des Chevaliers, il castello crociato-, sono abbastanza noti per come colpiscono il percorso che stiamo attraversando. Secondo il conducente, la situazione ora è sotto controllo, dopo che l’esercito siriano ha stabilito nuove posizioni rafforzando le misure di sicurezza nell’area. I minuti non passano mai. Il pensiero va alle immagini dei morti senza motivo e alle decapitazioni ripetute a Wadi al-Nasara. I terroristi, alla fine delle esecuzioni giocano con la testa dei decapitati.

Coloro che combattono a fianco dell’esercito siriano non hanno tanta paura della morte. Parlano dei loro compagni che sono stati uccisi con tono triste e rassegnato.  I residenti al riparo nelle loro case potrebbero scampare alla morte, ma la probabilità di essere uccisi dai quotidiani bombardamenti casuali da parte dei terroristi è molto elevata. L’esercito, mentre prepara la liberazione del Krak des Chevaliers, nel contempo ha migliorato nelle ore diurne le condizioni di sicurezza della strada. La notte invece viaggiare è ancora molto rischioso. Il freddo per i soldati non è la più grande preoccupazione, quando si trovano dietro le postazioni militari. Nizar, un combattente governativo, aggiusta il cappello lanoso soffiandosi aria calda nelle mani. Egli divide, con il suo sguardo vigile, l’attenzione su di noi  e sulla zona notturna da controllare. Non possiamo permetterci di avere freddo, oppure di chiudere gli occhi. I terroristi cercano di intrufolarsi in qualsiasi momento. Spero che lo facciano, in modo tale da potervi mostrare le loro azioni.

Tra i combattenti che si trovano di stanza in questo luogo, ci sono  soldati dell’esercito siriano, membri della difesa nazionale e del Partito nazionalista sociale siriano (SSNP). La maggior parte di loro sono, in verità, residenti dei villaggi vicini.

Il Flagello delle decapitazioni. La maggior parte dei cristiani che rimangono nella regione non fa conto  che venga alcuna salvezza dai cristiani occidentali. Quelli che non sono fuggiti preferiscono morire rimanendo nel loro villaggio, anziché accettare la carità delluomo bianco. Tony lavora in un ristorante nel villaggio di Hawash. Ha deciso di rimanere. La madre di Hossam, del villaggio di Hambara, non vuole lasciare la sua abitazione. Ogni giorno visita la tomba del figlio ucciso nel conflitto. Tanti altri come loro vogliono rimanere. La Siria è l’unica casa che hanno.
Durante l’attacco del 29 gennaio, nel posto di blocco presidiato dalla Difesa Nazionale nella città di Ammar al-Hosn, i terroristi hanno mutilato con soddisfazione i corpi delle truppe addette al checkpoint. Hanno cavato gli occhi di un cadavere, un altro è stato decapitato e la testa è stata esibita a tutti, come trofeo. Nelle ultime settimane, i ribelli hanno eseguito tante altre decapitazioni a danno dei combattenti delle Forze di Difesa Nazionale. Tra loro  un combattente SSNP di nome Hanna Karam. Hanno subito la stessa sorte anche dei civili, e più recentemente è stato decapitato un giovane di nome Fadi Matta di Marmarita. Così ci veniva raccontato dalla guida durante il giro ai posti di blocco dell’esercito siriano. L’obiettivo preteso con le decapitazioni ha avuto negli abitanti della valle l’effetto opposto rispetto a ciò che desideravano i ribelli. La gente del luogo, dopo questi avvenimenti, è più convinta ad usare le armi contro i militanti. Infatti, con i continui attacchi, i residenti hanno costituito un nuovo gruppo di combattenti provenienti dai villaggi circostanti di Bahzina, Hanambra, Shallou, e Hawash, per lottare contro i terroristi, Alcuni provengono dalle università, altri dai posti di lavoro. Uno dei combattenti ha dichiarato: “La vita sul campo di battaglia ti deruba di tutto. Si pensa solo ad uccidere i miliziani, altrimenti loro uccidono noi”.

Chi spara per primo? Coloro che combattono a fianco dell’esercito siriano, non negano la grande esperienza dei miliziani, soprattutto i cecchini. La domanda frequente a Zara è: chi sparerà per primo? I cecchini professionisti dellesercito, nel combattimento hanno difficoltà serie a centrare i cecchini degli estremisti armati. Per esempio: i soldati dell’esercito sono costretti a usare missili guidati, altrimenti i cecchini possono rallentare l’avanzata dei soldati per diversi giorni. Quelli che si trovano in trincea e lungo le linee del fronte, non sono gente che non ragiona. Molti sono in grado di gestire se stessi nelle conversazioni politiche. Abu Joseph, proveniente da Marmarita, ha detto: “la guerra non è tra sunniti e sciiti, o tra alawiti e sunniti. La guerra è il frutto dellarretratezza dei siriani, che coinvolge anche noi cristiani.

Dolore e disperazione. Il funerale di Hanna Karam si è tenuto il 31 gennaio a Bahzina. Al corteo funebre si avvertivano sentimenti di rabbia e dolore. Il giovane è stato ucciso nell’attacco contro le fattorie di Zara. Quando i suoi compagni sono stati in grado di recuperare il corpo non c’era più la testa. Aveva subito la decapitazione. La bara è stata portata dagli Scout della cittadina, mentre veniva eseguito l’inno nazionale siriano. La madre disperata camminava dietro la bara, chiamandolo per nome, come fosse ancora vivo.

Non ho ancora provato il carro armato. Per gli abitanti di Wadi al-Nasara, il Krak des Chevaliers, è diventato un mostro di pietra, arroccato sull’alta montagna rovinando la loro vita giorno e notte. Al suo interno si nascondono i fondamentalisti. Fatti, voci e miti oltraggiosi si mescolano tra i residenti circa il castello medievale e i militanti nascosti all’interno. Alcuni abitanti del luogo sostengono che la presenza dei militanti nel castello ammonta da 5.000 a 7.000 unità. Fonti militari affermano che il numero reale non supera le mille unità, anche se ammettono che i militanti sono in possesso di ingenti quantità di armi e munizioni.

Recentemente sono riusciti a sottrarre all’esercito un carro armato, un cannone da 37 mm, e un mortaio. Dopo il furto gli abitanti sono diventati esperti militari, cercando di prevedere ciò che sarebbe successo. Ma dopo alcuni giorni, non vi è stato nessun bombardamento sul villaggio da parte dei terroristi. Un proprietario del luogo, scherzando ha detto: non è ancora tempo di usare il carro armato. Continuando ha informato che i terroristi hanno provato il 37 mm, sparando colpi su Marmarita. Grazie a Dio nessuno è rimasto ferito. Vedremo quando saranno utilizzate le altre armi, ieri hanno provato il mortaio. Le fonti militari, hanno confermato che i militanti stanno risparmiando le armi pesanti per la grande battaglia, nascondendosi dalla forza aerea siriana.

MARMARITA. Marmarita è la più grande città cristiana nel Wadi al_Nasara (Valle dei Cristiani), e si trova accanto alla città di Hawash. La maggioranza dei residenti è di religione cristiana greco-ortodossa. Prima del conflitto, erano circa 7.000. Oggi, più di 30.000 persone vivono in città, tra cui molti cristiani sfollati dal distretto di Diwan al-Bustan di Homs. Ce ne sono altri che provengono da Hamidiyed e dalla città di Qusayr.

Raggiungere Marmarita da Hawash, richiede molto tempo. Prima della guerra, la strada passava attraverso Krak des Chevaliers, facendo impiegare ai viaggiatori 10 minuti per raggiungere la città. Ora la strada ha subito una deviazione che passa dalla città di Daghleh. Il tempo di percorrenza si è allungato di mezz’ora. Se questo significa evitare il fuoco dei cecchini o un estremista in attesa di tagliare la gola…. che ben venga! Di notte, è possibile incontrare alcuni  avventori nei ristoranti della città, ma anche così sono solo una manciata, ma prima del conflitto Marmarita era uno dei centri estivi più importanti della Siria.

 Dalla città, durante il giorno, si può vedere il Krak des Chevaliers. In una giornata limpida, si possono ammirare le montagne libanesi e buona parte della catena montuosa del nord Libano.
I residenti di Marmarita hanno preso le armi per difendere le zone residenziali sotto la guida di Bashar al-Yazigi. Hanno aderito dapprima i comitati popolari, poi le Forze di Difesa Nazionale, oltre all’ SSNP. Otto combattenti di Marmarita sono stati uccisi durante i combattimenti, oltre a due civili e un a numero elevato di ufficiali e soldati dell’esercito siriano.

Nel pomeriggio, quanto i negozi cominciano a chiudere, si può notare uno spettacolo molto interessante: tutte le persiane sono state recentemente dipinte con i colori della bandiera siriana.

http://www.papaboys.org/siria-la-fine-della-valle-dei-cristiani/

SIRIA, Arte, Barbarie Talebana






di Marco Tosatti

Vi ricordate i Talebani e i Buddha giganti di Bamiyan fatti saltare con la dinamite nel 2001? Nel nord della Siria, in mano ai fondamentalisti islamici sta accadendo esattamente lo stesso. E sempre per lo stesso motivo: le migliaia di combattenti fondamentalisti, in grande maggioranza stranieri (80 Paesi diversi, secondo un vescovo) finanziati e appoggiati da Arabia Saudita, Qatar, Usa e Turchia stanno nei ritagli di tempo dando vita a una lotta iconoclasta, contro “gli idoli”, cioè le opere d’arte. Lo denuncia l ’Indipendent, secondo cui i fondamentalisti hanno cominciato a distruggere mosaici bizantini e statue romane e greche.  
A metà gennaio, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis), un movimento vicino ad al Qaeda che controlla parte del nord-est della Siria, ha fatto esplodere un mosaico bizantino del sesto secolo vicino a Raqqa. Il responsabile delle antichità di Raqqa, fuggito a Damasco, e che non ha voluto essere citato, ha dichiarato. “E’ accaduto fra 12 e 15 giorni fa. Un uomo d’affari turco è venuto a Raqqa per cercare di comprarlo. Questo ha reso cosciente l’Isis della sua esistenza, sono venuti e l’hanno fatto esplodere. E’ completamente perso”.  
Altri siti distrutti dai fondamentalisti islamici includono i rilievi scolpiti a Shash Hamnda, un cimitero romano nella provincia di Aleppo. E sempre nella zona di Aleppo le statue scolpite sul fianco di una vallata ad al-Qatora sono state prese di mira con armi pesanti, e ridotte in frammenti. 
Uno specialista si è detto sicuro che se la guerra continua “avremo la distruzione di tutte le croci del primo cristianesimo, mosaici con figure mitologiche e migliaia di statue romane e greche”. Il mosaico distrutto a Raqqa era intatto, del periodo bizantino ma realizzato con tecniche romane. 

http://www.lastampa.it/2014/02/14/blogs/san-pietro-e-dintorni/siria-arte-barbarie-talebana-HiXcVdnoBhDvOM4rr6i15K/pagina.html

lunedì 10 febbraio 2014

Le suore di Maaloula parlano in un video delle condizioni per il loro rilascio

anche in questo secondo video di Al Jazeera le monache non indossano la croce

Papaboys, 10 febbraio 14
 di Francis Marrash

Emergono scenari inquietanti, a poche ore dall’invio del video delle suore all’emittente Al-Jaazera. Le condizioni volute dai gruppi fondamentalisti non porteranno, nel prossimo futuro, ad una soluzione pacifica del rapimento. L’obiettivo dei terroristi, è quello di cancellare in maniera definitiva la presenza dei cristiani in Siria. Dalle ultime notizie ricevute, molti cristiani sono costretti a lasciare i propri villaggi per paura di essere uccisi, torturati o peggio decapitati. Quelli che rimangono, subiscono vessazioni. Sono costretti a pagare ingenti somme di denaro ai nuovi padroni per non essere ammazzati. Questa è la democrazia che vogliono le potenze internazionali per la Siria? Non è possibile! I finanziamenti e le armi che arrivano per i ribelli aggravano notevolmente la situazione. La lotta deve essere compiuta contro chi semina il terrore e la morte.  

BEIRUT-. Le suore rapite in Siria nella città cristiana di Maalula, sono apparse in un nuovo video trasmesso domenica da Al-Jazeera. Gli ostaggi hanno implorato la liberazione, chiedendo la scarcerazione di tutte le donne prigioniere nei carceri femminili del regime siriano, come merce di scambio per il loro rilascio. Nella registrazione sono apparse tranquille dicendo che “sono in buona salute e non sono state maltrattate. Attendono fiduciose il rilascio per tornare in convento”, ha riferito AFP.
Nel video le suore hanno detto di voler tornare dopo la scarcerazione nel monastero di Maalula. “Questo è il nostro dovere” (di rimanere in convento), hanno dichiarato le suore.
L’episodio del rapimento risale al mese di dicembre 2013, dopo che le forze ribelli, tra cui diversi jihadisti, avevano preso il controllo del villaggio. Alcune fonti vicine al governo siriano accusano i ribelli di usare le suore come “scudi umani”. Sollevando non poche perplessità circa la sicurezza delle donne, nelle mani dei terroristi. Le suore hanno chiesto la fine del conflitto che da 33 mesi insanguina la Siria. Maalula è un pittoresco villaggio tagliato nella roccia a 55 chilometri da Damasco. E’ uno dei luoghi simbolo dell’antica presenza dei cristiani in Siria. I suoi abitanti, ancora oggi, si esprimono in aramaico, la lingua parlata da Gesù Cristo.

In un comunicato, l’opposizione armata rappresentata da Al-Nusra, ha presentato le condizioni per il rilascio delle 11 suore siriane e dei due vescovi. 
Per le suore: 1-  il Rilascio di tutti gli estremisti detenuti nel carcere di Roumieh in Libano; 2– il rilascio dei 500 membri di Al-Qaeda arrestati dal governo siriano; 3– il rilascio di tutti i detenuti di opposizione femminile in Siria; 4–  il pagamento di 75.000 mila dollari come riscatto; 5-  togliere l’assedio alla città vecchia di Homs; 6– l’Esercito siriano non deve più attaccare Yabrood, “città vicina al confine libanese dove l’opposizione armata contro il regime si intrufola per combattere in Siria”; 7– l’invio delle suore rapite in Libano, senza farle tornare in Siria.
Per i Vescovi: 1-  il Pagamento di100 milioni dollari come riscatto; 2– il rilascio di 800 membri di AlQaeda arrestati dal governo siriano; 3-  il rilascio degli ufficiali turchi, del Qatar e francesi arrestati in Siria; 4– l’ invio di aiuti a favore della opposizione armata nella città vecchia di Homs; 5-  il blocco di tutte le operazioni militari in Aleppo.

Le richieste avanzate dai terroristi sono impossibili da realizzare. La lotta portata avanti è chiara: vogliono a tutti i costi conquistare il paese, per asservirlo al progetto di fondazione dello Stato Islamico del Sol levante. E’ molto preoccupante. Come mai nessuno interviene? I religiosi sono usati come esca per realizzare con la violenza non gli interessi del popolo siriano, ma quelli di una parte pericolosa del fondamentalismo islamico. E’ chiara ormai la strategia.
Dove siete organizzazioni internazionali? Avete sentito le richieste? Pensate ancora di fornire armi ai ribelli? Loro non vogliono solo rovesciare Assad dal potere. L’intento è quello di cominciare in Siria un nuovo modello politico basato sulla shaaria. “Le suore - dice il comunicato stampa dei terroristi- se liberate, non devono tornare a Maalula, ma in Libano”. Cosa significa? Che non hanno intenzione di favorire la presenza dei cristiani in Siria, perché non appartengono alla religione di Maometto.
Cari politici, occupatevi dei gruppi estremisti. Non permettete che millenni di storia vengano cancellati dall’odio e dalla violenza.
 qui il link all'articolo con le condizioni poste per lo scambio : 
http://zamanalwsl.net/en/news/3618.html

http://www.papaboys.org/le-suore-di-maalula-parlano-in-un-video-delle-condizioni-del-loro-rilascio/

venerdì 31 gennaio 2014

Il Patto del Califfo Omar ripristinato per i Cristiani: "Convertitevi o lasciate il paese!"




da PAPABOYS 3.0

a cura di Francis Marrash 

I cristiani nel Levante “islamico” si trovano ad affrontare terribili sanzioni da parte dei ”fondamentalisti”* : (se vogliono rimanere nelle loro città ndr), devono convertirsi all’islam, pagare un tributo ai governanti, o lasciare il paese. Queste opzioni derivano dal patto stabilito nel VII secolo con i cristiani sotto il dominio del califfo. In Siria, la legge è in fase di attuazione, ed è appoggiata dai sostenitori della sharia. Mentre lo Stato Islamico d’Iraq e Siria (ISIS) è desideroso di applicare le clausole più rigorose del patto, al-Nusra (altro gruppo fondamentalista islamico ndr) mira a perseguire sulla popolazione un approccio più pragmatico, almeno fino al raggiungimento della vittoria totale.
 Il 2 dicembre 2013, al- Nusra si è impadronita della città di Maaloula per la seconda volta. I militanti erano entrati nella più famosa città cristiana della Siria, dove i residenti parlano ancora l’aramaico, la lingua di Gesù Cristo. Durante l’assalto hanno rapito le monache del monastero greco-ortodosso di Mar Takla (di cui ancora oggi non si conosce esattamente la sorte, ndr). Inoltre hanno compiuto atti vandalici contro diverse chiese e le abitazioni dei civili. 
In precedenza, nel giugno 2013, la città storica una prima volta era finita sotto i riflettori dei media internazionali, quando i militanti di al-Nusra avevano conquistato il villaggio, prima di essere respinti dall’esercito siriano. Un leader di al-Nusra, parlando ad Al-Akhbar, ha affermato che “il gruppo non aveva trovato nessun uomo, donna o bambino, quando sono arrivati a Maaloula” e che “i residenti erano fuggiti prima della loro entrata. L’unica eccezione, sono state le monache trovate nel monastero e poi sequestrate”. 
Abu Sarkis, leader del Comitato di Difesa Nazionale, ha riferito ad Al-Akhbar, che i combattenti islamici quando sono entrati a Maaloula, hanno cominciato a gridare: “Allah è grande”; ” Cristiani: convertitevi all’islam e vi salveremo”. In seguito hanno detto ai cristiani che avevano tre opzioni: “convertirsi all’islam , pagare la jizya [una tassa per i non musulmani ai conquistatori], o lasciare le proprie case”. 
Con l’avanzata degli estremisti, si ripete la triste storia della conquista islamica di cui abbiamo accennato all’inizio dell’articolo. I militanti, avanzando nella conquista dei villaggi, hanno preso in prestito le parole pronunciate dal leader militare musulmano del VII secolo, Abu Ubaida ibn al-Jarrah, al popolo siriano dopo la battaglia di Ajnadayn: “Islam, tributo-omaggio, o la guerra”. 

Con la conquista di Maaloula, i militanti hanno catturato l’attenzione dei cristiani di tutto il mondo. Il villaggio occupato, però, non era per i gruppi armati la prima città cristiana ad essere sequestrata. Dall’inizio della crisi in Siria, gli slogan esibiti nelle proteste affermavano: “alawiti alla tomba e cristiani a Beirut”. Oltre a Maaloula, i militanti sono entrati in decine di villaggi. 
Gli abitanti, appresa la notizia del loro arrivo,  fuggivano per paura di essere uccisi.
 I non-musulmani che rimanevano erano costretti a piegarsi ai nuovi conquistatori, in cambio di aiuto e protezione. Ad esempio, nel villaggio di Rableh a Homs nel mese di agosto 2012, un gruppo radicale guidato da Abdul-Salam Harbeh, ha chiesto ai cristiani residenti di lasciare la cittadina. Coloro che si rifiutavano di “andare via”, sono stati uccisi. A molti altri sono state bruciate le case. Nelle zone controllate dai militanti radicali in Aleppo,  i mercanti cristiani sono costretti a pagare la metà dei loro profitti giornalieri ai jihadisti. Chiese e monasteri sono sistematicamente attaccati con esplosivi, come è accaduto alla Chiesa Evangelica della grande città. Inoltre, i quartieri cristiani di Damasco, come Bab Touma e Bab Sharqi sono spesso bombardati con mortai, causando la morte di molte persone.
Questi attacchi sono percepiti dalla gente come singole azioni dei terroristi islamici radicali, in contrapposizione all’approccio pacifico dei cristiani. I Consigli della Sharia dei principali gruppi radicali presenti in Siria, tengono seri dibattiti su come affrontare la questione dei “Nazareni (cristiani ndr)”. La discussione tra i Consigli è molto accesa.  Infatti si dibatte se gli “infedeli” possono essere considerati cittadini non musulmani in uno stato islamico.

A questo proposito, fonti di jihadisti hanno spiegato ad Al-Akhbar  i diversi approcci usati dal gruppo ISIS e dalla formazione di al-Nusra nei confronti dei cristiani nelle zone di opposizione controllata. Gli ISIS adottano una linea dura. Chiedono ai cristiani l’immediata osservanza delle disposizioni della Sharia, tra cui la demolizione di chiese. L’atteggiamento del gruppo al-Nusra è meno rigoroso. I due gruppi, prima delle recenti battaglie tra di loro, avevano discusso la questione molto a lungo, invocando per i cristiani il cosiddetto Patto di Omar, di cui abbiamo già parlato. Il confronto tra i due gruppi ha evidenziato alcune differenze: “Dopo la lettura del testo, la controversia è cresciuta ancora di più. Secondo gli ISIS il documento dovrebbe essere attuato alla lettera, mentre gli esperti di al-Nusra, vogliono attuare le disposizioni in maniera meno rigida. al-Nusra ha fatto sapere di voler rimandare la questione dopo la conquista dei territori”. La linea seguita dal gruppo (al-Nusra), è appoggiata da alcuni studiosi musulmani, i quali cercano di conciliare la Sharia dell’era del Profeta Maometto con la vita moderna. Questa linea è nettamente rifiutata dai salafiti. Gli storici sono in disaccordo nell’interpretazione del patto di Omar. I gruppi che sostengono al-Qaeda, vogliono adottare la versione più rigorosa, citando lo sceicco Ibn al-Qayyim, che a sua volta richiama Abdul-Rahman ibn Ghanan.
 Ecco il testo di riferimento per l’interpretazione della legge: 
“Ho scritto quello che Omar ibn al-Khattad ha imposto ai cristiani (di al-Sham, della Siria) - come condizione per sopravvivere-, quando gli ha concesso la pace: non devono edificare nelle loro città o in periferia nuovi monasteri, chiese, celle, eremi. Non sono autorizzati a riparare gli edifici di culto, né possono ristrutturare quelli che sono ubicati presso i quartieri musulmani. I cristiani di Siria, non possono rifiutare l’ingresso dei musulmani nelle Chiese, in qualsiasi ora del giorno e della notte. Hanno l’obbligo di accogliere ogni viaggiatore musulmano nelle case, e di offrire per tre notti, vitto e alloggio. Nelle Chiese e nelle case, non possono essere nascoste spie, o qualsiasi nemico dei musulmani.  In pubblico è proibito tenere spettacoli sul cristianesimo. Non possono invitare la gente del popolo ad abbracciare la fede cristiana; non devono impedire ai parenti di convertirsi all’Islam se questi lo desiderano. Hanno il dovere di onorare i musulmani, senza imitarli negli abiti, a partire dal turbante, dai sandali, dal taglio dei capelli. E’ proibito ridere sui mezzi di trasporto, e cingere sul fianco le spade come i musulmani. Non sono autorizzati a vendere vino, e radersi la parte anteriore della testa.  I cristiani, manterranno nell’abbigliamento il proprio stile, dovunque si trovino. Le croci nelle Chiese non devono essere visibili. Quando camminano per le strade frequentate dai musulmani, non possono mostrare croci o libri sacri. Inoltre è proibito recitare preghiere ad alta voce quando sono presenti i musulmani. Se i cristiani violano qualsiasi condizione descritta in questo accordo, perderanno la protezione dei musulmani, i quali saranno liberi di trattarli come nemici e ribelli”. 

 (*Fondamentalisti: non so se è solo dei fondamentalisti o di tutti gli islamisti che vogliono instaurare la sharia: quindi se è l’idea anche del Fronte Islamico , è un bel dilemma chiamarlo dei “moderati”).  
QUI il testo originale in inglese.
Syria: Caliph’s ‘Convert or Leave’ Pact Revived for Christians
http://english.al-akhbar.com/node/18323

http://www.papaboys.org/siria-il-patto-del-califfo-ripristinato-per-i-cristiani-convertitevi-o-lasciate-il-paese/




Zahran Alloush, leader dell’ “Esercito dell’Islam”, recentemente è diventato comandante militare del “Fronte Islamico”. Nell’intervista che potete vedere nel video, afferma che i siriani desiderano – a suo personale parere- avere uno Stato Islamico. Poichè  ritiene la democrazia "imperfetta". ( Francis Marrash )

venerdì 17 gennaio 2014

@Pontifex_it: "Quanto è potente la preghiera! Non perdiamo mai il coraggio di dire: Signore, donaci la tua pace"

GREGORIO III


Invito a pregare per la Siria alla vigilia della Conferenza di Ginevra 2

16 1 2014

 La Conferenza di Ginevra 2 si aprirà il 22 gennaio 2014. Come presidente dell'Assemblea della Gerarchia Cattolica in Siria, rivolgo questo appello ai miei colleghi e vescovi amati, a tutti i nostri figli, preti, monaci, suore, fedeli, confraternite, movimenti giovanili, le famiglie, i giovani e i bambini ...
Questo è un invito per la celebrazione di preghiere quotidiane nelle chiese, case, incontri pastorali ... per il successo della Conferenza di Ginevra 2, per la pace nella cara Siria  e per la cessazione di tutti gli atti di violenza, distruzione e guerra.
Uniamo la nostra voce a quella di Sua Santità Papa Francesco, che ha auspicato, nel suo discorso al corpo diplomatico, il 13 di questo mese, il successo della Conferenza di Ginevra 2 e perché essa " segni l'inizio del processo di pace desiderata . "
Gesù, nostro Signore è il Principe della pace, ci ha detto: " Vi lascio la pace, la mia pace io do a voi ... Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti ! "(Giovanni 14: 27). Lo imploriamo di ascoltare le nostre preghiere, rispondere alle nostre grida di angoscia e alla sofferenza delle vittime, che ci conceda il grande dono della pace! Noi lo preghiamo di ispirare nei Paesi e nei loro rappresentanti che sono in procinto di incontrarsi a Ginevra, tutti i mezzi per la pace, la sicurezza e un futuro migliore per i siriani.
Alziamo la nostra preghiera a nostra Madre, la Madre di Dio e sempre Vergine Maria, che veneriamo nei nostri numerosi santuari, chiese, nelle preghiere e inni, perché lei interceda per il miracolo della pace, un miracolo speciale dal suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, Principe della pace.
Spero che questo appello sarà pubblicato in tutte le eparchie e parrocchie anche al di fuori della Siria! 
Sia una campagna di preghiera mondiale per la pace in Siria, Terra Santa, il mondo arabo e il mondo intero.
Dio della Pace, concedi la pace al nostro paese!
Con il mio affetto e la benedizione
+ Gregorios III,  Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme


Prot. 16/2014C Cairo, 14/01/2014

Da Sua Beatitudine il Patriarca Gregorios III

Alla vigilia della Conferenza di Ginevra 2 


In occasione dello svolgimento della Conferenza di Ginevra 2 per la pace in Siria, come presidente dell'Assemblea dei Gerarchi Cattolici in Siria, ho appena scritto un appello di preghiera per il successo di tale Conferenza.
Ora vorrei esprimere i miei migliori auguri per il successo di tale conferenza, insieme alle seguenti considerazioni.
1 - Le preghiere saranno innalzate in ogni casa in Siria per il successo della Conferenza di Ginevra 2, per la pace che viene da Gesù Cristo, Principe della Pace. La pace è uno dei nomi di Dio nel Corano. La pace è il programma della Festa di Natale per tutta l'umanità: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli! Pace in terra agli uomini di buona volontà! ": Questo potrebbe davvero essere un buon programma per Ginevra 2.
2 - Preghiamo per una vera riconciliazione tra tutti i siriani a Ginevra 2, non solo per per degli accordi di sicurezza e i tanto necessari aiuti umanitari, ma anche per una riconciliazione nella fede, una riconciliazione umana, cordiale, nazionale, davvero siriana, che è cruciale per il successo di Ginevra 2.
3 - Preghiamo per una posizione unitaria a Ginevra2 degli Stati Uniti d'America, della Federazione russa, l'Unione europea, (in particolare Francia, Gran Bretagna e Germania) e la Cina e l'Iran! Questa unità occidentale e orientale è la garanzia per il successo di Ginevra 2.
4 - Tale unità sarà in grado di generare l'unità araba che è così necessaria per il successo di Ginevra 2! Preghiamo per questa unità.
5 - Questa doppia unità internazionale e araba è la garanzia per il successo di Ginevra, 2 ed è il vero modo per fermare l'afflusso di armi ai gruppi armati stranieri in Siria e nell'intera regione. Cercando regole di pace anzichè invio di armi, poichè la pace non ha bisogno di armi.
6 - Noi desideriamo e preghiamo perchè la pace sia siriana , anche se siamo grati a tutti quei paesi che stanno lavorando per la pace siriana! I loro sforzi dovrebbero essere concentrati su come ottenere una pace che sia davvero siriana , perché sarebbe la vera pace e la migliore e più adatta per tutte le parti coinvolte nel conflitto e per tutti i siriani.
7 - Così tutta la Siria diventerà una chiesa o santuario, con le mani alzate in preghiera. Questa preghiera è per tutti i siriani, preghiera per tutti coloro che stanno combattendo, qualunque sia il loro orientamento politico, inclinazione o adesione! Stiamo pregando per tutti, in modo che tutti possano preparare la strada per il successo di Ginevra 2.
8 - Ieri (13 gennaio) una riunione per il successo di questa Conferenza si è tenuta in Vaticano.
9 - Su iniziativa del Consiglio Mondiale delle Chiese, una riunione si terrà a Ginevra (15-17 gennaio 2014). Insieme a molti rappresentanti di varie Chiese di tutto il mondo, io parteciperò. Parleremo sul ruolo della Chiesa in questo particolare momento storico che è così importante, non solo per la Siria e la regione circostante, in particolare il Libano, la Giordania, l'Iraq, la Terra Santa, la Palestina, il conflitto israelo-palestinese ... ma per tutto il Medio Oriente e per la pace nel mondo. Noi pregheremo insieme, rifletteremo insieme e quindi abbozzeremo e lanceremo un appello globale sotto forma di uno spirituale, umano, messaggio cristiano universale, in particolare ai partecipanti alla Conferenza di Ginevra 2: questo sarà il nostro modo di partecipare alla Conferenza.
10 - Con questa lettera e iniziativa, vorremmo sottolineare in particolare il ruolo dei cristiani e le Chiese di Siria nel lavorare insieme per la pace, la riconciliazione, l'amore, il perdono, la compassione, l'affetto, la solidarietà, il sostegno reciproco ... un futuro migliore per la Siria e la regione !

11 - Infine, vorrei anche rivolgere un appello alla preghiera per il successo del voto sulla nuova Costituzione in Egitto, che sarà posta in votazione il 15 gennaio, proprio alla vigilia di Ginevra, 2. Penso che il consenso degli egiziani a questa costituzione sarebbe anche un evento storico di grande importanza e avrebbe un impatto sul processo di pace, libertà, democrazia, cittadinanza, convivenza, l'accettazione reciproca l'uno dell'altro, il rispetto reciproco, il dialogo islamo-cristiano , la prosperità e il progresso in tutti i paesi arabi che amiamo.
Preghiamo: Dio della Pace, concedi la pace ai nostri paesi!
+ Gregorios III
Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme

WCC: Statement for Geneva 2 talks on Syria 

https://www.oikoumene.org/en/resources/documents/wcc-programmes/public-witness-addressing-power-affirming-peace/middle-east-peace/statement-for-geneva-2-talks-on-syria

SIRIA: SUMMIT CHIESE CRISTIANE "GINEVRA 2". IL "PACCHETTO" DELLE RICHIESTE


Si è svolto a Ginevra dal 15 al 17 gennaio presso la sede del Consiglio ecumenico delle Chiese un summit a cui hanno partecipato una trentina di leader e rappresentanti delle Chiese cristiane di Siria e del mondo. Scopo della consultazione, la pubblicazione di una dichiarazione-appello da rivolgere il 22 gennaio alla Conferenza internazionale sulla Siria denominata “Ginevra 2”. Nella Dichiarazione, le Chiese siriane ribadiscono che “non c’è alcuna soluzione militare alla crisi del nostro Paese” e presentano una serie di richieste per la pace. La prima è “perseguire una immediata cessazione di tutti gli scontri armati e le ostilità all’interno della Siria”. “Facciamo appello a tutte le parti in conflitto – scrivono i leader religiosi siriani - di rilasciare le persone detenute e rapite. Esortiamo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di attuare misure che pongano fine al traffico delle armi e dei combattenti stranieri in Siria”. 
La seconda “richiesta” è “garantire che tutte le comunità vulnerabili in Siria e i rifugiati nei Paesi limitrofi ricevano un’adeguata assistenza umanitaria”. “Quando larghe fasce di popolazioni sono a grave rischio, è essenziale nel rispetto del diritto internazionale ed una responsabilità il pieno accesso all’aiuto umanitario”. 
La terza richiesta è “sviluppare un processo globale e inclusivo verso l’instaurazione di una pace giusta e la ricostruzione della Siria. Tutti i settori della società (tra cui il governo, l’opposizione e la società civile) devono essere inclusi in una soluzione siriana per il popolo siriano”. Le Chiese chiedono anche che in questo processo siano inclusi “le donne e i giovani” e aggiungono: “Qualsiasi processo di costruzione della pace deve essere condotta dai siriani. Deve essere trasparente e credibile. Tale processo richiede il sostegno della Lega Araba, delle Nazioni Unite e l’impegno costruttivo di tutte le parti coinvolte nella crisi attuale”. 
“Noi rappresentiamo la maggioranza silenziosa, la voce dei senza voce”, ha detto il Catholicos Aram I, capo della Santa Sede di Cilicia della Chiesa Apostolica Armena, rivolgendosi a Lakhdar Brahimi, del comitato congiunto Nazioni Unite e Lega araba per la Siria che ha incontrato i rappresentanti delle chiese e al quale è stata consegnata la Dichiarazione. E rivolgendosi a Ginevra 2, il Catholicos ha aggiunto: “La vostra missione non è facile. È una missione critica e cruciale. Vogliamo assicurarvi che avete tutto il nostro supporto, il pieno sostegno di tutte le Chiese e della comunità mondiale cristiana”. “Il popolo della Siria che piange per la pace, merita il successo dei prossimi colloqui di Ginevra 2”, ha detto il segretario del Wcc Tveit. L’incontro è stato accompagnato da una preghiera ecumenica per la pace in Siria.

http://www.agensir.eu/ita/viewArticolo.jsp?id=0&url=http%3A%2F%2Fwww.agensir.it%2Fpls%2Fsir%2Fv4_s2doc_b.rss%3Fid_oggetto%3D278625%23278625&stit=Quotidiano|SIRIA%3A+SUMMIT+CHIESE+CRISTIANE+%22GINEVRA+2%22.+IL+%22PACCHETTO%22+DELLE+RICHIESTE


"Venti di pace per le famiglie della Siria"

il 18 e 19 gennaio, nei campi di calcio con Lega Calcio Serie A

 

L’appello del Papa è raccolto e rilanciato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia e Caritas Italia.  Testimonianza in tal senso è stata l’iniziativa “Le famiglie del mondo per le famiglie della Siria”, che il Pontificio Consiglio per la Famiglia in collaborazione con Caritas Italia aveva lanciato in occasione del Pellegrinaggio mondiale delle Famiglie alla Tomba di San Pietro (26 e 27 ottobre 2013). Il progetto, che ha la durata di un anno, prevede la fornitura di aiuti umanitari alle famiglie siriane in difficoltà, e prioritariamente con bambini; la realizzazione di alloggi temporanei per le famiglie sfollate; l’assistenza medico‐sanitaria a malati, bambini e anziani. I beneficiari del progetto sono circa 5.400 famiglie siriane (oltre 20.000 persone).

L’iniziativa avrà un’eco importante il prossimo fine settimana, negli stadi di dieci squadre della Serie A. La Lega Calcio Serie A, infatti, ha deciso di esporre al centro dei campi uno striscione con la scritta “Venti di pace per le famiglie della Siria” e, in contemporanea  sui maxischermi, sarà trasmesso uno spot  di Federico Fazzuoli e Elisa Greco  con immagini dei campi profughi  libanesi.
Un chiaro segnale di come eventi quotidiani possono trasformare i venti di guerra in "venti di pace".

http://www.zenit.org/it/articles/venti-di-pace-per-le-famiglie-della-siria





Il prossimo 26 gennaio 2014 si terrà la Sesta Giornata internazionale di intercessione per la pace in Terra Santa 
















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