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domenica 10 settembre 2017

Cosa ne è stato della comunità cristiana di Palmyra?

L'antica città di Palmyra fu sede di una piccola comunità cristiana che ora vive in esilio. L'arcivescovo siro-cattolico di Homs, accompagnato da alcuni sacerdoti, è tornato alle rovine della parrocchia distrutta.
 di Vincent Gelot, di ritorno dalla Siria
Un segno della croce, qualche preghiera sussurrata in punta di labbra e un rosario appeso allo specchietto retrovisore. "Non dimenticate di prendere da bere" ricorda l'arcivescovo siro cattolico Philippe Barakat di Homs ai sacerdoti che lo accompagnano. L'automobile si avvia a passo d'uomo. Gli sguardi dei passeggeri sono ansiosi. "La strada per il deserto sarà lunga e questa è la prima volta che siamo tornati a Palmyra da quando l'esercito siriano l'ha riconquistata." confida il prelato barbuto, accendendo freneticamente la prima sigaretta del viaggio. "Non sappiamo su cosa andremo a cascare", mormora. Conquistata dall'organizzazione Stato Islamico (ISIS o Daech in arabo) nel maggio 2015, la città emblematica era stata ripresa nel marzo 2016 da parte dell'esercito siriano, sostenuto dai suoi alleati russi e iraniani, prima di cadere nuovamente nove mesi più tardi in mano a Daech. Riconquistata ai jihadisti nel marzo di quest'anno, alla città è ancora vietato l'accesso, i permessi di accesso sono complicati da ottenere, e la distanza di 160 km. in linea d'aria da Homs permane pericolosa.
Una cappella discreta ma colorata
Celebre per il suo antico sito archeologico, Palmyra (o Tadmor come gli Orientali la chiamano) lo è molto meno per la sua piccola comunità cristiana e per la sua modesta chiesa. "La parrocchia è dedicata a Santa Teresa del Bambin Gesù e risale al periodo del mandato francese. I Francesi l'avevano donata alla diocesi siriaco cattolica di Homs alla fine del mandato ", spiega il vescovo Barakat.
Situata nel cuore della città moderna, lungo la Via Regale decantata dalle guide turistiche, dove alberghi-ristoranti rivaleggiavano con i negozi di souvenir, la chiesa, la cui comunità parrocchiale era composta da cinque famiglie siriache e centinaia di fedeli di tutti i riti, "era una parrocchia molto colorata", ricorda padre Georges Khoury, il sacerdote di Palmyra. "Durante la Messa della Domenica, c'erano albergatori armeni, mercanti greci, soldati, lavoratori ... e persino turisti stranieri di passaggio!” Il cellulare dell'abuna (Padre) vibra. Uno dei suoi parrocchiani gli ha chiesto di fotografare la condizione della sua casa. Dopo la riconquista di Palmyra nel marzo scorso, la zona è ancora sotto controllo militare e nessun civile ha potuto tornare sul posto.
Il deserto, ocra e grigio, si stende a perdita d'occhio. L'auto prosegue la sua corsa lungo l'antico percorso, una volta utilizzato da carovane e cammelli, adesso trasformato in un asfalto deformato dal calore soffocante di agosto e malridotto dal passaggio continuo dei camion militari. La monotonia del viaggio è a volte interrotta dai posti di blocco dell'esercito siriano, dal passaggio di carri armati russi, auto blindate con mitragliatori e pickup recanti la bandiera gialla e nera della divisione "Fatimidi" una milizia sciita composta da combattenti afghani. D'un tratto, la strada si trova a correre a lato di un aeroporto militare per diversi chilometri. "Si tratta della base aerea T4, che ha svolto un ruolo chiave nella seconda riconquista di Palmyra" commenta il vescovo. "I terroristi hanno tentato più volte di prenderla senza mai riuscirvi." Inseguiti dopo una feroce battaglia, le milizie di Daech sono state respinte indietro di un centinaio di chilometri a est verso Deir-ez-Zor, dove i combattimenti continuano.
"Ho pianto molto"
Le ore passano, l'orizzonte si apre e le lingue si sciolgono. Incollando le sigarette, Padre Georges ricorda quel 21 maggio 2015 quando gli uomini di Daech entrarono in Palmyra: "L'esercito governativo è venuto ad avvisarci che i jihadisti stavano avvicinandosi. Ho noleggiato autobus e automobili malridotte per evacuare le nostre famiglie verso Homs. Sette ore più tardi, Daech prese possesso di Palmyra.". Poi, saranno gli anni dell' esilio, ancora di guerra e di privazioni, dove anche la sua comunità ha trovato rifugio nella frazione di Meskané alla periferia rurale di Homs: "Le famiglie sono rimaste parecchi mesi ad abitare nei locali della parrocchia. Ma la situazione si trascinava e non c'era lavoro, per cui le famiglie hanno finito per trasferirsi altrove o emigrare". La popolazione cristiana della Siria, che contava due milioni di anime prima dell'inizio della insurrezione nel 2011, adesso sarà all'incirca un terzo di allora.
A tutt'oggi, Padre Georges ha in cura la Parrocchia di Meskané mentre fa il "commesso viaggiatore" per visitare i suoi fedeli di Palmyra sparsi in tutta la regione: "Io porto loro cesti di cibo, medicine, vestiti, garantendo nel contempo la cura pastorale. Ho anche celebrato diversi battesimi e alcuni matrimoni!" Nel corso di questi anni bui, ha assistito da lontano, impotente e inorridito, alla messa in scena delle esecuzioni nel teatro antico, dove secondo l'OSDDH circa 280 persone sono state massacrate, e alla distruzione di monumenti storici. "Palmyra era la perla dell'Oriente e l'orgoglio di tutti i Siriani. Il giorno in cui han fatto saltare i templi di Baalshamin e di Bêl ho pianto molto ", ammette Padre Georges, che - sulla quarantina - ha vissuto a Palmyra per dieci anni ed era diventato un familiare dell'antico sito al quale L'UNESCO ha attribuito un "valore universale eccezionale".
Improvvisamente, la cittadella araba di Fakhr-Ed-Din, una fortezza del XII° secolo, appare in cima al suo picco roccioso. Le bocche si zittiscono. Entriamo in Palmyra.
Il perdono degli antenati
La città moderna di Palmyra potrebbe assomigliare a un castello di carte collassato o a un villaggio fantasma del far-west dopo l'OK Corral. Barricate tra edifici rovinati, minareti abbattuti in mezzo a veicoli bruciati, ovunque tracce di saccheggi e combattimenti stradali, ma non un'anima viva ad eccezione dei soldati di pattuglia. Adiacente ad una piazzetta con la fontana a secco, dove gli abitanti amavano alla sera prendere il fresco dell'oasi, fumando un narghilé, un "caffè turistico" in agonia è in attesa del cliente. "La città è in condizioni molto peggiori della prima volta", dice abuna Georges che era ritornato a vederne lo stato dopo la prima riconquista di Tadmor nella primavera del 2016. "Non promette niente di buono", sbotta.
Il prete invita il conducente a fermarsi. Il veicolo parcheggia davanti a quella che, prima del suo visibile stato miserabile, doveva essere una cappella. All'interno, l'altare è devastato, le lastre del pavimento sono state strappate e le pareti sono carbonizzate. Padre Georges è prostrato: "Dopo la prima partenza degli islamisti, la chiesa era stata saccheggiata ma non bruciata. Ho anche pensato di rimetterla in uso almeno simbolicamente. Ma adesso è distrutta!" lamenta. Adiacente al santuario, la casa di accoglienza ha subito lo stesso destino. Sostenuto dall'Oeuvre d'Orient, questo Centro con una dozzina di camere aveva come obbiettivo la creazione di posti di lavoro e stimolare la comunità cristiana locale accogliendo i visitatori e i pellegrini. "Abbiamo iniziato i lavori del centro nel 2010. Il sito stava per essere completato. Che spreco!" si rammarica Monsignor Barakat e conclude: "Che i nostri antenati e i nostri figli perdonino ciò che abbiamo fatto della Siria!". 
Prima di lasciare i luoghi, facciamo un salto all'antico sito. Il veicolo passa davanti al museo archeologico, completamente saccheggiato e devastato. Dalla pista di ciottoli, l'ippodromo e i primi colonnati sfilano... "L'ottanta per cento del sito dovrebbe essere ancora in piedi" ha giudicato a lume di naso padre Georges, prima di aggiungere "Il sito rimane impressionante. Prima lo era due volte di più”. Veniamo bloccati dall'esercito nei pressi delle torri funerarie, anch'esse vittime della follia distruttiva dei jihadisti. Subito la strada è interrotta: “non potete andare oltre" ci avverte un uomo in armi, indicandoci di svoltare. Su un colonnato crollato per i tre quarti, di fronte alle immensità desolate e brucianti, lo stendardo dei "Fatimidi" vincitori, sormontato da una bandiera russa slavata, galleggia nel vento.
  Vincent Gelot, capo dei progetti per il Medio Oriente dell'Œuvre d’Orient
     traduzione: Gb.P.

venerdì 4 dicembre 2015

Avvento 2015 ad Aleppo: da 5 anni sotto le bombe...

Aleppo si svuota ogni giorno un po' di più dei suoi abitanti:  lettera di Suor Marguerite Slim


Aleppo, 18 novembre 2015

Cari benefattori,
Orrore e speranza convivono nel nostro mondo. Ora è il vostro turno di essere colpiti e, avendolo vissuta, noi conosciamo la misura della vostra sofferenza. Condividiamo il vostro dolore, piangiamo la perdita di tanti giovani. Preghiamo per tutte le vittime e le loro famiglie, e anche per gli autori di tali orrori.

Nonostante questo contesto, vorremmo dire un grande ringraziamento insieme con la comunità di Azzizié, per avere ancora una volta risposto alla nostra chiamata, che ci aiuta a continuare a fornire assistenza nelle migliori condizioni possibili ai malati e ai feriti di guerra che riceviamo.  Non abbiamo mai dubitato della vostra generosità, ma ancora una volta siamo stati colpiti per la vostra vicinanza e il vostro affetto a questa missione, che è opera di Dio.  A tutti e a ciascuno individualmente, assicuriamo la nostra preghiera chiedendo al Signore di donarvi per la misura del vostro cuore e che porti a compimento tutti i vostri progetti.

Che cosa dirvi della nostra vita quotidiana e della vita della gente?
Le carenze continuano .... L'acqua è sempre razionata, per fortuna ci sono pozzi in chiese o moschee per raccogliere l'acqua quando i tagli sono troppo lunghi, e da 25 giorni non abbiamo avuto neanche un'ora di elettricità al giorno. (Normalmente, quando le cose vanno bene abbiamo un'ora al giorno!)

La strada principale che porta ad Aleppo è stata chiusa per due settimane dai ribelli ... E' stata riaperta dall'esercito siriano negli ultimi giorni, il che ha permesso di far arrivare cibo, gasolio, benzina e medicinali ... ma purtroppo a prezzi esorbitanti. L'apertura della strada ha anche permesso l'arrivo dell' UPS che abbiamo aspettato a lungo.  In questo momento gli ingegneri stanno cercando di montarlo.

Nonostante l'ottimismo della popolazione da quando sono iniziati i bombardamenti della Russia sui ribelli, nulla è cambiato nella vita quotidiana, così che la gente continua a lasciare il paese.  Molti dei nostri medici specialisti, dei nostri interni, dei nostri tecnici medici così come il piccolo personale di servizio lasciano o si stanno preparando a partire ....  Aleppo si svuota ogni giorno un po' di più dei suoi abitanti!

In un quadro così, per la grazia di Dio noi perseveriamo e resistiamo con la nostra presenza e la nostra testimonianza di vita!

Insieme, continuiamo a pregare nella fiducia che il Signore viene a visitarci e che Egli ci donerà la Pace, nella giustizia e nella verità.

Suor Marguerite Slim
Responsabile e Direttore dell'Ospedale St. Louis, Aleppo

(L’Œuvre d’Orient ha finanziato il generatore che alimenta il nuovo scanner dell'ospedale per superare le numerose interruzioni di corrente).
  

4 dicembre: san Giovanni Damasceno, dottore della Chiesa
nacque a Damasco in Siria, nel 676 circa.
Qui la Catechesi di Papa Benedetto su questo santo:
http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2009/documents/hf_ben-xvi_aud_20090506.html

"Questo è il quinto anno che celebriamo il Natale sotto le bombe" Arcivescovo Jeanbart


Natale 2015

Cari amici,
ecco, da cinque anni si celebra la festa della Natività sotto le bombe.  
Non so se molti tra voi hanno potuto vivere questa esperienza tanto triste e deprimente? Ma devo assicurarvi, è doloroso dover passare questi bei giorni, tanto attesi ogni anno, nel bisogno e nella insicurezza, senza acqua o elettricità e inoltre tagliati fuori dal mondo per un severo e ben stretto embargo . Un motivo in più per me per uscire da questo recinto, anche solo qualche minuto per avere una boccata d'aria fresca e piacevole scrivendovi queste parole che vengono dal mio cuore e che vorrei riempire di tutto l'affetto che nutro per voi!

Devo dire, ho avuto una grande pena nel conoscere la grande disgrazia che ha colpito i nostri fratelli innocenti in Francia e chiedo al Signore di risparmiare all'Europa questa prova infernale; l'esperienza che viviamo qui, a causa dei terroristi, è terribile per non dire amara e insopportabile. Non la auguriamo a nessuno, nemmeno ai nostri nemici, sono sempre gli innocenti che pagano. Dio onnipotente abbia misericordia di noi tutti, e faccia regnare l'amicizia tra gli uomini, la pietà nei cuori e la pace tra i popoli della terra.

Nonostante tutto, noi continuiamo in questa situazione più difficile che mai ad affrontare la tempesta che colpisce i nostri poveri fedeli, ridotti all'indigenza e direi anche alla miseria.  Facciamo tutto il possibile per sostenerli e aiutarli in questa avversità che li colpisce senza pietà. Ci sforziamo di stare al loro fianco per alleviare le loro sofferenze e dare loro coraggio. I nostri programmi di aiuto umanitario vanno avanti. Oltre alle sovvenzioni finanziarie, offriamo a migliaia di persone borse di studio, cure mediche e cesti di viveri e prodotti sanitari.  Abbiamo lanciato quest'anno un servizio di fornitura di acqua nelle case e per molte famiglie disagiate siamo riusciti ad installare trecento serbatoi da 500 litri che consentono loro di avere una fornitura di acqua disponibile e in più un team di giovani è stato incaricato di rifornire con acqua potabile a casa i più vecchi. Molte famiglie povere possono simultaneamente essere collegate ai circuiti dei generatori che distribuiscono energia elettrica agli iscritti.  Abbiamo appena lanciato poco tempo fa un centro di formazione professionale per i mestieri dell'edilizia e di impresa di restauro di molte case danneggiate a causa dei bombardamenti. Mille famiglie hanno beneficiato quest'anno di aiuto per acquistare il gasolio per scaldarsi. 
Se dovessi continuare l'elenco sarebbe lungo, quindi preferisco fermarmi qui a dire che è grazie a voi e alla generosità dei benefattori, il mio staff ed io non eravamo in grado di fare tutto ciò che è stato fatto per alleviare le sofferenze di migliaia di cristiani presi in ostaggio in casa propria .

In questi giorni benedetti, sicuramente penseremo a voi e alla bontà che avete dimostrato verso di noi continuamente in questo momento di grande prova. 
Con tutto il cuore vi auguriamo un Buon Natale e un buon Anno 2016 pieno di salute e di gioia serena! 

+ Jean-Clément JEANBART " 


    (traduzioni OpS)

sabato 22 agosto 2015

Monastero Mar Elian in Qaryatain raso al suolo,.. ma 'rendeteci in grado di rimanere' !


Padre Jihad : distruggono monasteri non la nostra fede




Radio Vaticana intervista padre Youssef Jihad della comunità di Deir Mar Musa
R. – Dal 4 di agosto, quando è entrato il sedicente Stato islamico e ha preso possesso della città di Qaryatayn, noi non abbiamo nessuna notizia diretta dal monastero. Sappiamo che c’era un gruppo di laici che lavorava lì – musulmani e cristiani insieme – e quando è entrato l’Is li hanno mandati via. Hanno dato loro un’ora prima di uccidere tutti, quindi sono scappati. Le foto riportano la distruzione dell’area archeologica, della croce e del campanile, il piccolo campanile: è un’opera sistematica la loro. L’Is, che non sa niente di islam, secondo me, vuole eliminare la storia del Paese. La sua missione è quella di distruggere tutto quello che potrebbe essere buono e significativo. Tuttavia, non ci tolgono la fede, non ci tolgono la speranza. Loro possono distruggere il monasteri, le croci, ma innanzitutto distruggono e deformano il volto dell’islam, che noi amiamo e sosteniamo: cerchiamo di vivere insieme in pace, anche se in questi giorni queste mie parole potrebbero risuonare impossibili. Ma noi abbiamo creduto nella Risurrezione, che era impossibile…
D. – Il monastero distrutto era comunque un’oasi vera e propria di carità e di accoglienza, anche per tanti profughi...  R. – Sì, soprattutto per i musulmani della zona, e poi c’erano circa 47-48 famiglie cristiane con oltre 100 bambini e noi, come monaci, organizzavamo programmi di intrattenimento per i piccoli…
D. – Era quindi un segno di speranza per tutta questa terra devastata?  R. – Sì. E secondo me è per questo che è stato tolto di mezzo padre Jacques, perché rappresentava un pericolo per la mente che vuole un conflitto perenne tra sunniti e sciiti e tra musulmani e cristiani.
D.- Di padre Jacques non sapete più nulla?   R.- Purtroppo, niente di sicuro...   
D. – Padre Jacques mi riporta alla mente anche padre Dall’Oglio, del monastero da dove lei mi sta parlando, la comunità di Deir Mar Moussa. Lì, ora, quanti siete? E come si vive anche questa assenza di fratelli che sono scomparsi da tanti anni?    R. – Siamo quattro monaci e due monache con un gruppo di due o tre operai, musulmani e cristiani che viene saltuariamente per dei lavori. Come viviamo? Viviamo con la speranza di ritrovarli e di riabbracciarli vivi un giorno, se non qui, sarà in Cielo.
D. – Ma non vi è rimasta anche un po’ di paura dopo questi episodi?    R. – La paura fa parte della vita.Noi siamo umani e dunque abbiamo le nostre paure, ma la nostra speranza è più forte, il nostro desiderio di vivere in pace è più forte. Chiediamo certo al Signore di fortificarci nella fede, ma voglio dire che non stiamo cercando di fare i martiri, stando qui; non aspettiamo che l'Is venga a sgozzarci, senza senso. Non siamo aggrappati al nostro monastero a tutti i costi.Il monastero è la nostra vita, la nostra vocazione che potremo vivere in ogni parte del mondo dove ci sono cristiani e musulmani insieme, perchè è questo è il carisma che Dio ci ha dato: amare tutti, specie i fratelli musulmani. Quindi continuiamo a sperare che il dialogo e la convivenza siano possibili.
D. – Ma lei ha mai avuto a che fare direttamente con questo, che è considerato, oggi,  il “nemico”, con l'Is?   R. – Quando ero a Qaryqatayn, tre mesi fa, lì ho visto qualche faccia del gruppo dell’Is, però era gente locale. Poi, piano piano con il passare dei giorni, si sono rafforzati e hanno portato anche altri elementi da fuori e hanno ribaltato la situazione.
D. – Che cos’è, però, che li rende così… lei ha usato il termine “cattivi”?   R. – Hanno una cattiva comprensione dell’islam e del nobile Corano e della vita del Profeta Maometto: loro vogliono un islam che controlli tutti, in primo luogo i musulmani stessi. Perciò, dico e sottolineo che le loro vittime più numerose e più dirette sono i musulmani stessi. Quando sono entrati in Palmira, hanno sgozzato tra 200 e 400 persone: tutti sunniti musulmani. Questo “nemico” è portato da una mente cattiva che non è necessariamente cristiana, nemmeno necessariamente orientale né araba: potrebbe essere anche internazionale, che vuole seminare terrore e odio e povertà in questa zona per ricontrollarla economicamente e politicamente. Poi, loro scavano sotto, trovano elementi adatti, gente che ha subito povertà, ignoranza e anche ingiustizia, allevati, educati all’odio verso gli altri e portano, creano, immaginano uno Stato islamico che non potrebbe mai stare in piedi.
D. – Ora lì, dove è lei, nella comunità di Deir Mar Musa, quali sono i segni di resurrezione, di fraternità, di amore?    R. – L’amicizia e l’amore che vediamo negli occhi dei nostri parrocchiani cristiani e dei nostri amici musulmani che chiedono sempre la luce e la benedizione di Dio per quello che stiamo facendo.  Però se la cosa rimane così, il Medio Oriente sarà svuotato piano piano dei cristiani, o saranno accantonati. Questo necessita di un grido, come fa il Santo Padre sempre. E io lo ringrazio personalmente, ma anche in nome di tutti i cristiani e di tutti i siriani. Bisogna però gridare al mondo ancora più forte e dire che chiedere ai cristiani di rimanere in questi Paesi, così, non ha senso. Per noi, il cristianesimo non è un’appartenenza vuota: il cristianesimo è una fede, un modo di vivere, è portare la croce, il sacrificio e l’amore per il prossimo, anche se è un nemico. Quindi, bisogna fare qualcosa di concreto per i cristiani che stanno in Medio Oriente: bisogna pensarci. Non basta dire a chi non può andar via, che rimanga. Bisogna renderlo capace di rimanere.

DICHIARAZIONE A L'OUVRE D'ORIENT DEL PATRIARCA SIRO-CATTOLICO YOUNAN CIRCA LA DISTRUZIONE DEL MONASTERO S.ELIAN E IL PRELEVAMENTO DI MOLTE DECINE DI CRISTIANI DA PARTE DI DAESH

Des horreurs à n’en plus finir..! comme les medias viennent de le rapporter e matin, les criminels de DAECH et compagnie, ont détruit notre monastère syriaque catholique de Mar Elian, Qaryatain, Syrie, vieux d’au moins 15 siècles. Le prêtre qui le desservait, le père Jacques Mourad est toujours enlevé depuis trois mois, sûrement par ces mêmes terroristes qui se réclament de la religion de la miséricorde et commettent toutes sortes d’absurdités, au nom de leur allah !
J’essaie de communiquer avec notre administrateur du diocèse de Homs, car nous craignons pour les dizaines de familles prises en otage, mais sans succès !
Jusqu’à quand le monde dit « civilisé » gardera-t-il un silence hypocrite,quand tout le monde est au courant des horreurs commises par ces barbares ? Comment un pays qui se dit défenseur des droits de l’homme ferme-t-il les yeux devant des aberrations telles que décapiter, confiner en esclavage et violer enfants et femmes ?.. Est-ce ça la démocratie ?
En somme, nous devons le crier à haute voix : nous craignons DAECH, parce que nous avons été abandonnés et nous n’avons pas les moyens de nous défendre comme c’est la cas au Liban.
Patriarche Ignace Y. III Younan

sabato 4 gennaio 2014

Aleppo, tra martiri e vittime innocenti

3 gennaio 2014

Carissimi fratelli,
mi è appena giunta questa dolorosa notizia dai nostri confratelli di Aleppo. Stiamo vicini a loro e soprattutto alla famiglia così provata e a tutti i ragazzi, i giovani e le famiglie, colpite da questa guerra assurda, che finora non presenta alcuno spiraglio di speranza. 
Vi chiedo di pregare ogni giorno per la pace in Medio Oriente e specialmente per l’amata Siria.
Abuna Munir


Caro Abuna Munir,
con grande dolore ti comunico una triste notizia.
Oggi alle ore 14.30, mentre i ragazzi aspettavano l’autobus dell’oratorio per venire al catechismo, alla fermata del “Midàn”, zona da cui provengono molti nostri ragazzi, vicino al distributore di benzina sono caduti due mortai proprio vicino ai ragazzi,
Alcuni di loro sono rimasti feriti, li abbiamo seguiti fino all’ospedale. Erano più di quattro. Uno di loro aveva una scheggia alla testa e gli è stata tolta, sperando che passi il pericolo.
Invece uno di loro, di nome Jack Salloum, alunno della classe sesta elementare, è stato ucciso da una scheggia.
E’ volato verso il Cielo!
Un colpo molto doloroso per tutti noi! Io, don Simon, ho accompagnato i feriti , invece don Georges Fattal, insieme all’incaricata del catechismo Rania S. e Georgina B., sono andate a casa per presentare le condoglianze alla mamma e al papà. Erano addolorati e hanno detto che andava all’oratorio per il catechismo. La mamma diceva: E’ stato come Domenico Savio, andato in paradiso presto!

Don Georges e Don Simon 


Aleppo : città devastata

 Lettera di Mons. Jeanbart , Arcivescovo melchita di Aleppo , la seconda città del paese, ma prima città cristiana 


03/01/2014

Caro amico ,
Non so se la città di Aleppo è stata dichiarata "Città disastrata" dagli organismi internazionali o non ancora!  Quello che posso dire io stesso è che è davvero un disastro .
Sinistrata umanamente , sinistrata materialmente, economicamente depressa.

Gli abitanti di questa grande metropoli sette volte millenaria , dopo tre anni di una guerra insensata si trovano in una situazione disastrosa . La prosperità che distingueva  Aleppo situandola  tra le città più fiorenti della regione ha perso tutto il suo splendore .
Le distruzioni innumerevoli che hanno annientato le sue fabbriche e la sua industria fiorente , le sue infrastrutture e le istituzioni sociali e amministrative, il suo commercio e i suoi " souk " mitici , le sue antiche case, scuole e ospedali,  l'hanno ridotta alla miseria e hanno impoverito la sua popolazione in modo preoccupante e drammatico .
Dobbiamo ancora parlare di tutte le contrarietà che fanno soffrire  gli aleppini in questi giorni a causa dell’assedio , senza precedenti,  che i ribelli hanno imposto alla loro città da più di due mesi ? La mancanza di rifornimenti  ha creato penuria di cibo e di un gran numero di beni di prima necessità.

In una parola , la nostra popolazione soffre e subisce  innocentemente le conseguenze di una guerra ingiusta e devastante .


Ho il diritto di parlare del nostro arcivescovado che negli ultimi mesi è stato il bersaglio di missili di ogni tipo che hanno fatto un sacco di danni negli edifici e che hanno messo noi, il mio clero e me stesso, in grave pericolo ? Oppure di  lamentarmi , mentre una grande disgrazia sta colpendo molti degli abitanti di questa città che tutti noi amiamo ? In diverse occasioni i nostri appartamenti hanno subito notevoli danni , ma io credo che tutto questo sia insignificante rispetto a ciò che la città ha subito ... Che il Signore abbia misericordia di noi e permetta che la pace si stabilisca nel Paese .

È questo un buon modo per indirizzarmi agli amici in occasione di Natale e Capodanno ? A chi altri oltre voi , amici miei , posso confidare le mie preoccupazioni e il mio dolore  in questi giorni che portano la gioia e la consolazione al mondo ogni anno e che, purtroppo, ai miei non danno  che  sofferenza e amarezza ?
Il Natale per i fedeli di Aleppo, con la speranza e consolazione che porta con sé il neonato Salvatore, è tuttavia ancora una festa che celebriamo con gioia e addolcisce la nostra amarezza . Vorrei in questa occasione  dire a tutti coloro che pensano a noi, che noi speriamo che essi continuino  a sostenerci e a pregare insieme con noi perchè questa calamità distruttiva , che ci ricorda le grandi invasioni barbariche del Medioevo si fermi, e le cupidigie delle grandi nazioni si plachino . 
Questo permetterà, senza dubbio , ai poveri siriani di ritrovare la tranquillità e la serenità necessarie al dialogo , il solo che è in grado di condurre a un accordo e alla riconciliazione nazionale cui hanno più che mai bisogno !

Ancora , caro amico, voglio  qui  dirvi che vi amo con tutto il mio cuore e vi auguro un Buon Natale e un Felice Anno Nuovo , non dimenticando  di ringraziarvi per la vostra gentilezza e generosità con cui avete voluto gentilmente aiutarci .
Con la mia gratitudine e vivo apprezzamento , vi prego di accettare l'espressione della mia riconoscenza .

+ J - C.JEANBART

http://www.oeuvre-orient.fr/2014/01/03/alep-ville-sinistree/

Per la Natività di Cristo, i ribelli offrono un regalo infernale ai cristiani di Aleppo



Le Veilleur de Ninive

Alep - le 25 décembre 2013 - Une journée encore plus infernale a traversé Alep, le 25 décembre 2013, le jour où les alépins devaient faire mémoire de la Nativité du Très Adoré Seigneur Jésus-Christ. Les quartiers chrétiens étaient la cible d'une pluie de roquettes. Heureusement que les célébrations de la Fête de la Nativité s’étaient déroulées à l’avance, le dimanche dernier 22 décembre, afin éviter l'exécution des menaces proférées par les takfiristes.


Ce jour-là, 25 décembre, les Églises étaient plutôt vides. Les tracts distribués par les extrémistes avaient fait pshitt…Mais le bilan est tout de même lourd autour des Églises ; les roquettes hawn projetées sur les zones résidentielles ont fait du mal, beaucoup de mal, mais peut-être pas autant que ne le souhaitaient les rebelles.


Plus d’une quarantaine de roquettes seraient tombées dans la journée.  Revoyons le fil de la journée, quartier par quartier :

- Souleymanieh et ‘Awjat al-Jab : 8 roquettes dont plus d’une, tombées sur l’Eglise Saint Georges faisant uniquement des dégâts matériels.

- Al-Midane : 8 roquettes.

- ‘Aziziyyeh : 1 roquette.

- Al-Jamiliyyeh : 5 roquettes tombées dans la zone définie par la descente al-Ram, la rue Baron, de la place  Saadallah Al-Jabiri et le jardin public.

- Quartier dit du Téléphone al-Hawai et Jabrieh : 3 roquettes tombées à quelques mètres de l’Eglise Saint-Dimitri durant la liturgie. Les quelques fidèles présents furent pris de panique et durent laisser l’Eglise précipitamment. Deux roquettes sont arrivées sur l'Eglise latine Saint-Antoine de Padoue qui se trouve dans le même quartier.

Dès les premières chutes de roquettes, on dénombrait trois victimes et une dizaine de blessés.

Par ailleurs des affrontements se sont déroulés près de l’Eglise Saint-Vartan à Sulaymanieh ; des tirs de blindés ont été entendus dans la soirée ; un jeune syrien d’origine arménienne, Ara Aramian a été tué. Il était élève en secondaire ainsi qu’un autre citoyen, le dénommé Ani Davidian.

venerdì 22 novembre 2013

La sfida della permanenza dei cristiani in Medio-Oriente. "Non incoraggiate i cristiani ad emigrare, ma favorite le condizioni perchè possano restare"




DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI


......
Il mio pensiero si rivolge in modo speciale alla terra benedetta in cui Cristo è vissuto, morto e risorto. In essa – l’ho avvertito anche oggi dalla voce dei Patriarchi presenti – la luce della fede non si è spenta, anzi risplende vivace. E’ «la luce dell’Oriente» che «ha illuminato la Chiesa universale, sin da quando è apparso su di noi un sole che sorge (Lc 1,78), Gesù Cristo, nostro Signore» . Ogni cattolico ha perciò un debito di riconoscenza verso le Chiese che vivono in quella regione. Da esse possiamo, fra l’altro, imparare la fatica dell’esercizio quotidiano di spirito ecumenico e dialogo interreligioso. Il contesto geografico, storico e culturale in cui esse vivono da secoli, infatti, le ha rese interlocutori naturali di numerose altre confessioni cristiane e di altre religioni.
Grande preoccupazione destano le condizioni di vita dei cristiani, che in molte parti del Medio Oriente subiscono in maniera particolarmente pesante le conseguenze delle tensioni e dei conflitti in atto. La Siria, l’Iraq, l’Egitto, e altre aree della Terra Santa, talora grondano lacrime. Il Vescovo di Roma non si darà pace finché vi saranno uomini e donne, di qualsiasi religione, colpiti nella loro dignità, privati del necessario alla sopravvivenza, derubati del futuro, costretti alla condizione di profughi e rifugiati. Oggi, insieme ai Pastori delle Chiese d’Oriente, facciamo appello a che sia rispettato il diritto di tutti ad una vita dignitosa e a professare liberamente la propria fede.
Non ci rassegniamo a pensare il Medio Oriente senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù, inseriti quali cittadini a pieno titolo nella vita sociale, culturale e religiosa delle nazioni a cui appartengono.

Il dolore dei più piccoli e dei più deboli, col silenzio delle vittime, pongono una domanda insistente: «Quanto resta della notte?» (Is 21,11). Continuiamo a vigilare, come la sentinella biblica, sicuri che il Signore non ci farà mancare il suo aiuto. Mi rivolgo, perciò, a tutta la Chiesa per esortare alla preghiera, che sa ottenere dal cuore misericordioso di Dio la riconciliazione e la pace. La preghiera disarma l’insipienza e genera dialogo là dove il conflitto è aperto. Se sarà sincera e perseverante, renderà la nostra voce mite e ferma, capace di farsi ascoltare anche dai Responsabili delle Nazioni.
Il mio pensiero va infine a Gerusalemme, là dove tutti siamo spiritualmente nati (cfr Sal 87,4). Le auguro ogni consolazione perché possa essere veramente profezia di quella convocazione definitiva, da oriente a occidente, disposta da Dio (cfr Is 43,5). I beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, instancabili operatori di pace sulla terra, siano nostri intercessori in cielo, con la Tuttasanta Madre di Dio, che ci ha dato il Principe della Pace. Su ciascuno di voi e sulle amate Chiese Orientali invoco la Benedizione del Signore.

 http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/november/documents/papa-francesco_20131121_plenaria-congreg-chiese-orientali_it.html




Grégoire III : « Nos plaies sont grandes, mais nous avons un rôle à jouer »

Alors que se tient à Rome une rencontre entre les primats des Églises catholiques orientales et le pape François, le patriarche melkite Grégoire III Laham s’inquiète de l’exode des chrétiens, notamment ceux de Syrie, dont il considère l’influence décisive pour l’avenir de la région.

leggi su:  http://www.la-croix.com/Religion/Actualite/Gregoire-III-Nos-plaies-sont-grandes-mais-nous-avons-un-role-a-jouer-2013-11-21-1064143

Why attack places of worship, and especially churches?


The Syrian crisis is severely affecting various sectors of civilian life and the number of victims of this “world” war is growing day by day. In this war against Syria the nature of th...e so-called opposition no longer resembles what it appeared to be on 16 March 2011 at the outset of the crisis.

Evidence of that can be found in the statements of envoy Lakhdar Brahimi and Mr Kofi Anan published in several European newspapers in September 2013, that there are some two thousand foreign groups fighting in Syria. They are all Salafist fundamentalists and extremists, relentlessly killing in cruel fashion in the name of Islam, although Islam has nothing to do with them or they with it.

These groups have committed the most cruel crimes and bestial acts that have horrified the minds of those who saw them on television or on modern social communication media and hurt the feelings of every man, woman and child both at home and abroad. It represents a return to the darkest episodes of antiquity and has even outstripped them.…

Those hordes have destroyed and laid waste places of worship (mosques and churches), and looted statues, furnishings, icons of Our Lord, the Virgin Mary and the saints.

Never before in its history has Syria experienced any such monstrous, criminal acts. All Christian and Muslim citizens used to live in harmony, affection, solidarity, mutual help, national community … such that it was considered an Arab and world model.

We wonder at these deeds and address the doers, reminding them of their humanity and the fact that they are created in the image and likeness of God, they are precious in God’s eyes and we acknowledge their worth, which is common to us all... We wonder and ask them, why do you commit these actions? Why destroy mosques and churches? They know very well that our churches are schools of peace and our institutions fields of service and dedication and that we have no political party, no hatred in our hearts, no vengeance against anyone whatsoever. On the contrary, we are agents of peace calling for love, living together, solidarity, reconciliation and forgiveness...

In writing this appeal, it is not at all my intention to condemn or judge those who destroy our churches: God alone is Judge. Instead we forgive them and pray for them and their salvation, imploring God to open their eyes to the beauty of faith, love, friendship, and tenderness that fills the pages of the Qur’an in every verse - the compassion of God for all. We advise and request them to return to their own countries and there live a humane, worthy life in their families and among their own people.

We write these lines and report the facts about the destruction of mosques and especially churches, and the inhumane acts, so that the world can wake up and open its eyes to the realisation of the true brutal reality of these things reported, and work to stop them and halt all kinds of killing and violence, for the victim of all this is man, created in the image and likeness of God.

We call upon everyone to coordinate their efforts and those of Arab and other countries to prevent such cruelties against the dignity of man, because they are war crimes against humanity. It is not always the perpetrator who is responsible, but the one who does not work to prevent and condemn them, but rather encourages, incites and funds them with money and weapons and fills hearts with hatred and enmity...

We decided to give the information contained in this appeal to highlight the brutality of these acts. We hope for the world’s conscience to be aroused to the realisation of this state of affairs and for everyone to agree to walk along the path of peace to Geneva II to build a new world where love and the values of our holy faith reign, as this should be the road for all of us Christian and Muslim politicians and leaders, and Eastern and Western heads of state. That is how we can respond to Pope Francis’s appeal, "No more war." That is why we are publishing these gloomy, black lists in the Appendix (attached).

We extend this appeal with an open evangelical Christian spirit of love to the conscience of those who have committed and continue to commit these actions and attacks, especially against Christian places of worship. We appeal to the conscience of those who stand behind them and even to the conscience of the whole world.

We hope and pray for the cessation of these actions that are destroying not just places of worship, but the image of God in man and are causing all kinds of suffering, disaster, grief and destruction.

I ask my dear faithful not to allow forgiveness to give way to hatred in your hearts. Resist feelings of fear, anxiety, frustration and discouragement despite the various reasons for them of which we are all aware. Face up to this with patience and faith. Do not leave; do not abandon your homeland Syria, which has been rightly called the cradle of Christianity! We have our origins and roots here, going back over two thousand years of history.

I hope that anyone reading this letter may accept it in a positive, civilised way.

We pray, Christ our God, confirm the holy Orthodox faith in our churches and monasteries unto ages of ages! Lord, save thy people and bless thine inheritance. Grant peace to Syria and to the world. And keep thy faithful!

Commemorating our most holy, most pure, most blessed and glorious Lady, Mother of God and ever-Virgin Mary, let us invoke her intercession and protection, and let us entrust one another and all our lives unto Christ our God! Deliver us, O Virgin, from every temptation, barbarian invasion and peril that we deserve due to our sins.

With my love and blessing

Gregorios III Patriarch

http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Why-attack-places-of-worship-and-especially-churches




A l'heure de la rencontre du pape et des Patriarches des Église orientales, Mgr Gollnisch revient sur leurs préoccupations, et les enjeux de la rencontre.


Le Pape a rencontré hier, au Vatican, les patriarches et archevêques des Églises orientales. Que doit-on attendre de cette rencontre ? 
Mgr Pascal Gollnisch : Cette rencontre prend place dans ce que l’on appelle la plenaria de la Congrégation pour les Églises orientales, c’est-à-dire une réunion de tous les conseils de cette Congrégation, qui est composée de cardinaux et d’évêques du monde entier.
C’est une réunion habituelle – la dernière a eu lieu en 2009 avec Benoît XVI – qui permet de discuter des orientations à prendre pour les trois années à venir. À cette occasion, le pape rencontre les patriarches des Églises historiques – Antioche, Alexandrie, Jérusalem, Damas, Bagdad – et les archevêques majeurs – sortes de patriarches dans des pays comme l’Éthiopie, l’Ukraine, la Roumanie, et l’Inde.
Ils vont pouvoir s’exprimer devant le pape et dire quelles sont leur préoccupations.
Plusieurs points devraient être évoqués :
  • la vie de ces Églises dans les pays qui sont actuellement en conflit – la Syrie, l’Égypte et l’Irak en particulier –,
  • les négociations diplomatiques entre le Saint-Siège et l’État d’Israël pour fixer le statut administratif des communautés chrétiennes en Terre Sainte,
  • la manière dont fonctionnent ces Églises,
  • la question du dialogue interreligieux et des relations avec l’Islam.
  • Une autre question qui sera sûrement abordée concerne la diaspora des chrétiens orientaux qui ont quitté leur pays d’origine. Cette diaspora est importante, notamment en Europe – par exemple en Suède – mais aussi au Canada, aux États-Unis, en Amérique latine et en Australie. Cette diaspora appauvrit d’un côté les territoires historiques, mais peut en même temps être une force car les chrétiens de la diaspora apportent un soutien à leur Église d’origine.
SB Sako et Mgr Gollnisch
SB Sako et Mgr Gollnisch
Le patriarche irakien, Mgr Sako, a récemment dénoncé la délivrance de visas aux chrétiens d’Irak par les ambassades et consulats étrangers, déclarant qu’il y avait « toute une stratégie pour aider les chrétiens à quitter l’Irak », même dans les zones où ils ne sont pas menacés. Qu’en pensez-vous ?
Mgr Pascal Gollnisch : Notre position est très claire sur ce point. Un certain nombre de chrétiens souhaitent quitter leur pays, surtout si ce pays est dans une situation difficile. Nous ne portons pas de jugement moral sur leur départ, mais nous sommes là pour aider ceux qui veulent rester. Je pense que nous n’avons pas à encourager ce départ, qui est souvent enraciné dans une sorte de rêve d’un Occident fantasmé. Or nous savons bien que l’Occident a aussi des difficultés. Je pense qu’il faut éviter que les diplomaties occidentales poussent à l’arrivée de chrétiens.
Il y a des effets d’annonce dans lesquels nous ne nous retrouvons pas, par exemple lorsque la France dit qu’elle va accueillir 500 réfugiés syriens, ou que l’Allemagne va en recueillir 3000. Nous ne nous reconnaissons pas dans ce type d’annonces parce que je pense que ce dont ont d’abord besoin ces réfugiés, c’est d’être aidés globalement.
Si on en accueille 500 en France – les réfugiés syriens sont entre 1,7 et 2 millions – à quoi cela sert-il ? En revanche, les moyens mis en œuvre pour les accueillir ici pourraient être utilisés sur place, en Jordanie, au Liban, en Turquie etc. Ensuite, comment choisir ces réfugiés ? Sur quels critères ? Pourquoi ces 500 et pas d’autres ? S’il y a effectivement des familles spécialement visées, menacées ou blessées, alors oui, il faut que la France les accueille dans le cadre général d’un accueil de réfugiés politiques.
Si les chrétiens veulent en effet émigrer, il est important qu’ils s’intègrent, mais également qu’ils gardent les racines de leur pays d’origine et qu’ils fassent en quelque sorte une «diaspora de soutien » pour leur Église d’origine.

Les minorités chrétiennes d’Orient sont-elles prêtes à rester dans leur pays au risque d’être menacées ?
Mgr Pascal Gollnisch : Oui, elles restent sur leurs terres au risque d’être persécutées. Il y a 500 000 catholiques en Irak, ils savent bien qu’ils encourent des risques…
Le véritable enjeu, c’est bien sûr d’éviter qu’ils soient persécutés, en aidant les pays concernés à avancer vers plus de modernité et vers une certaine pacification des tensions. Cela passe notamment par le fait qu’il ne faut pas qu’une majorité, sous prétexte qu’elle a été élue, s’arroge tous les droits au point de ne pas respecter ceux de ses citoyens qui appartiennent à des minorités. La maturité démocratique, c’est aussi une manière de considérer les droits des autres, et en particulier de ceux qui n’ont pas voté pour vous.
Il y a aussi certaines mouvances qui ont des volontés djihadistes et veulent sortir les chrétiens du Moyen-Orient. Il faut bien rappeler que ces courants djihadistes n’hésitent pas à multiplier aussi les crimes contre les musulmans : les musulmans modérés – par rapport aux musulmans radicaux – sont les premières victimes des djihadistes.
Il y a de nombreuses populations musulmanes qui refusent cette vision radicale, et avec lesquels les chrétiens peuvent travailler pour aider leur pays à entrer dans plus de modernité, de respect des droits de l’Homme, des libertés religieuses et qui permettront donc un avenir des chrétiens d’Orient, en Orient.

Concernant le conflit syrien, comment les minorités chrétiennes perçoivent-elles Bachar al-Assad ? Ne craignent-elles pas que la chute de Bachar al-Assad ne marque l’arrivée des islamistes au pouvoir ? 
Mgr Pascal Gollnisch : Il convient ici de dire que les communautés chrétiennes n’ont pas un point de vue unitaire. Les chrétiens peuvent faire des choix politiques différents.
Il est vrai que dans ce conflit syrien, nous voyons bien deux réalités qui ne sont pas de même nature. Sans porter de jugement sur l’un ou sur l’autre, on doit constater que d’un côté il y a un régime avec un président, un gouvernement, un État-major, une chaîne de commandement, et de l’autre côté, il y a une nébuleuse, dans laquelle ceux qu’on croit être les « grands chefs » ne font pas grand-chose, et les « petits chefs » n’en font qu’à leur tête.
Or, cette nébuleuse, que peu de gens arrivent à maîtriser, voit ses rangs djihadistes grossir, et des djihadistes violents. Par conséquent, si vous êtes chrétien, et quel que soit votre avis sur la situation et l’avenir politique de la Syrie, vous vous dites : « d’un côté il y a un régime structuré, et de l’autre, il y a l’incertitude. Que je le considère comme bien ou mal, le régime reste un moindre mal ».
Certains chrétiens préfèrent donc que le régime d’Assad reste, quitte à ce qu’il évolue (car il a évidemment des pratiques que l’on peut condamner), plutôt que de voir au pouvoir une nébuleuse inquiétante où l’on ne sait pas qui veut quoi, et dont on dit que certains veulent mettre les chrétiens hors jeu…

Quelle est la position des Églises orientales sur l’intervention étrangère dans la guerre en Syrie ?
Mgr Pascal Gollnisch : Elles ne sont pas unanimes sur cette position, mais globalement, le positionnement est un peu paradoxal. Je pense qu’elles auraient souhaité qu’aucune influence étrangère n’intervienne en Syrie.
Mais ce pays est en train de s’autodétruire, nous assistons à des drames tous les jours, et il semble que ceux qui veulent l’arrêt de cette guerre considèrent la présence de l’ONU comme indispensable à cela.

JOL Press : Aujourd’hui, certaines minorités chrétiennes d’Orient sont-elles plus menacées que d’autres ?
Mgr Pascal Gollnisch : Oui sans doute, il semblerait que les communautés arméniennes soient particulièrement visées. Mais dans l’ensemble, elles sont quand même unies dans la situation assez effroyable dans laquelle elles se trouvent.

http://www.oeuvre-orient.fr/2013/11/22/8117/

sabato 27 luglio 2013

"Coloro che hanno i mezzi di esigere dai rapitori le prove che i Vescovi rapiti sono ancora in vita, devono agire al più presto"



Essi sono stati rapiti il 22 aprile e, tre mesi dopo, non abbiamo avuto ancora nessuna notizia del Vescovo Paolo Yazigi e Mons. John Ibrahim, i due vescovi ortodossi di Aleppo. In assenza di prova della loro morte, non possiamo dire che i Vescovi sono stati uccisi dai loro rapitori.

Ma ci si può chiedere perché le autorità internazionali, che sono in contatto con i ribelli siriani non esigono da parte di costoro  prove di vita o dei segni che sono in corso trattative.
"Perchè attaccare dei Vescovi è  dimostrare che i sacerdoti e i fedeli non sono più al sicuro in Siria, e dunque si sta minacciando tutti i cristiani in questo Paese", dice Mgr Pascal Gollnisch, direttore generale  di l’Œuvre d’Orient
Si tratta secondo il padre Gollnisch di ricondurre le parti alle loro responsabilità, di fare il punto, perché "è tempo che noi sappiamo dove si trovano." ....
      leggi l'articolo completo qui: 
http://www.oeuvre-orient.fr/2013/07/24/syrie-interview-de-mgr-gollnisch-a-propos-de-lenlevement-des-deux-eveques-il-y-a-deja-3-mois/


One hundred days since the abduction of the two Archbishops Yohanna Ibrahim and Boulous Yazigi




Resta incerta la sorte dei due vescovi ortodossi rapiti ad Aleppo 

da Terrasanta.net | 26 luglio 2013 

Non ci sono ancora notizie certe sulla sorte dei due vescovi ortodossi rapiti nella città siriana di Aleppo nell’aprile scorso.
Di tanto in tanto filtrano illazioni prive di conferma. Il 23 luglio, ad esempio, il quotidiano turco Hürriyet, ha riferito del fermo e del successivo rilascio di tre persone nella provincia anatolica di Konya. Su di loro gravava il sospetto che avessero ucciso i due metropoliti di Aleppo, Boulos Yaziji (greco ortodosso) e Youhanna Ibrahim (siro ortodosso).
Il nipote di uno dei due ecclesiastici rapiti ha però smentito l’ipotesi che lo zio potesse essere stato ucciso. La voce s’era sparsa dopo la diffusione (su Internet) di un video, non datato, in cui si vedevano due cristiani (tra i quali un vescovo) uccisi brutalmente.
Fadi Hurigil, capo della Fondazione della Chiesa ortodossa di Antakya, s’è detto sicuro che in quel video non compaiono i vescovi Boulos Yaziji (che è, tra l’altro, fratello del patriarca greco ortodosso d’Antiochia) o Youhanna Ibrahim.
I due prelati furono rapiti il 22 aprile scorso, alle porte di Aleppo, da uomini armati che li intercettarono mentre, a bordo della stessa auto, provenivano dal confine con la Turchia. Il conducente del veicolo fu ucciso.
Il mese scorso anche il settimanale cattolico britannico The Tablet, citando fonti della regione, aveva insinuato che i due ecclesiastici sono «probabilmente morti», e che «sarebbero stati uccisi il giorno stesso del rapimento».
Alcuni osservatori, però, ritengono che se i due vescovi fossero davvero morti, la notizia sarebbe ormai filtrata. In ogni caso, per avvalorare l’ipotesi dell’assassinio, servirebbero delle prove.
Nella convinzione che i metropoliti siano tuttora vivi, c’è chi auspica maggiori pressioni internazionali da parte dei governi e in particolare di quello turco. Nel corso di eventuali negoziati di pace, gli emissari governativi non avrebbero difficoltà a chiedere ed ottenere la prova dell’esistenza in vita dei due rapiti.
Da parte nostra invitiamo i lettori ad unirsi a noi nella preghiera per il benessere e la libertà dei metropoliti sequestrati e di tutti coloro che soffrono a causa del conflitto in Siria.

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=5417&wi_codseq=


Dichiarazione dei Capi delle Chiese ortodosse: preghiamo con i nostri fratelli in Cristo che sono “messi a morte tutto il giorno”.


Primati e rappresentanti delle Chiese ortodosse locali, riuniti a Mosca per le celebrazioni in onore del 1025° anniversario del Battesimo della Rus’, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta, il cui tema principale è la situazione dei cristiani in Medio Oriente. Il 25 luglio, nel corso di una riunione al Cremlino, il testo di questa dichiarazione è stato dato da Sua Santità il Patriarca Kirill, a nome di tutti i presenti, al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.

Chiesa Ortodossa russa - 25.07.2013

 Noi, Capi e rappresentanti delle Chiese ortodosse locali, riuniti a Mosca su invito del Patriarca di Mosca e tutta la Rus’ Kirill in occasione della celebrazione del 1025° anniversario del Battesimo della Russia, riteniamo nostro dovere levare la voce in difesa dei nostri fratelli cristiani che oggi sono perseguitati per la loro fede in varie regioni mondo.
Migliaia di credenti in Cristo sono esposti quotidianamente a supplizi e torture, scacciati dalle loro case, molti vengono uccisi.
Notizie di torture e uccisioni di cristiani giungono da Nigeria, Pakistan, Afghanistan e India. In Kosovo, i santuari sono profanati, molte chiese sono state distrutte, e molte persone sono private della possibilità di visitare le tombe dei loro cari e di pregare Dio nella terra dei loro antenati.
Profonda preoccupazione suscita la situazione in Medio Oriente. Un gran numero di paesi della regione è travolto da un’ondata di violenza e terrore le cui vittime sono i cristiani. La Libia, dove i cristiani sono quasi scomparsi, è spaccata in tribù costantemente in guerra tra loro. Non cessano gli attacchi terroristici in Iraq, dove del milione e mezzo di cristiani che vi vivevano fino a tempi recenti, è rimasta solo la decima parte. Sempre più allarmante è la situazione in Egitto, dove lo scontro è appena entrato in una nuova fase di fatti sanguinosi, e dove si assiste a un esodo di massa della popolazione cristiana. Il dolore e la sofferenza toccano migliaia di famiglie di persone inermi. Di regola, del conflitto risentono prima di tutto i gruppi più vulnerabili della popolazione, tra cui le minoranze etniche e religiose.
Nel settembre del 2010, si è svolta a Cipro una riunione dei Primati delle Chiese del Medio Oriente, che ha espresso grave preoccupazione per la situazione nella regione e timore per il futuro dei cristiani che vi abitano. La stessa preoccupazione è stata espressa nel corso di riunioni analoghe, nell’agosto 2011 in Giordania, nel settembre dello stesso anno a Costantinopoli e nel marzo 2012 a Cipro. Una dichiarazione a sostegno dei cristiani sofferenti del Medio Oriente è stata adottata nel corso della riunione dei Capi e rappresentanti di sette Chiese ortodosse locali, svoltasi a Mosca nel novembre 2011.
Oggi particolarmente drammatica è la situazione in Siria. Nel mezzo della guerra fratricida in corso, avviene uno sterminio di massa dei cristiani e dei membri di altri gruppi religiosi, che vengono scacciati dalle loro città e villaggi, dai luoghi dove per secoli hanno vissuto fraternamente fianco a fianco con i membri di altre tradizioni religiose.
I gruppi paramilitari non risparmiano i mezzi per raggiungere i loro obiettivi. I loro membri radicali si spingono sempre oltre ogni limite nelle loro attività criminali. Le orribili scene di violenza, esecuzioni pubbliche, umiliazioni alla dignità della persona, e ogni sorta di violazioni dei diritti umani diventano abituali. Rapimenti e omicidi, spesso commessi per banali scopi di lucro, sono ormai fatti quotidiani. Gli estremisti non esitano a umiliare personalità religiose, il cui rispetto ha sempre caratterizzato l’Oriente.

I mezzi di informazione del mondo, così come molti politici, lasciano passare sotto silenzio la tragedia dei cristiani in Medio Oriente.

Noi esprimiamo la nostra solidarietà a Sua Beatitudine il Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente Giovanni X, che non ha potuto condividere con noi la gioia della festa di oggi, essendo dovuto rimanere con il suo gregge in un momento così difficile. Le nostre preghiere sono con lui e con i nostri fratelli in Cristo che sono “messi a morte tutto il giorno” (cf. Romani 8, 36).
Noi soffriamo insieme a tutto il popolo sofferente della Siria. Chiediamo l’immediata liberazione dei gerarchi cristiani di spicco della Siria, catturati dai ribelli già nel mese di aprile: il metropolita Paulos di Aleppo e Iskenderun e il metropolita siro-ortodosso di Aleppo Mar Gregorios Yohanna Ibrahim.

Noi facciamo appello a tutte le parti in conflitto e a quanti sono in grado di esercitare un’influenza politica sulla situazione. Fermate l’ondata di violenza e lo sterminio della popolazione civile! Imponete una moratoria sulle operazioni militari, affinché una soluzione pacifica del conflitto civile venga elaborata al tavolo dei negoziati. Liberate i ministri del culto rapiti e gli altri civili!
Come servitori del Dio Eterno, noi eleviamo con fervore le nostre preghiere al Principe della pace, al Signore Onnipotente, per il ripristino della pace e dell’amore fraterno nella terra del Medio Oriente, per il ritorno dei profughi ai villaggi natali, per la guarigione dei feriti e il riposo delle vittime innocenti. Che il Signore ispiri a tutti coloro che sono coinvolti nei combattimenti saggezza e la buona volontà di fermarli!

 https://mospat.ru/it/2013/07/25/news89183/