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mercoledì 22 maggio 2019

Armi chimiche e 'false flag'


Ulteriori prove che l'attacco USA 'per armi chimiche' fu basato su una 'false flag'
    di Tony Cartalucci*

Ulteriori prove sono emerse che indicano che il presunto attacco chimico in Douma del 2018, in Siria, fu messo in scena dai miliziani sostenuti dagli Stati Uniti, non dal governo siriano.

Recenti rivelazioni indicano che gli Stati Uniti non solo hanno falsamente accusato Damasco di aver effettuato l'attacco, ma hanno eseguito bombardamenti contro la Siria basati su un falso pretesto. A tutt'oggi, gli Stati Uniti hanno categoricamente omesso di produrre alcuna convincente prova a sostegno delle loro affermazioni iniziali.
Al contrario, una successiva indagine condotta dall'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) ha prodotto prove schiaccianti che dimostrano che un evento 'falso flag' è stato condotto da militanti appoggiati dagli Stati Uniti. Questo includeva una bombola di gas di cloro trovata in un deposito di armi dei militanti ispezionato da investigatori dell'OPCW, che combaciava esattamente con i due cilindri usati pretestuosamente nello stesso attacco di Douma del 2018.
Mentre i militanti sostenuti dagli Stati Uniti hanno insistito nel sostenere che due bombole di gas sono state sganciate da elicotteri governativi su Douma, l'OPCW ha osservato che i presunti crateri causati dall'impatto dei cilindri corrispondevano a quelli degli edifici vicini chiaramente provocati da ordigni esplosivi.
La relazione finale dell'OPCW riguardante l'incidente di Douma ha affermato: Il team [della missione OPCW in Siria] ha osservato che un simile cratere era presente su un vicino stabile in costruzione.
L'implicazione è che i cilindri non potrebbero aver creato i crateri a loro attribuiti dai militanti (sostenuti dagli Stati Uniti) mentre i media occidentali sostengono questa versione della storia. Invece, implica che i cilindri sono stati posizionati manualmente vicino ai crateri preesistenti creati da ordigni convenzionali.
Mentre il rapporto finale dell'OPCW includeva fotografie di danni sull'edificio adiacente, non ha ulteriormente elaborato o considerate le ovvie implicazioni di crateri simili, visti esplicitamente nelle vicinanze.
Tuttavia, più recentemente, un rapporto inedito dell'OPCW intitolato "Valutazione dell'ingegneria di due cilindri osservati nell'incidente di Douma - Sintesi" (PDF), è stato elaborato: Gli esperti sono stati consultati per valutare l'aspetto del cratere osservato nella posizione 2, in particolare la sua parte inferiore.ù

L'opinione degli esperti è che il cratere osservato sia più coerente con quello risultante da una esplosione potente (come quella da un mortaio HE o da un razzo di artiglieria) piuttosto che un risultato di impatto di un oggetto che cade. Ciò è stato confermato anche dall'osservazione del tondino deformato rivolto all'esterno nella parte inferiore del cratere, che non si spiega con l'apparente non penetrazione e il danno minimo del cilindro. La probabilità che il cratere sia stato creato da un bombardamento da mortaio/artiglieria o simile, è supportato anche dalla presenza di più crateri molto simili di aspetto, in lastre di cemento in cima a edifici vicini, da un (insolitamente elevato, ma possibile) modello di frammentazione sulle pareti superiori, con le indicazioni di scheggiatura del calcestruzzo sotto il cratere, e (mentre si osservava che sono stati creati nell'angolo della stanza) bruciature nere sul fondo e sulla sommità del cratere.
La valutazione ingegneristica concluderebbe: In sintesi, l'osservazione sulla scena dei due luoghi, insieme alla successiva analisi, suggerisce che c'è una maggiore probabilità che entrambi i cilindri siano stati posizionati manualmente in quelle due posizioni piuttosto che essere lanciate dagli aerei.
La valutazione aggiunge ulteriore importanza a ciò che molti analisti hanno concluso all'epoca in cui l'OPCW ha pubblicato il suo rapporto finale ufficiale sull'incidente - che l'evento è stato organizzato.

A ben vedere, Damasco non aveva alcuna motivazione per portare a termine l'attacco del 2018. Questo si è verificato alla vigilia della vittoria totale delle forze siriane sui militanti appoggiati dagli Stati Uniti trincerati nei tunnel attorno alla capitale siriana. L'esercito siriano aveva usato un'ampia forza convenzionale per superare le posizioni dei militanti e anche se Damasco avesse creduto che l'uso di armi chimiche avrebbe accelerato la vittoria, è improbabile che a quello scopo avrebbe lanciato solo 2 bombole di gas contenenti una quantità trascurabile di cloro.
Viceversa, i militanti sostenuti dagli Stati Uniti stavano per affrontare una sconfitta inevitabile e completa, insieme a un governo degli Stati Uniti con un disperato bisogno di un pretesto per usare la forza militare per rallentare o fermare l'avanzata delle truppe siriane - avevano tutte le motivazioni per mettere in scena l'attacco chimico, per dare la colpa a Damasco, mentendo fin dall'inizio.

Se l'analisi politica del presunto attacco che ha considerato le possibili motivazioni di entrambe le parti per attuare l'attacco, non fossero ancora abbastanza esaustive, questo recente studio di ricercatori dell'OPCW ha ulteriormente sollevato la questione.
Perché il false flag di Douma è ancora importante?
La propensione di Washington ad inscenare provocazioni come pretesto per una guerra più ampia, non è connessa alla sola Douma, o alla sola Siria.
Il pretesto che portò all'invasione americana dell'Iraq del 2003 era basato interamente su una menzogna deliberatamente costruita su prove fabbricate.
E gli Stati Uniti cercano ancora di provocare la guerra in Ucraina, in Venezuela, contro l'Iran, e probabilmente ancora in Siria, nel momento in cui le forze governative (e i suoi alleati NDT) cominciano a riprendersi Idlib.

Capire come i militanti appoggiati dagli Stati Uniti hanno messo in scena l'attacco di Douma nel 2018; come i media occidentali abbiano mentito al mondo intero in seguito, per vendere il successivo intervento militare occidentale, e come gli investigatori hanno esposto prove che rivelano questo attacco come una falsa operazione (false flag), servirà a tutti per smorzare l'impatto politico delle future false provocazioni.

*Tony Cartalucci, ricercatore e scrittore geopolitico di Bangkok, in particolare per la rivista online "New Eastern Outlook".
   trad . Gb.P.  OraproSiria 

martedì 18 dicembre 2018

In Siria l'intera nazione si è mobilitata e ha vinto

    foto YAYOI SEGI © 2018 Andre Vltchek

Pubblichiamo il bel testo/dichiarazione d'amore alla Siria, di Vltchek, per lo sguardo di appassionata speranza con cui egli percorre questa terra:  
nell'auspicio fiducioso che venga finalmente il bel giorno della PACE! 
  OpS



Andre Vltchek  
New Eastern Outlook, 2018

Sì, ci sono macerie, in realtà distruzione totale, in alcuni quartieri di Homs, Aleppo, alla periferia di Damasco e altrove.

Sì, ci sono terroristi e "forze straniere" a Idlib e in diverse zone più piccole in alcune parti del paese.

Sì, centinaia di migliaia di persone hanno perso la vita e milioni sono in esilio o sfollate.

Ma il paese della Siria è rimasto in piedi. Non si è sgretolato come la Libia o l'Iraq. Non si è mai arreso. Non ha mai considerato la resa come un'opzione. Ha attraversato l'agonia totale, attraverso il fuoco e il dolore inimmaginabile, ma alla fine ha vinto. Ha quasi vinto. E la vittoria, molto probabilmente, sarà definitiva nel 2019.

Nonostante le sue dimensioni relativamente piccole, non ha vinto come una "piccola nazione", combattendo la guerriglia. Sta vincendo come uno stato grande e forte: ha combattuto con orgoglio, frontalmente, apertamente, contro ogni previsione. Ha affrontato gli invasori con tremendo coraggio e forza, in nome della giustizia e della libertà.

La Siria sta vincendo, perché l'unica alternativa sarebbe la schiavitù e la sottomissione, e questo non è nella mentalità della gente qui. Il popolo siriano ha vinto perché doveva vincere, o affrontare l'inevitabile fine del suo paese e veder crollare il sogno di una patria pan-araba.

La Siria sta vincendo e, si spera, nulla qui in Medio Oriente, sarà mai più lo stesso. I lunghi decenni di umiliazione degli arabi sono finiti. Ora tutti "nel vicinato" stanno guardando. Ora tutti sanno: l'Occidente e i suoi alleati possono essere combattuti e fermati; non sono invincibili. Tremendamente brutali e spietati, sì, ma non invincibili. Anche gli apparati religiosi più violenti e fondamentalisti possono essere distrutti. L'ho detto prima, e lo ripeto anche qui: Aleppo è stata lo Stalingrado del Medio Oriente; Aleppo ma anche Homs, e altre grandi città siriane coraggiose. Qui il fascismo è stato affrontato, combattuto con tutte le forze e con grande sacrificio e infine rimosso.

Mi siedo nell'ufficio di un generale siriano, Akhtan Ahmad. Parliamo russo. Gli chiedo della situazione della sicurezza a Damasco, anche se la so già. Per diverse sere e notti, ho camminato attraverso le strette strade tortuose della città vecchia; una delle culle della razza umana. Anche le donne, anche le ragazze, vi camminavano. La città è al sicuro. "È sicura," sorride il generale Akhtan Ahmad, con orgoglio. "Sai che è al sicuro, vero?". Annuisco. È un alto comandante dell'intelligence siriana. Avrei dovuto chiedere di più, molto di più. Dettagli, dettagli. Ma non voglio conoscere i dettagli; non adesso. Voglio sentire ancora e ancora che Damasco è al sicuro, da lui, dai miei amici, dai passanti.
"La situazione ora è molto buona. Esci di notte…". Gli dico che l'ho fatto. Che lo sto facendo da quando sono arrivato. “Nessuno ha più paura", continua. "Anche nei luoghi in cui i gruppi terroristici erano soliti operare, la vita sta tornando alla normalità ... Il governo siriano sta ricominciando a fornire acqua, elettricità. Le persone stanno tornando nelle aree liberate. La Ghouta orientale è stata liberata solo 5 mesi fa, e ora puoi vedere i negozi riaprire anche lì, uno dopo l'altro ".
Ho firmato diverse autorizzazioni. Ho fatto la foto al generale. Sono stato fotografato con lui. Non ha nulla da nascondere. Non ha paura. Gli dico che alla fine di gennaio 2019, o al più tardi a febbraio, vorrei andare a Idlib, o almeno nei sobborghi di quella città. Va bene; devo solo farglielo sapere qualche giorno prima. Per Palmyra, bene. Ad Aleppo, nessun problema. Ci stringiamo la mano. Si fidano di me. Mi fido di loro. Questa è l'unica via da seguire: questa è ancora una guerra. Una guerra terribile e brutale. Nonostante il fatto che Damasco sia ora libera e sicura.
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Dopo aver lasciato l'ufficio del generale, andiamo a Jobar, alla periferia di Damasco; quindi a Ein-Tarma.
Lì, è una follia totale.
Jobar era una zona prevalentemente industriale, Ein-Tarma un quartiere residenziale. Entrambi i posti sono stati ridotti quasi interamente in macerie. A Jobar mi è permesso di filmare all'interno dei tunnel che erano usati dai terroristi; dalle Brigate Rahman e dagli altri gruppi con legami diretti con il Fronte di Al-Nusrah. La scena è inquietante. Precedentemente queste fabbriche offrivano decine di migliaia di posti di lavoro alla popolazione della capitale. Ora, nulla si muove qui. Silenzio tombale, solo polvere e rottami.
Il tenente Ali mi accompagna, mentre scavalco i detriti. Gli chiedo cosa è successo qui. Lui risponde, attraverso il mio interprete: "Questo posto è stato liberato solo nell'aprile 2018. Era uno degli ultimi posti che è stato ripreso ai terroristi. Per 6 anni, una parte era controllata dai "ribelli", mentre un'altra dall'esercito. I nemici hanno scavato dei tunnel ed è stato molto difficile sconfiggerli. Hanno usato tutte le strutture su cui potevano mettere le mani, comprese le scuole. Da qui, la maggior parte dei civili è riuscita a fuggire. "
Gli chiedo della distruzione, anche se conoscevo la risposta dato che i miei amici siriani vivevano in quest'area e mi raccontavano le loro storie dettagliate. Il tenente Ali conferma: "L'Occidente stava alimentando il mondo con la propaganda, dicendo che questa era distruzione causata dall'esercito. In realtà, l'esercito siriano combatteva contro i ribelli solo quando questi stavano attaccando Damasco. Alla fine, i ribelli si sono ritirati da qui, dopo gli scambi con il governo sponsorizzati dalla Russia .".
Pochi chilometri più a est, a Ein-Tarma, le cose sono molto diverse. Prima della guerra, questo era un quartiere residenziale. La gente viveva qui, principalmente in palazzi a più piani. Qui, i terroristi hanno colpito duramente i civili. Per mesi o anche anni, le famiglie hanno dovuto vivere tra terribile paura e privazioni.
Ci siamo fermati all'umile bottega che vende verdura. Qui, mi sono avvicinato a una signora anziana, e dopo che lei ha acconsentito, ho iniziato le riprese. Lei parlava, e poi ha urlato, dritto nella telecamera, agitando le mani: "Abbiamo vissuto qui come bestie. I terroristi ci hanno trattato come animali. Eravamo spaventati, affamati, umiliati. Donne: i terroristi si prenderebbero 4-5 mogli, costringendo ragazze e donne mature a cosiddetti matrimoni. Non avevamo nulla; non ci è rimasto niente!". "E adesso?" ho chiesto. "Adesso? Guarda! Viviamo di nuovo. Abbiamo un futuro. Grazie; grazie, Bashar! ". Lei chiama il suo presidente con il suo nome. Preme i palmi contro il suo cuore, e dopo averli baciati, agita di nuovo le mani. Non c'è niente da chiedere, davvero. Ho solo filmato. Lei dice tutto, in due minuti. Mentre partiamo, mi rendo conto che probabilmente non è vecchia; non è affatto vecchia. Ma quello che è successo qui l'ha spezzata a metà. Ora lei vive; lei vive e spera di nuovo.
Chiedo al mio autista di muoversi lentamente, e comincio a filmare la strada, rotta e polverosa, ma piena di traffico: gente che cammina, biciclette e macchine che passano, schivando le buche. Nelle strade laterali, la gente lavora sodo, ricostruisce, ripulisce le macerie, taglia le travi cadute. L'elettricità viene ripristinata. Lastre di vetro inserite nei telai di legno graffiati. Vita. Vittoria; tutto ciò è agrodolce, perché così tante persone sono morte; perché così tanto è stato distrutto. Ma la vita è, nonostante tutto, di nuovo vita... E speranza, tanta speranza.
Mi siedo con i miei amici, Yamen e Fida, in un classico, vecchio caffè di Damasco, chiamato L'Avana. È una vera istituzione; un luogo in cui i membri del partito Baath si incontravano, durante i vecchi e turbolenti giorni. Le fotografie del presidente Bashar al-Assad sono esposte in modo prominente.
Yamen, un educatore, ricorda come ha dovuto spostarsi da un appartamento all'altro, in diverse occasioni negli ultimi anni: "La mia famiglia viveva proprio accanto a Jobar. Tutto lì intorno stava restando distrutto. Abbiamo dovuto trasferirci. Poi, nel posto nuovo dove stavamo, stavo camminando con mio figlio piccolo quando un colpo di mortaio è caduto vicino a noi. Ho visto un edificio in fiamme. Mio figlio stava piangendo inorridito. Una donna accanto a noi urlava, cercando di buttarsi tra le fiamme: "Mio figlio è dentro, ho bisogno di mio figlio, datemi mio figlio!". In passato, non potevamo prevedere da dove e quando sarebbe arrivato il pericolo. Ho perso diversi parenti; membri della famiglia. E' successo a tutti. "
Fida, la collega di Yamen, si prende cura della sua anziana madre, ogni giorno, quando torna dal lavoro. La vita è ancora dura, ma i miei amici sono veri patrioti e questo li aiuta ad affrontare le sfide quotidiane.
Davanti a una tazza di caffè arabo forte, Fida spiega: "Ci vedi ridere e scherzare, ma nascosto dentro, quasi tutti noi soffriamo di un profondo trauma psicologico. Quello che è accaduto qui è stato duro; tutti abbiamo visto delle cose terribili e abbiamo perso i nostri cari. Tutto questo rimarrà in noi, per molti anni a venire. La Siria non ha abbastanza psicologi e psichiatri professionisti per far fronte a questi problemi. Così tante vite sono state rovinate. Sono ancora impaurita. Ogni giorno. Molte persone sono state terribilmente scosse ". "Mi dispiace per i figli di mio fratello. Sono nati durante questa crisi; anche il mio piccolo nipote ... Una volta siamo finiti sotto il fuoco di un mortaio. Lui era così spaventato! I bambini sono davvero molto colpiti! Personalmente, non ho paura di essere uccisa. Ho paura di perdere il braccio o la gamba, o di non essere in grado di portare mia madre in ospedale, se dovesse sentirsi male. Almeno la mia città natale, Safita, è sempre stata al sicuro, anche durante i peggiori giorni del conflitto ".
 "Non la mia Salamiyah", si lamenta Yamen: "A Salamiyah era semplicemente terribile. Molti villaggi hanno dovuto essere evacuati ... Molte persone sono morte lì. Ad est della città c'erano le posizioni di Al-Nusrah, mentre l'ovest era tenuto dall'ISIS ".
Sì, centinaia di migliaia di siriani sono state uccisi. Milioni di persone costrette a lasciare il paese, per sfuggire sia ai terroristi che al conflitto, nonché alla povertà, conseguenza dei combattimenti. Milioni di persone sono sfollate internamente; l'intera nazione in movimento.
Il giorno prima, dopo aver lasciato Ein-Tarma, eravamo arrivati vicino a Zamalka e Harasta. Interi vasti quartieri erano rasi al suolo o almeno terribilmente danneggiati.  Quando vedi i sobborghi orientali di Damasco, quando vedi gli edifici fantasma senza pareti e finestre, con i fori dei proiettili che punteggiano i pilastri, pensi di aver visto tutto. La distruzione è così grande; sembra che un'intera grande città sia stata fatta saltare in aria. Dicono che questo paesaggio inquietante non cambia per almeno 15 chilometri. L'incubo va avanti a lungo, senza alcuna interruzione.

Quindi sì, tendi a pensare di aver visto tutto, ma in realtà non è così. È perché non hai ancora visitato Aleppo, né Homs.
Per diversi anni ho combattuto per la Siria. Lo stavo facendo dalle periferie. Sono riuscito ad andare sulle alture del Golan occupate da Israele e a presentare resoconti sulla brutalità e il cinismo dell'occupazione. Per anni ho descritto la vita nei campi profughi e "intorno a loro". Alcuni campi erano reali, ma altri in realtà venivano utilizzati come campi di addestramento per i terroristi, che venivano successivamente infiltrati in territorio siriano dalla NATO. Una volta sono quasi scomparso mentre facevo riprese di Apayadin, una di queste "istituzioni", eretta non lontano dalla città turca di Hattay (Atakya). Io sono 'quasi' scomparso, ma in realtà altri sono morti davvero. Testimoniare ciò che l'Occidente e i suoi alleati hanno fatto alla Siria è pericoloso quanto coprire la guerra all'interno della stessa Siria.
Ho lavorato in Giordania, scrivendo sui rifugiati, ma anche sul cinismo della collaborazione giordana con l'Occidente. Ho lavorato in Iraq dove, in un campo vicino a Erbil, il popolo siriano era costretto sia dall'ONG che dallo staff delle Nazioni Unite, a "denunciare" il presidente Assad, se volevano ricevere almeno alcuni servizi di base. E, naturalmente, ho lavorato in Libano, dove sono stanziati più di un milione di siriani, spesso affrontando terribili condizioni inimmaginabili e discriminazioni (molti adesso stanno tornando indietro).
Ed ora che ero finalmente dentro, tutto sembrava in qualche modo surreale, ma mi sembrava giusto. La Siria appariva essere come mi aspettavo che fosse: eroica, coraggiosa, determinata e inconfondibilmente socialista.
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Homs. Prima di andarci, pensavo che niente potesse più sorprendermi. Ho lavorato in tutto l'Afghanistan, in Iraq, Sri Lanka, Timor Est. Ma presto mi sono reso conto che non avevo visto nulla, prima di visitare Homs.
La distruzione di diverse parti della città è così grave che assomiglia alla superficie di un altro pianeta, o un frammento di un film horror apocalittico.  La gente che si arrampica tra le rovine; una coppia di anziani che visita quello che un tempo era il loro appartamento; una scarpa da ragazza che trovo in mezzo alla strada, coperta di polvere. Una sedia in piedi nel bel mezzo di un incrocio, da cui tutte e quattro le strade portano verso orribili rovine. 
Homs è dove è iniziato il conflitto.
La mia amica Yamen mi ha spiegato, mentre guidavamo verso il centro: "Qui, i media hanno acceso l'odio; per lo più i mass media occidentali. Ma c'erano anche i canali del Golfo: Al-Jazeera, così come le stazioni televisive e radiofoniche dell'Arabia Saudita. Lo sceicco Adnan Mohammed al-Aroor appariva, due volte a settimana, in un programma televisivo mentre invitava la gente a manifestare in strada, sbattendo su pentole e padelle; di combattere contro il governo ".
Homs è il luogo in cui è iniziata la ribellione antigovernativa, nel 2011. La propaganda anti-Assad dall'estero ha presto raggiunto un crescendo. L'opposizione era sostenuta ideologicamente dall'Occidente e dai suoi alleati. Rapidamente il supporto divenne tangibile e includeva armi, munizioni e migliaia di combattenti jihadisti.
Una volta città tollerante e moderna (in un paese secolare), Homs ha iniziato a cambiare, a dividersi tra i gruppi religiosi. La divisione è stata seguita dalla radicalizzazione.
Un mio buon amico, un siriano che ora vive tra Siria e Libano, mi ha raccontato la sua storia: "Ero molto giovane quando iniziò la rivolta. Alcuni di noi avevano alcune lamentele legittime e abbiamo iniziato a protestare, sperando che le cose potessero cambiare per migliorare. Ma molti di noi si sono presto resi conto che le nostre proteste sono state letteralmente sequestrate da fuori. Volevamo una serie di cambiamenti positivi, mentre alcuni leader stranieri volevano solo rovesciare il nostro governo. Di conseguenza, ho lasciato il movimento."
Ha poi condiviso con me il suo segreto più doloroso: "In passato, Homs era una città estremamente tollerante. Sono un musulmano moderato e la mia fidanzata era una cristiana moderata. Eravamo molto uniti, ma la situazione in città stava cambiando rapidamente, dopo il 2011. Il radicalismo era in aumento. Le ho chiesto ripetutamente di coprirsi i capelli mentre attraversava i quartieri musulmani. Era una precauzione, perché stavo cominciando a vedere chiaramente cosa stava succedendo intorno a noi. Lei ha rifiutato. Un giorno, è stata colpita, in mezzo alla strada. L'hanno uccisa. La mia vita non è mai più stata la stessa."
In Occidente, si dice spesso che il governo siriano è stato almeno parzialmente responsabile della distruzione della città. Ma la logica di tali accuse è assolutamente perversa. Immaginate Stalingrado. Immaginate l'invasione straniera; un'invasione sostenuta da diverse potenze fasciste ostili. La città combatte, il governo cerca di fermare l'avanzamento delle truppe del nemico. La lotta è terribile, una lotta epica per la sopravvivenza della nazione prosegue. Di chi è la colpa? Degli invasori o delle forze governative che stanno difendendo la loro stessa patria? Qualcuno può accusare le truppe sovietiche di aver combattuto nelle strade delle loro città che erano attaccate dai nazisti tedeschi?  Forse la propaganda occidentale è capace di tali "analisi", ma sicuramente non lo è nessun essere umano razionale.    La stessa logica di Stalingrado dovrebbe applicarsi anche a Homs, ad Aleppo e a molte altre città siriane. Coprendo letteralmente dozzine di conflitti accesi dall'Occidente in tutto il mondo (e descritti in dettaglio nel mio libro di 840 pagine "Exposing Lies Of The Empire"), io non ho dubbi: la piena responsabilità della distruzione sta sulle spalle degli invasori.
Incontro la signora Hayat Awad in un antico ristorante chiamato Julia Palace. Questa era la roccaforte dei terroristi. Hanno occupato questo bellissimo posto, situato nel cuore della vecchia città di Homs. Ora, le cose stanno lentamente tornando alla vita qui, almeno in diverse zone della città. Il vecchio mercato funziona, l'università è aperta, così come molti edifici governativi ed alberghi. Ma la signora Hayat vive sia nel passato che nel futuro. La signora Hayat ha perso suo figlio, Mahmood, durante la guerra. Il suo ritratto è sempre con lei, inciso in un pendente che indossa sul petto.
"Aveva solo 21 anni, era ancora uno studente, quando decise di arruolarsi nell'esercito siriano. Mi disse che la Siria era come sua madre. Lui la amava, come amava me. Stava combattendo contro il Fronte di Al-Nusrah e la battaglia era molto dura. Alla fine della giornata mi ha chiamato, giusto per dirmi che la situazione non era buona. Nella sua ultima telefonata mi ha chiesto solo di perdonarlo. Ha detto: 'Può darsi che io non ritorni. Ti prego, perdonami. Ti amo!'". Ci sono molte madri come lei, qui a Homs, che hanno perso i loro figli?   "Sì, conosco molte donne che hanno perso i loro figli; e non solo uno, a volte due o tre. Conosco una signora che ha perso i suoi due soli figli. Questa guerra ha preso tutto di noi. Non solo i nostri figli. Do la colpa ai Paesi che hanno sostenuto le ideologie estreme iniettate in Siria; paesi come gli Stati Uniti e quelli in Europa ".
Dopo che ho finito le riprese, lei ringrazia la Russia per il suo sostegno. Ringrazia tutti i Paesi che sono stati vicino alla Siria, in quegli anni difficili. Non lontano dal Julia Palace, i lavori di ricostruzione sono in pieno svolgimento. E a pochi passi, una moschea restaurata sta riaprendo. La gente balla, celebrando. È il compleanno del profeta Mohammed. Il Governatore di Homs si incammina verso i festeggiamenti, insieme ai membri del suo governo. Non c'è quasi nessun apparato di sicurezza intorno a loro. Se l'Occidente non scatena l'ennesima ondata di terrore contro i suoi abitanti, Homs dovrebbe rimettersi proprio bene. Non subito, forse non presto, ma lo farà, con l'aiuto risoluto dei russi, cinesi, iraniani e altri compagni. La Siria stessa è forte e determinata. I suoi alleati sono potenti.
Voglio credere che gli anni più terribili siano finiti. Voglio credere che la Siria abbia già vinto. Ma so che c'è ancora Idlib, ci sono anche le sacche occupate dalle forze Turche e Occidentali. 
Non è ancora finita. I terroristi non sono stati completamente sconfitti. L'Occidente sparerà i suoi missili. Israele invierà la sua aviazione per brutalizzare il paese. E i mezzi di comunicazione di massa occidentali e del Golfo continueranno a combattere la guerra dei media, agitando e confondendo alcuni segmenti del popolo siriano.
Tuttavia, mentre esco da Homs, vedo negozi e persino boutiques che riaprono in mezzo alle macerie. Alcune persone si vestono, di nuovo elegantemente, per mostrare la loro forza; la loro determinazione a gettare il passato alle spalle e a vivere, ancora una volta, le loro vite normali....
Andre Vltchek è filosofo, romanziere, regista e giornalista investigativo. È  creatore di "Vltchek's World in Word and Images" e scrittore di diversi libri, tra cui "Revolutionary Optimism, Western Nihilism". Scrive in particolare per la rivista online "New Eastern Outlook".

mercoledì 19 settembre 2018

Si ripresenta il piano per la 'balcanizzazione' della Siria ?


Per comprendere gli eventi caotici che in questi giorni hanno spiazzato le aspettative di una ormai vicina pace per la Siria, riproponiamo alcuni articoli apparsi qualche tempo fa. Iniziamo con un articolo di F. William Engdahl (*) pubblicato nel febbraio 2016 su New Eastern Outlook. Riteniamo che valga la pena rileggerlo per comprendere, se ce ne fosse ancora bisogno, cosa soggiace alla guerra in Siria. Ce l'hanno presentata come una guerra civile degenerata per l'intromissione degli estremisti (una delle versioni), ma va ribadito che questa guerra dai risvolti geopolitici molto complicati è ben altro che un guerra di liberazione dall'oppressione di un dittatore.
  Gb.P.  OraproSiria

Fonte: New Eastern Outlook
Il piano Feltman-Bandar
Jeffrey D.Feltman ( fino a marzo 2018 sottosegretario Generale per gli Affari politici dell'ONU) è uno specialista dei trucchi sporchi del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Fu ambasciatore in Libano nel periodo dell'assassinio di Hariri nel 2005. Prima ancora Feltman prestò servizio in Iraq all'indomani dell'invasione militare statunitense. Ancor prima, fu inviato in Jugoslavia, nei primi anni '80, per svolgere un ruolo nello smembramento di quel Paese da parte di Washington. Il suo curriculum suggerisce che egli sia uno specialista di Washington nell' amata e spesso praticata arte dello smembramento di una nazione. La distruzione del regime di Bashar al Assad è la sua attuale ossessione. Non esattamente quel che dovrebbe essere un "mediatore neutrale" di pace. Infatti, nel 2008, Feltman ha scritto un piano segreto con l'ex ambasciatore saudita a Washington, il principe Bandar bin Sultan, soprannominato "Bandar Bush" da George W. Bush per i suoi intimi legami con la famiglia Bush. Quel piano Feltman-Bandar è stato rivelato in documenti interni estratti nel 2011 tra le migliaia di file di STRATFOR, la torbida consulenza di "intelligence strategica" degli Stati Uniti del Dipartimento della Difesa e dell'industria militare .
Quel programma denominato "Feltman plan", finanziato da un contributo di 2 miliardi di dollari provenienti dalle casse saudite di Bandar, descrive in dettaglio cosa è successo da quando Washington, sotto l'allora Segretario di Stato Hillary R. Clinton, ha lanciato la guerra in Siria nel marzo 2011, dopo aver distrutto la Libia di Gheddafi. Il piano Feltman-Bandar "strategicamente" dipendeva dallo sfruttamento del legittimo desiderio dei popoli di libertà, dignità e affrancamento dalla corruzione, trasformando questi desideri in una rivolta contro Assad.
Il piano Feltman-Bandar prevedeva la divisione della Siria in diversi gruppi etnici: alawiti, sunniti, sciiti, curdi, cristiani e di suddividere il paese in tre zone: grandi città, piccole città e villaggi. Da allora gli Stati Uniti e il Regno dell'Arabia Saudita più alcuni alleati selezionati, iniziarono l'addestramento segreto e il reclutamento di cinque livelli o reti di attori, controllati dalla CIA e dall'intelligence saudita, che Bandar in seguito guidò, per eseguire la distruzione o lo smembramento nazionale della Siria. Il piano delineava le cinque reti che avrebbero manipolato.
(traduzione testuale)
:
1- Il "carburante": giovani istruiti e disoccupati che devono essere collegati ma in modo decentralizzato.
2- I "teppisti": fuorilegge e criminali provenienti da aree remote, preferibilmente non siriani.
3- I "settarismi etnici": giovani con una formazione limitata che rappresentano comunità etniche che sostengono o si oppongono al presidente. Devono avere meno di 22 anni.
4- I "media": alcuni leader delle istituzioni della società civile che hanno finanziamenti europei e non americani, per nascondere il ruolo degli Stati Uniti.
5- Il "Capitale": commercianti, proprietari di società, banche e centri commerciali solo a Damasco, Aleppo e Homs .
Lo scopo di quel "piano" di Feltman-Bandar del 2008 secondo fonti ben informate era quello di riportare la Siria "all'età della pietra". Fu comandato ad ogni setta reclutata dai sauditi e dalla CIA di "commettere orribili e sanguinosi massacri contro i trasgressori. Questi crimini devono essere filmati e pubblicati sui media il prima possibile". Se vediamo le innumerevoli foto delle città, dei villaggi e delle città siriane oggi, è più o meno quello che è stato realizzato in cinque anni di guerra. Esattamente l'obiettivo del piano.
Ora, come Segretario Generale aggiunto delle Nazioni Unite per gli affari politici, non ci si può aspettare che Jeffrey Feltman, come il proverbiale gattopardo, abbia cambiato le sue posizioni. Di fatto, il Segretario Generale aggiunto delle Nazioni Unite ai colloqui di Ginevra può sabotare sapientemente qualsiasi esito positivo in termini di un cessate il fuoco in Siria in modo che si possa preparare la strada a elezioni nazionali pacifiche prive di malversazioni saudite, turche o del Qatar.
La strategia dei Sauditi: Incolpare i Russi e Assad per il fallimento dei negoziati.
A Ginevra, l'"opposizione" sostenuta dall'Arabia Saudita, la pomposa HNC, High Negotiations Committee (Alto Comitato per i Negoziati), i cui membri sono stati scelti dalla monarchia saudita come lealisti tribali sunniti, descritta dai media come "la più importante alleanza dell'opposizione" , non ha fatto altro che sconvolgere ogni tentativo, insistendo sul fatto che nessun colloquio di Ginevra può andare avanti, a meno che l'ONU non ponga fine ai "crimini" del governo siriano come pre-condizione per la loro partecipazione. Infine, il 2 febbraio, la delegazione saudita di HNC di Ginevra si è ritirata dai colloqui, di fatto annullando l'intero sforzo. La loro giustificazione era una bugia. Hanno addotto come motivazione della loro fuoriuscita il continuo bombardamento di sostegno russo per liberare Aleppo e altre città dall'assedio terrorista, incolpando la Russia e Assad per violazione del "diritto internazionale". Ovviamente non hanno specificato quale legge o diritto avessero in mente.
In particolare, Farah al-Atassi, portavoce del Comitato per le alte negoziazioni, ha accusato, in modo del tutto falso, che un'offensiva russo-siriana contro il DAESH o l'ISIS e il gruppo terroristico Al Qaeda chiamato Al Nusra Front erano il motivo del gruppo per rifiutare l'incontro: "Il nostro l'obiettivo è garantire l'immediata attuazione dei paragrafi 12 e 13 della risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite prima dell'inizio di qualsiasi negoziato. È chiaro dalla situazione attuale che il regime e i suoi alleati - in particolare la Russia - sono determinati a respingere gli sforzi delle Nazioni Unite per attuare il diritto internazionale ".
Il paragrafo 12 della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del dicembre 2015 è qui estratto: " 12. invita le parti a consentire immediatamente alle agenzie umanitarie un accesso rapido, sicuro e senza ostacoli attraverso la maggior parte delle rotte dirette, consentendo un'assistenza umanitaria immediata per raggiungere tutte le persone bisognose, in particolare in tutte le aree assediate e difficili da raggiungere ... " Questo sforzo umanitario con derrate e voli medici dell'Air Force Siriana è stato costantemente sabotato da DAESH e Al Nusra e altri gruppi terroristici legati all'Arabia Saudita. Inoltre, l'articolo 13 non dice nulla su un completo cessate il fuoco PRIMA che i colloqui di Ginevra possano persino iniziare. Il paragrafo 13 è estratto qui: "13. Esige che tutte le parti cessino immediatamente qualsiasi attacco contro civili e oggetti civili in quanto tali, compresi attacchi contro strutture e personale medico, e qualsiasi uso indiscriminato di armi, anche attraverso bombardamenti e raid aerei, accoglie con favore l'impegno dell'ISSG a pressare le parti in materia, e chiede inoltre che tutte le parti rispettino immediatamente gli obblighi previsti dal diritto internazionale, ivi compreso il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale in materia di diritti umani, come applicabile".
Ora, con la perfetta orchestrazione di Washington, il loro uomo alle Nazioni Unite, Feltman, il Principe Salman e Recep Tayyip Erdogan, la miccia sta per essere accesa su quello che si preannuncia come uno dei casi più drammatici di "smembramento nazionale" dal 1939 . Accade invece che mentre il "solo troppo intelligente" Principe Salman ed Erdogan vengono convinti dal suadente e sottile incoraggiamento di John Kerry, da Joe Biden e da quelli di Washington che danno una luce verde per invadere e prendere il controllo del petrolio e del gas dei giacimenti siriani e irakeni, vicini di casa della Turchia, con le sue immense ricchezze petrolifere di Mosul, in realtà essi stanno per cadere in un'orrenda trappola.
Questa trappola vedrà probabilmente la mappa dell'intero Medio Oriente ridisegnata fondamentalmente per la prima volta dopo l'accordo segreto britannico-francese (e russo fino alla presa del potere bolscevico nel 1917) Sykes-Picot Plan. Come nel 1916, non saranno né i cartografi né i geografi di Riyadh o Ankara a tracciare i nuovi confini. Lo faranno quelli anglo-americani, almeno questo è il piano. Sembra che noi americani in questi giorni possiamo solo organizzare guerre. In questo modo costruiamo la nostra industria con macchine di qualità, acciaio, macchine utensili.
(*) F. William Engdahl è consulente e docente di rischio strategico, ha conseguito una laurea in politica presso la Princeton University ed è un autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online "New Eastern Outlook" .

sabato 16 settembre 2017

Siria: Siamo alla fine della partita


N.E.O. 12.09.2017 , di  Tony Cartalucci*
Mentre le forze siriane raggiungono il fiume Eufrate, rompendo l'assedio della città siriana orientale di Deir ez-Zor, Damasco e i suoi alleati, insieme agli stati sponsor che alimentano la militanza che ha consumato la Siria negli ultimi 6 anni, stanno disponendo i pezzi finali nell'avvicinarsi della fine dei giochi.
Le forze siriane avevano già ripreso la città settentrionale di Aleppo e mentre continuano a proteggere il confine meridionale della Siria con la Giordania e l'Iraq ad ovest dell'Eufrate, lasciano le milizie principali sostenute da Washington, dai suoi alleati europei e dalla NATO, nonché dai suoi partner del Golfo Persico tutti ma sconfitti.
Rimane ancora la città settentrionale di Idlib. Questa è diventata la destinazione finale per i militanti mentre fuggivano o venivano evacuati con operazioni governative da altre aree contestate in Siria. La città e gran parte della provincia circostante si collegano direttamente al confine siriano-turco dove i militanti stanno ancora ricevendo forniture, armi e rinforzi dal territorio della NATO.
Ora che la natura dei militanti sponsorizzati dall'Occidente è pienamente scoperta e con le forze russe e iraniane presenti sul campo di battaglia e profondamente coinvolte nella vittoria di Damasco, è inevitabile che praticamente tutto il territorio a ovest dell'Eufrate ritornerà sotto il controllo di Damasco.
I tentativi politici di preservare Idlib come una fortezza jihadista saranno difficili, considerando la natura terroristica dei gruppi che occupano la città, compresi quelli che operano apertamente sotto la bandiera di Al Qaeda.
  [Vedi anche questo aggiornamento:    "Si sbriciola il fronte islamista in Siria: psicosi di una sconfitta a Idleb  http://m.asianews.it/index.php?art=41800&l=it ]
A est dell'Eufrate
A est dell'Eufrate si trova la città di Raqqa che adesso è campo di battaglia tra le forze Curde sostenute dagli USA e i terroristi dell'ISIS armati e finanziati dai US-Sauditi. Oltre Raqqa, un territorio molto vasto viene rivendicato e controllato da queste forze Curde, mentre l'esercito siriano continua ad occupare delle aree sotto il suo controllo in Qamishli e Al Hasakah.
Di là dell'Eufrate, a est di Deir ez-Zor, è in corso un'offensiva recentemente lanciata da combattenti Curdi dell'SDF probabilmente volta a prevenire l'attraversamento del fiume da parte delle truppe siriane.
L'agenzia Reuters in un articolo intitolato "L'esercito Siriano e le forze sostenute dagli Stati Uniti convergono sullo Stato Islamico in offensive separate", avrebbe riferito che: Le SDF (alleanza militare composta prevalentemente dai Curdi e da altre milizie arabe sostenuti dagli USA) hanno dichiarato di aver raggiunto la zona industriale di Deir ez-Zor, a poche miglia ad est della città dopo aver lanciato le operazioni in zona nei giorni scorsi. L'articolo ha anche riferito che: i progressi di domenica significano che le forze sostenute dagli Stati Uniti e l'Esercito Arabo Siriano coperto dal supporto militare russo, sono separate solo da circa 15 km di terra e dal fiume Eufrate a Deir ez-Zor.
Le forze siriane attraversando il fiume - prendendo e occupando il territorio a est dell'Eufrate - renderanno i tentativi degli Stati Uniti e delle sue proxy di balcanizzare la nazione, ancora più deboli. Con le posizioni dei governativi sparse in territorio tenuto dalle milizie Curde e con una solida posizione a Deir ez-Zor, a est dell'Eufrate, i combattenti Curdi sarebbero costretti a intraprendere una campagna pericolosa e costosa per respingere le forze siriane allo scopo di dividere la nazione. Essa richiederebbe un'assistenza militare americana diretta, rischiando un confronto diretto tra USA e l'esercito siriano e i suoi alleati russi e iraniani. Non è ancora chiaro finora quanto gli Stati Uniti siano disposti a coinvolgersi per ottenere il proprio piano B di balcanizzare la Siria.
Quali carte ci sono ancora sul tavolo?
I responsabili delle politiche statunitensi, da quando il conflitto è iniziato nel 2011, hanno cercare di dividere la Siria e ricavare "paradisi sicuri" che potrebbero essere utilizzati per perpetuare l'instabilità e tentare un cambiamento di regime a Damasco nel lungo periodo, appurato che il cambiamento immediato del regime non si è realizzato. Per gli Stati Uniti, la prospettiva di usare a questo scopo il territorio a ovest dell'Eufrate ora sembra molto improbabile. Anche i tentativi di prendersi il territorio a sud di Damasco lungo il confine siriano-giordano e siriano-iracheno sembrano falliti. Tuttavia, a est dell'Eufrate tramite le SDF, "paradisi sicuri" e permanenti sono molto più probabili. Tuttavia, la loro utilità nell'effettuare un cambiamento di regime a Damasco è trascurabile. I tentativi da parte degli Stati Uniti e dei suoi proxy di controllare nella maggior misura possibile il territorio prima della fine della partita, potrebbero anche non riuscire a materializzare i vantaggi a lungo termine.
Nonostante il il fallimento di cambiamento del regime, gli USA hanno indebolito in modo significativo la Siria. Con gran parte della Siria orientale minacciata di balcanizzazione (una regione in cui risiede gran parte della ricchezza petrolifera della Siria) il recupero socioeconomico sarà indubbiamente lungo e complicato.
Tuttavia, le zone in cui i combattenti Curdi supportati dagli USA si sono trasferiti includendo Raqqa e ora Deir ez-Zor, non sono casa per popolazioni curde. La capacità dei combattenti Curdi di sopraffare sul campo di battaglia i militanti dell'ISIS non si traduce automaticamente nella capacità di mantenere e amministrare il territorio. Nonostante gli Stati Uniti affermino che i combattenti Curdi stanno collaborando con i militanti arabi, dopo il conflitto la tenuta di questa alleanza resta tutta da verificare. Il dubbio degli USA per la "costruzione della nazione" è anche un fattore importante da considerare per quanto riguarda le proposte di divisione e controllo della Siria orientale.
Due possibilità per la Siria orientale
Gli Stati Uniti hanno solo un conflitto perpetuo da offrire ai loro alleati Curdi e Arabi nella Siria orientale: sia con il governo siriano stesso, o con la Turchia, o con conflitti etnici senza fine tra gli stessi alleati americani Curdi ed Arabi. In aggiunta, la nozione di uno Stato Curdo "indipendente", totalmente dipendente dal sostegno e dalla protezione statunitensi, è a ben vedere un paradosso. La probabilità che i Curdi della Siria finiscano per essere subordinati ai Curdi del nord dell'Iraq (supportati dagli USA) mina anche la nozione stessa di "indipendenza".
La Siria e i suoi alleati, d'altra parte, hanno un futuro più sostenibile da offrire alla minoranza Curda. È una certezza di stabilità all'interno dei confini di uno Stato Siriano unificato. Si tratta di un'offerta di protezione dall'aggressione Turca nel nord e contro l'instabilità dovuta a tensioni continue tra i Curdi filo-americani in Iraq e Baghdad nel sud-est. La Siria e i suoi alleati Russi e Iraniani sono anche in una posizione molto più forte nella regione per garantire loro un'offerta che non gli Stati Uniti, un invasore straniero.
Che cosa aspettarsi
Nelle prossime settimane e mesi, a seconda di quanto lontano l'Esercito Siriano andrà e quanto siano sostenibili le sue riconquiste prima di raggiungere i limiti della sua portata tattica e strategica, sarà stabilito per certo la fattibilità del progetto USA di balcanizzare permanentemente il Paese.
Tentativi di inserire dei cunei tra Damasco e i suoi alleati russi e iraniani sono in corso, in particolare con i raid israeliani all'interno della Siria per tentare di spostare le forze russe a vigilare sulle operazioni israeliane. L'uso di Israele come provocatore per fare pressione su Damasco e per deviare il capitale politico, finanziario e militare lontano dalle battaglie critiche, continuerà.
Sono in corso anche dei tentativi per alienare la minoranza Curda della Siria per quanto possibile, per avvelenare qualsiasi tentativo da parte di Damasco di offrire loro un futuro più attraente che non servire come agenti degli Americani nel progetto di balcanizzazione della nazione.
Infine, continuano anche i tentativi di isolare la Siria e i suoi alleati dalla comunità internazionale: in particolare con ripetute accuse sull'uso di armi chimiche. Nonostante la mancanza di successo nell'uso di questa tattica, gli Stati Uniti, attraverso l'ONU, hanno accusato più volte la Siria di utilizzare armi chimiche, con l'obiettivo di giustificare un conflitto più ampio direttamente con Damasco.
Oltre alle battaglie e alle campagne fulminee che si sviluppano sul territorio siriano, gli analisti dovrebbero aspettarsi di vedere anche manovre diplomatiche a tutto campo, avvicinandosi il finale di partita.
 *Tony Cartalucci, ricercatore e scrittore geopolitico di stanza a Bangkok, specialmente per la rivista online "New Eastern Outlook".
  (trad. Gb.P.)

domenica 3 aprile 2016

Perché diciamo NO alla partizione della Siria


 Piccole Note 
2 aprile 2016

Non esiste una «soluzione militare» alla questione dell’estremismo islamico, del quale l’Isis è la rappresentazione più mostruosa: è quanto si legge in un articolato editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 2 aprile. Che spiega come un’eventuale vittoria sul piano militare contro l’Isis non basterà a chiudere la partita: «Alla sconfitta militare dello Stato islamico dovrà accompagnarsi una conferenza di pace, presenti tutte le potenze interessate, che dia vita, sulle ceneri del vecchio Iraq e della vecchia Siria, a nuove organizzazioni statali (rispettivamente dei sunniti, degli sciiti e dei curdi) e a nuovi confini.
E sapendo comunque nella futura carta geopolitica del Medio Oriente, se si formeranno, come è probabile, Stati mono-religiosi o mono-etnici, non ci sarà spazio, purtroppo, per altre minoranze, cristiani in testa. L’Europa dovrà allora accoglierli con la necessaria generosità».

Nota a margine. Panebianco ha il dono di parlare chiaro. Quello della ripartizione di Iraq e Siria secondo confini etnici o religiosi è una vecchia idea dei neocon (ne abbiamo accennato più volte). Un progetto che avrebbe dovuto compiersi per via militare, tale il motivo del sostegno delle «potenze interessate» ai vari movimenti jihadisti che hanno portato l’orrore in Iraq e Siria (e in Europa). Si parla di Arabia Saudita, Turchia, ma anche di influenti ambiti interni a Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e altri.
 L’imprevisto intervento militare russo ha fatto fallire l’opzione militare. Ora sembra si voglia provare attraverso la via diplomatica: le stesse «potenze interessate» spingeranno in tal senso al tavolo dei negoziati, almeno questa è la tesi di Panebianco.
Invero non si capisce a cosa siano davvero «interessate» tali potenze: se al petrolio sul quale galleggiano i due Stati o all’influenza che potranno avere sui micro-stati che nasceranno da tale frammentazione. 

Ma al di là, si nota lo strano rovesciamento della dottrina neocon, un tempo basata sull’idea di esportare la democrazia a suon di bombe: nel caso specifico i principi fondanti della democrazia, ovvero il rispetto della sovranità e della volontà popolare, non sono neanche presi in considerazione.
 
Val la pena, infine, ricordare come nel dicembre del 2015, l’Onu ha votato una risoluzione  nella quale ribadiva «il suo forte impegno per la sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità territoriale della Repubblica araba siriana». C’è un modo di arginare la follia del caos ed è quello di rispettare la legalità internazionale, della quale le Nazioni Unite dovrebbero rappresentare un punto di riferimento.

Diversa e altrettanto bizzarra la soluzione prospettata per le minoranze cristiane: si prevede una loro deportazione (soft) di massa, a prescindere dalla loro volontà e da quella delle popolazioni dei futuri (ed eventuali) micro-stati nati da tale frammentazione.
 
Tra le aspirazioni dei vari movimenti jihadisti, sostenuti, finanziati e armati dalle «potenze interessate», c’era anche questa: un Medio Oriente svuotato dalla presenza cristiana.
Tra l’altro restano fuori le altre minoranze – ad esempio agli yazidi massacrati dall’Isis – escluse dal “generoso” abbraccio europeo: le mandiamo al Polo?

http://piccolenote.ilgiornale.it/27996/quale-futuro-per-iraq-e-siria

Kerry’s Plan at Balkanising Syria

.....  Ma alcuni potrebbero non comprendere appieno le implicazioni del federalismo e di come è intrinsecamente legato alla balcanizzazione. Alcuni citano il fatto che la Russia e gli Stati Uniti sono federazioni riuscite, come prova del fatto che dalla federazione non c'è nulla da temere. Tuttavia, il punto che rende queste dichiarazioni sul federalismo così pericolose è che secondo il piano Yinon i confini di una Siria federale sarebbero tracciati lungo linee confessionali, non sul ​​fatto che uno stato possa sostenere la sua popolazione. Ciò significa che una piccola quantità di persone otterrà tutte le risorse, e il resto della popolazione della Siria sarà lasciato morire di fame. Inoltre, la Russia e gli Stati Uniti sono alcune delle più grandi nazioni del mondo così che il federalismo può avere senso per loro. In contrasto, la Siria è un piccolo Stato con risorse limitate. A differenza di Stati Uniti e Russia, la Siria si trova in Medio Oriente, il che significa che l'acqua è limitata. Nonostante il fatto che la Siria è nella cosiddetta mezzaluna fertile, la Siria ha subito massicce siccità da quando la Turchia ha prosciugato  i fiumi che scorrono in Siria e Iraq. Le risorse idriche della Siria devono essere razionate tra i suoi 23 milioni di persone. In Medio Oriente, le guerre sono anche lotte per l'acqua .  Le aree che il piano Yinon intende ritagliarsi della Siria, sono le zone costiere di Latakia e della regione di Al Hasake. Si tratta di aree in cui si trovano  notevoli quantità di risorse di acqua, agricoltura e olio. L'intenzione è quella di lasciare la maggioranza della popolazione siriana senza uno sbocco sul mare e creare una situazione in cui la guerra perpetua tra siriani divisi è inevitabile.  Ironicamente i promotori del Piano Yinon cercano di dipingere il federalismo come una strada per la pace. Tuttavia, l'Iraq che è stato spinto nel federalismo nel 2005 dall'occupazione degli Stati Uniti ora è tutt'altro che pacifico.     Molto semplicemente, 'divide et impera' è il piano.

.....  http://journal-neo.org/2016/03/29/kerry-s-plan-at-balkanising-syria/