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lunedì 24 novembre 2014

Intervista (da non perdere) al Gran Mufti di Siria

«Occidente, non tradire il mio popolo»

Lo Stato islamico e il jihad, i cristiani e i musulmani, lo Stato e la religione, il regime di Assad e i ribelli, papa Francesco e Obama.


Intervista a Ahmad Badreddine Hassoun, massima autorità sunnita del paese

di Rodolfo Casadei e Samaan Daoud

TEMPI, 23 novembre 2014

Generalmente gli esponenti della società civile che parlano da Damasco non vengono presi in considerazione in Occidente, perché sono etichettati come portavoce del regime di Bashar el Assad. La voce di Ahmad Badreddine Hassoun, Gran Muftì di Siria dal 2005, merita un ascolto molto più serio per almeno due motivi. Il primo è che si tratta della più alta autorità religiosa sunnita in Siria: se avesse defezionato nei primi tempi della protesta, sarebbe stato accolto con tutti gli onori dall’opposizione e soprattutto dai suoi sponsor nei paesi del Golfo, che gli avrebbero fatto ponti d’oro. Il secondo è che tre anni fa un figlio di Hassoun è stato assassinato per punire il padre per le sue posizioni filogovernative, ma il Gran Muftì non ha invocato vendetta, anzi ha perdonato gli assassini e non ha mai smesso di perorare una soluzione pacifica della crisi. L’intervista con lui comincia proprio da quella tragica vicenda.

«Ho perdonato chi ha ucciso mio figlio non solo davanti ai media, ma di persona», dice a Tempi Hassoun. «Ho parlato con due degli arrestati e ho detto loro: “Se potessi, vi riporterei adesso a casa vostra”. Ma erano accusati anche di altri omicidi, non potevo intercedere per loro. Gli ho detto: “Quando sarete in Cielo e incontrerete Sariah, mio figlio, lì sarete giudicati dal grande Giudice, e il suo giudizio è più grande di quello di chiunque di noi. Per quello che mi riguarda, vorrei portarvi a casa vostra, perché non voglio che altre madri piangano come ha pianto la mamma di Sariah”. Ho perdonato loro con un’unica condizione: che si impegnassero a deporre le armi e a fermare le uccisioni. Io piango non solo per la perdita di mio figlio, ma per tutte le vittime».

Non accetta di essere considerato una marionetta del governo. «Io non rappresento il potere politico in Siria. Sono il Grande Muftì della Republica araba siriana, e questo significa che sono al servizio del popolo siriano: non del governo o del presidente Bashar el Assad. Sono il Muftì di tutti: cristiani e musulmani, comunisti ed atei. È mia responsabilità servire tutti senza guardare alla loro appartenenza politica e religiosa: forse questa cosa in Europa si fa fatica a capirla. Così quando mi chiedono: “Perché non lasci la Siria? Tu puoi farlo”, io rispondo: “Tanti emiri mi hanno invitato a lasciare il paese e mi hanno offerto ospitalità nei loro grandi palazzi, ma questo contraddirebbe la mia missione”. Per questo motivo l’opposizione siriana che vive all’estero mi ha insultato; benché mi conoscano bene, mi accusano di partigianeria perché non ho lasciato la Siria. Allora dico questo per chi non lo sa: io sono stato cacciato sei volte, fra il 1970 e il 2000, dal mio incarico di predicatore perché nei miei sermoni del venerdì criticavo il governo, e nonostante le vessazioni che da questo mi sono derivate non ho lasciato il paese. I religiosi non devono fare parte di nessun partito politico, il loro unico dovere è di rappresentare la vera fede».

Il compito del religioso
Hassoun è sempre stato un sostenitore della separazione fra politica e religione, ben prima che in Siria scoppiasse la guerra. «Il compito del religioso è di portare il messaggio celeste al popolo, e non di servire il governo o l’opposizione. Il suo compito è di riformare sia il governo che l’opposizione, perché né Cristo, né Maometto, né Mosè hanno creato degli stati, ma hanno forgiato degli uomini; e gli uomini, facendo leva sulla virtù e sulla morale, costruiscono lo Stato. Perciò lo Stato è un’opera umana, mentre la religione è opera di Dio. La differenza tra le due realtà sta anche nel fatto che nello Stato c’è un sistema di leggi che tutti devono seguire, e ciascuno è giudicato secondo il suo comportamento e non secondo le sue intenzioni. Invece la religione è fede, moralità e virtù fondate sull’amore e sulla libertà di scelta. Per lo Stato siamo costretti a obbedire alle leggi, che lo vogliamo o no; mentre quando entro in una moschea o in una chiesa lo faccio per amore. I profeti non hanno obbligato nessuno a credere nelle loro parole, invece i re e gli altri governanti costringono la gente a obbedire alle leggi. Noi dobbiamo seguire le leggi degli Stati in cui viviamo, ma nessuno può imporre qualsiasi tipo di fede, perché la fede è una relazione tra me e Dio. Perciò non bisogna creare dei partiti a denominazione religiosa, farsi scudo in politica col nome di Dio. Questo vale anche per gli Stati, perché essi sono stati creati da persone e non da Dio, al contrario delle religioni».

«In forza di questa distinzione fra la religione e la politica, un leader religioso non sarà mai contro o a favore di un sistema politico, ma semmai a favore o contro la morale che emerge dagli atti del governo. Cioè se in un regime c’è ingiustizia, il religioso lo deve denunciare, e se il regime fa il bene, lo deve riconoscere. Questo vale anche per l’opposizione».

Hassoun afferma di avere cercato di dialogare con l’opposizione, ma inutilmente. «A suo tempo ho invitato l’opposizione esterna a venire in Siria per parlare e dialogare col regime, dicendo a loro: “Se il regime non vi ascolterà, io starò dalla vostra parte”. Ma loro non hanno accettato. La Siria è diversa da tutti gli altri paesi arabi perché il regime è laico, mentre ci sono Stati che vogliono imporre a noi un sistema politico religioso settario. Qui è il nodo del problema Siria, che tanti fingono di non capire. Se Bashar el Assad avesse cercato di imporre un sistema religioso settario al paese, io mi sarei opposto e gli avrei chiesto di rinunciare. Ma non con le armi. Io non alzo le armi in faccia a nessuno, né contro il presidente, né contro l’opposizione, perché credo nel dialogo. Ricorrere alle armi è segno che non stai sostenendo una giusta causa, che non sei in grado di convincere l’altro. Per questo ho sempre chiesto: fate del Medio Oriente una zona smilitarizzata, perché è la terra della fede, e da tutto il mondo arrivano pellegrini a visitare la Palestina. Se pretendiamo di fare uno Stato musulmano, oppure cristiano, oppure ebraico, chiudiamo le porte in faccia agli altri. Dio ha riunito le tre religioni monoteiste a Gerusalemme per farci capire che Lui è uno solo e la fede è una sola. Il musulmano che prega nella moschea di al Aqsa, il cristiano nella chiesa della Natività, e l’ebreo davanti al Muro del pianto, tutti quanti pregano lo stesso Dio. Per cui è una vergogna che ci siano dei politici e dei religiosi che dividono la gente creando partiti settari religiosi ed etnici».

Il Gran Muftì sottolinea con forza la sua concezione umanista delle fedi religiose: «Le religioni monoteiste devono sempre chiedersi se stanno agendo per conto del potere oppure per conto di Dio. Se operano all’ombra di Dio, allora non dovrebbe esserci nessun tipo di disaccordo tra me e il Papa, tra me e il leader di un’altra religione monoteista, perché la nostra missione è la stessa: affermare la santità di Dio, difendere la dignità dell’uomo. Chi insulta la dignità dell’uomo insulta la santità di Dio, perché l’uomo è stato creato da Lui. Quando ho parlato davanti al Parlamento europeo nel 2004, ho detto: “Se vedessi la distruzione della pietra nera alla Mecca, o della moschea di al Aqsa a Gerusalemme, o della chiesa della Natività a Betlemme, o del Muro del pianto, per me sarebbe meno doloroso che vedere un bambino che viene ucciso. La moschea di al Aqsa e la chiesa della Natività sono state costruite da noi e se vengono distrutte le rifaremo più belle. Ma se viene ucciso un bambino, chi può ridargli la vita?”. Costruire l’uomo è molto più santo che costruire una chiesa o una moschea. Dio non è prigioniero dentro le nostre chiese e le nostre moschee. Ed è per tutti, non solo per i cristiani o i musulmani».

L’ammirazione per il Papa
Il Gran Muftì ammira papa Francesco per il suo stile evangelico, ed esprime dispiacere per non averlo potuto ancora incontrare, né a Roma né a Damasco. «Ho invitato il Santo Padre a visitare la Siria e ho chiesto di poterlo incontrare in Vaticano. Finora non è stato possibile, e io so che questo dipende anche dalle pressioni di chi mi descrive come un rappresentante del potere. Ma io rinnovo il mio invito e dico al Papa: “Santità, non si lasci strumentalizzare dalla politica, lei che è la guida nell’amore in tutto il mondo, lei che ha infranto tutti i protocolli che allontanavano il Papa dalla gente, venga a incontrare cristiani, musulmani ed ebrei. Forse il nostro incontro permetterà di mettere fine a questa strage, al sangue che viene versato in nome della religione, senza colpa della religione”».

Per quanto riguarda la politica internazionale, Hassoun si iscrive fra i delusi della presidenza Obama. Che è tornato a parlare della necessità di provocare un regime change a Damasco come condizione per sconfiggere l’Isil. «Ciò che è successo nelle ultime due elezioni presidenziali negli Stati Uniti, mi ha molto colpito: il popolo americano ha scelto un presidente di origine africana e il cui padre era un musulmano; gli elettori hanno scelto un uomo non sulla base delle sue origini, ma delle sue qualità: Obama ha studiato legge, è laureato in diritto. Ma la seconda sorpresa è stata negativa: questo presidente non ha fatto niente per la pace, anzi ha continuato le guerre che aveva iniziato il suo predecessore G. W. Bush. Non ha mantenuto la promessa di chiudere la prigione di Guantanamo. Allora mi chiedo: Obama ha veramente il potere di prendere certe decisioni? La sua intelligence lo sta ingannando? La verità è che oggi il mondo non è più sotto il controllo dei leader politici o di quelli religiosi. Stiamo assistendo alla nascita di un’alleanza internazionale, di portata globale, che riunisce politici di governo ed estremisti religiosi. Ma il loro progetto fallirà, per la reazione dell’umanità che ne sta prendendo coscienza».



La profezia inascoltata
«Spesso invito i membri del Congresso americano e i rettori delle loro università a venire in Siria, ma la loro risposta è sempre la stessa: “Verremo solo quando il regime sarà caduto”. Non mi sembra giusto: vogliono la caduta di un presidente che il popolo siriano non vuole cacciare. Se la maggioranza della gente avesse voluto far cadere il presidente, vi garantisco che lo avrebbe fatto nel giro di una settimana. Come lo hanno fatto in Tunisia e in Egitto. Deve essere chiaro a tutti: il popolo siriano fino ad oggi non vuole far cadere il presidente. Avete presente il Daesh (la sigla araba dell’Isil, ndr) e i suoi combattenti jihadisti? Da circa due anni è attivo in Siria e il nostro esercito lo combatte. Ora anche una coalizione militare di 40 nazioni, guidata dall’America, lo sta combattendo, e ha dichiarato che per vincere ci vorranno dai 3 ai 10 anni. Intanto la Siria è riuscita a resistere per due anni non solo all’Isil, ma a Jabhat al Nusra, al Libero esercito siriano, al Fronte islamico e a decine di altri gruppi armati, sostenuti e finanziati anche dagli americani e dall’Europa! Come abbiamo fatto? Grazie al popolo. Senza la resistenza del popolo l’esercito siriano sarebbe finito a pezzi, la Siria si sarebbe divisa su base settaria e i siriani si sarebbero uccisi tutti fra loro. Questa guerra che c’è in Siria non è una guerra civile di religione: venite a vedere con i vostri occhi dove vivono gli sfollati siriani. Cristiani e musulmani, sunniti e alawiti, vivono insieme sotto lo stesso tetto. Gli sfollati sunniti che vengono da Hama e da Homs vivono fra gli alawiti e i cristiani a Lattakia, Tartus, Damasco».

«Questa è la vera Siria, e se il presidente Obama non la conosce sono disposto ad andare in America e parlare davanti al Congresso per spiegarla insieme ai leader religiosi cristiani siriani. Quando tre anni fa fu ucciso mio figlio, davanti a tutto il mondo dissi: “Vi prego, non appiccate l’incendio in Siria, perché questo fuoco si estenderà a tutto il mondo. Si sveglieranno anche le cellule dormienti che sono in America e in Europa”. Solamente oggi cominciano a credermi».

http://www.tempi.it/occidente-non-tradire-il-mio-popolo-intervista-esclusiva-al-gran-mufti-di-siria#.VHJMrmB0wqQ

sabato 24 agosto 2013

Due appelli a Papa Francesco

  Il patriarca Bechara Raï: guerre in Medio Oriente, i cristiani pagano il prezzo più alto

 "Papa Francesco è il solo uomo a parlare di Pace. Solo la Santa Sede può mettere fine a una tale tragedia"




Radio Vaticana - 23-08-13

La situazione in Medio Oriente sta di giorno in giorno diventando sempre più critica: il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti,  nell'intervista rilasciata a Manuella Affejee  http://media01.radiovaticana.va/audio/ra/00387136.RM

R. –  Vede, tutto quello che succede in Medio Oriente – sia in Egitto, sia in Siria, sia in Iraq – è una guerra che ha due dimensioni. In Iraq e in Siria, la guerra è tra sunniti e sciiti; in Egitto la guerra è tra fondamentalisti, tra cui i Fratelli musulmani, e i moderati. Sono guerre senza fine ma – mi dispiace di doverlo dire – ci sono dei Paesi, soprattutto occidentali, ma anche dell’Oriente, che stanno fomentando tutti questi conflitti. Bisogna trovare una soluzione a tutti questi problemi. Noi cristiani, da 1400 anni stiamo vivendo insieme ai musulmani, e abbiamo veicolato in queste terre valori umani, morali, i valori della multi-confessionalità, della pluralità, della modernità … Grazie alla presenza di noi cristiani, nella nostra vita quotidiana in tutti questi Paesi arabi abbiamo creato una certa moderazione nel mondo musulmano. Oggi assistiamo alla distruzione totale di tutto quello che i cristiani hanno costruito nel corso di 1400 anni. E, al contempo, i cristiani pagano per queste guerre tra sunniti e sciiti e tra moderati e fondamentalisti, per quanto riguarda l’Egitto.

D. – La minoranza cristiana in Egitto sta pagando un prezzo alto nell’attuale situazione …

R. –  Come sempre, quando si verifica il caos o quando c’è una guerra, in generale i musulmani si scatenano contro i cristiani, come se i cristiani fossero sempre il capro espiatorio. Mi dispiace, ma in Egitto sono stati i Fratelli musulmani che hanno attaccato le chiese dei copti e i copti stessi … Purtroppo, questa è la mentalità di certi musulmani: ogni volta che c’è una situazione di caos, si attaccano i cristiani senza nemmeno sapere perché! La stessa cosa è successa anche in Iraq, e sta succedendo in Siria e ora in Egitto. Loro non sanno perché attaccano i cristiani, ma è così. Quello che i cristiani chiedono, nel mondo arabo, è la sicurezza e la stabilità: tutto qui.

D. – I Fratelli musulmani giustificano le loro aggressioni nei riguardi dei cristiani accusandoli di avere sostenuto apertamente il rovesciamento di Morsi …

R. –  In tutto il mondo arabo, i cristiani sono dalla parte delle istituzioni, rispettano il Paese in cui vivono, le autorità e la Costituzione. E’ risaputo che in Egitto i Fratelli musulmani in un anno hanno fatto un passo indietro con l’intenzione di applicare la Sharìa, mentre il popolo egiziano reclamava riforme in campo politico. Tutte le manifestazioni popolari avevano come scopo la richiesta di riforme politiche, il che significava muoversi nella direzione della democrazia. E come al solito l’Occidente – non ho il titolo per fare il nome delle Nazioni specifiche – ha dato il suo contributo sotto forma di miliardi di dollari ai Fratelli musulmani, perché arrivassero al potere. Una volta ottenuto il potere, hanno iniziato ad applicare la Sharìa, la legge islamica, cioè hanno fatto marcia indietro. Certamente, i cristiani sono contrari a questo: i cristiani vogliono un Egitto riformato, democratico, un Egitto che sappia rispettare i diritti umani. Sono sempre leali con lo Stato e le istituzioni …

D. – Quali sono le sue previsioni per il futuro del Medio Oriente?

R. – Secondo la comprensione dei fatti del giorno, che noi viviamo, c’è un determinato progetto di distruzione del mondo arabo per interessi politici ed economici. C’è anche il progetto di acuire quanto più possibile i conflitti inter-confessionali nel mondo musulmano, tra sunniti e sciiti. Quindi, il progetto c’è, ed è un progetto di distruzione del Medio Oriente. Purtroppo, questa politica viene dall’esterno. Io ho scritto già due volte al Santo Padre per spiegargli quello che sta succedendo e gli ho raccontato tutta la verità oggettiva. Purtroppo, lo scopo è la distruzione del mondo arabo, e chi paga sono i cristiani. In Iraq su un milione e mezzo di cristiani ne abbiamo perso un milione, nel silenzio totale della comunità internazionale.

Il Gran Muftì al Papa: "Vieni in Siria a portare la pace"

«Vorrei tanto parlare con Papa Francesco perché lui è un uomo del popolo e non un uomo di potere. Vorrei esortarlo a venire qui in Siria. Ed anche in Egitto, Giordania e Palestina. Vorrei chiedergli d'incontrare i mufti musulmani, le autorità cristiane e quelle ebraiche per cercare una soluzione alle guerra che ci divide. Noi musulmani e voi cristiani abbiamo costruito moschee e chiese. Ma ora bisogna uscire da moschee e chiese per ascoltare la voce del popolo. Per questo Papa Francesco potrebbe aiutarci a metter fine alle guerre».



È la massima autorità religiosa del Paese, gli hanno ucciso un figlio. E a Papa Francesco dice: "Facciamo finire le guerre"

Il Giornale, 05/08/2013 
di Gian Micalessin



Il gran Muftì di Siria Ahmad Badreddin Hassoun la guerra la conosce bene. Ha 64 anni, da 13 è il gran Muftì di Siria. Due anni fa - dopo aver dichiarato di appoggiare il regime - ha sopportato l'uccisione del figlio 22enne freddato per vendetta alle porte di Aleppo. Eppure non ha mai esortato all'odio o alla vendetta. «Ho sempre spiegato - racconta in questa intervista a Il Giornale – che se Maometto avesse chiesto di uccidere non sarebbe stato un Profeta del Signore. Sono stato criticato da molti intellettuali musulmani, ma la verità è questa. Il Profeta a chi gli chiedeva di punire con la morte gli assassini ha sempre risposto che sarà Dio a condannarli per le sue colpe. Per questo ho perdonato chi ha ucciso mio figlio. E chiedo a tutti quelli che subiscono la stessa tragedia di fare lo stesso».
Lei però appoggia un governo accusato di massacrare il suo popolo...
«Se la Siria avesse fatto pace con Israele oggi sarebbe considerata il miglior paese del medio Oriente. Ho sempre ripetuto ad America e Israele fate la pace invece di raccontare bugie».
Le accuse arrivano anche dall'Europa..
«Nel 2008 il Parlamento europeo mi invitò a Bruxelles. Quando ho chiesto di mandare una delegazione a vedere quel che succede in Siria mi hanno risposto che verranno solo quando andrà via Assad. Com'è possibile accettare questi diktat da chi sta lontano e rifiuta di vedere la verità? Sono pronto a venire da voi e incontrare tutti i membri dell'opposizione. Il grande crimine dell'Europa è tagliare i canali diplomatici con la Siria, nascondere la vera immagine di questa guerra. L'ambasciatore francese all'inizio del caos cercò di farlo, ma Parigi gli ricordò che era l'ambasciatore di Francia non della Siria».
Perché credervi?
«Avete visto cos'è successo in Iraq? C'era un Saddam Hussein e adesso ne avete trenta. In Tunisia c'era un presidente e ora c'è il caos. In Libia avete fatto fuori Gheddafi e ve ne ritrovate altri cento. L'Egitto è ormai fuori controllo. Volete succeda anche in Siria? Se qui sorge uno stato islamico la guerra arriverà al cuore dell'Europa».
In Medio Oriente si temono nuovi attacchi di Al Qaida. Perché tanto odio per l'Occidente.
«Il problema è l'America. Guardate le manifestazioni a favore dei Fratelli Musulmani e dei militari in Egitto. Il punto comune è l'odio di entrambi per gli Usa. Al Qaida e queste minacce sono figlie degli stessi errori. L'America ha creato i talebani e loro hanno creato Al Qaida».
Tra le grinfie di Al Qaida è finito anche Paolo Dall'Oglio un prete italiano molto conosciuto qui in Siria….
«Mi auguro torni in Italia vivo. Paolo lo conosco bene, si è messo nei guai perché si è spinto in una terra senza legge. Dio insegna ad entrare nelle case dalla porta. Lui ci è entrato da dietro. Quando è arrivato in Siria l'ho accolto come un fratello, non come uno straniero. L'ho difeso dalle accuse della stessa chiesa cattolica siriana. Ma quando l'ho visto camminare con i ribelli ho capito che lui non aveva una vera vocazione di pace. Provo molta più angoscia per la sorte del vescovo siriaco Yohanna Ibrahim e di quello greco ortodosso Boulos Yazij rapiti da Al Qaida ad aprile. Loro cercavano veramente la riconciliazione».
In Siria è scomparso anche il giornalista Domenico Quirico entrato nel paese con i ribelli….
«Queste cose succedono perché i vostri mezzi d'informazione si fanno suggestionare dalla propaganda».
Dall'Europa sono partiti 600 volontari musulmani venuti a combattere contro il regime che lei difende….
«Lo so. E so che tra loro c'era anche un giovane italiano è morto da queste parti. A tutti questi musulmani vorrei dire di non svendere il proprio cervello. La nostra religione insegna la pace, non la guerra. A questi giovani chiedo di studiare bene il Corano e di non credere a chi li esorta a combattere all'estero. Un buon musulmano viaggia per costruire la pace non per combattere».
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Il Gran Muftì è la massima autorità religiosa dei sunniti di Siria. Emette pareri legali ed editti, fatwa ed interpretazioni della legge islamica se richiesto dai privati o dai giudici nell'ambito di un contenzioso. Le opinioni raccolte dal Gran Mufti servono come fonte d'informazione sull'applicazione pratica della legge islamica. Ahmad Badreddin Hassoun ricopre la carica dal luglio 2005. Invitato prima della guerra civile a numerosi incontri interreligiosi ha sempre sostenuto la necessità del dialogo tra le fedi. Ha sempre difeso il regime e sconfessato come musulmani appoggiati e pagati dall'estero i ribelli che combattono contro il governo.

http://www.ilgiornale.it/news/esteri/gran-muft-papa-vieni-siria-portare-pace-chi-ha-sconfessato-i-941258.html

Gran Muftì di Siria: il Profeta condanna chi uccide. 

Intervista a Ahmad Badreddin Hassoun, esclusiva Rainews24