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martedì 22 settembre 2020

Taybet Al Imame et le drame de l'immense patrimoine de la Syrie

Les mosaïques de l'Église des Saints Martyrs (Achevée en 442) 
A Taybet Al-Imam, à Hama, au centre-nord de la Syrie

C'est l'un des plus grands pavements d'église en mosaïque découverts en Syrie (600 m²). 

La Syrie fut une des terres d’élection du mysticisme des premiers siècles du christianisme. On y découvre beaucoup de mosaïques qui couvraient le sol des églises, aujourd’hui en ruines. La représentation en mosaïque des scènes de de la Bible était considérée comme un des meilleurs moyens de catéchiser. 

Les mosaïques syriennes révèlent la complexité de l’interaction entre les deux mondes ; le temporel et le spirituel. Avec une spontanéité dans l’expression, la mosaïque orientale, se démarque de la rigueur des canons byzantins et s’en affranchit. C'est une catéchèse visuelle offerte aux catéchumènes et aux assemblées en prière.

Nous pouvons en admirer plusieurs scènes très instructrices sur l’histoire du Salut et l’histoire de l’église locale. Cette séquence représente l'arrivée à l'église des reliques des martyrs, transportés dans un reliquaire en pierre par deux mules. 

Cette autre séquence, située dans la partie orientale de la mosaïque, représente le « Paradis » promis par Dieu aux « fidèles croyants ». C’est le lieu de la paix éternelle qui est symbolisé par les deux villes de Jérusalem et de Bethléem, comme cela est relaté et décrit dans le livre de l’Apocalypse dans l’Evangile. Bethlehem symbolise la nativité et Jérusalem symbolise la mort et la résurrection de notre Sauveur Jésus-Christ. 

Les inscriptions en grec (Ci-dessus), mentionnent les fleuves du paradis Ghéon, Phison, le Tigre et l’Euphrate. C'est « l'eau vive de la vie éternelle » qui coule, qui nous désaltère et qui abreuve notre foi chrétienne. Celle-ci « se communique, se répand et se propage » par la Charité fraternelle et le témoignage. 


L'Aigle symbolise le Christ glorifié et éternel perché en haut du « mont du Paradis ». 


Au centre du pavement est représenté "l'Agneau de Dieu" qui enlève les péchés du monde, sous une lanterne qui éclaire autour d’elle. 


Le phœnix, symbole emprunté à la mythologie égyptienne et phénicienne, vit sur « plusieurs siècles », meurt et devient cendres. Il s’anéantit et se consume en cendres avant de renaitre de ses propres cendres. Sa renaissance, en beauté et en luminosité, évoque la résurrection du Christ. Le passage de la mort terrestre vers la vie céleste et éternelle s’actualise en chaque baptisé qui reçoit le Corps et le Sang du Christ (Le calice du Sang précieux au milieu de la croix). Par cette Communion et cette participation à la vie, la mort et la résurrection du Christ, le baptisé entre dans la vie éternelle. 


Nous retrouvons, ci-dessus, le symbole du poisson. C’est le ICTHUS – ΙΧΘΥΣ ; mot grec signifiant poisson. Au début du christianisme, ce symbole était utilisé par les chrétiens pour se reconnaître entre eux. ICTHUS est composé des initiales des cinq mots grecs : «Ièsous Christos Theou Uios Sôter» = « Jésus Christ Fils du Dieu Sauveur ».  L'église de St Siméon le Stylite le syrien qui est représentée en forme de croix. 


En novembre 2013, ces précieuses mosaïques ont été malheureusement détruites par les bandes armées agissant sur le territoire de la Syrie et la grande Basilique de Saint Siméon le Stylite (VIème siècle) est devenue un champ d’entrainement des femmes djihadistes. 

3.000 ans de civilisation, 3.000 ans d’histoire.  C’est ce que représentait le temple d’Aïn Dara pour les Syriens et les historiens. Ces 3.000 ans se sont effondrés suite à une frappe aérienne de l’armée turque, fin janvier 2018, qui cherche à reprendre le contrôle sur la région d’Afrine tenue par les Kurdes. 

Quand s’arrêtera cette folie meurtrière destructrice de l’homme, des communautés humaines et du patrimoine civilisationnel commun à notre humanité ? 

CLAUDE ZEREZ

Versione Italiana : https://oraprosiria.blogspot.com/2018/03/siria-i-tesori-perduti.html

giovedì 2 gennaio 2020

Viaggio ad Aleppo: la situazione attuale vista da Claude Zerez


Ho trascorso 18 giorni ad Aleppo a novembre. Ho incontrato vescovi, sacerdoti, famiglie e leader religiosi e umanitari.
Posso descrivere la situazione come l'ho vista:
  • La situazione delle nostre famiglie cristiane è drammatica: si soffre la mancanza di gas tanto che per avere una bombola di gas si resta ad aspettare in strada dalla sera alle 18:00 fino alle 10 del mattino seguente. Carenza di olio combustibile: ogni famiglia ha diritto a 100 litri e molti non l'hanno ricevuto. Carenza di pane: certi giorni devi rimanere in coda 5 ore per comprare il pane. Caduta della sterlina siriana a causa della crisi in Libano: prima della guerra 1 € era equivalente a 60 sterline siriane oggi ha superato le 1025 sterline siriane. Gli stipendi finora non sono cambiati troppo: lo stipendio medio di un dipendente è di 35.000 sterline siriane. Il chilo di carne costa 8.000 Lire Siriane. per vivere ogni famiglia ha bisogno di oltre 250.000 L.S. al mese. La maggior parte delle organizzazioni benefiche (Caritas, Oeuvre d'Orient ...) non possono più aiutare perché i loro soldi sono bloccati nelle banche libanesi. E senza dimenticare le sanzioni.
  • Un grosso problema collettivo colpisce la società siriana a causa della fuga dei giovani soprattutto per sottrarsi al servizio militare che dura più di 9 anni e inoltre tutti gli uomini anche sposati dai 18 ai 42 anni devono tornare al servizio come riservisti. Questo ha creato un altro problema sociale perchè abbiamo troppe ragazze e matrimoni molto rari, senza dimenticare i tristi casi in cui le nostre ragazze si prostituiscono per sopravvivere. Non possiamo tacere la grande corruzione di certi funzionari, commercianti …
  • Gran parte dei vescovi ha interrotto gli aiuti mensili alle famiglie. Le famiglie cristiane e musulmane si interrogano sul fatto che si stanno spendendo ingenti somme per ripristinare i luoghi di culto quando le famiglie non sanno come sopravvivere. La chiesa delle anime non è più importante della chiesa di pietra?
  • Ma bisogna altresì riconoscere che ci sono associazioni come i Maristi Blu e i Vescovi che coprono i costi di operazioni e medicine. Allo stesso modo sono fioriti gemellaggi tra le parrocchie italiane e francesi con le parrocchie di Aleppo, tra cui Padre Alessandro italiano e Padre Bruno francese, che inviano aiuti alle parrocchie armene e melkite; e giungono aiuti da russi e armeni agli ortodossi … 
  • La situazione politica è molto cupa e complicata soprattutto nel nord, dove turchi, iraniani, russi, americani, francesi si affrontano per il petrolio, senza dimenticare il ruolo dei paesi del Golfo che ancora finanziano le armi. E come dimenticare le 420.000 vittime e lo sfollamento di 14 milioni di siriani?
  • Considerando tutto questo, temo che un giorno i cristiani avranno lo stesso destino degli ebrei siriani, vale a dire che spariranno. Prima della guerra Aleppo aveva più di 150.000 fedeli cristiani, oggi non supera i 28.000 cristiani. Ciò farà scomparire questa peculiare convivenza islamo-cristiana. I cristiani d'Oriente sono rimasti per secoli un ponte di convivialità e dialogo con le varie comunità confessionali ed etniche ... Questa esperienza può essere un modello da applicare in Europa nei conflitti sociali e culturali con i musulmani in Europa. 
  • Ciò che mi ha profondamente toccato è stata la fede dei nostri cristiani che è cresciuta molto e si vede dal fatto che le chiese sono piene. Grande povertà e grande spiritualità. Così i sacerdoti lavorano intensamente con i loro parrocchiani: ne ho visto un esempio commovente nella creazione nella parrocchia di San Dimitri di un laboratorio per paramenti sacerdotali dove lavorano donne vedove. Allo stesso modo ho incontrato giovani volontari che collaborano con i sacerdoti in tutte le aree. Sono stato commosso nel vedere incontri cristiani e musulmani per celebrare insieme il Natale ovunque ad Aleppo e in Siria, con le corali di Damasco, Aleppo, Homs, la Valle dei Cristiani e dei siriaci nel Nord a Qamichli e Hassakè …
  • Sono stato anche commosso nel rivedere i miei vecchi amici musulmani che mi hanno implorato di tornare in Siria perché ribadivano che noi siamo il vero volto della Siria di tolleranza e storia vissuta per millenni.
Prima di finire invito tutti i nostri cristiani in Europa a pregare per i loro confratelli cristiani in Oriente e a non dimenticare le loro radici cristiane; vi chiedo di non scordare le parole di Papa Giovanni Paolo II: "la Chiesa ha un cuore con due polmoni: la Chiesa orientale e la Chiesa occidentale ". Se un polmone muore la Chiesa diventa menomata.

Buon Natale e Felice Anno Nuovo 2020
Claude Zerez  
    cristiano siriano di Aleppo rifugiato in Francia con la moglie e i due figli

lunedì 12 marzo 2018

Siria, i tesori perduti

I mosaici della Chiesa dei Santi Martiri (completata nel 442) in Taybet Al-Imam, Hama, nella Siria centro-settentrionale.

Si tratta di una delle più estese pavimentazioni a mosaico di una chiesa tra quelle scoperte in Siria (600 m²).

di Claude Zerez

La Siria fu una delle terre d'elezione per il misticismo dei primi secoli del cristianesimo. Vi si sono scoperti molti mosaici che coprivano il pavimento delle chiese, ora in rovina. La rappresentazione a mosaico di scene della Bibbia era considerato uno dei modi migliori per catechizzare. 
I mosaici siriani rivelano la complessità dell'interazione tra i due mondi: il temporale e lo spirituale. Con una spontaneità espressiva, il mosaico orientale si distingue dal rigore dei canoni bizantini e si libera da essi. È una catechesi visiva offerta ai catecumeni e alle assemblee in preghiera. Possiamo ammirare diverse scene altamente istruttive sulla storia della Salvezza e sulla storia della chiesa locale.

Questa sequenza rappresenta l'arrivo alla chiesa delle reliquie dei martiri, trasportate da due muli in un reliquiario di pietra.


















Quest'altra sequenza, situata nella parte orientale del mosaico, rappresenta il "Paradiso" promesso da Dio ai "fedeli credenti".
 È il luogo della pace eterna, simboleggiato dalle due città di Gerusalemme e di Betlemme, come raccontato e descritto nel libro dell'Apocalisse e nel Vangelo. Betlemme simboleggia la natività e Gerusalemme simboleggia la morte e la risurrezione del nostro Salvatore Gesù Cristo.

Le iscrizioni in greco (qui sotto), menzionano i fiumi del paradiso Ghéon, Phison, il Tigri e l'Eufrate. È "l'acqua viva della vita eterna" che scorre, placa la nostra sete e abbevera la nostra fede cristiana. Questa "Si comunica, si diffonde e si propaga" attraverso la carità fraterna e la testimonianza. 
L'Aquila simboleggia il Cristo glorificato ed eterno appollaiato in cima al "Monte del Paradiso".




Al centro del pavimento è rappresentato "l'Agnello di Dio" che toglie i peccati del mondo, sotto una lanterna che fa luce attorno a sè. 





La fenice, simbolo mutuato dalla mitologia egizia e fenicia, vive in "diversi secoli", muore e diventa cenere. È annientata e si trasforma in cenere prima di rinascere dalle sue stesse ceneri. La sua rinascita, in bellezza e luminosità, evoca la risurrezione di Cristo. Il passaggio dalla morte terrena alla vita celeste ed eterna si attualizza in ogni battezzato che riceve il Corpo e il Sangue di Cristo (il Calice del Preziosissimo Sangue in mezzo alla Croce). Attraverso questa Comunione e questa partecipazione alla vita, alla morte e alla risurrezione di Cristo, il battezzato entra nella vita eterna.


Troviamo qui  il simbolo del pesce.  ICTHUS - ΙΧΘΥΣ; parola greca che significa pesce. All'inizio del cristianesimo, questo simbolo era usato dai cristiani per riconoscersi. ICTHUS è composto dalle iniziali delle cinque parole greche: "Iesous Christos Theou Uios Soter" = "Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore". 



Mosaico che raffigura la chiesa di S. Simeone lo Stilita siriano che è rappresentata in forma di croce.

È scandaloso vedere oggi questi preziosi mosaici distrutti e rasi al suolo dalle bande armate. 
Allo stesso modo, le nostre lacrime scorrono mentre la grande Basilica di San Simeone del sesto secolo diventa un campo di addestramento per le donne jihadiste. 
Nè possiamo dimenticare il tempio di Ain Dara del secondo millennio a.C. bombardato ultimamente dai turchi.
Claude ZEREZ, 06-Marzo-2018 

giovedì 1 febbraio 2018

Siria, un po' di storia...

Il tempio ittita di Ain Dara distrutto dall'aviazione turca . L'importante luogo di culto, attivo dal 1300 a.C. al 740 a.C., è stato colpito nel corso di un raid contro le postazioni curdeE' una perdita enorme per la storia, per l'archeologia, e per la Siria

di Claude Zerez 
La Siria è alla frontiera di due spazi culturali antitetici: lo spazio occidentale, affacciato sul Mediterraneo e lo spazio orientale per la sua apertura sul Medio Oriente asiatico. Questo Paese, che costituisce un crocevia nevralgico per gli scambi tra il nord Africa, l'Arabia, l'Asia Orientale, Occidentale e Minore è anche un passaggio obbligato verso l'Europa. È grazie alla sua posizione geografica che la Siria è diventata un paese dalle molteplici sfaccettature in cui si sono mescolati popoli e lingue diverse: Aramei, Cananei, Ebrei, Nabatei, Persiani, Greci, Romani, Bizantini e Arabi.
Per questa sua situazione centrale, la Siria ha avuto una storia molto movimentata. Spesso essa ha dovuto piegarsi sotto la pressione e l'influenza di altri popoli. Essa fu in successione occupata, lacerata e ambita dai diversi Imperi le cui capitali erano situate in Mesopotamia, in Egitto e nell'Europa mediterranea (Roma, Costantinopoli). Questo gigantesco fermento culturale fa oggi la ricchezza incomparabile di questo paese. Di conseguenza, la storia umana della Siria si rivela molto complessa attraverso reti molto fitte di tipo semita, sia di ebrei, cristiani o musulmani.
La Siria è anche l'asse principale attraverso il quale le civiltà si sono spostate, poiché l'Eufrate che la attraversa fu nel corso della storia la via naturale di comunicazione. Civiltà in movimento in Siria, civiltà autonoma, sedentaria e ripiegata su se stessa in Egitto.
Andare in Siria equivale a tornare indietro alle radici della storia umana. I riferimenti storici alla civiltà giudaico-cristiana ci fanno spesso risalire ai Greci e alla Bibbia. Ma non dovremmo tornare ancora più indietro, all'Oriente antico? Le origini più remote che l'uomo ha riesumato non si trovano forse in Mesopotamia? La Siria finestra mediterranea della Mesopotamia, non ha forse partecipato attivamente a questa grande rivoluzione che ha fatto passare l'umanità dalla preistoria alla storia?
La Siria custodisce un patrimonio culturale di oltre 5000 anni. E' orgogliosa di possedere i più antichi centri urbani che furono abitati senza interruzione e la sua storia è caratterizzata da quattro tempi forti.
1 - Nei musei di Damasco e di Aleppo, a Ebla, a Ugarit e Mari, è possibile farsi un'idea abbastanza precisa di come la Siria, nel III° millennio avanti Cristo, abbia partecipato alla grande rivoluzione urbana e culturale di questo periodo che ci ha lasciato l'alfabeto.
2 - Alessandro, nel IV° secolo a.C. tenta la fusione tra Oriente e Occidente: ed è in terra siriana che immagina questo incredibile incontro tra lo spirito classico dei Greci e l'anima appassionata dell'Oriente semitico. Ciò che ne risulta sono queste favolose città ellenistiche come Apamea e Antiochia, che rappresentano bene il ruolo essenziale svolto dalla Siria in questo incontro delle civiltà Greco-romana e Orientale, incontro pericoloso poiché la Siria costituiva allora una Provincia di confine tra l'Occidente romano e l'Oriente persiano, ma incontro brillante poiché Palmira poté svolgere il ruolo di arbitro.
3 - E' il dinamismo e la diffusione folgorante del cristianesimo che viene a modificare completamente il volto del mondo e i rapporti tra le culture. Il Cristianesimo è stato sia il cemento unificante, ma anche una leva che ha riattivato le culture semitiche locali. Il Paese diventa cristiano, fieramente cristiano. La Siria è "la punta di lancia" della nuova religione che sviluppa un pensiero brillante e un nuovo stile di vita originale che è il monachesimo. Cambiando religione, cambia anche il padrone: essa passa sotto il dominio di Bisanzio, quindi dell'Europa, ma non per molto, poiché il giogo imperialista di Bisanzio le è rapidamente insopportabile e, intrappolata tra i Persiani e i Bizantini che se la contendono, accoglie nel 634 una terza forza, gli Arabi, potenza inaspettata in mezzo a questi vecchi Imperi.
4 - La Siria diventa musulmana. Una nuova pagina si scrive, forse la più brillante poiché Damasco diventa la capitale dell'impero musulmano. La configurazione geopolitica del mondo è completamente modificata. Un unico Impero si estende dall'Atlantico ai confini della Cina, unendo per la prima volta mondo mediterraneo e mondo asiatico. La Siria e la Mesopotamia, che fino ad allora formavano la periferia dell'Impero, si trovarono a formare da entrambe le parti della steppa un nuovo centro.
Al centro di questo lungo periodo delle origini al giorno d'oggi, una parentesi segna la storia siriana. E ' il periodo Crociato che imprime, durante due secoli, un marchio indelebile in terra siriana, attraverso l'architettura romanica e gotica che l'Occidente porta in Siria. 
Di conseguenza, il Paese abbonda di molte ricchezze; un Paese a cui l'umanità è debitrice; un Paese che ha sofferto molto, perché è sempre stato un pomo della discordia tra gli Imperi; un Paese che ha creato molto, proprio perché il Paese è stato un luogo di fermento delle culture.
Infine, bisogna tenere ben presente che se il cristianesimo è nato a Gerusalemme, ha preso il suo slancio in Siria. Il Paese si trova nelle immediate vicinanze della Palestina. Spesso menzionato nella Bibbia, ha svolto un ruolo essenziale nel debutto del cristianesimo. Basta, per rendersene conto, rileggere gli Atti degli Apostoli. È ad Antiochia, allora capitale della Siria Apostolica, che la Chiesa si aprì ampiamente ai pagani e che i discepoli di Gesù ricevettero per la prima volta il nome di Cristiani. È sulla via di Damasco, la sua attuale capitale, che Saulo si convertì e divenne l'apostolo Paolo. A Damasco si erge sempre la casa dove il suo vescovo Anania lo iniziò al Vangelo.
A Doura-Europos, nel deserto siriano, si può visitare la più antica chiesa conosciuta del mondo; una chiesa clandestina, allestita nel 232 d.C. che si trova all'interno di una casa e ci fa risalire ai tempi in cui gli imperatori Romani perseguitavano i cristiani. Nel Nord-Ovest del paese si ergono le rovine di centinaia di monasteri e chiese costruite verso la fine dell'epoca Antica.
Non ci resta che sperare la pace, la democrazia vera e laica e il rispetto dei credenti, qualunque essi siano, affinché nuovamente la Siria torni luogo di incontro e di passaggio per tutti coloro che vogliono ritrovare le tracce autentiche e vere delle civiltà, musulmane e giudaico-Cristiane.

venerdì 18 agosto 2017

Noi siriani e l'attentato a Barcellona: di Claude Zerez

In occasione della vacanza in Italia dell'amico siriano Claude Zerez con la sua famiglia, gli chiediamo di esprimere a caldo la sua reazione rispetto all'attentato di Barcellona e lo stato d'animo dei siriani.
“Noi abbiamo vissuto quotidianamente il problema del  terrorismo e, colpiti in particolare nella mia famiglia con l'assassinio di mia figlia Pascale da parte delle brigate jihadiste, ci rendiamo conto di come sono dimenticate le centinaia di migliaia di vittime del terrorismo in Siria...
Ci sentiamo solidali e viviamo nella nostra carne la tristezza delle famiglie di Barcellona colpite dal terrorismo, quel terrorismo cominciato in Afghanistan e che si è propagato in tutto il mondo, ma di cui Iraq e Siria sono diventate le basi e le fonti.

Adesso la grande domanda che ci poniamo è se il terrorismo non è diventato il pretesto per prendere le risorse del paesi d'Oriente. Non si può non notare in ciò che succede in Siria che, oltre al terrorismo,  il grande problema che colpisce il popolo innocente è quello delle sanzioni. Faccio un esempio: malgrado Aleppo sia stata liberata nel dicembre 2016,  il popolo è ancora oggi privato di acqua, di elettricità, di medicinali, di carburante. Le sanzioni occidentali ci paralizzano.
Ancora più dolorosa poi in questa situazione è la presenza di alcune milizie corrotte legate al governo che rubano e sottopongono la gente ad angherie innumerevoli.

Di fronte ai fatti di Barcellona, di Nizza e tutti gli altri attentati contro la popolazione innocente noi siamo assolutamente solidali, ma la grande domanda che ci poniamo è come si può risolvere tutto questo: con la forza? No, bisogna ad ogni costo fermare il conflitto e il caos che il conflitto infiamma in Oriente. Cioè bisogna ritornare al dialogo e lasciare che sia il popolo siriano che decide della propria sorte, perché attualmente sono degli stranieri quelli che decidono il destino della Siria. Lasciate il popolo siriano gestire il proprio avvenire.
Per ricostruire avremo bisogno di riconvertire i cuori dei giovani che sono stati radicalizzati e istruiti ad ammazzare, sgozzare, schiacciare 'gli infedeli' in nome di Allah. Ciò evidentemente richiederà il tempo di molte generazioni e tanto lavoro. Ma questo è importante: abbiamo persone di buona volontà, sia musulmani che cristiani, che credono nella convivenza, abbiamo musulmani che vengono a dire ai cristiani: “noi abbiamo bisogno di voi, voi siete lo specchio e senza di voi l'Islam non potrà mostrare il suo volto tollerante e la Siria mantenere il suo volto laico”.

Riprendere il dialogo inter-siriano spingerà i musulmani non fanatici a rigettare le ideologie jihadiste che non rappresentano l'Islam. Noi abbiamo bisogno di musulmani che esprimano l' Islam moderato, tollerante, che rifiuta la violenza, perché il terrorismo trova il suo terreno fertile tra le popolazioni incolte e più povere che credono nel riscatto attraverso lo Stato Islamico."
Claude Zerez 

sabato 14 gennaio 2017

I Cristiani d' Oriente: Affreschi e Icone.


Chi è Padre Abdo Badwi?
Introduzione e intervista a cura di Claude Zerez.
Grande conoscitore dell'arte Cristiana Orientale, Padre Abdo Badwi, nato in Libano nel 1948, è prima di tutto frate dell'ordine maronita libanese e sacerdote della sua congregazione.
Nel 1975, anno di transizione per il Libano, Padre Badwi fonda il dipartimento di Arte Sacra dell'Università di Santo Spirito a Kaslik, a motivo delle trasformazioni che colpiscono le università che creano nuove discipline, per far fronte all'isolamento che impone la guerra civile. Da allora egli "frequenta la bellezza" e vi giunge tramite la prima fonte del bello, l'Altissimo che glie ne fa Grazia e Dono.
Padre Abdo trascorre le sue giornate tra l'insegnamento, il restauro di reperti antichi e la creazione di nuovi lavori. A lui dobbiamo così la realizzazione di molte opere, tra cui la creazione di icone, affreschi, vetrate, mosaici, oggetti di ceramica e indumenti liturgici in broccato. Quasi nessuna tecnica dell'arte sacra ha segreti per lui. Molti Paesi hanno beneficiato dei suoi talenti. Inoltre, spesso è consulente importante dei congressi di arte sacra orientale. Prossimamente sarà presente a un congresso previsto a Doha in Qatar, sul tema: "Le tracce cristiane in Qatar".
Ma adesso lasciamo parlare Padre Abdo Badwi che ha accettato di rispondere alle nostre domande.
D: In Occidente l'icona è spesso considerata un' opera d'arte ma in Oriente è piuttosto un'opera di adorazione, di preghiera e anche una raffigurazione del dogma. Perché questa differenza?
R: L' immagine divina che noi portiamo, in tutta la sua bellezza, e che abbiamo deturpato e sfigurato col peccato, è stata restaurata e ristabilita, in noi, attraverso l'Incarnazione del Figlio di Dio.
Questa immagine, noi l'abbiamo deviata dalla sua finalità primaria: la costante ricerca della gloria di Dio e il superamento del mondo sensibile, con un'ascesi spirituale, per tendere verso il mondo precedente al peccato, al di fuori dei limiti dello spazio e del tempo; mondo della trasfigurazione delle creature rinnovate dall'Incarnazione di Cristo, che con la sua passione e con la sua morte ci ha riscattato per poi resuscitare.
Questo mondo dello Spirito, invisibile ai nostri occhi, resi ciechi dall'appagamento dei nostri interessi immediati, resta percepibile ai cuori che l'Amore divino infiamma e arricchisce; mondo propizio alla contemplazione che l'icona favorisce, oltre lo spazio e il tempo, per condurci verso la trasfigurazione. E' da una tecnica delle linee e dei colori, sempre fedele nella sua ispirazione sia all'antico che al moderno, che l'armonia dell'icona ci innalza verso il divino. Questo connubio tra la mente e lo spirito rinasce nella nostra memoria e nel nostro cuore, ogni volta che guardiamo e contempliamo l'icona.
D: Si sono avute nella storia diverse scuole iconografiche sul tipo della scuola bizantina. Ma nel suo approccio e nel suo lavoro, lei mette in risalto l'iconografia siriaca. Quali sono le caratteristiche e l'origine di questa iconografia propria delle chiese Siro-Mesopotamiche?
R: Secondo la tradizione, la sua origine è la più antica.
Ne abbiamo una testimonianza nella leggenda del Re di Edessa, Abgar II° Oukomo, attraverso il suo dialogo con il Signore Gesù Cristo. Il Re Abgar si ammala. Manda una delegazione portatrice di una lettera al Signore nella quale Lo invita a venire alla sua casa per curarlo. In risposta, il Signore invia due discepoli: Addai e Mari che sono considerati i due fondatori della Chiesa siriaca e della sua tradizione. Il Signore invia al Re Abgar II°, l'impronta del Suo viso, che diventerà più tardi, il prototipo del Cristo pantocratore diffuso nel mondo iconografico e nel cristianesimo. Questa sacra immagine fu venerata a Edessa e poi a Costantinopoli; varie fonti sostengono di possederla. Questa è l'origine "tradizionale" dell'iconografia siriaca; tuttavia, la sua origine "storiografica" è un po ' diversa.
L'arte della Chiesa Siriaca, erede dell'arte della civiltà Accadica trae la sua ispirazione da varie fonti:
1° - una fonte "Orientale", che tende a paganizzarsi si rivolge verso l'Asia. Ne troviamo degli esemplari pagani a Edessa stessa. Ha, come caratteristiche, il viso quadrato o circolare, la misura corta o media.
2° - una fonte "Ellenistica", dove si mescolano la tradizione orientale e la tradizione greca; la troviamo ad esempio a Doura-Europos in Siria.
3° - una fonte "Musulmana" non molto frequente. Si parla allora di influenza dell'Islam; ricordiamo la rappresentazione del Cristo-Adamo che si trova al museo di Hama, o i dipinti murali di Mar Moussa el-Habachi e Qara in Siria; il Cristo assomiglia in questi dipinti a un Califfo Abbaside o un Emiro Persiano o ancora Mongolo, mentre gli apostoli sono raffigurati come paggi di corte. Questa influenza si evince anche e soprattutto per la presenza di elementi decorativi di composizione geometrica, che ricordano gli "Arabeschi".

D: Il mondo siriaco si riferisce spesso al Vangelo di Rabboula. Lei che ne pensa?
R: Il manoscritto di Rabboula datato intorno al VI° secolo fu scritto e miniato nelle vicinanze della città di Antiochia. Esso ci presenta attraverso le sue miniature ai margini o sull' intera pagina, l'iconografia dell'anno liturgico Siro-Occidentale nel suo stato embrionale. Nel 1747 viene scoperto nella biblioteca dei Medici di Firenze. Questo scritto, che è il più antico che si conosca, rappresenta il periodo di transizione tra l'arte paleocristiana e l'arte iconografica. È un elemento di base dell'iconografia cristiana. Le sue caratteristiche sono:
· La popolarità e la semplicità.
· È lontano dalla ieraticità bizantina e dall'ingenuità dell'arte primitiva.
· I colori sono brillanti.
· La grafica è ben studiata.
· La composizione è monumentale, malgrado la sua esecuzione in miniatura.
· Il disegno viene eseguito da destra a sinistra come la scrittura siriaca...
D: E le icone siriache che lei ha creato?
R: Queste icone sono finalizzate a svolgere un ruolo unificante nel nostro patrimonio oggi disperso; esse hanno riferimenti differenti e il loro stile dà loro l'aspetto di una scuola nuova e antica contemporaneamente. Questa scuola presenta il nostro patrimonio all'epoca contemporanea con il suo stile e le sue tecniche, le sue radici popolari e il suo simbolismo profondo, senza mai cadere nell'arte banale e ben lontano dall'arte naif. In una parola, l'arte delle icone siriache costituisce un' arte che è patrimonio pienamente antiocheno, di origine siriaca e di ispirazione orientale.
Che il nostro sguardo su queste icone sia una lettura meditativa, che ci immerga nella preghiera e ci faccia entrare nel mondo infinito del Vangelo con le sue prospettive spirituali e il suo aspetto escatologico.

martedì 2 febbraio 2016

Il cantico di Pascale

TEMPI, 2 febbraio 2016
di Rodolfo Casadei

«Il giorno più bello da quando sono in Francia è stato quando, al termine di una testimonianza in un liceo, è venuta da me una ragazza marocchina velata e mi ha detto: “La ringrazio. Lei oggi mi ha insegnato ad amare il profeta Gesù e ad amare i cristiani”. Per un attimo ho visto in lei mia figlia. O forse era mia figlia che guardava lei attraverso di me».
Claude Zerez ha 60 anni e da due vive come rifugiato in Francia con la moglie e due figli maschi di 23 e 25 anni. Viene da Aleppo, dove faceva la guida turistica specializzata in antichità cristiane; insegnava pure arte cristiana all’università Saint-Esprit de Kaslik a Jounieh in Libano. Come tutti i siriani, di ogni religione ed etnia, ha avuto la vita sconvolta dalla guerra civile cominciata nel marzo 2011.

Il peggiore degli incubi di un padre è diventato realtà un giorno d’autunno. Era il 15 ottobre 2012 e una corriera di linea correva lungo la strada che da Hama porta ad Aleppo. Dentro, gente di tutte le professioni e di tutte le età. Di tutte le fedi religiose che si trovano in Siria. Fra loro una ragazza dalla lunga chioma scura. I capelli sono scoperti, come quelli della maggior parte delle donne siriane prima della guerra. Lo sguardo è radioso, gli occhi profondi e scuri brillano perché, nonostante la Siria sia discesa da alcuni mesi nell’inferno della violenza fratricida alimentata dall’esterno, la vita sta sorridendo a questa giovane donna: ha concluso con successo gli studi medi superiori, sta per entrare all’università, ma soprattutto ha da poco celebrato le nozze. Pascale, 18 anni e pochi mesi, è una sposa. Lei che è di Aleppo vivrà col marito che è di Homs a Tartus, sulla costa del Mediterraneo, là dove la guerra ancora non morde.

A Homs infuriano battaglie strada per strada nei quartieri di Baba Amr e della città vecchia già da un anno e mezzo, ad Aleppo le ostilità sono scoppiate nel bel mezzo dell’estate, e i ribelli già stanno conquistando posizioni. La corriera esce dalla città di Hama e non imbocca la strada principale per Aleppo, ormai impercorribile, ma quella che passa più a oriente. Nei pressi della cittadina di al-Manara uomini armati arrestano la marcia del veicolo. I genitori e i fratelli di Pascale non sapranno mai di quale gruppo. Salgono e controllano i documenti dei passeggeri. Cristiani e alawiti vengono fatti scendere. Per Pascale non c’è bisogno nemmeno di controllare: quei capelli al vento, il rossetto sulle labbra e l’abbigliamento giovanile sono altrettante prove a carico contro di lei.

Sono in 13 a subire angherie, uomini e donne, succedono le cose che potete immaginare. Vengono uccisi tutti a colpi di arma da fuoco. I guerriglieri si dileguano rapidamente, abbandonano i cadaveri in strada senza nemmeno derubarli. Probabilmente temono di essere intercettati dall’esercito se si attardano sul posto.
Quando lo hanno chiamato, a Claude è cascato addosso il mondo: «Un’ora prima che la assalissero ci avevo parlato al telefono. Era contenta, aveva concluso la telefonata: “Preparatemi qualcosa di buono da mangiare, sto arrivando!”. Non siamo nemmeno potuti correre all’obitorio dell’ospedale di Hama, dove hanno composto i cadaveri, perché la strada era diventata troppo pericolosa. Il corpo di mia figlia ce l’ha portato un musulmano, che s’è preso il rischio di attraversare i posti di blocco dei ribelli per riportare i resti di una figlia cristiana alla sua famiglia. L’ho abbracciato e ringraziato come un fratello. Mi ha anche portato queste cose, che è tutto ciò che mi resta di Pascale». Claude mostra un cellulare col dorso di un fuxia squillante, e una catenina grigio argento che porta al collo. Il telefonino sembra appena uscito da un negozio.

Di Pascale restano anche due filmati che si possono trovare in rete, impaginati uno di seguito all’altro. Nel primo c’è lei con la corale che aveva creato, impegnata a cantare e suonare un organo elettrico in parrocchia durante una liturgia accompagnata dai suoi coristi. 

Non era ancora maggiorenne e aveva composto musica e testo di un inno struggente dedicato ai martiri di Siria. «Non l’ha pensata solo per i martiri cristiani, ma per tutti i siriani innocenti che stavano morendo per la guerra». Le note romantiche e il canto lancinante creano un’atmosfera di indicibile tristezza, quasi un presagio di morte.

                  
Piccolo bambino in questa guerra
il cannone ha ruggito, destate i cuori,
egli di pochi mesi, morto
Il suo cuore bianco gridò AHHHHHHHH
Oh i grandi, dove è il giorno
Il mio cuore è diventato a pezzi e lacrime
Oh i grandi, dove è la pace
Il mondo ha voltato le spalle, i cuori sono morti.
(Canto per i martiri, parole di Pascale Zerez)

Il filmato seguente comincia con una bara bianca, ricoperta da un immenso velo da sposa, che sovrasta una piccola folla in movimento. Portata a spalle da quattro uomini, entra per la porta d’ingresso della stessa chiesa che s’è vista nel filmato precedente. Pascale sorride da una foto incollata sul lato anteriore della bara. Risuona ovattato il motivo portante dell’inno per i martiri composto da lei. Poi le immagini si spostano sugli interventi al microfono dei vescovi presenti al funerale. Claude Zerez e la sua famiglia sono melkiti, ma in chiesa ci sono praticamente tutti i vescovi di Aleppo, cattolici e ortodossi. Al termine della cerimonia, quando la bara esce in un sottofondo di pianti e grida materne, si mettono in fila e rendono omaggio a papà Claude abbracciandolo e baciandolo tre volte sulle guance. Si sentono improvvisamente colpi di arma da fuoco. La gente si gira a destra e a sinistra ma non fugge. La sparatoria continua a lungo, mentre i presenti si scambiano le condoglianze, in un’atmosfera surreale.
«Dopo quella tragedia ho vissuto sei mesi di buio. Niente aveva più senso», racconta Claude. «Sprofondavo ogni giorno di più nella depressione. Mi ha salvato la preghiera. Ho pregato di poter accettare quello che era accaduto alla mia famiglia, di poter trovare la pace del cuore. Allora ho cominciato a sognare Pascale, ed erano sempre sogni sereni, belli. Lei mi diceva “Sto bene, qui è bello”, “Sono sempre con voi”, oppure “Vi voglio bene”. A poco a poco la sua assenza fisica che mi angosciava è diventata una presenza spirituale che mi confortava».

«Smettila o morirai ammazzato»
La vita continua e Claude, persona molto rispettata in città, entra a far parte del Comitato di riconciliazione di Aleppo, che si occupa fra le altre cose di scambi di ostaggi e della liberazione tramite trattative di persone rapite dalle bande armate. Del consiglio fanno parte imam e sacerdoti, notabili e altre personalità indipendenti dal governo e dal partito dominante. Ma dopo poco cominciano ad arrivare minacce di morte da parte ribelle. «A me sono arrivate telefonate minatorie: “Devi smetterla oppure morirai ammazzato”, ad altri lettere anonime. Ho cominciato a temere per la mia vita e per quella dei miei figli».
Jabhat al Nusra, Jaysh al Islam e altri gruppi islamisti della ribellione armata vogliono impedire a tutti i costi la riconciliazione, vogliono la radicalizzazione del conflitto. Nel caso dei ragazzi di Claude si presenta un altro problema: sono in età di militare, potrebbero essere chiamati sotto le armi. Ma nell’esercito stanno succedendo cose tremende: il quartiere di Jebel el Seide cade nelle mani dei ribelli grazie al tradimento del comandante delle truppe che erano stazionate lì per difenderlo, che si lascia corrompere per denaro: decine di soldati vengono massacrati mentre lui fugge. Reparti passano dalla parte degli insorti dopo aver ucciso i militari alawiti e cristiani e altri lealisti, mentre altri reparti cadono in imboscate frutto di tradimenti.

La fuga da Aleppo
Per tutte queste ragioni la famiglia Zerez decide di emigrare. Ha i mezzi e ha i contatti in Francia per organizzare l’uscita dal paese in modo legale. Il problema è un altro: fra Aleppo e il confine col Libano ci sono una serie infinita di posti di blocco, sia delle forze governative che dei ribelli. I rischi sono grandissimi, superarli senza danni quasi impossibile. Molti amici ritengono di fare un favore a Claude scongiurandolo di non partire per non fare la stessa fine della figlia. Che sembra voler comunicare. «Mi è apparsa ancora una volta in sogno. Mi ha detto: “Partite, andrà tutto bene”. Mi sono fidato di quel sogno e mi sono messo per strada. Ho superato 90 barrage per arrivare in territorio libanese sicuro! In tempo di pace per compiere quel percorso ci vogliono meno di tre ore. Noi ce ne abbiamo messe ventuno!».

L’arrivo in Francia
In Francia, dove arriva nel gennaio 2014, la famiglia Zerez fa una grande esperienza di accoglienza: non solo gli amici, ma famiglie cristiane completamente sconosciute si prendono cura di loro. «In casa mia non c’è nemmeno un mobile che non mi si sia stato donato!», racconta Claude. In questa atmosfera di fraternità cristiana continua il suo cammino di approfondimento della fede seguito all’assassinio di Pascale. Comincia a essere invitato a tenere incontri e testimonianze. Parla delle sofferenze della Siria e dei suoi cristiani, ma soprattutto parla della conquista del perdono. «Grazie a mia figlia sono diventato un messaggero della pace e del perdono. Ho perdonato, senza dimenticare. Mi rivolgo a Dio come Gesù sulla croce s’è rivolto a Dio Padre: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”. Il cammino del perdono è il cammino della pace e della riconciliazione nel mio paese. Senza perdono non ci sarà nessun ritorno alla pace e nessuna possibilità di ricostruire la Siria; e noi cristiani dobbiamo essere i primi a perdonare, perché ci vorrà del tempo prima che quelli che si sono macchiati le mani di sangue arrivino alla conversione del cuore. Hanno imparato a uccidere, e gli ci vorrà del tempo per imparare a non farlo più, dobbiamo insegnarglielo noi».
Quella che Claude definisce «la chiamata di Dio» si traduce in 86 testimonianze pubbliche che lui ha reso nel corso dell’ultimo anno e mezzo. Vincendo ogni volta la diffidenza di chi sospetta nei cristiani siriani degli emissari e dei sostenitori acritici del regime al potere. «Io cerco di anticipare gli attacchi politici. Dico: “In Siria ci sono tante cose che non vanno: la corruzione, lo stato d’emergenza che dura da trent’anni, l’analfabetismo, la diseguaglianza economica. Ma la guerra civile non l’hanno voluta i siriani, l’hanno voluta l’Arabia Saudita e il Qatar. Se cambia il regime non avremo la democrazia, avremo una dittatura religiosa. Prima della guerra avevamo la sanità e la scuola gratuite, il pane e la benzina a prezzi calmierati, la sicurezza pubblica. Chi ha aderito alla ribellione credeva di poter avere un futuro migliore, invece ha perso tutto quello che aveva prima”. Alla fine nessuno mi dà torto».

I musulmani mi dicono “grazie”
Al contrario, tutti gli sono grati per la mansuetudine e la totale mancanza di odio con cui racconta la sua tragedia personale, con cui distingue le responsabilità degli estremisti da quelle della gente comune musulmana e con cui testimonia la convivenza pacifica fra cristiani e islamici prima della guerra. «I musulmani mi dicono: “Grazie, qui dopo il 13 novembre tutti ci guardano come mostri, con le sue parole lei ci sta veramente aiutando”. Alcuni cristiani mi si avvicinano come se fossi un santo. Uno mi ha detto: “Vorrei baciarle le mani e i piedi, perché non ho mai incontrato un cristiano come voi. Voi siete la luce dei cristiani”».
Ma Claude ha chiaro che la strada del cristiano non è fatta di successi e applausi umani, anche se talvolta sembra così. La cosa più importante è la conversione personale, che permette di avvicinarsi alla santità: «Il perdono non è umano, è divino. E allora o crediamo che Dio può operare il miracolo in noi, oppure non ci crediamo. Se ci crediamo, la prospettiva che abbiamo è quella di accettare di salire il Calvario per giungere alla Resurrezione. Il Calvario è il cammino da percorrere per la Resurrezione».

martedì 26 gennaio 2016

“Io, esule di Aleppo con la forza del perdono” la testimonianza di Claude Zerez



Vatican Insider, 25 gennaio 2016
di Giorgio Bernardelli

«Quando accompagnavo i pellegrini era Pascale ad insegnare loro il Padre Nostro in aramaico». C’è tutta la vita di Claude Zerez, nell’immagine della ragazzina che proietta sullo schermo. L’amore profondo per le sue radici, il dolore per quella figlia portata via in modo brutale, ma anche lo sguardo di chi dentro la sua via crucis non è rimasto prigioniero dell’odio. 

Era il 9 ottobre 2012 quando la rapirono, mentre su un autobus da Homs stava tornando ad Aleppo. Erano milizie legate all’Esercito Siriano Libero, il fronte degli oppositori a Bashar al Assad. Aveva vent’anni, la ritrovarono cadavere. Fu allora che questo cristiano melchita di Aleppo - grande conoscitore dell’arte sacra dell’Oriente, guida di tanti gruppi di pellegrini in Siria - scrisse una lettera aperta a Francois Hollande, con parole molto forti sul sostegno politico offerto dalla Francia ai gruppi ribelli, sempre più infiltrati dai gruppi salafiti. «Avete visto come Aleppo, la città più antica è diventata una città fantasma? - scriveva nell’ottobre 2012 -. Potete immaginare Parigi come una città fantasma, dove centinaia di migliaia di famiglie francesi si aggirano in cerca di ripari per evitare spari, bombe e atti di discriminazioni arbitrarie, di fanatismo e brutalità?». 
A distanza di tempo quelle parole si sono rivelate una drammatica profezia. «Ma a Parigi è successo un giorno solo. Invece ad Aleppo da cinque anni è una storia quotidiana». A raccontarlo è lui stesso, in un incontro organizzato a Bresso dal locale Centro Culturale Manzoni, tappa milanese di una serie di testimonianze che Claude Zerez sta tenendo in questi giorni in diverse città italiane. Non analisi geopolitiche, ma il racconto di una storia che porta dentro di sé anche mille altre ferite.  

Porta al collo il rosario di Pascale: l’ha accompagnato nel suo cammino da esule. Perché anche Claude Zerez è stato costretto a fuggire lontano dagli orrori della guerra; oggi vive proprio in Francia. «Ho perso tutto quello che avevo - racconta -. Ma la cosa peggiore è ovviamente perdere una persona cara. Come credente ho trascorso i primi sei mesi a lottare con Dio. Ma la rabbia per l’assenza fisica di mia figlia, a poco a poco, ha lasciato il posto a una presenza spirituale. Quando siamo scappati da Aleppo tutti ci dicevano che eravamo matti, era troppo pericoloso. Abbiamo dovuto attraversare un’infinità di posti di blocco, ogni volta avremmo potuto morire. Ma proprio lì ho sentito accanto la presenza di Pascale, come se avesse steso un velo per proteggerci». 
«Mi chiedono spesso se abbia perdonato gli assassini di mia figlia - continua Claude Zerez - Rispondo: perdono, ma non dimentico. Ho fatto mie le parole di Gesù: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”. Un musulmano me l’ha sentito dire e mi ha detto: “Lei mi ha spinto ad amare di più i cristiani”. Ecco: questo è l’inizio della riconciliazione». 

Li nomina spesso i musulmani Claude Zerez. Sottolinea che sono vittima anche loro delle bande jihadiste che imperversano nel suo Paese e le cui atrocità mostra senza sconti nelle immagini durante la sua testimonianza. «Non mi sarei mai aspettato che la Siria arrivasse a questo punto dopo secoli di convivenza - commenta -. Ma ancora adesso i rapporti tra cristiani e musulmani in tante situazioni sono buoni. Quando è stata uccisa mia figlia i nostri amici hanno pregato per lei in moschea. E 40 giorni dopo alla liturgia di suffragio in chiesa c’erano più musulmani che cristiani. Siamo tutti vittime della stessa oppressione». 
Gli chiediamo dei cristiani di Aleppo, quanti sono rimasti oggi? «In una città di quattro milioni di persone, come era Aleppo fino al 2011, i cristiani erano 300 mila - risponde -. Gli ultimi dati parlano di appena 22mila cristiani rimasti. Perché fuggono? Non c’è più luce, pane, acqua, possibilità di scaldarsi. Un litro di gasolio costava un euro, oggi ne costa quattro». Sull’embargo non ha dubbi: come avveniva in Iraq colpisce solo i più poveri, favorisce il mercato nero e aggrava le sofferenze.  

Che cosa si può fare per aiutare la Siria? Risponde che la prima cosa è pregare. Ma ce n’è anche una seconda: «Uscire dall’indifferenza - ammonisce -. Noi cristiani non possiamo accontentarci di vivere tranquillamente la nostra vita. Dobbiamo ascoltare la voce di Gesù che dice: avevo fame, avevo sete… Siamo chiamati a uscire dall’indifferenza per un nuovo Esodo. Uscire da sé per andare verso gli altri: la paura oggi è il peccato più grave». 

Non vorrebbe parlare di politica, ma è inevitabile arrivarci. «Che cosa servirebbe? Mettere fine alla guerra. Basterebbe una comunità internazionale con onestà e coscienza. Invece i cristiani d’Oriente valgono meno di un barile di petrolio oggi…», commenta con amarezza. «Bashar al Assad non è un angelo e anche Putin ha i suoi interessi - spiega Claude Zerez -. Ma l’Oriente è diverso dall’Occidente, il concetto di cittadinanza non c’è. Qui viene prima l’etnia, poi la religione e solo dopo la nazionalità. Ciò che oggi vogliono i siriani è uno Stato che li protegga e faccia valere la legge. Senza, faremmo la fine della Libia». 

Descrive nel dettaglio gli orrori che lo Stato islamico sta seminando in Siria. Parla della sfida più difficile: «Quale domani per i bambini che gli uomini con le bandiere nere oggi educano a uccidere?». Ma parla anche della vita che continua, delle associazioni caritative che nel momento della prova aiutano tutti senza fare distinzioni. Della tomba di padre Frans van der Lugt, il gesuita olandese ucciso a Homs nell’aprile 2014, «veneratissima da tutti, cristiani e musulmani». 
Indica una strada. Alla politica il compito di raccoglierla.  

domenica 17 gennaio 2016

In Italia Claude Zerez, il siriano che scrisse a Hollande



In Italia Claude Zerez, il siriano che scrisse a Hollande

E' in Italia Claude Zerez. Nel 2012 scrisse ad Hollande: “Che si sente ad Aleppo?: Dopo la Siria, l’Europa.”
E’ in Italia il cristiano siriano Claude Zerez, padre di Pascale Zerez uccisa su un  bus pubblico di Homs il 9 ottobre 2012 da un attacco dell’ Esercito Libero Siriano, l’ opposizione armata al governo di Damasco sostenuta dall’ Occidente. Pascale aveva 20 anni ed era sposata da tre mesi. Pochi giorni dopo la tragica morte della figlia, Claude scrisse una lettera aperta ad Hollande e un appello al popolo francese che furono pubblicati da molti giornali francesi.
Claude Zerez terrà alcuni incontri in Lombardia e a Firenze su  “ La condizione dei cristiani perseguitati all’ interno del conflitto siriano”.
Il 14 ottobre 2012, pochi giorni dopo la tragica morte di Pascale, Claude Zerez scrisse una lettera aperta al Presidente della Repubblica Francese Hollande e al ministro degli Affari Esteri. La lettera fu pubblicata da molti giornali francesi.
Ai due importanti esponenti della Repubblica Francese, Claude spiegò che gli autori dell’ attacco mortale in cui aveva perso la vita sua figlia appartenevano ad un gruppo considerato parte dell’ Esercito Libero Siriano, gruppo armato sostenuto dall’ occidente e che il “..movimento porta con sé i semi di una nuova dittatura che sicuramente farà rimpiangere la precedente”.
“…Sotto lo slogan di libertà e di democrazia e di partecipazione al potere…., Lei con i suoi alleati, ha incoraggiato l’ introduzione nel nostro territorio di gruppi estremisti salafiti e altri elementi del movimento di Al Qaeda che vengono ad uccidere e ad essere uccisi qui da noi, distruggendo ciò che possono sulla loro strada; perchè dunque averceli inviati ?”
Continuava poi affermando che “in Siria la vostra politica …ha introdotto l’arbitrarietà, così si può riassumere in un altro slogan: libertà ed uguaglianza in Siria, mentre in Qatar oligarchia e privilegi…..Può essere certo che gli sconvolgimenti che viviamo noi, li verrete a vivere al più presto anche Voi.
Che cosa si sente echeggiare per le strade di Aleppo? Dopo la Siria, L’Europa.”
Invita quindi la Repubblica Francese a cessare il “ …sostegno agli elementi armati che non obbediscono a nessuna legge…”
Nello stesso giorno indirizza un appello al popolo di Francia introdotto da queste parole (traduzione del Cntro di Iniziativa per la Verità e la Giustizia, IVG)
“Colpito personalmente il 9 ottobre 2012 dalla morte di Pascale, mia figlia di 20 anni, mi rivolgo alle amate popolazioni della Francia, a nome mio ed a nome di tutti i miei fratelli e sorelle di Siria feriti dalla guerra.”
Nell’ appello al popolo francese invitava i “cari amici e fratelli” a valutare con attenzione le informazioni “ che Vi forniscono” e spiegava come il suo appello fosse una richiesta urgente di sostenere i cristiani siriani. “ Noi vogliamo continuare a vivere pacificamente con l’Islam, ma la guerra e i suoi ideatori stanno cercando di distruggere questo”. Chiede inoltre ai cristiani di Francia e a tutto il popolo francese: “…perchè l’avvio della solidarietà è così lento ? “.
Negli ultimi tempi Claude ha continuato il suo percorso di fede e perdono, che è indispensabile per una riconciliazione in Siria e in tutto il Medio Oriente. Ma porta sempre avanti anche una forte denuncia per la tragica situazione dei cristiani in tutto il Medio Oriente e chiede agli europei, soprattutto agli europei cristiani, solidarietà concreta per i credenti perseguitati.
I prossimi incontri di Claude Zerez in Italia
“La condizione dei cristiani perseguitati all’ interno del conflitto siriano”
 Testimonianza di Claude Zerez, ora rifugiato in Francia. Dal dramma dell’ uccisione della figlia Pascale ad Aleppo alla forza della fede.
-  Firenze, giovedì 21 gennaio 2016, ore 21.00
Convento della S.S. Annunziata di Firenze
Via Cesare Battisti, 6
- Bergamo, venerdì 22 gennaio 2016, ore 21.00
Casa del Giovane – Sala Nembrini
Via Gavazzeni, 13
- Voghera, sabato 23 gennaio 2016,
- Bresso (MI), domenica 24 gennaio 2016, ore 18.00
sala Ludovico Conti, c/o libreria Il Girasole
Centro Culturale Alessandro Manzoni
Via Roma, 66
Il testo integrale della lettera aperta ad Hollande lo trovate al link:
 E’ possibile leggere l’ appello al popolo francese al link:
Marco Palombo

mercoledì 9 settembre 2015

Siria, l'errore del regime change ... e delle sanzioni

Yabroud: dopo tante distruzioni, inaugurata una nuova grande statua della Vergine Maria


La Nuova Bussola Quotidiana
Robi Ronza, 08-09-15


E’ una bella ipocrisia, come già ieri veniva ricordato, fare grande sfoggio di compassione per i profughi siriani (tra l’altro a spese di profughi di altra provenienza) mentre non solo non si fa nulla contro la guerra in corso in Siria, ma anzi in un modo o nell’altro si continua ad attizzarla.
Rientra perfettamente in questo orizzonte la notizia recentemente fatta circolare secondo cui il segretario di Stato americano John Kerry avrebbe protestato con il suo collega russo Sergei Lavrov per l’invio da parte di Mosca in Siria di un gruppo di esperti militari in missione esplorativa; e inoltre di alloggi-container nonché di impianti per un centro di controllo del traffico aereo destinati a un campo di aviazione. Secondo Kerry tale iniziativa contribuirebbe ad “aggravare il conflitto” in corso. Frattanto il Dipartimento di Stato ha fatto sapere di non essere certo delle intenzioni russe in proposito, ma di ritenere che grazie a questi materiali la base aerea cui sono destinati potrebbe più facilmente venire impiegata o come punto di arrivo di aiuti militari o come punto di partenza per missioni di bombardamento dell’aviazione governativa. Nell’insieme le due notizie, entrambe fatte deliberatamente filtrare in modo non ufficiale, costituiscono un tipico esempio di minuetto diplomatico. Un minuetto che in pratica si risolve in un ammonimento di Washington a Mosca, cauto nella forma ma molto chiaro nella sostanza. 
Gli Stati Uniti di Barack Obama insomma non abbassano la guardia, non rinunciano alla loro speranza di far cadere Bashar al Assad anche se ci tentano senza riuscirci ormai da quattro anni. E in quattro anni non hanno conseguito altro risultato se non quello di devastare la Siria e di destabilizzare il Medio Oriente. A questo punto occorrerebbe avere il coraggio di ammettere che il tentativo è fallito, e che la permanenza di Assad al potere è se non altro il meglio del peggio. Per far finire la guerra che porta cadaveri di bambini siriani sulle spiagge delle isole greche e migliaia di famiglie siriane all’assalto di treni ungheresi diretti in Germania occorre innanzitutto rinunciare a far cadere Assad. Bisogna mirare a una stabilizzazione della Siria (e quindi anche del Nord Iraq) che parta dal presupposto che, seppur variamente condizionato, Assad resti dove è.
Un primo e relativamente non clamoroso passo in questo senso sarebbe l’annullamento delle sanzioni contro il governo di Damasco che, come sempre accade in casi del genere, pesano innanzitutto sulle spalle del popolo e non del regime politico che così si vorrebbe colpire. Le sanzioni sono davvero l’ipocrisia nell’ipocrisia: a causa di esse tutto quel che resta dell’economia siriana viene ogni giorno sempre più disarticolato e distrutto. Ridotti alla fame dalle sanzioni, prima ancora che dalla guerra, i siriani che lo possono tentano l’esodo dal loro Paese. Molti muoiono nel tentativo ma quelli che, spogliati di ogni loro risparmio da passatori senza scrupoli, dopo sacrifici inenarrabili riescono ad arrivare in Germania vengono (per qualche giorno) accolti a braccia aperte. E tutto questo tra gli squilli di tromba di un circo mediatico televisivo che non vede un palmo oltre ciò che i governi gli rifilano ogni giorno. E va bene sempre tutto, anche se è il contrario di quanto gli rifilavano il giorno prima.
Tra i maggiori Stati membri dell’Unione Europea, l’Italia è quello che più di tutti ha interesse a una soluzione pacifica e fruttuosa delle due crisi aperte nella regione euro-mediterranea, ossia quella della Siria e quella dell’Ucraina. E’ chiaro non possiamo muoverci prescindendo dai vincoli che ci derivano dalle nostre alleanze e dall’appartenenza all’Unione Europea, però il nostro governo potrebbe pur sempre fare delle proposte ad alta voce. Per muovere le acque già basterebbe proporre l’annullamento delle sanzioni contro la Siria, e lanciare l’idea di una soluzione del problema delle aree russofone dell’Ucraina orientale sul modello dello statuto speciale internazionalmente garantito dall’Alto Adige SüdTirol.

Se vincessero i falchi che vogliono rovesciare Assad e vogliono le sue forze smantellate, si creerebbe una situazione simile alla Libia con jihadisti e affiliati di Al-Qaeda a farla da padrone. Ma se la crisi dei rifugiati è ora così drammatica, pensate solo quello che accadrà una volta che le numerose minoranze religiose della Siria inizieranno a fuggire disperatamente dalle nuove norme dei settari e fondamentalisti sunniti, armati fino ai denti con armi occidentali ....  (L'Antidiplomatico)