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domenica 4 novembre 2018

"Ora tutto si gioca in un lavoro educativo..." (3)


A Damasco siamo ospiti dei Salesiani, una piccola comunità traboccante della vitalità dei giovani che affollano allegramente l'oratorio. Il direttore Don Mounir da mattina a sera ascolta, incoraggia i ragazzi a vivere con serenità i momenti di gioco, li corregge e li guida a prendere sul serio il proprio desiderio di amicizia con Gesù ed essere veri nella vita quotidiana in mezzo ai compagni di altre confessioni.  
Lo coadiuvano, un giovane dinamico neo-sacerdote indiano inviato da poche settimane in Siria “in missione” e padre George Fattal che tra i vari altri incarichi ha pure quello di cappellano nel carcere di Adra, dove viene ricevuto con rispetto e stima.    

Attende di tornare nella natia Aleppo il fratello Giuseppe Musciati, che ha trascorso la maggior parte dei suoi 82 anni in Egitto e in Venezuela come coadiutore nelle scuole di formazione professionale salesiane: “Gesù è il grande amore della mia vita, tutto ciò che Dio mi ha dato e mi darà di salute e vita, è per i giovani” , ripete con lo sguardo affettuoso e sereno di chi ne ha viste tante sentendosi sempre prediletto dal Signore.

La presenza amorevole delle Suore Salesiane nell'Ospedale Italiano, molte delle quali anziane che non hanno voluto assolutamente lasciare il paese in guerra, continua ad offrire un luogo di assistenza sanitaria qualificata, grazie anche al progetto 'Ospedali Aperti' della Nunziatura e di AVSI che sta permettendo alla struttura privata di continuare a dare cure ai meno abbienti. Resta presso di loro la nostra Maria Da Conceiçao, infermiera che ha scelto di offrire due mesi di missione al popolo siriano sofferente, di cui riporteremo la testimonianza nel prossimo articolo.

In licenza dal servizio militare Deeb Haraqa passa a salutare abuna Mounir: è un bel ragazzo di 27 anni, da oltre sei anni presta servizio di leva nell'Esercito, perché così è questa guerra... Più volte si è trovato in pericolo sui fronti di Aleppo, di Daraa, a Qaboun... soprattutto quando è stato assegnato al corpo di guardia di un generale. Ci spiega che l'Armata è assolutamente laica, non è permessa alcuna manifestazione religiosa, neppure gesti di preghiera né musulmani né cristiani. Tuttavia il suo comandante, musulmano, ha sempre espresso una fiducia particolare in lui, cristiano, e don Mounir sorridendo cita il detto popolare “mangia da un druso e dormi da un cristiano”.
La paga dei militari siriani è misera, il cibo frugale (pane patate e pomodori) li fa guardare con invidia al ricco caldo rancio dei commilitoni russi o Hezbollah.
Come tanti altri figli della Siria, Deeb ha risposto alla chiamata alle armi con la convinzione che si tratta di difendere il proprio Paese dal Califfato, da un progetto di cancellazione della civiltà della Siria: “Questa guerra non è contro una minoranza, e non è per colpire i cristiani, ma per colpire la Siria tutta”, afferma pacatamente. Certo, dopo sei anni è stanco: non può permettersi di farsi una famiglia, sa che dovrà ancora aspettare a prendere la responsabilità di una moglie e di figli, “meglio non lasciare una vedova” scherza.
So che tra di voi corre una brutta fama dei soldati siriani come di prepotenti che usano violenza alla popolazione, ma è del tutto immeritata: cerchiamo di proteggere i civili, di difendere il nostro popolo. Quando mi sono trovato faccia a faccia col nemico nella trincea di fronte a me, mi sono accorto di avere davanti volti allucinati, gente impasticcata resa come automi e cervelli lavati senza cognizione della realtà”.
La riconciliazioni con le milizie locali?: “Se sono siriani e depongono le armi, sono d'accordo che sia offerta a loro la possibilità del perdono”.



Sfidando il traffico frenetico di Damasco, tra ingorghi mostruosi e clacson che strombazzano all'impazzata, ci accolgono con delicata attenzione i Francescani di Bab Touma nel consueto momento del “caffè di Gesù” che raduna i fedeli dopo la Messa festiva, e le bellissime dolci ragazze del Patriarcato Greco Melkita: e si stringe il cuore al racconto discreto nei mesi di terrore per i missili dalla Ghouta sui quartieri cristiani, della povertà di tante famiglie sfollate, della fatica di avere oggi i mezzi di sussistenza per chi prima della guerra viveva con agio.
Si rendono conto che la guerra si trascina, ma la gente punta semplicemente a destreggiarsi nel quotidiano; la Siria è veramente massacrata e le ferite più profonde sono quelle dei morti che ogni famiglia conta, della insicurezza, della corruzione che la povertà ha amplificato, eppure i siriani restano un popolo non schiacciato, che vuole ricostruire il paese e la coesione sociale.

Tutti ci testimoniano la necessità di un lavoro educativo, in ogni ambito: i cristiani, per sostenere le ragioni per restare ed aiutare i giovani che nell'animo sono fragili ed insicuri;  i musulmani stessi per salvaguardare un Islam non politicizzato e fuori dall'influenza dei religiosi. A tal proposito, l'amico (sunnita) Said guarda con un certo malcontento al controverso decreto 16 dell'Awkaf , che a suo parere rischia di riportare surrettiziamente elementi religiosi all'interno dell'ordinamento sociale siriano, che egli come tanti altri pensatori fedeli all'islam spirituale vuole assolutamente laico , senza alcun appiglio all'introdursi di elementi oscurantisti di quell'islam fondamentalista che ha causato la funesta crisi siriana. E cita, suo malgrado, le parole del Ministro degli esteri francese Le Drian "Assad ha vinto la guerra, ma non ha ancora vinto la pace”. Non perchè Said creda poi molto alla efficacia della sbandierata 'soluzione politica', ma perchè comprende la necessità vitale della riconciliazione affinchè tanti morti e tanta devastazione non siano stati invano. “I problemi dell'Islam radicale si combatteranno con la educazione e il dialogo.., basta che se ne vadano i non-siriani”, ci viene ribadito con convinzione.

Chi ha detto che i siriani non discutono di politica? In caffè avvolti da nuvole di fumo di arghile e sigarette fumate forsennatamente (del resto un pacchetto costa l'equivalente di 50 centesimi nostri) ognuno degli amici ci vuol dare la sua lettura e spiegare cosa è questa guerra e le prospettive. 
Riportiamo qui i loro pensieri, con il rispetto e la consapevolezza di non avere competenze per giudicare, ma solamente le nostre preghiere da innalzare al Cielo per questo popolo che merita finalmente la Pace:

1  Qui si gioca un conflitto assai più ampio che quello tra sunniti e sciiti (che scuote l'Oriente ma non ha rilevanza primaria nella Siria dove si conviveva), che coinvolge molti attori internazionali e progetti mondiali di potere geopolitico, economico, energetico. L'interesse ai giacimenti di petrolio e gas (si parla anche di silicio nella zona desertica tra Palmyra e Homs) è uno dei moventi, assieme alla lotta intestina all'interno del mondo sunnita. I Paesi occidentali, Israele, Nato e satelliti del Golfo hanno provveduto con le solite procedure alla destabilizzazione della Siria, manovrando le truppe dei tagliagole jihadisti, attizzando il fuoco dello 'scontro confessionale' e finanziando le operazioni di indottrinamento all'islam fondamentalista attraverso predicatori e opere caritative.
2  Non molti credono nella 'soluzione politica' e considerano assai più decisiva la 'soluzione militare' .
3  Circa preoccupazioni e prospettive: sperano che i loro governanti conducano la fase post guerra con la stessa determinazione mostrata durante la guerra (si temono gli opportunisti che non mancano mai). Credono che la pace in Siria produrrà cambiamenti forti negli altri paesi arabi vicini, quindi la tranquillità non è garantita nell'immediato. Comunque la speranza è forte specialmente contando sulla presenza amichevole politica di Russia e Iran ed economica della Cina... Non hanno alcuna fiducia nei governi colonialisti occidentali e sono delusi dagli europei che li hanno abbandonati nonostante i legami storici. Ci domandano di lavorare per un' Italia cosciente e per un' Europa più libera..
4  Infine ammettono che le condizioni di una vera pace ancora non ci sono... essendo una delle ragioni fondamentali della guerra la sicurezza di Israele e l'applicare la "pace israeliana", con la complicità di molti governi arabi fantocci, finchè non succedano questi cambiamenti non ci sarà pace.