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giovedì 30 marzo 2017

Incontri nella Siria dei 6 anni di guerra: (4) I cristiani si interrogano -1°parte


Durante il viaggio, ho l'occasione di assistere ad un incontro di giovani  provenienti da diverse città della Siria:  sono i responsabili dei gruppi di 'CVX comunità di vita cristiana' e riflettono in un momento comune sulla propria vocazione in questo momento della vita dolorosa del proprio paese.
 Ci tengono a ribadire che la sofferenza che stanno vivendo i cristiani è una sofferenza che li accomuna agli altri siriani, senza distinzione, perché in questo momento cristiani e musulmani soffrono allo stesso modo.
 Magda è insegnante e fa la volontaria in attività organizzate per aiutare e dare conforto in un campo profughi di Aleppo: fa l'esperienza della diversità, è spesso l'unica non velata dentro l'ambiente in cui porta la sua presenza, ma si accorge anche di quanto uno sguardo suo libero, sereno, non condizionato, crea inaspettati ponti di riconoscimento. I musulmani sono stupiti dal vedere l'interesse che hanno i cristiani verso di loro, quando le stesse moschee non si prendono cura dei loro bisogni, fanno un incontro umano con persone amorevoli, gentili e questo li sorprende enormemente, perchè non è l'immagine che avevano conosciuto, vedono che è un'altra cosa ...
La crisi è stata un'occasione per un incontro pienamente umano: recandoci a Jebreen nei campi profughi dove sono raccolte persone che sono vissute sotto Isis o i gruppi fondamentalisti, ci raccontano esperienze terribili, che quasi non si riesce ad ascoltare immaginando che siano la realtà, soprattutto per le donne. Ci sono molte malattie a livello psicologico, menti che sono state segnate da una  violenza terribile, tanti non riescono più a dormire e raccontano storie veramente disumane, che ci toccano profondamente e lavorare con loro è spesso fonte di pianto.”
 Proprio questo ascoltare e condividere il dolore sta riempiendo di senso la vita di queste donne e uomini che hanno scelto di restare. Essi non sono d'accordo con quei cristiani che qui pensano di essere considerati inferiori perché non hanno un ruolo importante nella società siriana, invece percepiscono la propria missione come fondamentale all'interno della società. “Ci sono cristiani che pensano che per loro non ci sia un avvenire qui” ... Magda avrebbe potuto emigrare senza problemi, come hanno fatto quasi tutti i suoi parenti, ma lei ha sentito che questa era la sfida che le era proposta da Cristo e che ha accettato come la propria vocazione. Scopre così che quello che ha tutti i giorni, cioè il suo lavoro, il servizio, la vita nella comunità cristiana, le basta per restare, dà una ragione anche al sopportare le privazioni dell'acqua, della luce e di altre cose che prima sono  sempre state normali. 
“È vero soffriamo, ma quello che mi rialza è di avere un senso, il percepire che c'è un significato e che questo significato è dentro di me come una sorgente che mi tiene in piedi. Come siriana e come cristiana io percepisco che se Dio mi ha messo qui è perché si aspetta da me qualcosa qui, trovo ogni giorno dei segni che mi convincono che è giusto essere qui. Ma è molto importante il sostegno di CVX , cioè una compagnia che mi aiuta iniziando la giornata con la preghiera e terminandola con la liturgia, ogni giorno ritrovo la scelta del perché continuare, e che cosa Dio mi sta domandando. Prima la ragione era come di tipo sociale, adesso capisco che la  ragione viene da una fonte spirituale”.  Aggiunge Abed: “Se si pensa all'essere cristiani come categoria sociale, allora si è presi dal senso di inferiorità, di essere minoranza e quindi senza chances; ma io penso che il punto è personale, nessuno può sostituire il mio essere personalmente radicato in Cristo e in questa società. Quello che cambia è la coscienza di essere testimoni di Cristo e non delle vittime di questa società. Veramente, stiamo vivendo un tempo di Grazia in tempo di guerra... riconosciamo che abbiamo cercato di vivere il Vangelo e vogliamo continuare a vivere con questo spirito ancor più profondamente. ”.
 G , giovanissima ragazza sfollata a Damasco da Maloula quando  i terroristi hanno distrutto la sua casa, dice che lei era sempre stata convinta che la sua vocazione fosse di essere un ponte, una testimone radicata nella società siriana con un compito. Ma adesso, dopo quello che è successo a Maloula e vedendo la sua casa distrutta, i suoi amici presi prigionieri e non più ritornati, si domanda come si può restare in un paese dove non c'è più legge e difesa. Si chiede dunque fino a quando, e perché, sopportare tutta questa difficoltà, il senso di essere indifesi senza protezione... E quindi si pone la domanda: “se io ne avrò la possibilità, lascerò la Siria?". Ogni siriano in realtà, non solo i cristiani, si domanda come restare in un paese senza legge, senza diritto, dove le mafie imperversano, e dove la guerra ha incrementato ladri, scassinatori, approfittatori. “Questo è il grande male per la guerra, e noi capiamo che c'è qualcuno che non vuole che la guerra finisca, che vuole arricchirsi; approfittano della guerra, sia fuori della Siria che persone di dentro” .
 L. di Aleppo ritiene che la paura dei cristiani è una cosa antica, fin da prima di questa guerra, perché i cristiani si sono sempre sentiti presi di mira, perché si sa che sono persone pacifiche, perdonano, ma si trovano in mezzo a litiganti più forti che possono sopraffarli facilmente.
 Ma, concordi, in tutti i ragazzi c'è la consapevolezza delle menzogne che sono state diffuse sulla cosiddetta rivoluzione, su quello che la stampa racconta che accade in Siria e, benché tra di loro si percepiscano opinioni anche politiche differenti, concludono unanimi con queste parole: “Lasciate la Siria in pace, non venite a prendere una parte contro l'altra,  lasciateci risolvere da soli i nostri problemi".

Nel cammino verso Damasco ci fermiamo in quel luogo straordinario che è il monastero Mar Yacub di Qara, spazio di incontro e di apertura  fraterna in un ambiente dalla mirabile storia risalente ai primissimi anni del cristianesimo in Siria: una breve sosta che spalanca il cuore ad un abbraccio grato per questa amicizia e per questa presenza ospitale.

 Fiorenza  (la seconda parte continua domani)