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giovedì 8 ottobre 2015

Il dramma dei profughi nella testimonianza di un siriano cristiano, che finisce detenuto in Turchia

" solamente il mare ha avuto pietà dei siriani" 

Ci racconta Yousef, un cristiano arrestato in Turchia, come è iniziata la sua fuga dalla guerra in Siria,  come è stata affondata la barca che portava 150 persone, il 15 di settembre 2015, e come sono finiti tutti in un campo di detenzione in Turchia vivendo in condizioni pessime.
Con lui ci sono 65 cristiani tra cui bambini e donne, con loro stanno pure gli integralisti

Ascoltiamo la sua storia inviata  attraverso Whatsapp:

" Studiavo alla facoltà di ingegneria meccanica a Damasco, ma sono andato fuori dal paese perchè la situazione si era fatta molto pericolosa. 
Prima sono andato in Libano, e da li sono andato nei Paesi del Golfo, spostandomi in continuazione perchè nessuno di essi mi ha voluto dare un permesso di soggiorno. Dopo di che sono partito per la Turchia e sono rimasto circa 6 mesi, ma non sono riuscito a trovare un lavoro. Così sono rientrato in Libano dove sono rimasto 2 anni, lavorando in una casa farmaceutica, ma ultimamente la situazione in Libano e' diventata pessima per i siriani, quindi sono ritornato di nuovo in Turchia con i miei cugini. Siamo atterrati ad Adana e dopo ci siamo diretti verso Bodrum, abbiamo tentato di scappare verso l'Europa col gommone ma non siamo riusciti. E nel secondo tentativo il motore si e' spento mentre eravamo a poca distanza dalle acque greche,  nel terzo tentativo il gommone ha perso l'equilibro. Allora abbiamo deciso di partire con lo yacht perchè è più sicuro. Eravamo un gruppo di 7 persone (io , i cugini più un amico con la sua famiglia e sua sorella).
Eravamo in un albergo dove c'erano pure altri siriani (circa 300), tra di loro c'erano circa 50 cristiani, poi si sono aggregate altre due famiglie. Così eravamo in totale circa 75 cristiani. 
Ci hanno divisi in gruppi (ogni gruppo di 30 o 40 persone) ed ogni gruppo l'hanno fatto salire dentro un camion chiuso, che viene utilizzato per il trasporto della carne. Siamo rimasti dentro il camion per circa un' ora e mezzo, in quel tragitto pensavamo di morire dentro. Con il GPS seguivo tutto il tragitto, alla fine siamo arrivati a Sorba. Da li e' iniziata la durissima camminata per due ore e mezzo tra le rocce e le spine fino ad arrivare al mare. Eravamo distrutti dalla stanchezza, alcuni di quelli che erano con noi hanno provato a tornare indietro, ma i camion erano già andati, ormai eravamo nelle mani dei trafficanti turchi che ci hanno trattato malissimo, ma non potevamo fare niente. Siamo arrivati ad una scogliera d circa 200 m2, e lì abbiamo aspettato 3 ore. Alla fine e' arrivato lo Yacht che era un po' malandato. Siamo saliti tutti, le famiglie erano messe nel piano sotto mentre i giovani nel piano sopra. Quando e' arrivato lo Yacht l'autista turco e' andato via ed e' salito uno siriano di Lattakia che era uno di noi e voleva come noi scappare in Europa. 
Abbiamo fatto un' ora di navigazione ed andava tutto bene, finchè abbiamo visto una barca della guardia costiera turca. La guardia ha puntato una luce contro di noi ed ha iniziato a girare intorno al nostro Yacht. Non abbiamo voluto fermare, ma la barca della guardia ha iniziato a girare velocemente intorno al nostro Yacht causando delle onde forti. La gente ha iniziato a sentire il panico perchè la barca cominciava a perdere l'equilibrio. Abbiamo fatto vedere alla guardia turca che non avevamo niente di pericoloso, e che abbiamo con noi dei bambini. Abbiamo chiesto all'autista di fermare. Ma la guardia ha iniziato a sparare, non sappiamo se hanno sparato contro di noi o in aria, perchè al momento della sparatoria ci siamo buttati in terra. Quelli che erano sotto hanno sentito un grande rumore che usciva dal motore della Yacht, non sappiamo se era il motore colpito dalla guardia o se e' stato un guasto. Le guardie hanno continuato a girare intorno a noi ed avevano nelle loro mani delle telecamere per filmare tutta la scena. Alcuni di noi parlavano il turco ed hanno detto loro che abbiamo dei bambini ma nessuno ci dava retta. Alla fine si sono fermati ma nel frattempo l'acqua ha cominciato a salire dentro la barca, in poco tempo ci siamo trovati nell'acqua. Alcuni bambini, donne e uomini sono stati salvati grazie ad una piccola barca era dentro lo Yacht. Alcuni avevano un salvavita, alcuni si sono buttati nell'acqua senza niente, ma alcuni di quelli che erano rimasti nel piano sotto sono morti. Sono morte circa 30 persone tra di loro c'erano 13 bambini. Una famiglia intera è finita nella bocca del mare. 
La situazione era drammatica, nel frattempo sono arrivati altri Turchi a guardare la scena avendo delle telecamere, e mentre cercavamo di avvicinarci loro si allontanavano. Dopo di che si sono avvicinati ed hanno cominciato a tirarci su filmando tutto anche da un elicottero. Ci hanno lasciti sotto il sole per 2 o 3 ore. Dopo un'ora di navigazione siamo arrivati al centro di polizia di Bodrum dove ci hanno lasciati per 4 ore. Dopo ci hanno divisi in 3 o 4 gruppi. Siamo finiti in un centro di polizia dove ci hanno lasciato li per 20 ore all'aperto, senza una coperta dandoci poco da mangiare e non bastava per tutti, anzi, alcuni del nostro gruppo non hanno avuto niente da mangiare. Ci hanno dato un po' di acqua dopo che abbiamo perso la pazienza. Eravamo sotto un forte controllo fino all'ora di dormire. 
Al secondo giorno sono arrivati dei bus, e ci hanno detto che ci portano a Mugla (dista 60 km), ma siccome qualcuno di noi capisce il turco, abbiamo saputo che ci volevano portare ad un campo di profughi, allora abbiamo protestato ed abbiamo creato un muro di donne e bambini e noi uomini ci siamo messi dietro, sperando che non ci caricassero, ma la polizia ha iniziato a colpirci e ci hanno messi nei bus per forza. Con noi solo saliti dei poliziotti armati vestiti in borghese, molto probabile che erano dei servizi segreti turchi. I bus hanno viaggiato per circa 20 ore senza che nessuno ci dicesse dove ci portano. Ci siamo fermati una volta sola per mangiare e bere, abbiamo chiesto a loro "dove ci portate?” ma nessuno ci rispondeva.
Alla fine siamo arrivati in un campo che si chiama Uthmanya nella regione di Doschi. Quando siamo entrati dentro abbiamo capito che ci hanno portato dentro un campo di detenzione e non un campo di profughi. Un campo dove c'è una sorveglianza forte, torri, telecamere, filo spinato. Ci hanno messo dentro delle carovane (non erano male) ma non ci proteggeva dal caldo durante la giornata o dal freddo della notte (eravamo in una zona di montagna). Il cibo non era nè di buona qualita' e nè di quantita', il pasto e' Burgul o riso sia al pranzo che alla cena.
La grande sorpresa è che ci hanno messi in una prigione con gli estremisti islamici, abbiamo visto alcuni di loro feriti per le battaglie in Siria. Ci sono pure dei mendicanti, la nostra accusa era quella di mendicanza, ma senza darci nessun tipo di spiegazione, noi dobbiamo solamente obbedire.
Quando siamo arrivati nel campo di detenzione abbiamo saputo che un giovane è morto perchè ha rifiutato di mangiare (protestando), questo giovane siriano e' morto dopo tre giorni della sua protesta ed i suoi amici lo hanno portato fuori dalla camera .
Ieri e' arrivato un gruppo dal UN che ha fatto delle interviste. Non ci hanno promesso niente, ma ci hanno detto che faranno un verbale e lo portano alla UN. "




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