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domenica 9 febbraio 2014

9 febbraio : San Marone monaco

Nel gravissimo momento attraversato dalla comunità civile libanese, non possiamo che affidare oggi  all'intercessione di San Marone la richiesta della pace per il Libano e per tutta la regione, riprendendo l'appello di S. B. il Patriarca maronita Bechara  Raï: "il Libano sarà costruito insieme o non sarà"




di  padre Pasquale Castellana ofm

Si innalzano monumenti agli antenati e a coloro che spesero la vita per la Chiesa o per la patria. Non dobbiamo, quindi, meravigliarci se, lungo i secoli, i fedeli abbiano innalzato chiese o monumenti a coloro che lavorarono per il bene dei fratelli. E per i poveri e gli ammalati, in particolare.
Tra questi benefattori dell’umanità è da annoverarsi san Marone, che visse come monaco eremita sul colle di Qal’at Kalota, nella regione, chiamata, in seguito, Jebel Sim’an.
Meritò il privilegio di celebrare la vita e le opere di questo santo, Teodoreto, antiocheno di nascita, monaco nel monastero di Nikertai, presso Apamea, e, poi, trentenne appena, vescovo della città di Cirro, situata 60 chilometri a nord di Aleppo, Siria. Per le sue buone opere, per la vita di penitenza, di cui lasciò un luminoso esempio a tutta la regione, per i miracoli che compì in favore degli ammalati e dei poveri e per la sua vita apostolica, la gente di Brad onorò san Marone con un sepolcro, pervenutoci quasi intatto dopo circa mille e cinquecento anni.
Appena si sparse la notizia della morte del santo eremita, la gente della cittadina di Brad si mosse. Il luogo era di prima importanza; lo dice l’iscrizione ritrovata a Bab el-Hawa presso il luogo, dove, nel 418, fu costruito un grandioso monastero, sotto la direzione dell’architetto Kyris Markianos, la cui fama si era sparsa nella Siria del nord dopo la costruzione di tre basiliche nei villaggi di Babisqa, di Ksejbe e di Dar Qita.
Che cosa fece il clero di Brad per onorare degnamente il corpo di san Marone? Adattarono la più grande basilica della regione, che prima era un tempio pagano, e,  poi, per ordine dell’imperatore Teodosio il Grande, divenne chiesa. Era la chiesa più grande della Siria, misurava 42 metri per 22. Tolsero il muro della parete settentrionale, vicino alla porta del diakonikon, e al suo posto costruirono un grande arco, che permetteva ai fedeli, dopo la liturgia eucaristica, di passare dalla chiesa al tempietto di san Marone.
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   continua qui la lettura del racconto: 
http://www.terrasanta.net/tsx/articolo-rivista.jsp?wi_number=2247&wi_codseq=TS1003



un ribelle siede sopra le rovine della Basilica Bizantina di  Bab el-Hawa



La Santa Vergine, il Libano, i Maroniti. Tre realtà compenetrate e inscindibili

 di Jocelyne Khoueiry

La comunità monastica maronita è stata fondata nel IV° secolo dal santo anacoreta Maroun, e fu successivamente trasformata in Chiesa patriarcale agli inizi dell’VIII° secolo, a seguito della vacanza della sede di Antiochia già occupata dagli Arabi. A causa di una serie di feroci persecuzioni la sede patriarcale antiochena-maronita venne trasferita, agli inizi del X° secolo nella regione del Monte Libano già evangelizzata da discepoli di San Maroun fin dal V° secolo. In Libano i Maroniti divennero un popolo e una nazione, organizzata e diretta dalla Chiesa la cui sede patriarcale fu consacrata alla Vergine Maria. Per comprendere l’intimo rapporto che ha sempre unito la Chiesa maronita alla Madre di Dio è fondamentale considerare due dati interessantissimi: un testo siriaco maronita che si trova al British Museum e un’icona scoperta provvidenzialmente durante un restauro ad opera delle suore carmelitane del convento della Theotokos.
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   continua la lettura qui:  La Madre di Dio nella storia della Chiesa Maronita


Il patriarca Raï: "il Libano sarà costruito insieme o non sarà"

AsiaNews, 06/02/2014
di Fady Noun

Una "Memoria" indirizzata alle componenti della società politica libanese, nella fase "più critica" della sua esistenza. La perdita "di fatto" del senso del Patto nazionale. Il valore della neutralità, la guerra in Siria e Israele. Le "priorità" che si impongono.

Beirut  "Il Libano sarà costruito insieme o non sarà": lo scrive il patriarca maronita in una "Memoria" che mette in guardia i libanesi sull'indebolimento del loro patto di vita insieme e che li invita a rimettere ordine nelle loro priorità.
E' una lettera molto bella, una "memoria" molto bella, molto sincera, quella che il Patriarca ha indirizzato ieri, a conclusione della riunione mensile dell'assemblea dei vescovi maroniti, alle componenti della società politica libanese, per ricordare "che esse hanno fatto il Libano insieme" - la proclamazione del Grande Libano porta la data del 1920 - e "che esse ne debbono preservare insieme l'esistenza".
Se le cose sono detta con tale gravità e perché, secondo il Patriarca, il Libano sta vivendo una fase critica della sua esistenza, "la più critica", nelle sue parole, e che per superarla ha bisogno di tutta la sua memoria storica.
Di qui l'affermazione che ""Il Libano sarà costruito insieme o non sarà" (17), contenuta in questo documento ricco e ben articolato.
Se queste parole, del tutto ovvie, sono necessarie oggi è perché, afferma in sostanza il documento, le diverse comunità che compongono il Libano sono estremamente polarizzata dall'esistenza di assi politici regionali, ai quali esse debbono maggiore o minore fedeltà.
Di fatto, diviso tra l'asse siro-iraniano e l'Arabia Saudita, il Libano vive in questo momento ore cruciali. Esso è risucchiato, poi, nella guerra in Siria, divenuta il punto di convergenza di tutte le alleanze regionali e internazionali, il luogo nel quale si gioca una parte determinante del futuro del Medio Oriente. Una partita che, sul piano locale, si è tradotta, attraverso un'acerrima lotta di potere che ha completamente falsato il ruolo delle istituzioni, "nel punto di paralisi" sottolineato dalla memoria.

Il patriarca maronita custode del Libano
Cosciente del pericolo e del fatto che la storia ha fatto dei patriarchi maroniti i fondatori e "i custodi" del Libano, il patriarca Raï ha sentito il dovere di ricordare agli uni e agli altri le costanti storiche che impediranno al Libano di essere diviso fino ad esplodere e gli permetteranno di vivere secondo la sua vocazione, quella di essere "più che un Paese, un messaggio, un modello di libertà e di pluralismo per l'Oriente e l'Occidente", secondo la felice formula di Giovanni Paolo II con la quale si conclude il messaggio.
Per farsi capire, il patriarca risale alle origini della creazione del Libano indipendente, fondato su un "Patto nazionale" orale (mithaq), che è il consenso, l'adesione a una "convivialità (islamo-cristiana) che gli è precedente".
La Memoria deplora la perdita di fatto, in interi settori della sfera politica, del senso del "patto", a vantaggio di una lotta feroce per il potere e invita a ritrovarlo e rinvigorirlo.

Formula e Costituzione
Il Patto di fondazione, prosegue il Patriarca, si è incarnato in una "formula" (sigha) e in una Costituzione. La formula si esprime attraverso "due negazioni", "Né Oriente, né Occidente" che erano un consenso a una volontà di vivere insieme. All'epoca, sostiene il Patriarca, quel "né... né" significava no all'unione con la Siria e no all'obbedienza alla Francia. Oggi ciò che va recuperato è "l'essenziale della formula", l'adesione a una vita insieme che è la rinuncia a legami esterni, e non la sua lettera.
Dopo "il patto" e "la formula" viene "la Costituzione", che incarna la volontà di condivisione nell'esercizio del potere e di edificazione delle istituzioni, che si è evoluta verso il rispetto del principio della parità islamo-cristiana in parlamento, nel governo e nelle alte cariche amministrative.

La neutralità positiva
Il Patriarca pone al rango delle costanti fondamentali il principio della "neutralità positiva", sottinteso dalla formula. Egli ricorda che questa neutralità si esprime nei confronti degli assi politici verso i quali sono attratte le comunità libanesi, ma che non escludono in alcun modo l'impegno del Libano per le grandi cause del mondo arabo, a cominciare dalla causa palestinese.
A proposito della neutralità egli assicura che "lungi dall'isolare il Libano dagli impegni regionali, come alcuni temono, è il modo migliore per difendere il pluralismo in società composite" (15) come quella libanese.
Va da sé che la maggiore violazione della neutralità che protegge il Libano è, agli occhi di molti libanesi, l'impegno militare di Hezbollah in Siria e le rappresaglie che esso comporta sul suolo libanese, sotto la forma di attentati suicidi.
Senza nominare Hezbollah, il documento patriarcale sottolinea l'importanza, per il Libano, "di impedirsi di essere un punto di passaggio o un punto di partenza di azioni capaci di coinvolgere il Libano in conflitti (...) tra assi regionali o internazionali". Nel passo, il Patriarca non manca di auspicare una soluzione pacifica della guerra in Siria.
Per bilanciare, la memoria evoca la necessità si una "strategia di difesa nazionale" che permetterebbe al Libano di "recuperare le sue terre sottratte (da Israele) e di proteggere i suoi confini".

Le priorità
A conclusione, il Patriarcato si fa il dovere di trarre le conseguenze dei pericoli reali corsi dal Libano e di ricordare "le priorità" d'azione che ritiene si impongano. Esse sono:

  • Il procedimento della costruzione delle istituzioni (dopo la conservazione di ciò che si è acquisito), nello sforzo di aiutare il potere centrale a emergere e imporsi.
  • L'elezione di un nuovo capo dello Stato e la promozione del dialogo interno.
  • L'elaborazione di una nuova legge elettorale e l'organizzazione di elezioni politiche.
  • La formazione di un governo.
  • Il decentramento amministrativo.
  • La prosecuzione dell'applicazione dell'accordo di Taif (che prevede la creazione di un Senato) e la correzione delle sue mancanze.
  • L'attenzione per i giovani.
  • La promozione del ruolo della donna.
  • La riforma amministrativa e la lotta contro tutto ciò che corrompe l'organizzazione dello Stato (corruzione e clientelismo),
  • L'apertura al mondo, in particolare al mondo dell'emigrazione e la votazione di una legge che permetta agli aventi diritto di recuperare la nazionalità libanese.
  • La partecipazione del Libano all'emergenza di un vero rinnovamento arabo e la fedeltà all'apertura e ai tradizionali amici del Libano.