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sabato 30 novembre 2013

Papa Francesco: "Il mio pensiero va subito ai fratelli e alle sorelle della Siria, che patiscono da lungo tempo una 'grande tribolazione'

Discorso di Papa Francesco al Patriarca dei Greco-Melkiti Gregorios III Laham e ai fedeli della Comunità Greco-Melkita in occasione del loro pellegrinaggio a Roma


Sala stampa della Santa Sede
30 novembre '13

Alle ore 11.30 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza il Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti, S.B. Gregorios III Laham, il Sinodo e i fedeli della Comunità Greco-Melchita, in occasione del loro pellegrinaggio a Roma.Riportiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge loro nel corso dell’Udienza:

Beatitudine,
cari fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari fratelli e sorelle,
Con gioia vi accolgo presso San Pietro, dove siete venuti a riaffermare il profondo legame della Chiesa di Antiochia dei Greco-melchiti con il suo successore. Venite come testimoni delle origini apostoliche della nostra fede. Da allora, la gioia del Vangelo continua a illuminare l’umanità, e in essa voi camminate, nonostante le numerose prove che avete conosciuto nella storia e fino ai nostri giorni.
Il mio pensiero va subito ai fratelli e alle sorelle della Siria, che patiscono da lungo tempo una “grande tribolazione”; prego per quanti hanno perso la vita e per i loro cari. Voglia il Signore asciugare le lacrime di questi suoi figli; la vicinanza di tutta la Chiesa li conforti nell’angoscia e li preservi dalla disperazione.


Crediamo fermamente nella forza della preghiera e della riconciliazione, e rinnoviamo il nostro accorato appello ai Responsabili perché cessi ogni violenza e attraverso il dialogo si trovino soluzioni giuste e durature ad un conflitto che ha già causato troppi danni. In particolare, esorto al rispetto vicendevole tra le varie confessioni religiose, per assicurare a tutti un futuro basato sui diritti inalienabili della persona, compresa la libertà religiosa. La vostra Chiesa da secoli ha saputo convivere pacificamente con altre religioni ed è chiamata a svolgere un ruolo di fraternità in Medio Oriente.

Ripeto anche a voi: non ci rassegniamo a pensare al Medio Oriente senza i cristiani. Tuttavia, molti vostri fratelli e sorelle sono emigrati, e una folta rappresentanza dalle comunità in diaspora è qui presente. Le incoraggio a mantenere salde le radici umane e spirituali della tradizione melchita, custodendo dovunque l’identità greco-cattolica, perché la Chiesa intera ha bisogno del patrimonio dell’Oriente cristiano, di cui anche voi siete eredi. Al tempo stesso, siete segno visibile per tutti i nostri fratelli orientali della auspicata comunione col Successore di Pietro. In questa festa di sant’Andrea Apostolo, fratello di san Pietro, il mio pensiero va a Sua Santità Bartolomeo, Patriarca di Costantinopoli, e alle Chiese Ortodosse.

Preghiamo il Signore che ci aiuti a proseguire il cammino ecumenico, nella fedeltà ai principi del Concilio Ecumenico Vaticano II. Aiuti voi ad essere sempre cooperatori dell’evangelizzazione, coltivando la sensibilità ecumenica e interreligiosa. Ciò è possibile grazie all’unità, alla quale sono chiamati i discepoli di Cristo (cfr At 4,32); e l’unità esige sempre la conversione da parte di tutti. Al riguardo, l’Esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente ha offerto indicazioni molto efficaci affinché i pastori e i fedeli vivano generosamente le rispettive responsabilità nella Chiesa e nella società. Le divisioni all’interno delle nostre comunità ostacolano seriamente la vita ecclesiale, la comunione e la testimonianza. Accompagno, perciò, il Patriarca e i Vescovi in questo impegno, affinché possano contribuire in tal modo all’edificazione del Corpo di Cristo. Ma vorrei tanto incoraggiare anche i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i fedeli laici ad offrire il loro essenziale apporto.
Invochiamo l’intercessione della Tuttasanta Madre di Dio, dei santi Apostoli Pietro e Paolo, e di sant’Andrea, al quale ci rivolgiamo con le parole della tradizione bizantina: «Tu, che fra gli Apostoli fosti chiamato per primo, come fratello del Corifeo, implora dal Signore onnipotente la pace per il mondo e la grande misericordia per le anime nostre» (Apolytikion della Memoria). Di cuore imparto a voi e alle vostre comunità la Benedizione Apostolica.

    Leggi anche:

Pace per la Siria! Non rassegnarsi a un Medio oriente senza cristiani




Papa: "soluzioni giuste e durature" per la guerra in Siria e rispetto per la libertà religiosa in Medio Oriente


venerdì 29 novembre 2013

Siria: quella suora non deve parlare…



Il caso di suor Agnes-Mariam, che denuncia la copertura a livello internazionale del "genocidio sirio"

di Marco Tosatti 

Quello che stiamo per riportare è solo un episodio, ma è indicativo del livello di violenza e di manipolazione che circonda in Occidente – Stati Uniti e Gran Bretagna in particolare – quello che sta accadendo in Siria. 
In Siria vive da venti anni una suora, Agnes-Mariam  che ha dato vita  un movimento chiamato Mussalaha (Riconciliazione), che chiede che la guerra si fermi e le diverse parti in conflitto si siedano al tavolo della trattativa. Di suor Agnes-Mariam de la Croix abbiamo parlato già varie volte, in passato; perché è grazie a lei che sono emerse notizie nascoste o trascurate dalla grande informazione, ed è stata data voce a chi in questa guerra sporca non ne ha:  le persone comuni, le vittime di sempre delle guerre.

Ma questa attività ha fatto sì che la lettura dominante della guerra fosse messa in discussione. Se da una parte c’era Bashar al-Assad, esponente di un regime dittatoriale e repressivo, dall’altra non c’erano i campioni della democrazia e dei diritti sbandierati da Gran Bretagna e Stati Uniti, ma un esercito ormai composto quasi in maggioranza da mercenari islamici finanziati da Arabia Saudita (regime notoriamente democratico) e Qatar, oltre che dai “falchi” occidentali. E i “ribelli” si mostravano senza esitazione più crudeli dell’esercito siriano.  
“In Siria tutti sono in pericolo – ha dichiarato due mesi fa suor Agnes-Mariam de la Croix - . C’è stato il caso di leader religiosi musulmani rapiti e decapitati. Sono stati umiliati e torturati. Gli ismaeliti, i drusi, i cristiani, gente di ogni parte della società siriana sono uccisi in massa. Voglio dire che se questi macellai non avessero l’appoggio internazionale, nessuno avrebbe avuto il coraggio di varcare quella linea. Ma oggi, sfortunatamente, la violazione dei diritti umani e il genocidio in Siria sono coperti a livello internazionale”.

Dopo quelle dichiarazioni alcuni fatti – come il massacro di Sadad, e altri, solo ora ammessi pubblicamente da Human Rights Watch – hanno confermato quanto c’era e c’è di vero nelle parole della religiosa. Tutto questo però va contro la fanfara guerresca messa in piedi da alcuni governi occidentali, e a cui l’informazione main stream, anglosassone in particolare, si è adeguata voluttuosamente, come già fece al tempo delle guerre irachene. 
Ma quella di suor Agnes-Mariam de la Croix è ormai una voce scomoda. Perché se no la gente potrebbe cominciare a chiedersi perché il proprio Paese appoggia, arma e finanzia gente che bombarda, stupra e massacra civili innocenti sotto la bandiera della “liberazione”.

Così quando si è saputo che la religiosa era stata invitata a parlare alla conferenza internazionale di “Stop the War” che avrà luogo a Londra il 30 novembre prossimo, è partita nei suoi confronti una campagna che definire di diffamazione è dire poco, via internet. “La suora preferita da Assad”, un' “apologa di Assad” veniva definita la religiosa, ma non da fondamentalisti islamici, bensì dai falchi della liberale Gran Bretagna. E allo stesso tempo partivano le pressioni verso gli altri oratori. Due di essi, Owen Jones e Jeremy Scahill sono stati tempestati di messaggi via Twitter affinché si rifiutassero di sedere allo stesso tavolo di suor Agnes-Mariam. Entrambi scrittori e giornalisti, si sono piegati alle pressioni. La religiosa ha risposto ritirandosi dalla Conferenza, con una lettera piena di dignità ( http://stopwar.org.uk/mother_<wbr></wbr>agnes.pdf). In essa diceva: “Qualcuno può sentire che se parlo alla Conferenza sarà fatta un’ingiustizia. Altri possono pensare che ci sarà ingiustizia se non parteciperò. Ma dal momento che la mia partecipazione può essere usata da qualcuno contro i vostri sforzi verso la pace, la non violenza e la riconciliazione, penso sia meglio ritirare la mia partecipazione”. 
Una lettera piena di dignità, che dovrebbe riempire di vergogna gli organizzatori della campagna di diffamazione, chi vi si è piegato, e chi pensa che la libertà di opinione sia reale in certi Paesi e su certi temi.

http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/siria-syria-siria-30073/

Madre Marie-Agnes risponde alle critiche:



Madre Agnese Maria della Croce è portavoce del Media Centre cattolico della diocesi di Homs, Hama e Yabroud in Siria. La Madre è uno dei principali rappresentanti della "Mussalaha", l' iniziativa interreligiosa per la riconciliazione, che ha il sostegno di tutte le comunità religiose della Siria.
In questa intervista, risponde a molti dei critici che attaccano la sua iniziativa e chiarisce alcuni dei suoi obiettivi per aiutare il ripristino della pace in Siria, come ad esempio: 

• sostenere la risoluzione dei conflitti attraverso la negoziazione e l'attuazione di un processo democratico. 
•  fermare il flusso di armi alla Siria. 
•  stigmatizzare i metodi di guerra che sono contro la Convenzione di Ginevra. 
• sospendere le interferenze dall'estero nel conflitto siriano. 
•  fornire informazioni oneste sul conflitto siriano. 
• supportare i nuovi partiti politici che stanno proliferando e dando nuova forma al paesaggio politico siriano. 
•  fermare le sanzioni, che stanno danneggiando solo la popolazione civile. 
•  distribuire equamente gli aiuti umanitari. 
•  appello all'imparzialità tra le diverse ONG che operano nel conflitto siriano. 
• sostenere un nuovo stato che garantisca la parità di cittadinanza e libertà religiosa di ogni gruppo religioso ed etnico. 

Nonostante il perdurare del conflitto in Siria, Madre Agnese  crede che l'iniziativa è assolutamente necessaria in questo particolare momento ed è imperativo che l'iniziativa di riconciliazione Mussalaha sia riconosciuta, nutrita e sostenuta da tutti coloro che credono nella pace attraverso il dialogo. 
L'articolo originale qui




   read: 

Mother Agnes Mariam: In Her Own Words


mercoledì 27 novembre 2013

11.000 bambini sono stati uccisi in quasi tre anni di conflitto in Siria: testimonianze

Sono oltre 11 mila i bambini morti in Siria dall'inizio del conflitto, spesso uccisi da bombe, ma anche finiti nel mirino di cecchini e a volte torturati. L'allarmante dato arriva da un rapporto dell'Oxford Research di Londra, anticipato da alcuni media, che cita anche "esecuzioni sommarie": delle 11.420 vittime sotto i 17 anni, 2.223 sono morti nella zona di Aleppo; 389 sono stati uccisi da un cecchino, 764 "sommariamente giustiziati, e più di 100 sono stati "torturati", sottolinea il rapporto.  ansamed.ansa.it


Maria Saadeh: 

" Tenete la guerra lontana dai nostri bambini!"



«Se i ribelli avessero a cuore il popolo siriano, non permetterebbero ai terroristi di massacrarlo»

Tempi, 27 novembre 2013 
intervista di Leone Grotti


Maria Saadeh è architetto e deputata cristiana del Parlamento siriano eletta nel 2012 tra le fila di una lista indipendente e non all’interno del partito Baath del regime di Bashar Al Assad. Non ha mai risparmiato critiche al governo, affermando più volte che «fa acqua da tutte le parti», e anche davanti alla prospettiva di un cambio di regime si è preoccupata soprattutto che «venga preservata la natura laica della Repubblica siriana». In questi giorni però Saadeh è in Italia per «dare voce al mio popolo» e testimoniare che «quello che succede in Siria non è quello che raccontano i vostri media: i terroristi e i jihadisti stranieri stanno cercando di distruggere lo Stato siriano con la violenza». 

La guerra viene dipinta dalla maggior parte dei media occidentali come uno scontro tra il popolo siriano e il governo.  Non è così, non sta succedendo niente di tutto ciò. Io sono venuta in Italia per spiegare che in Siria è in atto una guerra contro lo Stato, non contro il governo. Per distruggerlo, paesi stranieri fomentano il conflitto sociale, etnico e religioso.

L’obiettivo dei ribelli non è cacciare Assad?  Bisogna capire che lo Stato siriano e il regime sono due cose diverse. Non essere d’accordo con il regime non significa smettere di sostenere lo Stato. Lo Stato siriano infatti garantisce l’esistenza e la sicurezza della società, dei cristiani, dei musulmani, del popolo. Se lo Stato viene distrutto, tutto piomberà nel caos. La comunità internazionale deve rispettare la nostra sovranità e il nostro diritto a scegliere da chi vogliamo essere rappresentati come popolo siriano. Non vogliamo interventi stranieri.

Perché parla di «interventi stranieri»?  Perché quello che sta succedendo ora in Siria è pilotato da Stati come Arabia Saudita, Qatar e Turchia che inviano nel nostro paese uomini, armi e soldi con cui finanziano jihadisti, terroristi e salafiti che imbracciano la religione come arma politica. A uccidere i civili e bombardare le nostre città non sono siriani ma soprattutto jihadisti stranieri. Nell’ultimo mese poi si è verificato un fenomeno inquietante.

Quale?  I ribelli per la prima volta hanno cominciato ad attaccare le scuole, soprattutto quelle dei quartieri cristiani. Io non so perché lo fanno ma noi chiediamo alla comunità internazionale, all’Onu e al mondo di tenere la guerra lontana dai nostri bambini. Lo Stato oggi ci protegge anche da questo. Io chiedo: se cade, piomberemo nel caos e che cosa succederà allora? I terroristi potranno liberamente attaccare tutti i civili.

coalizione-nazionale-siriana-ribelli

Il 22 gennaio dovrebbe cominciare la Conferenza di pace “Ginevra 2“. Che cosa vi aspettate?  Prima di tutto bisogna chiedersi qual è lo scopo. Se quello che vogliamo è fermare la guerra e porre fine alle violenze dei gruppi armati, perché i siriani vogliono questo oggi e non un cambio di governo, allora domandiamoci: chi deve sedersi al tavolo delle trattative? Chi è che controlla i gruppi armati, i terroristi, i jihadisti, i salafiti? Chi può fermarli?

L’opposizione rappresentata dalla Coalizione nazionale siriana?  Mi permetta di parlare liberamente: la guerra non finirà se l’Arabia Saudita non smette di inviare sul nostro territorio armi, soldi e guerriglieri. Per quanto riguarda il Cnr, è evidente a tutti che non fanno niente per il popolo siriano. Che cos’hanno mai fatto in questi anni? Stanno in paesi stranieri, vivono in hotel a cinque stelle, hanno i loro interessi e non si stanno muovendo per fermare la guerra. Se avessero a cuore il popolo, non permetterebbero che venisse massacrato. La verità è che non hanno alcun controllo dei gruppi armati in Siria, tantomeno vogliono la pace.

Lei è cristiana, qual è la vostra situazione?  Se i cristiani vengono attaccati è perché i terroristi vogliono sgretolare il tessuto connettivo della società siriana e distruggere lo Stato, non il governo. I cristiani sono sempre stati protetti dallo Stato. La Siria non solo è l’unico paese della regione che rispetta i cristiani, ma li considera anche la sua storia, la base della società e non permetterà che se ne vadano via. Per proteggere la società, e quindi garantire l’esistenza di noi cristiani, ora abbiamo bisogno di fermare i terroristi.

Come si può riconciliare la società?  Perché avvenga la riconciliazione del popolo, perché sia instaurato un clima di dialogo e di rispetto reciproco, per prima cosa abbiamo bisogno della stabilità. E per ottenerla c’è bisogno di collaborazione a livello internazionale.

Cosa chiede al governo italiano?  Il vostro governo deve capire che la nostra sovranità va rispettata. Voi siete sempre stati amici dei siriani, le relazioni tra i nostri due paesi sono ottime da sempre. È necessario che a livello istituzionale venga ristabilita la relazione tra i nostri due popoli. Serve dialogo.

http://www.tempi.it/se-i-ribelli-avessero-a-cuore-il-popolo-siriano-non-permetterebbero-ai-terroristi-di-massacrarlo#.UpXGx9LuI_o


"Dalle colline i ribelli bombardano ogni giorno le nostre scuole e chiese"



   Intervista a  Samaan Daoud

Dalle colline vicine i ribelli siriani lanciano ogni giorno i mortai sulle scuole e sulle chiese del quartiere cristiano di Damasco, chiamato Kassa. Samaan Douad, un cattolico che ha studiato in Italia e che vive nella Capitale siriana insieme alla famiglia, racconta che l’altro giorno una bomba è esplosa a quattro metri da uno dei suoi figli che stava uscendo dalla lezione. Douad, in questi giorni in Italia dove ha incontrato diverse personalità politiche e culturali, alla fine di questa breve “vacanza” ritornerà in Siria. Insieme alla parlamentare cristiana Maria Saadeh sta lavorando con cristiani e musulmani per ricostruire una possibilità di dialogo nel Paese sconvolto dalla guerra e prepararsi alle elezioni presidenziali del 2014.

Qual è la situazione nel quartiere di Kassaa?
Viviamo in una situazione di grande terrore legata al tiro di colpi di mortaio. Una settimana fa un ordigno ha colpito la piazza del quartiere, all’ora dell’uscita delle scuole. La bomba ha colpito a soli quattro metri dal punto in cui si trovava mio figlio. L’altro ieri una pioggia di colpi di mortaio ha raggiunto tre scuole, e mio figlio stava accanto a una di queste due scuole, quella di San Giovanni Damasceno. Tutti i bambini si sono dovuti nascondere nel seminterrato per salvarsi la vita.

In che modo i cristiani vivono questa fase del conflitto?
I cristiani stanno vivendo un momento molto difficile e in tanti stanno cercando di fuggire in Europa. C’è un piano programmatico per cacciare i cristiani dalla Siria. Hollande di recente ha parlato della sua preoccupazione verso i cristiani, ma la Francia dovrebbe impegnarsi in prima persona per calmare i fanatici tra le fila dei ribelli. I colpi di mortaio contro il quartiere cristiano arrivano infatti dalla zona periferica di Damasco dove sono accampati gli stessi ribelli.

Quali sono le sofferenze cui sono sottoposti i civili a Damasco?
Nella capitale non si vivono le stesse sofferenze che si registrano in altre città siriane, ma c’è comunque una situazione sempre instabile. Nel quartiere dove abitavo fino a pochi mesi fa, Jaramana, si sono verificati 18 attentati con autobombe e 2.600 colpi di mortaio. Ho visto con i miei occhi le sparatorie dei ribelli nella zona vicina all’aeroporto.

Chi c’è dietro al piano per cacciare i cristiani dalla Siria?
Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda, sono solito rispondere che Gesù Cristo non ci ha insegnato la Guerra Santa. Nel Cristianesimo non c’è la cultura della Jihad, e in quanto cristiani non portiamo le armi né andiamo a combattere e aiutare un cristiano che ha bisogno. Questa cultura esiste invece nella teologia e nella cultura degli islamisti che si danno da fare per difendere un altro musulmano che vive in Serbia, in Pakistan, in Afghanistan o magari in Siria. Chi paga il conto di queste guerre assurde e di questo odio verso l’altro sono quindi i cristiani. Il cristiano è un uomo che non è nato per la Guerra Santa bensì per l’amore, come ci ha insegnato Cristo.

Lei sta collaborando con la parlamentare cristiana Maria Saadeh. Qual è il vostro progetto?
Maria Saadeh ha formato un gruppo di giovani, cristiani e musulmani, insieme ai quali cerchiamo di fondare una cultura del dialogo e dell’amore che si contrappone a quella della violenza. Accettiamo l’altro a prescindere dalla setta dalla quale proviene o dalla religione cui appartiene. Il nostro motto è “Crediamo, vogliamo, possiamo”. Se vogliamo una cosa e crediamo in essa, riusciremo a farla. Insieme a un gruppo di giovani laici, cerchiamo di creare una base di dialogo per il futuro del Paese.

Maria Saadeh è con o contro Assad?
Maria Saadeh sta dalla parte della Siria, e in questo momento Assad è il presidente e rappresenta il Paese. Nel 2014 ci saranno le elezioni presidenziali e si deciderà se Assad debba continuare a restare al potere o meno. La scelta spetterà al popolo, e noi non permetteremo a nessuno di imporci un presidente che non è voluto dai cittadini. E’ ciascun siriano con il suo voto che stabilirà chi deve essere il presidente della Repubblica. Ne va della nostra indipendenza.



da: Il Sussidiario ,  giovedì 14 novembre 2013

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2013/11/14/DIARIO-SIRIA-Dalle-colline-i-ribelli-bombardano-ogni-giorno-le-nostre-scuole-e-chiese-/443836/

Dal blog di Hana: a scuola sotto le bombe

Hana è una donna cristiana che vive a Damasco con suo marito. La coppia ha due bimbe piccole. Lavora in una scuola. Ci racconta com’è la vita nel mezzo del caos della guerra civile.



La situazione è in continuo peggioramento e la guerra pesa sempre di più. È stata una settimana terribile per le scuole che si trovano nell’area cristiana del paese. Lunedì era circa mezzogiorno quando mio marito ed io siamo usciti dalla scuola per tornare a casa. Si udivano più spari del solito. Mentre stavamo percorrendo la via di ritorno, in lontananza, abbiamo visto una folla che si dirigeva verso di noi. Quando siamo stati abbastanza vicini abbiamo capito che era composta da padri e madri che, piangendo, stavano correndo verso le scuole dei loro figli. Ho capito che qualche colpo di mortaio era caduto su una delle scuole cristiane. Io e mio marito siamo corsi verso casa perché non ci sentivamo al sicuro.
Ieri sono dovuta tornare nuovamente a scuola, ma i colpi di mortaio erano più vicini. I genitori ci telefonavano in preda al panico per sapere se i loro figli stavano bene. Quindi ho deciso di portare tutti i bambini nei locali della chiesa. Così tutta la scuola ha iniziato a pregare. Ai bambini piace molto una canzone speciale che parla della protezione divina su tutta la Siria. Abbiamo cantato soprattutto quella. Erano tutti sulle loro ginocchia e qualcuno ha iniziato a piangere. Mi sono accorta che la canzone li rendeva più sereni, meno ansiosi. La sera mi ha chiamato una delle madri dei bambini: non si trattava di una persona particolarmente religiosa, ma ha visto i suoi bambini pregare e ciò ha avuto su di lei un grande impatto. Mi ha confessato che sembrava che i suoi figli non volessero smettere di pregare e che questo ha trasmesso in casa qualcosa di molto speciale, una vera pace. Lei stessa aveva dunque constatato come la preghiera avesse cambiato i suoi figli.
Oggi è stata una giornata orribile. Diverse scuole sono state attaccate e alcuni bambini sono morti. La nostra scuola non ha subito attacchi, ma non potevamo, per questo motivo, vivere la giornata come un giorno qualsiasi. Quindi, invece di svolgere le nostre lezioni, abbiamo pregato. Un’ ex alunna, che ora va in un'altra scuola perché è più grande, è venuta a parlare ai bambini di ciò che è accaduto nella sua scuola. Un colpo di mortaio è caduto nella sua classe, ma non è esploso: “Questo perché stavamo pregando”, ha detto. Dopo aver pregato insieme abbiamo rimandato i bambini alle loro case e abbiamo detto loro di non venire a scuola per qualche giorno. Non sappiamo ciò che accadrà domani.

La vita quotidiana è particolarmente dura, ma ci sentiamo lo stesso benedetti perché Dio ci sta proteggendo e ci sta donando quello di cui abbiamo bisogno. Le persone che pregano per me sono sempre nella mia mente.  Quando mi sento scoraggiata, Dio mi mostra che non devo portare questo peso da sola, ma che posso condividerlo con le persone sparse in tutto il mondo che intercedono per me. Non sono sola. Quindi, per favore, continuate a pregare  per noi… abbiamo disperatamente bisogno delle vostre preghiere.

http://www.porteaperteitalia.org/persecuzione/notizie/2013/2803672/2830410/

martedì 26 novembre 2013

27 novembre: le apparizioni di Soufanieh e il mistero della scelta dei cristiani di Syria




Beloved believers of our Lord Jesus Christ, 

Pastors , Priests , Monks , Nuns, Deacons and Everyone.. 

I appeal to all of you without any exception, all over the world, East and West, in these difficult days that are passing over The nations of The East.. The East which is the cradle of Christianity, where the Christians of all churches of Our crucified East are facing and suffering for the name of... Jesus Christ, and going through the most difficult challenges since the early centuries of the emergence of Christianity, especially in the beloved Syria, the heart of the East, the country that is experiencing pain after pain.

You all know that our Lord Jesus Christ and His Mother Virgin Mary handed me messages to all of you, during their apparitions to me and during my spiritual ecstasies, between 1982 and 2004. These messages have stopped since 2004, when Jesus Christ gave me His last message to us saying:

This is my last commandment to you:
Each one of you, return back home,
however, hold the East in your hearts.
From here a light emerged anew.
You are its radiance in a world seduced by materialism, sensuality and fame,
so much as to have almost lost its values.
As for you, hold on to your Eastern identity.
Do not allow your will, your freedom and your faith in this Orient to be taken away from you.

He has been giving us signals, signs and messages for more than 22 years , to show us clearly His desire to achieve the unity of Christians, through the consolidation of our hearts, and the unity of the feast of His glorious resurrection.

I always hear people asking :
"Where is Jesus now that all of this is happening to His church??!
Where is He now that all these wars are taking place in The East and in Syria?
Why isn't He listening to us??"

My beloved ones, Jesus Christ and Mother Mary has already spoken for years and years! They asked us things we did not achieve not even one single thing of them!
Aren't we obliged first to achieve their desire, in order to reap what we are asking from them!!! like peace, harmony and stability?!

I believe Heaven Has asked us first!! how can we skip Heaven's appeal, and have all these requests to ask from God without even trying to obey God's desire?!!!!

The Lord Jesus Christ in his Message given to me on November 26th , 2001 said:
"Prove your love to Me, because through love I walk at your side..."

In order for us to prove our love to Him, we must do something on this earth, because we can't rejoice just theoretically in His messages to us!!

I have contemplated in a section of the Gospel of Mark, which is about the healing of the daughter of the Canaanite pagan Syrian woman, who's heart was touched by The Lord Jesus, and who in return touched Jesus's heart with her faith and was able to snatch a miracle of healing for her daughter.

Mark 7:27-29
But Jesus said unto her, Let the children first be filled: for it is not meet to take the children's bread, and to cast it unto the dogs. And she answered and said unto him, Yes, Lord: yet the dogs under the table eat of the children's crumbs. And he said unto her, For this saying go thy way; the devil is gone out of thy daughter.

How beautiful this faith is! What a beautiful dialogue! The Lord rewarded her saying to her:
"For this saying go thy way; the devil is gone out of thy daughter".

This paganism woman proved her faith and her love for Jesus, and what He did was that He responded immediately to her request!

Brothers and sisters, Do you think that this Canaanite woman is more important than us (His church) all over the world and in the Middle East?!
Should we not prove our faith and our love for Him by uniting our word, and uniting our hearts and uniting our Church?!
Do you think if we did as the Canaanite woman did, we won't be able to touch the Lord's heart? won't He respond to our requests?! and walk with us side by side? He would just because we have walked with Him?!!

The Lord Christ is reproached at us and at the same time He warned us and that shows clearly when he told us in one of his messages:

“My children …
I have given you a sign for My glorification. Stay on your path, and I am with you.
Otherwise, I will close the gates of heaven in your faces.
But here is Mother suffering … praying … saying to me: ‘O Lord, You are love in its totality!
And I say: ‘Do not despair, O Gate of Heaven, because I love them and I want them to respond to this love with giving.’
Holy Saturday, April 14th , 2001

My beloved, I wrote these words because I feel that we all must do something on this Earth.. It's very beautiful to have conferences and permissions and speaking Words here and there, but it does not benefit anything, and it becomes ugly to God and to people if we do not translate it and demonstrate it on the ground in obvious actions of love.

If I'm who just a regular person I find my heart torn, as if the fire is burning it in grieve for what is happening in Syria and in the Middle East and to all the Christians! How would the heart of Mother Mary be?? and how would the heart of Her Son be?? (The righteous God trieth the hearts and reins)??? He who knows everything?!

I'm hoping that we respond to the desires of our Lord Jesus Christ, may He be gloried forever..
I'm hoping that we delight the heart of The Mother of us all, Virgin Mary..

I leave you in the peace of the Lord Jesus Christ...

Your sister Myrna Nazzour


lunedì 25 novembre 2013

Putin e il Papa più vicini, per la difesa dei cristiani (che l'Occidente ignora). Visita in Italia della deputata Maria Saadeh.

Oggi l’incontro in Vaticano: il presidente russo si propone come difensore dei cristiani  in Medio Oriente

Conferenza di pace Ginevra2‬ sarà 22 Gennaio 2014




Questo pomeriggio il presidente russo Vladimir Putin incontra Francesco. Non è la sua prima visita in Vaticano - Putin venne ricevuto da Giovanni Paolo II nel 2000 e nel 2003, e da Benedetto XVI nel 2007 - ma oggi lo scenario al di là del Tevere, con il Papa venuto «dalla fine del mondo», è cambiato.  

Per il Cremlino l’udienza riveste «un significato particolare», dopo l’oggettiva convergenza verificatasi nei mesi scorsi tra Santa Sede e Russia nell’affronto della crisi siriana, entrambe contrarie a un intervento armato occidentale e favorevoli a un’iniziativa diplomatica per arrivare alla distruzione delle armi chimiche possedute da Assad. 
Francesco, che aveva scritto a Putin lo scorso settembre, alla vigilia del G20 di San Pietroburgo, riconosce il ruolo di Mosca sulla scena mondiale e il suo contributo per la soluzione dei conflitti. Da parte sua, il leader russo è interessato a presentarsi come un protettore dei cristiani in Medio Oriente. Nell’agenda dei colloqui ci saranno soprattutto la situazione internazionale, la Siria, l’Iraq e la Terra Santa: Putin vuole ringraziare Francesco per l’impegno della Santa Sede in favore della pace e non mancherà un giro  d’orizzonte sulla situazione delle comunità cristiane minacciate dal fondamentalismo. 

 http://www.lastampa.it/2013/11/25/esteri/putin-e-il-papa-pi-vicini-grazie-alla-siria-Hcxlou4c3AN3KnzzFr6jnO/pagina.html

Arriva in visita ufficiale in Italia e in Vaticano l'Onorevole Maria Saadeh Deputata eletta al Parlamento siriano. 



 Architetto e designer, laureata ad Aleppo e Beirut, pluripremiata ha collaborato con prestigiose case di design a Parigi, insegna alla Facoltà di Architettura all'Università di Damasco. 
Impegnata con gruppo di giovani siriani per la promozione della cultura e del  dialogo interreligioso. Oggi è testimone diretta è impegnata a raccontare in giro per il mondo ciò che accade in Siria. 
 L'Onorevole sarà a Roma da oggi fino al 2 dicembre e sarà disponibile per rilasciare interviste concordate su appuntamento.
 Per contatti: 
Naman Tarcha نعمان طرشه Giornalista e Conduttore tv
 Email: namantarcha@hotmail.com  Twitter: @NamanTarcha





Invaso dagli islamisti il villaggio Deir Atieh: cristiani identificati e trattenuti

Agenzia Fides 25/11/2013

Facendosi strada con due attentati suicidi, militanti di fazioni islamiste hanno invaso nella cittadina di Deir Atieh, a Nord di Damasco seminando terrore, morte e distruzione. Come informano fonti di Fides nella Chiesa greco ortodossa, l’attacco è avvenuto il 22 novembre. I militanti sono entrati il nell’ospedale municipale e hanno preso in ostaggio i malati. Il museo di Deir Atieh che accoglieva migliaia di opere e preziosi reperti archeologici è stato devastato. Moschee e chiese sono state colpite e danneggiate. Numerose case sono state saccheggiate e i civili catturati e usati come scudi umani.

La situazione risulta particolarmente preoccupante per i cristiani. La popolazione, circa 25mila persone, ha iniziato a fuggire. I miliziani esaminano i documenti di identità di chi intende lasciare la città e trattengono quanti hanno nomi cristiani. Per poter uscire dal villaggio, un prete greco-ortodosso ha dovuto dire di essere sposato e presentarsi con una donna: è stato lasciato andare solo perché il suo nome era arabo e non aveva nessuna ascendenza o riferimento cristiano.
Padre F.H., che in una nota inviata a Fides chiede l’anonimato per motivi di sicurezza, prega la comunità internazionale e la Santa Sede di mobilitarsi per organizzare per il rilascio degli ostaggi e salvare il villaggio di Deir Atieh. Non è chiaro, nota la fonte di Fides, cosa abbia spinto le bande armate a penetrare nel villaggio. 
A Deir Atieh si erano rifugiati anche centinaia di abitanti di Qara, altro villaggio siriano sulle montagne del Qalamoun, a 90 km da Damasco. Nelle scorse settimane Qara era stata attaccata da combattenti islamici provenienti dalla città di Arzal. Tra i rifugiati di Qara, spostatisi a Deir Atieh, vi sono anche il sacerdote greco-cattolico padre George Luis e tutti i suoi parrocchiani. 


  PIU' DI 60 CHIESE E MONASTERI DISTRUTTI

   LEGGI SU : http://french.ruvr.ru/news/2013_11_22/Syrie-plus-de-60-eglises-et-monasteres-detruits-5079/


Comment échapper à l’agression, l’enlèvement et l'assassinat des mains des djihadistes et des rebelles de l’Armée Syrienne « Libre », telle est l’inquiétude de l'ancienne communauté chrétienne de Syrie craint qu’un pogrom religieux ne soit prêt d'éclater.

   leggi su:  http://www.leveilleurdeninive.com/2013/11/les-chretiens-de-syrie-fuient-les.html


Mismiyye, un village entièrement chrétien encerclé par les takfiristes qui préparent leur entrée.

   leggi suhttp://www.leveilleurdeninive.com/2013/11/mismieh-un-village-entierement.html

domenica 24 novembre 2013

Adotta un jihadista


di don Salvatore Lazzara 

Uno studio della Fondazione internazionale “Thomson Reuters”, sulla primavera araba, conferma il fallimento della stessa dopo aver analizzato i 22 Stati membri della Lega araba. Il rinnovamento si è trasformato in catastrofe culturale con grandi implicazioni di emergenza umanitaria nei paesi dove sono ancora in atto scontri armati, per mano dei mercenari travestiti da “liberatori di regime”.
La prova più evidente è rappresentata dalla campagna propagandata in Kuwait: con 2.500 dollari si può adottare un jihadista. E’ questo il tariffario presentato nella campagne di raccolta fondi (nella foto 1),  a favore dei movimenti jihadisti che combattono in territorio siriano. Le campagne assumono spesso contorni grotteschi, con talloncini dorati o argentati a seconda se si è contribuito ad acquistare 50 proiettili da cecchino (o 500 da fucile) oppure 8 proiettili da mortaio.
Pochi mesi fa una campagna è riuscita perfino – a detta dei suoi organizzatori – a formare un’intera brigata di 12.000 uomini armati da mandare a combattere in Siria. L’emergere di queste fonti di finanziamento private e sconnesse dai giochi diplomatici imbastiti dai governi coinvolti nel conflitto è un fenomeno crescente, e che potrebbe tramutarsi in un ulteriore ostacolo per la pace nel martoriato paese mediorientale.
Secondo gli analisti, che osservano con crescente preoccupazione il fenomeno, esso sta creando delle dinamiche autonome e indipendenti dai progressi della diplomazia. Dai dati forniti dalle grandi agenzie internazionali di valutazione, emerge con preoccupazione un altro dato allarmante di cui nessuno parla: dopo la caduta di Mubarak, l’Egitto è diventato il Paese peggiore per la sopravvivenza delle donne nel mondo arabo; l’Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein, sprofonda sempre di più a causa dei continui attentati, in condizioni sempre più arretrate; l’Arabia Saudita sta attraversando un momento di involuzione culturale a causa dei rigurgiti fondamentalisti; non va meglio in Tunisia che con Ben Ali, era stata indicata come esempio di Islam moderno e laicista. Dagli ultimi eventi, sembra apparire sempre più integralista.

Dentro lo scenario presentato, si muovono i piccoli ma potenti stati come il Kuwait, governato da una monarchia parlamentare. In quella regione mediorientale l’azione di controllo della polizia non è capillare e opprimente come nelle altre monarchie assolute del Golfo. Questo dà maggiore spazio di manovra ai gruppi integralisti che desiderano sponsorizzare la jihad internazionale. Nessuna sorpresa per chi, correttamente, riteneva che le Primavere arabe non fossero vere Rivolte popolari, bensì golpe mascherati, che l’Occidente con straordinaria insipienza ha incoraggiato e sostenuto. Oggi quei Paesi, a cominiciare dall’ Egitto e  dalla Tunisia, sono più arretrati e più instabili di prima. Sono guidati da governi (?) autoritari non dissimili e sovente addirittura più oppressivi di quelli di Mubarak e Ben Ali. La Libia, di cui nessuno parla, è dilaniata da guerre tribali; la Siria come stiamo approfondendo, sprofonda in una guerra civile sanguinosa, finanziata dai fondamentalisti religiosi, che rischia di durare per molti anni, in Iraq ogni scintilla provoca stragi e destabilizzazioni politiche.

Chi sono gli organizzatori di queste campagne destabilizzanti  e di conseguenza quali gruppi sostengono e finanziano?  Spesso i donatori fanno capo a un singolo “sheikh”, un capo religioso locale che ha contatti propri in Siria. Altre volte sono gruppi legati perfino a rappresentanti del parlamento, dove la minoranza salafita ha una sua piccola delegazione. I soldi vengono trasferiti attraverso travel-check, trasferimenti bancari o perfino valigie zeppe di contanti che vengono fatte pervenire direttamente nel paese. I gruppi che ricevono questi fondi e li usano sono spesso piccole unità appartenenti a quella galassia di brigate– normalmente indipendenti l’una dall’altra – che combattono il regime di Bashar al-Assad.
Il più delle volte per accedere a questi fondi tali unità – spesso formate da stranieri – devono dimostrare le loro credenziali religiose di salafiti e dichiarare la loro ferma intenzione di portare avanti un conflitto di tipo settario contro gli “eretici sciiti” e alauiti (la setta musulmana di cui fa parte il clan Assad). I gruppi di donatori kuwaitiani, dal canto loro, li incitano sui social media ad uccidere quanti più “miscredenti” possibili. Altre volte a ricevere questi fondi sono però gruppi più grandi e organizzati come l’Isis (al-Qaeda in Iraq e nel Levante) e Jihbat al-Nusra, direttamente collegati alla rete di al-Qaeda e diventati col tempo i gruppi meglio equipaggiati e più efficaci dell’opposizione siriana.
Spesso, come accade per le “adozioni a distanza”, i mujahidin, grati dell’aiuto ricevuto, mandano ai propri sostenitori dei video di ringraziamento (potete vederlo qui sotto), dove mostrano orgogliosamente le armi acquistate con i loro denari.



La presenza di ingenti canali di finanziamento privato permetterebbe infatti ai gruppi più oltranzisti di continuare a combattere rifiutando ogni intesa diplomatica raggiunta a livello internazionale. E in parte questo si sta già avverando, con la frantumazione dell’opposizione armata e il progressivo isolamento della sua componente più laica.


Domanda: qualcuno ammetterà mai le proprie colpe? E, soprattutto, nelle grandi cancellerie dei Paesi occidentali – a cominciare ovviamente dagli Stati Uniti – qualcuno avrà capito la lezione? Dodici anni di clamorosi errori strategici sono trascorsi invano?
DonSa


Un jihadista adottato con 2.550 dollari, in preghiera.
Un jihadista adottato con 2.550 dollari, in preghiera.

Le fonti del post sono tratte dall’articolo di Eugenio Dacrema www.linkiesta.it

http://www.papaboys.org/siria-finanzia-col-tuo-denaro-la-jihad/

venerdì 22 novembre 2013

La sfida della permanenza dei cristiani in Medio-Oriente. "Non incoraggiate i cristiani ad emigrare, ma favorite le condizioni perchè possano restare"




DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI


......
Il mio pensiero si rivolge in modo speciale alla terra benedetta in cui Cristo è vissuto, morto e risorto. In essa – l’ho avvertito anche oggi dalla voce dei Patriarchi presenti – la luce della fede non si è spenta, anzi risplende vivace. E’ «la luce dell’Oriente» che «ha illuminato la Chiesa universale, sin da quando è apparso su di noi un sole che sorge (Lc 1,78), Gesù Cristo, nostro Signore» . Ogni cattolico ha perciò un debito di riconoscenza verso le Chiese che vivono in quella regione. Da esse possiamo, fra l’altro, imparare la fatica dell’esercizio quotidiano di spirito ecumenico e dialogo interreligioso. Il contesto geografico, storico e culturale in cui esse vivono da secoli, infatti, le ha rese interlocutori naturali di numerose altre confessioni cristiane e di altre religioni.
Grande preoccupazione destano le condizioni di vita dei cristiani, che in molte parti del Medio Oriente subiscono in maniera particolarmente pesante le conseguenze delle tensioni e dei conflitti in atto. La Siria, l’Iraq, l’Egitto, e altre aree della Terra Santa, talora grondano lacrime. Il Vescovo di Roma non si darà pace finché vi saranno uomini e donne, di qualsiasi religione, colpiti nella loro dignità, privati del necessario alla sopravvivenza, derubati del futuro, costretti alla condizione di profughi e rifugiati. Oggi, insieme ai Pastori delle Chiese d’Oriente, facciamo appello a che sia rispettato il diritto di tutti ad una vita dignitosa e a professare liberamente la propria fede.
Non ci rassegniamo a pensare il Medio Oriente senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù, inseriti quali cittadini a pieno titolo nella vita sociale, culturale e religiosa delle nazioni a cui appartengono.

Il dolore dei più piccoli e dei più deboli, col silenzio delle vittime, pongono una domanda insistente: «Quanto resta della notte?» (Is 21,11). Continuiamo a vigilare, come la sentinella biblica, sicuri che il Signore non ci farà mancare il suo aiuto. Mi rivolgo, perciò, a tutta la Chiesa per esortare alla preghiera, che sa ottenere dal cuore misericordioso di Dio la riconciliazione e la pace. La preghiera disarma l’insipienza e genera dialogo là dove il conflitto è aperto. Se sarà sincera e perseverante, renderà la nostra voce mite e ferma, capace di farsi ascoltare anche dai Responsabili delle Nazioni.
Il mio pensiero va infine a Gerusalemme, là dove tutti siamo spiritualmente nati (cfr Sal 87,4). Le auguro ogni consolazione perché possa essere veramente profezia di quella convocazione definitiva, da oriente a occidente, disposta da Dio (cfr Is 43,5). I beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, instancabili operatori di pace sulla terra, siano nostri intercessori in cielo, con la Tuttasanta Madre di Dio, che ci ha dato il Principe della Pace. Su ciascuno di voi e sulle amate Chiese Orientali invoco la Benedizione del Signore.

 http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/november/documents/papa-francesco_20131121_plenaria-congreg-chiese-orientali_it.html




Grégoire III : « Nos plaies sont grandes, mais nous avons un rôle à jouer »

Alors que se tient à Rome une rencontre entre les primats des Églises catholiques orientales et le pape François, le patriarche melkite Grégoire III Laham s’inquiète de l’exode des chrétiens, notamment ceux de Syrie, dont il considère l’influence décisive pour l’avenir de la région.

leggi su:  http://www.la-croix.com/Religion/Actualite/Gregoire-III-Nos-plaies-sont-grandes-mais-nous-avons-un-role-a-jouer-2013-11-21-1064143

Why attack places of worship, and especially churches?


The Syrian crisis is severely affecting various sectors of civilian life and the number of victims of this “world” war is growing day by day. In this war against Syria the nature of th...e so-called opposition no longer resembles what it appeared to be on 16 March 2011 at the outset of the crisis.

Evidence of that can be found in the statements of envoy Lakhdar Brahimi and Mr Kofi Anan published in several European newspapers in September 2013, that there are some two thousand foreign groups fighting in Syria. They are all Salafist fundamentalists and extremists, relentlessly killing in cruel fashion in the name of Islam, although Islam has nothing to do with them or they with it.

These groups have committed the most cruel crimes and bestial acts that have horrified the minds of those who saw them on television or on modern social communication media and hurt the feelings of every man, woman and child both at home and abroad. It represents a return to the darkest episodes of antiquity and has even outstripped them.…

Those hordes have destroyed and laid waste places of worship (mosques and churches), and looted statues, furnishings, icons of Our Lord, the Virgin Mary and the saints.

Never before in its history has Syria experienced any such monstrous, criminal acts. All Christian and Muslim citizens used to live in harmony, affection, solidarity, mutual help, national community … such that it was considered an Arab and world model.

We wonder at these deeds and address the doers, reminding them of their humanity and the fact that they are created in the image and likeness of God, they are precious in God’s eyes and we acknowledge their worth, which is common to us all... We wonder and ask them, why do you commit these actions? Why destroy mosques and churches? They know very well that our churches are schools of peace and our institutions fields of service and dedication and that we have no political party, no hatred in our hearts, no vengeance against anyone whatsoever. On the contrary, we are agents of peace calling for love, living together, solidarity, reconciliation and forgiveness...

In writing this appeal, it is not at all my intention to condemn or judge those who destroy our churches: God alone is Judge. Instead we forgive them and pray for them and their salvation, imploring God to open their eyes to the beauty of faith, love, friendship, and tenderness that fills the pages of the Qur’an in every verse - the compassion of God for all. We advise and request them to return to their own countries and there live a humane, worthy life in their families and among their own people.

We write these lines and report the facts about the destruction of mosques and especially churches, and the inhumane acts, so that the world can wake up and open its eyes to the realisation of the true brutal reality of these things reported, and work to stop them and halt all kinds of killing and violence, for the victim of all this is man, created in the image and likeness of God.

We call upon everyone to coordinate their efforts and those of Arab and other countries to prevent such cruelties against the dignity of man, because they are war crimes against humanity. It is not always the perpetrator who is responsible, but the one who does not work to prevent and condemn them, but rather encourages, incites and funds them with money and weapons and fills hearts with hatred and enmity...

We decided to give the information contained in this appeal to highlight the brutality of these acts. We hope for the world’s conscience to be aroused to the realisation of this state of affairs and for everyone to agree to walk along the path of peace to Geneva II to build a new world where love and the values of our holy faith reign, as this should be the road for all of us Christian and Muslim politicians and leaders, and Eastern and Western heads of state. That is how we can respond to Pope Francis’s appeal, "No more war." That is why we are publishing these gloomy, black lists in the Appendix (attached).

We extend this appeal with an open evangelical Christian spirit of love to the conscience of those who have committed and continue to commit these actions and attacks, especially against Christian places of worship. We appeal to the conscience of those who stand behind them and even to the conscience of the whole world.

We hope and pray for the cessation of these actions that are destroying not just places of worship, but the image of God in man and are causing all kinds of suffering, disaster, grief and destruction.

I ask my dear faithful not to allow forgiveness to give way to hatred in your hearts. Resist feelings of fear, anxiety, frustration and discouragement despite the various reasons for them of which we are all aware. Face up to this with patience and faith. Do not leave; do not abandon your homeland Syria, which has been rightly called the cradle of Christianity! We have our origins and roots here, going back over two thousand years of history.

I hope that anyone reading this letter may accept it in a positive, civilised way.

We pray, Christ our God, confirm the holy Orthodox faith in our churches and monasteries unto ages of ages! Lord, save thy people and bless thine inheritance. Grant peace to Syria and to the world. And keep thy faithful!

Commemorating our most holy, most pure, most blessed and glorious Lady, Mother of God and ever-Virgin Mary, let us invoke her intercession and protection, and let us entrust one another and all our lives unto Christ our God! Deliver us, O Virgin, from every temptation, barbarian invasion and peril that we deserve due to our sins.

With my love and blessing

Gregorios III Patriarch

http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Why-attack-places-of-worship-and-especially-churches




A l'heure de la rencontre du pape et des Patriarches des Église orientales, Mgr Gollnisch revient sur leurs préoccupations, et les enjeux de la rencontre.


Le Pape a rencontré hier, au Vatican, les patriarches et archevêques des Églises orientales. Que doit-on attendre de cette rencontre ? 
Mgr Pascal Gollnisch : Cette rencontre prend place dans ce que l’on appelle la plenaria de la Congrégation pour les Églises orientales, c’est-à-dire une réunion de tous les conseils de cette Congrégation, qui est composée de cardinaux et d’évêques du monde entier.
C’est une réunion habituelle – la dernière a eu lieu en 2009 avec Benoît XVI – qui permet de discuter des orientations à prendre pour les trois années à venir. À cette occasion, le pape rencontre les patriarches des Églises historiques – Antioche, Alexandrie, Jérusalem, Damas, Bagdad – et les archevêques majeurs – sortes de patriarches dans des pays comme l’Éthiopie, l’Ukraine, la Roumanie, et l’Inde.
Ils vont pouvoir s’exprimer devant le pape et dire quelles sont leur préoccupations.
Plusieurs points devraient être évoqués :
  • la vie de ces Églises dans les pays qui sont actuellement en conflit – la Syrie, l’Égypte et l’Irak en particulier –,
  • les négociations diplomatiques entre le Saint-Siège et l’État d’Israël pour fixer le statut administratif des communautés chrétiennes en Terre Sainte,
  • la manière dont fonctionnent ces Églises,
  • la question du dialogue interreligieux et des relations avec l’Islam.
  • Une autre question qui sera sûrement abordée concerne la diaspora des chrétiens orientaux qui ont quitté leur pays d’origine. Cette diaspora est importante, notamment en Europe – par exemple en Suède – mais aussi au Canada, aux États-Unis, en Amérique latine et en Australie. Cette diaspora appauvrit d’un côté les territoires historiques, mais peut en même temps être une force car les chrétiens de la diaspora apportent un soutien à leur Église d’origine.
SB Sako et Mgr Gollnisch
SB Sako et Mgr Gollnisch
Le patriarche irakien, Mgr Sako, a récemment dénoncé la délivrance de visas aux chrétiens d’Irak par les ambassades et consulats étrangers, déclarant qu’il y avait « toute une stratégie pour aider les chrétiens à quitter l’Irak », même dans les zones où ils ne sont pas menacés. Qu’en pensez-vous ?
Mgr Pascal Gollnisch : Notre position est très claire sur ce point. Un certain nombre de chrétiens souhaitent quitter leur pays, surtout si ce pays est dans une situation difficile. Nous ne portons pas de jugement moral sur leur départ, mais nous sommes là pour aider ceux qui veulent rester. Je pense que nous n’avons pas à encourager ce départ, qui est souvent enraciné dans une sorte de rêve d’un Occident fantasmé. Or nous savons bien que l’Occident a aussi des difficultés. Je pense qu’il faut éviter que les diplomaties occidentales poussent à l’arrivée de chrétiens.
Il y a des effets d’annonce dans lesquels nous ne nous retrouvons pas, par exemple lorsque la France dit qu’elle va accueillir 500 réfugiés syriens, ou que l’Allemagne va en recueillir 3000. Nous ne nous reconnaissons pas dans ce type d’annonces parce que je pense que ce dont ont d’abord besoin ces réfugiés, c’est d’être aidés globalement.
Si on en accueille 500 en France – les réfugiés syriens sont entre 1,7 et 2 millions – à quoi cela sert-il ? En revanche, les moyens mis en œuvre pour les accueillir ici pourraient être utilisés sur place, en Jordanie, au Liban, en Turquie etc. Ensuite, comment choisir ces réfugiés ? Sur quels critères ? Pourquoi ces 500 et pas d’autres ? S’il y a effectivement des familles spécialement visées, menacées ou blessées, alors oui, il faut que la France les accueille dans le cadre général d’un accueil de réfugiés politiques.
Si les chrétiens veulent en effet émigrer, il est important qu’ils s’intègrent, mais également qu’ils gardent les racines de leur pays d’origine et qu’ils fassent en quelque sorte une «diaspora de soutien » pour leur Église d’origine.

Les minorités chrétiennes d’Orient sont-elles prêtes à rester dans leur pays au risque d’être menacées ?
Mgr Pascal Gollnisch : Oui, elles restent sur leurs terres au risque d’être persécutées. Il y a 500 000 catholiques en Irak, ils savent bien qu’ils encourent des risques…
Le véritable enjeu, c’est bien sûr d’éviter qu’ils soient persécutés, en aidant les pays concernés à avancer vers plus de modernité et vers une certaine pacification des tensions. Cela passe notamment par le fait qu’il ne faut pas qu’une majorité, sous prétexte qu’elle a été élue, s’arroge tous les droits au point de ne pas respecter ceux de ses citoyens qui appartiennent à des minorités. La maturité démocratique, c’est aussi une manière de considérer les droits des autres, et en particulier de ceux qui n’ont pas voté pour vous.
Il y a aussi certaines mouvances qui ont des volontés djihadistes et veulent sortir les chrétiens du Moyen-Orient. Il faut bien rappeler que ces courants djihadistes n’hésitent pas à multiplier aussi les crimes contre les musulmans : les musulmans modérés – par rapport aux musulmans radicaux – sont les premières victimes des djihadistes.
Il y a de nombreuses populations musulmanes qui refusent cette vision radicale, et avec lesquels les chrétiens peuvent travailler pour aider leur pays à entrer dans plus de modernité, de respect des droits de l’Homme, des libertés religieuses et qui permettront donc un avenir des chrétiens d’Orient, en Orient.

Concernant le conflit syrien, comment les minorités chrétiennes perçoivent-elles Bachar al-Assad ? Ne craignent-elles pas que la chute de Bachar al-Assad ne marque l’arrivée des islamistes au pouvoir ? 
Mgr Pascal Gollnisch : Il convient ici de dire que les communautés chrétiennes n’ont pas un point de vue unitaire. Les chrétiens peuvent faire des choix politiques différents.
Il est vrai que dans ce conflit syrien, nous voyons bien deux réalités qui ne sont pas de même nature. Sans porter de jugement sur l’un ou sur l’autre, on doit constater que d’un côté il y a un régime avec un président, un gouvernement, un État-major, une chaîne de commandement, et de l’autre côté, il y a une nébuleuse, dans laquelle ceux qu’on croit être les « grands chefs » ne font pas grand-chose, et les « petits chefs » n’en font qu’à leur tête.
Or, cette nébuleuse, que peu de gens arrivent à maîtriser, voit ses rangs djihadistes grossir, et des djihadistes violents. Par conséquent, si vous êtes chrétien, et quel que soit votre avis sur la situation et l’avenir politique de la Syrie, vous vous dites : « d’un côté il y a un régime structuré, et de l’autre, il y a l’incertitude. Que je le considère comme bien ou mal, le régime reste un moindre mal ».
Certains chrétiens préfèrent donc que le régime d’Assad reste, quitte à ce qu’il évolue (car il a évidemment des pratiques que l’on peut condamner), plutôt que de voir au pouvoir une nébuleuse inquiétante où l’on ne sait pas qui veut quoi, et dont on dit que certains veulent mettre les chrétiens hors jeu…

Quelle est la position des Églises orientales sur l’intervention étrangère dans la guerre en Syrie ?
Mgr Pascal Gollnisch : Elles ne sont pas unanimes sur cette position, mais globalement, le positionnement est un peu paradoxal. Je pense qu’elles auraient souhaité qu’aucune influence étrangère n’intervienne en Syrie.
Mais ce pays est en train de s’autodétruire, nous assistons à des drames tous les jours, et il semble que ceux qui veulent l’arrêt de cette guerre considèrent la présence de l’ONU comme indispensable à cela.

JOL Press : Aujourd’hui, certaines minorités chrétiennes d’Orient sont-elles plus menacées que d’autres ?
Mgr Pascal Gollnisch : Oui sans doute, il semblerait que les communautés arméniennes soient particulièrement visées. Mais dans l’ensemble, elles sont quand même unies dans la situation assez effroyable dans laquelle elles se trouvent.

http://www.oeuvre-orient.fr/2013/11/22/8117/

mercoledì 20 novembre 2013

pro Orantibus (dalle sorelle Trappiste in Siria)

"Domani, 21 novembre, nella memoria liturgica della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, celebreremo la Giornata pro Orantibus, dedicata al ricordo delle comunità religiose di clausura. È un’occasione opportuna per ringraziare il Signore del dono di tante persone che, nei monasteri e negli eremi, si dedicano a Dio nella preghiera e nel silenzio operoso. Rendiamo grazie al Signore per le testimonianze di vita claustrale e non facciamo mancare a questi nostri fratelli e sorelle il nostro sostegno spirituale e materiale, affinché possano compiere la loro importante missione."    
Papa Francesco, 20 novembre 2013 



Carissimi fratelli e sorelle,

in questo momento, per invito del Papa, tutti i cuori sono rivolti verso la Siria e le sofferenze del suo popolo. Vogliamo innanzitutto ringraziarvi per la preghiera e il sostegno con cui ci avete accompagnato in questi due anni, scrivendoci direttamente o comunicando con Valserena. La vostra preghiera è la roccia forte che ha reso stabile la nostra casa.. e ci ha fatto vivere la comunione dell’Ordine (Cistercense). 
Ci scusiamo anche di non aver quasi mai risposto e non aver dato molte notizie : siamo rimaste per più di un anno senza internet , e qualche mese senza telefono...

Noi stiamo bene, in tutto questo tempo il Signore ci ha accompagnate con una Provvidenza indefettibile, che ci stupisce e ci rende grate; siamo davvero serene, pur nella profonda tristezza per quanto sta accadendo alla nostra terra e alla nostra gente.
Mai ci è venuto il pensiero di lasciare la Siria, anzi siamo sempre più convinte che essere qui in questo momento sia per noi una grazia. La nostra comunità di Valserena, il nostro Padre Immediato, la REM, ci hanno sostenute nella scelta di non partire, e anche di questo siamo molto grate: si è creato col nostro villaggio un legame molto forte ( ma non solo, con tutti: cristiani e musulmani; i bambini che ci salutano quando passiamo col nostro pulmino, i benzinai lungo le strade, i negozianti di Tartous dove a volte andiamo per fare rifornimenti, i militari dei posti di blocco che ci chiedono :” ma allora voi restate ?”..). 
E’ un legame forte, una condivisione totale dell’impotenza, di fronte a questa guerra che niente ha a che vedere con la libertà dei siriani e che sta passando sopra la testa di tutti ( e purtroppo sopra la vita di tanti, uccisi in modi atroci..). Non vogliamo commentare qui la vicenda siriana. Bisognerebbe dire troppo, e oggi chi vuole può trovare molte informazioni, anche “alternative” alla visione unica che è stata data acriticamente dall’inizio.
Parlano Patriarchi, parlano vescovi, Imam, uomini di cultura, ma anche semplici cittadini appartenenti a fedi diverse o a gruppi politici opposti.. Dall’Italia, in questi giorni, siamo molto sollecitate ad intervenire sui media, ed evidentemente non ci tiriamo indietro, vista la situazione grave e la parola del Papa che ci spinge a far di tutto perché si segua la via della pace.
Desideriamo dirvi qui tre cose. La prima : c’è stata davvero tanta menzogna, sulla Siria..La seconda : la vera divisione, oggi, in Siria, è tra chi accetta la via della violenza, della barbarie, e chi invece vuole a tutti i costi la pace e la convivenza. E questa scelta della pace unisce cristiani e musulmani, ed anche musulmani di diverse”confessioni” ( sciti, sunniti, drusi… ). Terza cosa : fate tutto ciò che vi è possibile per incoraggiare le vie del dialogo e della pace, per quanto difficili possano sembrare.

In questo tempo, pur nella guerra, abbiamo sempre potuto vivere regolarmente la vita monastica. Incredibilmente, anche nella paralisi della vita interna del paese, sono cresciuti i segni di vita attorno al nostro monastero : un nuovo legame con la diocesi Maronita in cui siamo inserite, e il nuovo vescovo Mons. Elias Sleiman. Quando andiamo a Tartous, il Vescovado Maronita è per noi una casa; il vescovo ci invita agli incontri diocesani ( abbiamo partecipato ad un incontro per clero e religiose sulla formazione liturgica, due o tre mesi fa) e soprattutto ci spinge a far conoscere di più la nostra vita monastica, creando giornate di spiritualità , in particolare per i giovani, sensibili alla ricerca vocazionale e che desiderano conoscere la nostra vita. E ci sono sacerdoti e religiosi che stanno sempre più entrando in amicizia con il monastero.
Ovviamente la costruzione del Monastero vero e proprio, che sarebbe dovuta iniziare due anni fa, si è fermata con l’inizio dei disordini gravi. Oltretutto, sarebbe stato impossibile, a causa delle sanzioni, procurarsi materiale edilizio. Anche ora non si trova nulla, e se si trova è di scarsa qualità. Abbiamo però potuto mantenere sempre aperto il cantiere, dando lavoro fisso ad una decina di operai, e ad altri ancora, saltuariamente. Lavorano con noi sia cristiani che musulmani. Stiamo completando ciò che era già iniziato, e soprattutto abbiamo lavorato molto sui dieci ettari di terreno della proprietà: i drenaggi, tutti i muri in pietra del perimetro di recinzione, l’uliveto, le coltivazioni, i giardini, l’irrigazione a goccia..Abbiamo anche comprato un trattore e alcuni attrezzi agricoli.
Grazie agli aiuti che sono arrivati a noi o a Valserena dagli amici e da tante persone sensibili, abbiamo potuto anche dare degli aiuti in cibo e generi di prima necessità: ad alcuni poveri dei villaggi che ci circondano, agli amici di Aleppo rimasti in condizioni disperate, e fare offerte a qualche vescovo siriano per i rifugiati interni al paese, che sono tantissimi (soprattutto nella vicina città di Tartous).
Di fatto il nostro monastero si trova nell’unica zona della Siria che, pur essendo toccata fin dagli inizi dai combattimenti, anche sanguinosi, è rimasta relativamente vivibile e senza grandi distruzioni . Vi è stata carenza di gas, di gasolio,di elettricità, mancanza di lavoro.. Il costo della vita è molto alto..Eppure non si è mai arrivati alla fame o a situazioni limite come purtroppo in tantissime altre province. Siamo sempre potute restare al Monastero, tranne per tre notti nella primavera del 2012, in cui siamo dovute scendere per sicurezza al villaggio. I combattimenti hanno infatti raggiunto anche il nostro terreno. Potevamo però tornare al Monastero di giorno, e quindi abbiamo potuto sempre celebrare l’Eucaristia nella nostra chiesa; un dono, per noi. 
Il vero pericolo, nella nostra zona, è la pressione dei gruppi fondamentalisti che premono al confine libanese, vicino a noi, per entrare e sostenere gli altri gruppi di Al Qaida, di salafiti, ecc che si trovano non lontano, sempre nella nostra provincia di Homs.
Ma la gente qui è molto solidale, e siamo protette dall’amicizia di tutti i nostri vicini..oltre che da S. Michele Arcangelo, presente tra noi in una icona che abbiamo solennemente installato al centro della casa, proprio di fronte alla piccola statua di S. Giuseppe !! meglio di così…

Aderiamo con tutto il cuore alla proposta di pace del papa, e alla preghiera che ci unisce tutti.. Cercano di uccidere la speranza, ma noi a questo dobbiamo resistere con tutte le nostre forze.
Sentiamo particolarmente significative per noi e per il nostro essere qui, come comunità monastica, le parole di Isacco il Siro :
“Tu non sei stato stabilito per pronunciare la vendetta contro le azioni e coloro che le hanno fatte, ma per invocare sul mondo la misericordia, per vegliare per la salvezza di tutto, e per unirti alla sofferenza di ogni uomo, dei giusti e dei peccatori.”


le vostre sorelle trappiste in Siria
( cronaca mandata all'Ordine in settembre '13)



La vendetta delle milizie " Qalamoun - Rankous " sul monastero di Saydnaia :

la "conquista" e la distruzione del monastero non porta alcuna  vittoria , questo attacco è assolutamente inutile militarmente . La recente costruzione della statua di Cristo , simbolo di Siria , era un simbolo di speranza per tutte le persone pacifiche . Una spina negli occhi delle milizie dei fanatici dell'opposizione siriana , un obiettivo di jihadisti settari, takfiristi e terroristi .





  video diffusi dai ribelli sugli attacchi al Monastero dei Cherubini