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giovedì 28 giugno 2012

La via di Damasco non è una strada qualunque

Accorato appello del Papa per la riconciliazione in Siria, ormai da molti mesi entrata nel gorgo di una lotta intestina probabilmente alimentata da precisi interessi stranieri. Il Papa si recherà anche in Libano dopo l'estate per consegnare ufficialmente gli esiti del Sinodo dei Vescovi dedicato al Medio Oriente.
Medio Oriente e Mediterraneo sono il test più drammatico della fatica che il mondo contemporaneo fa nel ricercare forme e modi di convivenza pacifica.
L'apparente calma garantita dalle dittature del mediterraneo è stata travolta dalle rivolte della cosiddetta primavera araba che hanno destato l'entusiasmo un po' ingenuo di tanti intellettuali occidentali e anche solleticato gli interessi economici di tante potenze europee.

Il dramma della Libia, tutt'altro che pacificata dopo un conflitto di cui non si capisce ancora a chi abbia giovato se non a quei paesi che hanno rapidamente sostituito l'Italia nei rapporti economici soprattutto petroliferi; la situazione in bilico dell'Egitto; il terrorismo salafita in Tunisia che pure sembra essersi incamminata positivamente verso forme democratiche; tutto questo testimonia della complessità di una situazione che non può essere compresa né aiutata applicando rigidamente schemi buoni per le democrazie occidentali.

L'Europa che ha sdegnosamente messo ai margini della politica il riferimento alla propria identità storica (le famose radici cristiane per cui tanto si spese Giovanni Paolo II) si trova incapace di un vero dialogo con paesi in cui la religione gioca un ruolo fondamentale nel progettare il proprio futuro.

Analoga incapacità troviamo nei confronti della Siria dove la dittatura di una minoranza (quella che esprime la famiglia degli Assad, peraltro insediati in quel ruolo dalla Francia che ebbe il protettorato su quel territorio dopo la seconda guerra mondiale) aveva consentito la presenza di una forte comunità cristiana (circa il dieci per cento della popolazione, forte rispetto ad altri paesi arabi).

La parola di Benedetto suona così anche come la proposta politica più forte perché invita a ricercare le condizioni di una riconciliazione nazionale unico modo per impedire la dissoluzione dello Stato. Tutelare e difendere i cristiani della Siria dovrebbe essere un compito assai più presente alle cancellerie europee di quanto non succeda normalmente. La via di Damasco non è una strada qualunque ma - luogo della conversione di san Paolo, l'apostolo delle genti- sta proprio all'origine della civiltà europea e della cultura occidentale. Perderne la memoria sarebbe in qualche modo perdere il senso stesso della nostra civiltà.
http://www.dipopolo.it/sulla_via_di_damasco.html

mercoledì 27 giugno 2012

“Pace in Siria”: cresce il movimento popolare di riconciliazione “Mussalaha”

Nuovi incontri e nuove iniziative per il movimento popolare interreligioso “Mussalaha” (“Riconciliazione”), che propone una “riconciliazione dal basso” a partire dalle famiglie, dai clan, dalle diverse comunità della società civile siriana, stanca del conflitto
Mentre il paese è dilaniato dal conflitto, iniziative e incontri di pace si stanno moltiplicando, nascendo in modo del tutto spontaneo e indipendente: nei giorni scorsi un nuovo incontro che ha visto coinvolti leader civili, leader religiosi moderati, cristiani e musulmani, leader tribali, cittadini sunniti e alawiti del mosaico che compone la società siriana, si è tenuto a Deir Ezzor, nella provincia di Djazirah (Siria orientale), nei pressi dell’Eufrate. Il movimento, notano fonti di Fides, intende dire “No” alla guerra civile e rimarca che “non si può continuare con un bilancio che si attesta fra 40 e 100 vittime al giorno. La nazione viene dissanguata, perde i giovani e le sue forze migliori”. Per questo urge una iniziativa nuova che viene dal “genio popolare”, da persone “che desiderano una vita dignitosa, che rifiutano la violenza settaria e il conflitto confessionale, come le contrapposizioni ideologiche e politiche precostituite”. In molte città siriane, dove da un lato vi sono scontri e vittime – riferiscono fonti di Fides – “crescono gesti di amicizia e di riconciliazione, offerti da leader civili moderati verso rappresentanti di comunità considerate ostili (accade fra alawiti e sunniti), nello spirito di garantire sicurezza e pace grazie alla società civile”. Il movimento spera di trovare un riferimento istituzionale nel Ministro per la Riconciliazione, il socialista Ali Haider, nominato nel nuovo esecutivo siriano e proveniente dal partito di opposizione “People's Will Party”.
Ma intanto sta trovando sostegno anche all’estero: l’irlandese Mairead Maguire, Premio Nobel per la pace nel 1976 con Betty Williams e leader del movimento “The Peace People”, in un comunicato inviato a Fides dice “No alla guerra in Siria”, e afferma: “Dobbiamo metterci nei panni del popolo siriano e trovare vie pacifiche per fermare questa folle corsa verso una guerra che le madri, i padri e figli della Siria non vogliono e non meritano”. Il testo aggiunge: “Urge sostenere quanti lavorano per la pace in Siria e che cercano un modo di aiutare i 22 milioni di siriani a risolvere il loro conflitto, senza promuovere il caos o la violenza”. La Premio Nobel invita le Nazioni Unite ad “essere un forum dove tali voci siriane siano ascoltate”, le voci di “persone che hanno lavorato duro per la Siria, per l'idea della Siria come paese laico, pacifico e moderno”. (Agenzia Fides 27/6/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39402&lan=ita

Situazione disperata per le famiglie cristiane a Homs, dove ormai è guerriglia urbana

Si fa terribile la situazione dei civili nel centro storico di Homs. I circa 400 civili cristiani, intrappolati nel quartieri di Hamidiyeh e Bustan Diwan insieme con altri 400 civili musulmani sunniti, lanciano un grido disperato tramite i sacerdoti siriani, delle diverse Chiese cristiane presenti a Homs, che i civili riescono a contattare.
Come confermato a Fides dai sacerdoti siriani di Homs p. Abdallah Amaz, p. Michel Naaman e p. Maxime El Jamale, si tratta di famiglie siro-cattoliche, greco-cattoliche e greco-ortodosse, che vivono nascoste e sperano di poter uscire vive da una situazione che si fa sempre più dura e pericolosa. Nei giorni scorsi la Croce Rossa Internazionale e la Mezzaluna Rossa, dopo lunghi negoziati fra le parti in lotta, erano riuscite a ottenere un cessate-il-fuoco, con la speranza di poter entrare nell’area ed evacuare i civili dai quartieri di Khalidiyah, Hamidiyeh e Bustan Diwan. Ma la tregua non è stata rispettata ed è stato impossibile portare avanti le operazioni umanitarie.
“I civili non possono uscire dai loro nascondigli e sono terrorizzati. C’è un solo panificio funzionante e solo alcuni, sfidando la sorte, escono una volta al giorno per procurare cibo. Alcuni dei civili si trovano in luoghi vicini a dove sono arroccati i miliziani armati” spiegano le fonti di Fides a Homs. I gruppi armati dell’opposizione hanno scelto di arroccarsi nei quartieri cristiani perché sono formati da un dedalo di viuzze, dove non possono entrare mezzi militari pesanti. Intanto la truppe dell’esercito siriano, da circa tre giorni, sembrano aver cambiato strategia: invece di bombardamenti indiscriminati, penetrano nella “zona calda” con piccole unità militari, tramite un varco nelle vicinanze del quartiere di Khalidiyah, area dove risiedono altre 1.000 famiglie di civili musulmani sunniti. I soldati cercano di stanare i gruppi ribelli in quella che si prospetta, d’ora in poi, come una vera e propria guerriglia urbana. Un civile di Khalidiyah è stato ferito ieri dal fuoco incrociato. Molti altri, avvertono le fonti di Fides, potrebbero restarne vittime. (PA) (Agenzia Fides 27/6/2012

lunedì 25 giugno 2012

Siria accanto a chi soffre

Pubblicato in data 25/giu/2012 da



Una popolazione immobilizzata, che vive nella paura per gli attacchi che si moltiplicano nel paese, quella della Siria, dove la comunità cristiana soffre accanto ai musulmani -per una situazione sempre più complessa. Anche oggi a Homs ed in altre città sono in corso bombardamenti delle forze governative. Solo ieri i morti sono stati 80, mentre da Qusayr, cittadina nei pressi di Homs, giunge la notizia che la chiesa greco-cattolica di Sant'Elia è stata occupata da un gruppo di miliziani dell'opposizione siriana. Abbiamo raggiunto telefonicamente mons Mario Zenari, veronese, da oltre 3 anni nunzio a Damasco, in Siria.

Intervista a:

Mons. MARIO ZENARI
Nunzio Apostolico a Damasco - Siria

Intervista di Sara Fornari

Turchia e Siria sull'orlo del conflitto. Ankara chiede consultazioni Nato. Ruolo dell'Onu?

Da : Il Sole 24ORE
La Nato, su richiesta di Ankara, ha convocato per martedi un incontro a Bruxelles per discutere dell'abbattimento di un caccia turco da parte della contraerea siriana e delle possibili reazioni del Patto Atlantico. La richiesta turca e' stata inoltrata invocando l'articolo 4 del Patto Atlantico, secondo cui un attacco contro un paese membro dell'alleanza e' un attacco contro tutti. Polveriera mediorentale a rischio di esplodere, dunque?
di Mario Platero - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/mTJor

Quando si dice che la Siria non è la Libia - proprio questa mattina il ministro degli esteri Giulio Terzi ha escluso «che ci siano le condizioni per un'azione di tipo libico» a una domanda su cosa la Turchia chiederà domani al consiglio atlantico Nato - la differenza si coglie proprio in questo "incidente" che ha portato all'abbattimento del caccia turco da parte della contraerea siriana.
La Guerra Fredda tra Est e Ovest può diventare calda per la crisi siriana come abbiamo avuto modo di scrivere più volte in questi mesi: la Siria è una "linea rossa" per l'Iran, storico alleato di Damasco, ma anche della Russia di Putin che non soltanto mantiene il controllo del porto di Tartous, l'ultimo mel Mediterraneo, ma anche un sistema radar sofisticato. Una sorta di risposta allo scudo anti-missile piazzato dalla Nato nella base turca di Malatya, la stessa dove venerdì scorso è decollato il Phantom F 4 turco. Questo sistema dell'Alleanza tiene di mira sia l'Iran che le basi russe nel Mar Nero.
 La Turchia queste cose le sa benissimo: in un eventuale conflitto con la Siria sarà in prima linea e naturalmente vuole evitare di andare in guerra da sola e senza un adeguato sostegno militare della Nato e politico delle Nazioni Unite dove ha già inviato una lettera al Consiglio di Sicurezza in attesa della riunione dell'Alleanza atlantica di domani.
di Alberto Negri - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/nyZrj

Molti dettagli circa l'abbattimento del caccia turco F-4 nello spazio aereo siriano non sono ancora stati chiariti. Incerta la sorte dei due uomini d'equipaggio, probabilmente paracadutatisi in mare, e silenzio totale sulla natura della missione effettuata da almeno due cacciabombardieri turchi poiché i velivoli militari si muovono sempre in coppia. Certo l'equipaggio del secondo Phantom potrebbe rivelare molte informazioni utili e di certo ben diverse dalle improbabili dichiarazioni rilasciate dal presidente turco, Abdullah Gul, secondo il quale il jet potrebbe aver violato lo spazio aereo siriano a causa dell'alta velocità.
"E' routine per i caccia alcune volte passare avanti e indietro i confini nazionali" ha affermato Gul, citato dall'agenzia d'informazione Anadolu. "Non si tratta di azioni malintenzionate ma sono incontrollabili a causa dell'alta velocità dei jet". In realtà da quanto si è appreso i jet volavano ad elevata velocità e a quota molto bassa, quella necessaria a spingersi in territorio "nemico" cercando di non farsi individuare dai radar. Foprse una missione per "testare" le difese aeree siriane anche se ambienti vicini all'aeronautica militare turca hanno rivelato che il jet abbattuto era un RF-4E, versione da ricognizione del Phantom decollato dalla base di Ehrac. Non si può quindi escludere che la sua missione fosse proprio quella di scoprire la dislocazione delle truppe siriane nel nord del Paese per girare le informazioni agli insorti siriani che in Turchia non hanno solo le basi ma anche i centri di arrivo delle armi fornite da Stati Uniti (tramite gli uomini della CIA segnalati recentemente dal New York Times) e Paesi arabi. Armi per i ribelli arriverebbero anche da Israele, probabilmente attraverso il confine libanese, poiché fonti siriane hanno riferito all'Ansa che i miliziani a Homs hanno ricevuto missili israeliani di ultima generazione utili ''contro i carri armati T-72'' in dotazione all'esercito siriano.
di Gianandrea Gaiani - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/WMs08

sabato 23 giugno 2012

Kofi Annan: "Bisogna agire in fretta per riportare la pace in Siria." Ma nel frattempo ...

“E' necessario il sostegno di tutta la comunità internazionale per risolvere la situazione in Siria” ed è necessario agire in fretta. E’ l’appello lanciato da Kofi Annan, inviato dell'Onu e della Lega Araba in Siria, parlando in conferenza stampa a Ginevra. La situazione del Paese si sta sempre più deteriorando: oggi ore di scontri a Qudsaya, sobborgo vicino Damasco hanno provocato diverse vittime. Secondo le Nazioni Unite oltre un milione e mezzo di siriani hanno bisogno di aiuti umanitari. "
Alzare il livello di pressione" per convincere le parti a fermare le uccisioni e a iniziare il dialogo". E’ quanto ha chiesto alla comunità internazionale e soprattutto ai Paesi con più influenza, incluso l’Iran, l’inviato dell’ONU in Siria, Kofi Annan. ''Bisogna agire ora, ha insistito, quello in Siria non può essere un processo senza fine' perché più tempo passa più il futuro del Paese “sarà nero''. Annan ha anche riferito di essersi recato in questi giorni in diverse capitali del mondo per parlare dei prossimi passi per l'attuazione del piano di pace'' e organizzare una conferenza internazionale in Svizzera alla fine del mese. Un richiamo a fare di più per trovare una soluzione è venuto anche dal ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov in un colloquio con il suo omologo siriano.
http://www.radiovaticana.org/it1/articolo.asp?c=598899

Siria, la CIA arma e seleziona i ribelli
da "La Perfetta Letizia" 23- 06-12

Gli Stati Uniti armano i ribelli in Siria. Non è un novità, ma quando lo scrive il New York Times fa sempre un certo effetto
Secondo il più importante quotidiano Usa, un gruppo di agenti della Cia, l’intelligence degli Stati Uniti, si trova nella Turchia meridionale, sul confine con la Siria, e partecipa alla consegna di armi ad alcuni gruppi di opposizione al regime di Bashar al-Assad. Il New York Times cita funzionari statunitensi e fonti di servizi di intelligence arabi. In particolare, secondo le fonti, gli uomini inviati dagli Stati Uniti partecipano alla scelta dei gruppi a cui consegnare le armi e operano per evitare che finiscano in mano a combattenti vicini ad al-Qaeda o ad altri gruppi terroristici.Gli Stati Uniti non forniscono direttamente le armi, il cui acquisto è invece finanziato da Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Si tratta in gran parte di fucili automatici, lanciarazzi, munizioni e un certo numero di armi anticarro, fatte entrare in Siria attraverso il confine turco e consegnate ai combattenti da intermediari, come i Fratelli Musulmani locali. L’obiettivo degli Stati Uniti non e’ solo quello di armare un gruppo selezionato di combattenti, ma anche di raccogliere informazioni sulla galassia piuttosto ambigua e mutevole dell’opposizione siriana.
http://www.laperfettaletizia.com/2012/06/siria-la-cia-arma-e-seleziona-i-ribelli.html

giovedì 21 giugno 2012

Benedetto XVI: appello per la pace in Siria

Riproponiamo l'appello di Benedetto XVI in video:

Pubblicato in data 21/giu/2012 da



Un appello per la pace in Siria è stato rivolto da Benedetto XVI nel discorso di stamattina (21 giugno 2012) ai partecipanti all'assemblea della Roaco, l'opera di aiuto per le Chiese orientali che fa parte della Congregazione per le Chiese Orientali. Benedetto XVI ha ricordato che il diritto alla libertà religiosa personale e comunitaria va garantito nella sua professione pubblica e non solo in termini cultuali, ma anche pastorali, educativi, assistenziali e sociali, tutti aspetti indispensabili al suo effettivo esercizio. Per quanto riguarda la Siria il papa si è rivolto alle autorità del paese ed alle istituzioni internazionali affinchè cessi ogni violenza.

Pressante e accorato appello del Papa per la Siria

La riconciliazione fermi una violenza che rischia di coinvolgere l'intera regione
Da Radio Vaticana 21-06-12
Benedetto XVI chiede che “non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza” e che “sia garantita la necessaria assistenza umanitaria”. L’accorato appello del Papa è contenuto nel discorso multilingue rivolto ai circa 80 partecipanti all’85.ma Assemblea della Roaco, Riunione delle Opere in aiuto alle Chiese Orientali, ricevuti stamani in udienza nella Sala Clementina, in Vaticano. La Roaco, lo ricordiamo, si è riunita in assemblea a Roma da lunedì scorso fino a ieri. 
Lo sguardo di Benedetto XVI abbraccia la Siria e le sue ferite. Nel discorso alla Roaco, guidata dal suo presidente, il cardinale Leonardo Sandri, anche prefetto della Congregazione per le Chiesa orientali, il Papa chiede aiuto per questo Paese martoriato:

“Que ne soit épargné aucun effort, également de la part de la communauté...
Non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza e di crisi, che dura già da molto tempo e rischia di diventare un conflitto generalizzato che avrebbe conseguenze fortemente negative per il Paese e per l’intera Regione”.

“J’élève aussi un pressant et douloureux appel pour que, face au besoin extrême…
Elevo anche un pressante e accorato appello perché, davanti al bisogno estremo della popolazione, sia garantita la necessaria assistenza umanitaria, anche a tante persone che hanno dovuto lasciare le loro case, alcune rifugiandosi nei Paesi vicini”.

Il valore della vita umana è un bene prezioso da tutelare sempre, ricorda infatti Benedetto XVI che esprime anche la sua vicinanza “alle grandi sofferenze dei fratelli e delle sorelle di Siria, in particolare dei piccoli innocenti e dei più indifesi”.

“Que notre prière, notre engagement et notre fraternité concrète dans le Christ, …
La nostra preghiera, il nostro impegno e la nostra fraternità concreta in Cristo, come olio di consolazione, li aiuti a non smarrire la luce della speranza in questi momenti di buio e ottenga da Dio la sapienza del cuore per chi ha responsabilità, affinché cessi ogni spargimento di sangue e la violenza, che porta solo dolore e morte, lasci spazio alla riconciliazione, alla concordia e alla pace”.

Il Papa rivolge quindi con forza l’esortazione a perseverare nel movimento di carità che la Congregazione segue affinché la Terra Santa e le altre regioni orientali ricevano “il necessario sostegno spirituale e materiale”. L’attuale congiuntura economico-sociale colpisce, in modo ancora più preoccupante, le aree del mondo più svantaggiate, nota il Pontefice. E questo processo coinvolge in modo particolare l’Oriente, “madrepatria di antiche tradizioni cristiane”, generando “insicurezza e instabilità anche a livello ecclesiale e in campo ecumenico e interreligioso”. “Si tratta di fattori – sottolinea ancora Benedetto XVI – che alimentano le endemiche ferite della storia e contribuiscono a rendere più fragili il dialogo, la pace e la convivenza fra i popoli, come pure il rispetto dei diritti umani, specialmente quello alla libertà religiosa personale e comunitaria”.

Tale diritto va garantito nella sua professione pubblica e non solo in termini cultuali, ma anche pastorali, educativi, assistenziali e sociali, tutti aspetti indispensabili al suo effettivo esercizio”.

Quindi, il Papa ribadisce il richiamo a essere “segni eloquenti della carità che sgorga dal cuore di Cristo” e “presenta al mondo la Chiesa nella sua più vera identità e missione, ponendola al servizio di Dio, che è Amore”. Benedetto XVI ricorda poi che l’Anno della Fede “offrirà fecondi orientamenti alle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali” e chiede l’intercessione di Maria per le Chiese Orientali in madrepatria e nella diaspora:

“Sia Lei a vegliare anche sul prossimo Viaggio che – a Dio piacendo – compirò in Libano per porre il sigillo sull’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi”.

E il Papa conclude, infatti, con un abbraccio “di padre e di fratello” alla Chiesa e alla nazione libanese.

http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/29387.php?index=29387&lang=it#TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA
http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=598374



AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE: URGENZA SIRIA 
Appello per la sopravvivenza di 500 famiglie cristiane rifugiate a Marmarita

I siriani sono in stato di shock. Hanno paura. Essi temono un "secondo Iraq". Secondo le stime dell'ONU, le rivolte arabe da marzo 2011 ad oggi, eufemisticamente descritte come primavera araba, sono costate oltre 8.000 vite. In Homs, le Brigate Faruq, parte del cosiddetto "esercito siriano libero" hanno massacrato da 350 a 400 persone inermi, secondo informazioni. Fonti ortodosse hanno riferito che queste brigate cacciavano specificamente i cristiani dalle loro case, poi vi si insediavano.  Ad oggi, ci sono 230 mila siriani che sono fuggiti dai combattimenti in Homs. Secondo il vescovo Nicolas Sawwaf, il vescovo greco-cattolico, 500 famiglie di profughi hanno cercato rifugio in Marmarita, vicino al confine libanese. Il vescovo ha fatto il possibile per fornire cibo e alloggi temporanei a loro disposizione.  I cristiani siriani vedono il futuro con ansia. Anche se rifiutano la brutalità di Assad, temono che il potere passi nelle mani degli estremisti islamici.  "I vescovi cattolici mettono in guardia contro una presa di potere da parte degli islamisti. Essi temono un'ondata ancora più grande di assalti e intimidazioni contro i cristiani, come quello che è successo in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein", possiamo leggere una lettera della Pontificia Missione a Beirut.
Su circa 300.000 cattolici caldei che vivono in Siria, 200.000 provengono dall'Iraq! Ora, il vescovo Sawwaf si fa carico non solo dei rifugiati, ma anche di 500 famiglie siriane che hanno bisogno di temporaneo alloggio, vitto e assistenza medica. Mentre i rifugiati musulmani sono supportati da stati arabi come l'Arabia Saudita e Qatar, la Chiesa rappresenta l'unica speranza dei rifugiati cristiani. In totale, circa 1.000 famiglie che aspettano un aiuto esterno.
Aiuto alla Chiesa che Soffre ha promesso  80 000. Tale somma può provvedere a 500 famiglie per sei mesi.
La Missione Pontificia stessa coordinerà gli aiuti alimentari.
Per sopravvivere, ciascuna delle 500 famiglie  ha bisogno di quasi $ 30 al mese per il cibo.
$ 30 X 500 (famiglie) X 6 (mesi) = $ 90.000 o circa € 80 000.
Hanno urgente bisogno del nostro aiuto!per versare il tuo contributo online :




Tregua a Homs, ma i civili non possono ancora lasciare la città
 Agenzia Fides 21/6/2012
Homs (Agenzia Fides) – E’ tregua fra esercito siriano e ribelli: dopo lunghi e difficili negoziati, è stato raggiunto un accordo di cessate-il-fuoco per consentire l’uscita dei civili intrappolati a Homs. Tuttavia, riferiscono fonti di Fides a Homs, l’evacuazione non è ancora iniziata perché i ribelli non hanno ancora dato il “via libera”, mentre testimoni locali riferiscono di colpi di mortaio sulla città anche questa mattina. Secondo l’accordo, la tregua dovrebbe durare per l’intera giornata di oggi e poi, nei prossimi giorni, per due ore al giorno, al mattino. Nel negoziato fra le parti sono coinvolte la Croce Rossa Internazionale, la Mezzaluna Rossa e alcuni sacerdoti cristiani vicini alle famiglie dei civili intrappolati, esponenti del movimento interreligioso per la riconciliazione “Mussalaha”. Come riferiscono fonti di Fides a Homs, i civili sono circa 800 (400 cristiani e 400 musulmani sunniti). nei quartieri di Hamidiyeh e Bustan Al Diwan, A costoro di aggiungono altre mille famiglie, tutte musulmane, che si trovano nell’area di Khalidiyeh, ma anche di Warcheh e Salibi.
I civili sono assistiti da alcuni sacerdoti cristiani cattolici e ortodossi, che intendono facilitare le operazioni di salvataggio. “La tregua ci dà una speranza, ci appelliamo ora a tutti perché possa iniziare la sospirata uscita dei civili, fra i quali donne, bambini sotto i dieci anni, anziani bisognosi di cure” dice a Fides il sacerdote greco cattolico p. Abdallah Amaz, che si trova ad Homs.
Da altri quartieri della città, intanto, molte famiglie stanno fuggendo, trasferendosi soprattutto a Jaramana, area residenziale alle porte di Homs, a maggioranza cristiana e drusa. La Chiesa siriana ha lanciato un appello per l’assistenza di almeno 500 famiglie di profughi cristiani fuggiti da Homs nei mesi scorsi, che hanno trovato rifugio a Marmarita, vicino al confine libanese, per i quali si sta facendo ogni sforzo per fornire cibo, alloggio temporaneo e assistenza medica. 



"LA GUERRA CIVILE NON E' L'UNICA SCELTA"




"Guardiamo all'Iraq, guardiamo alla Tunisia, guardiamo alla Libia, guardiamo in Egitto e non vogliamo diventare una tale situazione di anarchia o di estremismo", ha detto. Nel frattempo, egli sta esortando i cattolici di tutto il mondo a continuare a sostenere la Chiesa in Siria attraverso la preghiera, promuovendo l'informazione e un aiuto finanziario, se possibile.
http://www.catholicnewsagency.com/news/syrian-bishop-says-civil-war-not-the-only-option/

martedì 19 giugno 2012

Le chiese ferite di Homs

da VOX CLAMANTIS in D.D.
17 giugno 2012
HOMS: The red square inside Homs defines the antic cristian area in the old city from where 80000 cristians were expelled and where their precious religiouse heritage was desecrated

HOLY SPIRIT CATHEDRAL

SYRIAC CATHOLIC BISHOPRIC

HOLY SPIRIT CATHEDRAL HAMIDYEH

HAMIDIYEH

HOLY SPIRIT CATHEDRAL


OUR LADY OF THE BELT’S SHRINE (1st century)

Some of those factions have lately occupied the churches for a while, installing in them their headquarters. For example the Armenian Cathedral (no photos were possible because the armed opposition elements are still there).




L’esercito: “Sì all’uscita dei civili da Homs”, ma diventano scudi umani

Homs (Agenzia Fides) – Gli 800 civili intrappolati a Homs sono stretti fra il fuoco incrociato, impossibilitati a uscire, strumentalizzati nel conflitto, ora utilizzati come scudi umani: è l’allarme che giunge all’Agenzia Fides da esponenti della Chiesa locale impegnati a cercare una soluzione per la salvezza delle loro vite. Una fazione dell’esercito ribelle asserragliato in città non vuole farli evacuare per impedire all’esercito siriano di assumere posizioni favorevoli con i mezzi militari. Come ha riferito a Fides il sacerdote cristiano ortodosso p. Boutros Al Zein, “fra loro vi sono circa 400 civili cristiani, per la maggior parte anziani e donne, vittime di un autentico sequestro, bloccati nelle strade di Al Bustan Diwan e Hamidiyyeh. I civili – spiega – sono stati raccolti e diretti verso il confine di queste due strade, divenendo scudi umani per evitare l'assalto delle forze siriane regolari”.
Nei giorni scorsi due sacerdoti cristiani ortodossi, p. Maximos Al Jamal e p. Boutros Al Jamal, hanno cercato di negoziare per liberare gli ostaggi, ma l'iniziativa è fallita. Ora l’esercito siriano ha detto ufficialmente di “concedere l’evacuazione dei civili, senza precondizioni” e di aver predisposto un corridoio di uscita. Il Ministero degli esteri siriano ha dichiarato di “aver ordinato al governatore di Homs di provvedere all’uscita di tutti i cittadini dalle aree di conflitto”. Gli esponenti della Chiesa locale chiedono a tutti i gruppi armati di “non utilizzare i civili innocenti, facilitare la loro evacuazione, rispettare la loro vita e la loro libertà”. Agenzia Fides 19/6/2012
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39344&lan=ita

sabato 16 giugno 2012

A che punto è la notte? L’editoriale di padre Lombardi

Radio Vaticana 16/06/2012 
 Non abbandonare la Siria travolta da violenze che non sembrano avere fine. E’ l’appello pressante che viene dalla popolazione e, in particolare, dai cristiani in Siria, mentre gli osservatori Onu sospendono la loro attività nel Paese. Un grido di dolore a cui si richiama padre Federico Lombardi nel suo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale d’informazione del centro Televisivo Vaticano:

Da diverse località della Siria continuano ad arrivare ogni giorno notizie di una strage di persone innocenti di ogni età e credo religioso, con un crescendo sempre maggiore da ormai almeno 15 mesi. Ormai sono sempre più quelli che affermano che si debba parlare di una vera situazione di guerra civile. Un Paese caratterizzato dalla convivenza fra componenti diverse del mondo musulmano, e dove anche i rapporti ecumenici fra i cristiani di diverse confessioni e riti e i rapporti interreligiosi fra cristiani e musulmani erano tradizionalmente sereni – indimenticabile il viaggio di Giovanni Paolo II nel 2001 – precipita ora nella violenza, nel caos, nel rischio di disintegrazione, senza che si veda una via d’uscita: una “lenta discesa agli inferi”, ha detto il nunzio apostolico, mons. Zenari.

Le attese di libertà e di maggior partecipazione nella vita politica presenti in tanti giovani siriani come in altri Paesi coinvolti dal vento di cambiamento della regione non sono state dovutamente ascoltate da parte dei governanti, mentre nel campo degli oppositori si sono inserite e hanno preso piede componenti violente.

Nonostante gli appelli ripetuti del Papa come di tanti leader religiosi e civili, la comunità internazionale appare finora incapace di agire efficacemente. Influisce certo il fatto che la Siria si trovi proprio in un’area particolarmente delicata per gli equilibri politici internazionali. Il piano di Kofi Annan non ha trovato spazio, e l’ipotesi di un intervento internazionale armato è immensamente preoccupante. Fino a quando dunque la dinamica della violenza continuerà a crescere e la gente a morire e a fuggire dalle sue case? Per i credenti è tempo di compassione, di preghiera, di soccorso ai sofferenti per quanto possibile, di invito e di sostegno alle iniziative di dialogo ad ogni livello, barlumi di speranza.

 Non dimentichiamo né abbandoniamo la Siria.
http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=597036


Monseigneur Audo, évêque chaldéen d’Alep.
Interview au sujet de la situation de la Syrie. Metz le 13 juin 2012.

Quelle est la situation actuelle de la Syrie ?

Comme vous le savez par les médias, la Syrie est actuellement au centre d’une crise politique et culturelle, régionale et internationale. En parler est très complexe car il s’agit de regarder en détail ce qui se vit en Syrie et aussi tenir compte de la situation internationale.
Actuellement, les chrétiens sont une petite minorité ancrée dans le pays et très affectée. Nous sommes plutôt dans une situation d’inquiétude par rapport à l’avenir, car nous ne savons pas ce qui peut arriver d’ici un mois, un an… Nous continuons à vivre malgré la crise économique et malgré les poches de violence qui se répandent un peu partout en Syrie. Nous restons dans une grande inquiétude. Nous essayons, en tant que chrétiens, de prier pour la paix et de susciter des dialogues et de la conciliation, mais ce n’est pas avec beaucoup de facilité.
Le printemps arabe a-t-il été un élément déclencheur de ce qui se passe en Syrie ?
On a développé beaucoup de choses sur le printemps arabe. A vrai dire, nous sommes tous d’accord pour dire que nous avons besoin de démocratie, de la dignité de l’homme, du respect, de toutes les valeurs de la liberté. Tous les régimes mis en place il y a une cinquantaine d’années ont besoin de cette démocratie. Le simple peuple comme les intellectuels sont assoiffés de valeurs de la modernité. Mais la modernité et la démocratie ne viennent pas du jour au lendemain. Il faut une éducation, une formation politique, une pensée personnelle, une liberté pour choisir. Actuellement, nous n’avons pas une culture qui soit capable de porter tout cela. Le risque est de remplacer une dictature militaire par une autre dictature théocratique. C’est ce que l’on craint. En étant réaliste, voyez ce que l’Irak a donné : la moitié des chrétiens a quitté le pays et moi je les ai vu arriver, nombreux, en Syrie. Regardons aussi ce qui se passe en Tunisie. Le mot laïcité est rentré dans le vocabulaire pour dire séculier. En Egypte, il y a aussi des points d’interrogation on se demande ce que cela va donner.
Nous cherchons un avenir pour nos églises. L’idéal qui nous conduit est de travailler au service de l’homme pour qu'il y ait plus de justice, pour qu’il y ait un dialogue interreligieux sincère et franc suivant toutes les valeurs que le concile Vatican II nous a encouragé à développer : la liberté religieuse, le dialogue interreligieux, l’œcuménisme pour que toute cette approche du religieux soit capable de nourrir une théologie musulmane qui ne soit pas dans le sens de l’enfermement.
Si le régime de Bachar-al Assad en venait à la stabilité, est-ce qu’il pourrait maintenir la région ?
Tout dépend. La solution n’est plus dans les mains du régime syrien. Cela le dépasse. Il faut une entente internationale entre la Russie et les Etats-Unis et qu’il y ait des pressions sur l’Arabie Saoudite, l’Iran et la Turquie pour qu’il y ait une nouvelle distribution du pouvoir.
 Y a-t-il un risque d’ingérence occidental au travers des médias ?
Oui, je le crois. Au commencement, spontanément, en regardant les télévisions, je me suis dit qu’il y avait une orchestration médiatique. Les médias sont une force extraordinaire. Ils peuvent exagérer… C’est très complexe.
intervista completa su:
http://metz.catholique.fr/index.php?option=com_content&task=view&id=1233&Itemid=182

venerdì 15 giugno 2012

Chiesa occupata dai miliziani: i cristiani chiedono il rispetto dei luoghi sacri

Qusayr (Agenzia Fides) – La chiesa greco-cattolica di Sant’Elia a Qusayr, cittadina nei pressi di Homs, è stata occupata da un gruppo di miliziani dell’opposizione siriana, che vi hanno stabilito la loro base.
Secondo quanto riferito a Fides da testimoni oculari, la mattina del 13 giugno, gli uomini, probabilmente islamici radicali, avevano fatto irruzione nella chiesa, forzando la porta, suonando le campane e compiendo un’azione dimostrativa di scherno che aveva sollevato preoccupazione nei leader cristiani locali (vedi Fides 13/6/2012). Ma il gruppo, invece di lasciare l’edificio, si è accampato all’interno dell’aula liturgica e vi soggiorna ora in modo permanente, espletandovi tutte le proprie attività. La Chiesa locale condanna l’episodio, definendo “inaccettabile tale comportamento irrispettoso verso un luogo sacro”, come hanno dichiarato a Fides esponenti della gerarchia della diocesi di Homs, che lanciano un appello perchè nel conflitto in corso “non si degeneri nella dissacrazione di templi e luoghi sacri, di tutte le comunità”.
Fonti di Fides confermano che – come asseriscono da settimane diversi osservatori – nella città di Qusayr, a Sud di Homs, vi sono gruppi di radicali islamici salafiti che “intendono combattere una guerra di religione”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39317&lan=ita

Appello dei civili in pericolo di vita a Homs: “Lasciateci andare!”
“Lasciateci andare, in nome di Dio!”: è il disperato appello lanciato dalle famiglie cristiane e musulmane sunnite intrappolate nel centro storico di Homs. Si tratta di circa 800 civili, fra i quali donne, anziani, giovani, bambini, disabili che oggi – riferisce una fonte di Fides impegnata nel tentativo di negoziato – “sono in reale pericolo di vita. Non hanno nulla, vivono nel panico, sono nel bel mezzo di bombardamenti e combattimenti”. Le famiglie bloccate in città, racconta la fonte di Fides, lanciano un appello “per ragioni umanitarie”, chiedendo l’aiuto delle Nazioni Unite, della Croce Rossa, della Mezzaluna Rossa, perché possa essere salvata la loro vita.
Le famiglie si trovano nelle aree di Warsheh, Salibi, Bustan Diwan, Ozon, Hamidiyeh, Wadi Sayeh, tutte nel cuore di Homs. Attualmente l’esercito siriano sarebbe disponibile a un cessate-il-fuoco per far uscire i civili, ma una delle fazioni dei ribelli asserragliati in città, capeggiata dal leader Abou Maan, si rifiuta di acconsentire. I miliziani, infatti, temono che, una volta usciti i civili, l’esercito siriano possa rafforzare la sua offensiva verso il centro città. La situazione è ancora in fase di stallo, ma la condizione delle famiglie peggiora di ora in ora. I circa 400 cristiani sono gli ultimi rimasti degli oltre 80mila che popolavano Homs prima dell’inizio del conflitto. (Agenzia Fides 15/6/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39319&lan=ita

SIRIA : L'ascesa di al-Qaeda nel Mediterraneo è più pericolosa del nucleare iraniano


Teheran (AsiaNews/ Agenzie) - "La presenza di al-Qaeda in Siria e Libano è più pericolosa delle bombe nucleari". E' la provocazione lanciata dal gen. Hassan Firouzabadi, capo di Stato maggiore dell'esercito iraniano, in vista dell'incontro fra Teheran e 5+1 (i membri rappresentanti del Consiglio di sicurezza Onu - Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, più la Germania) in programma nei prossimi giorni a Mosca. Secondo il militare, il movimento terrorista islamico avrebbe già sostituito il defunto Osama bin-Laden con un nuovo leader e spostato nel Mediterraneo le sue truppe finora attive in Afghanistan, Iraq e Pakistan. E questo con la complicità delle forze occidentali. Le dichiarazioni "faziose" di Firouzabadi hanno però un loro fondamento di verità.

Negata per mesi da Onu e Paesi occidentali, la presenza di uomini di al-Qaeda fra le fila dell'esercito libero siriano è stata denunciata nei giorni scorsi da William Hague, segretario di Stato britannico e in maggio dallo stesso Ban ki-moon, segretario generale dell'Onu. Notizie di miliziani stranieri che tentano di passare il confine fra Turchia e Siria, con il benestare della autorità di Ankara sono all'ordine del giorno. In un'intervista rilasciata ad AsiaNews lo scorso 24 maggio, mons. Nazzaro, vicario apostolico ad Aleppo denunciava la presenza di forze straniere che non vogliono la pace in Siria. Il Paese è ormai preda di guerriglieri provenienti da Tunisia, Libia, Turchia, Pakistan e altri Stati islamici. Armi e denaro passano attraverso i confini e alimentano questa spirale di violenza".

Chris Dobson, esperto di terrorismo e strategia militare, ritiene che al-Qaeda avrebbe sfruttato la crisi siriana e libica e il sostegno dei Paesi occidentali ai ribelli del Free Syrian Army (Fsa) per far entrare i suoi uomini nel Mediterraneo. "I terroristi - afferma - sono usciti dai loro nascondigli e risiedono ora nelle basi dei ribelli del Fsa". Secondo Dobson, la Siria e il Libano sono in una posizione ideale per lanciare attacchi contro i Paesi occidentali una volta terminata la guerra contro il regime siriano. Alla rete di terroristi farebbero gola gli arsenali militari di Bashar al-Assad, che contengono oltre ad armi pesanti di fabbricazione russa, anche missili a media gittata, in grado di abbattere arei di linea, e armi chimiche.

Lo scorso 13 giugno, il quotidiano britannico The Sun ha pubblicato una foto e un filmato che ritraggono guerriglieri armati che espongono la bandiera nera del movimento islamico. Le immagini mostrano un uomo che brandisce una mitragliatrice pesante e un lancia razzi, mentre inneggia alla guerra contro Assad. Il video è stato diffuso da un gruppo chiamato al-Nusra su un sito jihadista legato al-Qaeda. Nei giorni scorsi un altro sito estremista ha pubblicato l'ultimo messaggio di Abu Yahya al-Libi, N.2 della rete terrorista, ucciso da un drone statunitense lo scorso 5 giugno nell'area tribale pakistana al confine con l'Afghanistan. In un filmato di 15 minuti, il leader lancia un appello a tutta la Siria ad unirsi ad al-Qaeda nella battaglia per sconfiggere il regime. "I siriani - afferma - devono abbandonare l'illusione di una fine pacifica del conflitto. Essi devono combattere Assad e la cospirazione ordita dagli Stati Uniti contro la rivoluzione islamica".
http://www.asianews.it/notizie-it/L'ascesa-di-al-Qaeda-nel-Mediterraneo-più-pericolosa-del-nucleare-iraniano-25037.html

giovedì 14 giugno 2012

Waqqaf (Al Jazeera): bambini come scudi umani, vi spiego perché è falso

Una cosa sola è certa: la popolazione civile siriana sta soffrendo oltre ogni possibile immaginazione, e a subire le peggiori atrocità sono i più indifesi, cioè i bambini.
da Il Sussidiario - Intervista a Ammar Waqqaf di Pietro Vernizzi

Per il resto, nelle ultime settimane le notizie si rincorrono in una corsa folle nella quale è difficile distinguere la propaganda dalla verità. L’ultima è che i bambini siriani sarebbero stati usati dall’Esercito come scudi umani. Diversi piccoli con meno di dieci anni sarebbero stati piazzati all’esterno di carri armati e pullman militari, per scoraggiare i ribelli dall’attaccarli. Ad affermarlo è il rappresentante speciale dell’Onu, anche se riesce difficile immaginare su quali basi abbia verificato la notizia. Per Ammar Waqqaf, un opinionista siriano di BBC e Al Jazeera che anche in questi mesi difficili vive facendo la spola tra Londra e Damasco, “il rapporto dell’Onu è inattendibile, in quanto l’Esercito siriano è composto da professionisti che appartengono a tutte le religioni. Se Assad ordinasse una strage di civili in un villaggio sunnita, provocherebbe la diserzione in massa di tutti i soldati sunniti”.
Che cosa ne pensa del rapporto sui bambini usati come scudi umani dall’Esercito?
 Ritengo che la notizia non sia affatto vera. Innanzitutto dovremmo appurarne la fonte, nonostante sia stata citata dall’Onu, in quanto di recente le Nazioni Unite hanno accusato il regime di violazioni che in realtà erano state commesse dai ribelli. In secondo luogo c’è un enorme tentativo di demonizzare l’Esercito siriano. Per esempio dopo il recente massacro di Hula si è affermato che i bambini sarebbero stati uccisi dall’Esercito, per poi scoprire che non era stato così.
Vuole dire che l’Esercito non ha nessuna responsabilità?
 L’Esercito sta conducendo delle operazioni militari contro i gruppi armati dei ribelli. Le vittime civili e la distruzione di abitazioni sono un effetto collaterale inevitabile di questa situazione. Non ritengo però affatto plausibile che l’Esercito commetta direttamente abusi sui bambini o li uccida. E’ piuttosto il fronte opposto a rendersi responsabile di queste azioni.
 Per quale motivo?
Perché una parte consistente dei ribelli è mossa dall’ideologia fondamentalista che li autorizza a commettere queste uccisioni nei confronti di chiunque appartenga a una religione diversa dalla loro. L’Esercito è invece un’istituzione dello Stato ed è formato da professionisti che appartengono a tutte le religioni, dai quali non ci si può aspettare l’obbedienza a un’ideologia ma soltanto a una disciplina militare. Di fronte all’ordine di utilizzare bambini come scudi umani, è quindi molto probabile che ufficiali e soldati diserterebbero.
continua la lettura qui: http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2012/6/13/SIRIA-Waqqaf-Al-Jazeera-bambini-come-scudi-umani-vi-spiego-perche-e-falso/290890/

martedì 12 giugno 2012

“Mussalaha”, “Riconciliazione!”: la società civile siriana in campo per una soluzione non violenta

Agenzia Fides 12/6/2012

Si chiama “Mussalaha”, che significa “Riconciliazione”, ed è una straordinaria iniziativa popolare non-violenta nata nella società civile di Homs, città martoriata dal conflitto fra esercito regolare e forze di opposizione. E’ la dimostrazione, e anche la speranza, di una “terza via”, alternativa al conflitto armato ma anche alternativa a un possibile intervento militare dall’estero, invocato dal Consiglio Nazionale Siriano, che coordina l’opposizione siriana.
E’ una iniziativa che, come riferito a Fides, “colma un vuoto creato dal rumore delle armi: non parteggia per alcuna delle parti in lotta, nasce spontaneamente dal basso, dalla società civile, da tutti quei cittadini, parlamentari, notabili, sacerdoti, membri di tutte le comunità etniche e religiose, che sono stanchi della guerra”. Fra i promotori e i maggiori sostenitori dell’iniziativa vi sono i cristiani di Homs, di tutte le confessioni. Fra quanti si sono spesi ed esposti personalmente, vi sono i due preti greco cattolici, p. Michelle e p. Abdallah, il sacerdote siro-cattolico p. Iyad, il maronita p. Alaa, il siro-ortodosso p. Khazal. Costoro hanno messo in campo tutte le loro energie, persuadendo larghe fasce di popolazione sul fatto che “in questa situazione di stallo, c’è bisogno di una scossa: è scoccata l’ora del riconciliazione”.
L’iniziativa ha preso forma con l’organizzazione di due incontri tenutisi nei giorni scorsi ad Homs, con straordinaria partecipazione popolare, in cui erano presenti membri dei tutte le comunità che compongono la società siriana: alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi. In questi incontri si è già avuto un risultato straordinario e impensabile: è stata sancita da dichiarazioni comuni, abbracci e impegni solenni, la riconciliazione fra gruppi, famiglie e comunità alawite e sunnite – protagonisti principali del conflitto in corso – che si sono pubblicamente impegnate a “costruire una Siria riconciliata e pacifica”, in nome del rispetto reciproco. Mentre Homs è ancora al centro del conflitto, la società civile rispolvera termini come “dialogo e riconciliazione”, finora dimenticati, per dire “no a una guerra confessionale in Siria”, lanciando un pressante appello a tutti i leader in campo e alle parti in lotta, perchè restituiscano “pace e sicurezza al paese e alla popolazione”. La “Mussalaha” va avanti e prevede altri incontri pubblici nei prossimi giorni, con la speranza di “contagiare” ben presto tutte le città siriane. http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39288&lan=ita

Un cristiano ucciso a Qusayr, dove due preti confermano l’ultimatum ai cristiani
Il cristiano Maurice Bitar è stato ucciso a Qusayr, la cittadina nei pressi di Homs dove la popolazione cristiana presente – circa mille persone sui 10mila che vi risiedevano prima dell’inizio della violenza – è stata costretta a fuggire dopo l’ultimatum lanciato da una fazione armata, nelle forze di opposizione, guidata dal generale Abdel Salam Harba (vedi Fides 9/6/2012).
Gli abitanti cristiani di Qusayr, riferiscono fonti locali di Fides, subiscono vessazioni come il divieto di circolare per strada e l’obbligo di “cedere il passo” se incontrano un musulmano, “come ai tempi del califfato ottomano”.
L’opposizione armata, infatti, come confermano numerosi osservatori in Siria e all’estero, si sta gradualmente radicalizzando verso una ideologia sunnita estremista, di marca salafita. Sono numerose le bande e i gruppi militari che operano in modo del tutto indipendente, al di fuori del coordinamento dell’Esercito Siriano di Liberazione. L’ultimatum lanciato dalla fazione di Abdel Salam Harba, ad esempio, non è stato ratificato da altri gruppi: in un comunicato inviato a Fides, il coordinamento dello stesso Esercito Siriano di Liberazione, di stanza a Qusayr, si dice “scioccato per la notizia” e rigetta tale ultimatum, affermando di non esserne responsabile e di non condividerlo in alcun modo. Due sacerdoti cattolici fuggiti nei giorni scorsi da Qusayr, raggiunti dall’Agenzia Fides, confermano, invece, di aver sentito “con i loro orecchi” l’ultimatum, ripetuto anche dai minareti delle moschee, e di aver lasciato la città con numerose famiglie di profughi.
Secondo fonti di Fides, “la situazione nella zona è insostenibile ed esposta a totale illegalità “. I cristiani si confrontano con un dura realtà: o unirsi all’opposizione, arruolando i loro giovani, o essere vittime di vessazioni, discriminazioni, violenze. La sorte dei cristiani di Qusyar, conclude la fonte, potrebbe ben presto toccare ai 10mila fedeli che popolano altri villaggi nell’area, come Dmeineh, Rableh e Hamra.  (Agenzia Fides 12/6/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39285&lan=ita

FIDES - AGGIORNAMENTI DEL 13 GIUGNO
Ci sono circa 800 civili intrappolati nel centro storico di Homs, da mettere in salvo, mentre infuriano gli scontri fra esercito regolare e forze di opposizione asserragliate in città. Fra i civili vi sono circa 400 cristiani e circa 400 musulmani sunniti stanziati nei quartieri di Bustan Diwan e Hamidiye, che costituiscono la parte più antica di Homs. I civili rischiano di trovarsi nel bel mezzo di spari e bombardamenti, per questo, i rappresentanti della comunità cristiana e della neonata iniziativa popolare non-violenta “Mussalaha” (“Riconciliazione”) stanno operando instancabilmente da due giorni per negoziare un cessate-il-fuoco per ragioni umanitarie. Fra i mediatori vi sono due sacerdoti cristiani che, insieme ai rappresentanti Onu, hanno intessuto fitti colloqui con i leader militari dell’esercito e con i rappresentanti militari dell’opposizione. Al centro dei difficili negoziati, un duplice cessate il fuoco: quello per consentire a operatori umanitari e convogli Onu di entrare in città e soccorrere i civili e quello per permettere l’evacuazione dei civili dalla città. Sulla prima ipotesi di tregua, le forze dell’Esercito Siriano di Liberazione hanno posto un “veto”. Sulla seconda ipotesi, è l’esercito regolare siriano a frenare, temendo che fra i civili sunniti possano nascondersi ribelli e terroristi. “La situazione è in stallo ed è davvero critica per i civili, che in questo momento vengono strumentalizzati. Visti i furiosi combattimenti, si rischiano moltissimi feriti o morti fra gente innocente” nota con preoccupazione una fonte di Fides.
Intanto, secondo le informazioni giunte a Fides, i diversi Vescovi di Homs, di tutte le confessioni, esprimono sostegno all’iniziativa popolare non-violenta “Mussalaha” (“Riconciliazione”), nata dalla società civile di Homs, che ha ricevuto subito l’appoggio di comunità cristiane, sunnite, alawite, e di altre. Come appreso da Fides, hanno espresso “pieno appoggio e grandi speranze” il Vescovo siro-ortodosso di Homs, Mons. Silvanos; il Vescovo siro-cattolico Mons. Kassab; il Vescovo maronita, Mons Gihad; il Vescovo greco ortodosso Mons. Abouzakah, che sovrintende alla comunità cristiana maggioritaria a Homs. Per ora, nelle file dell’opposizione siriana l’iniziativa non ha trovato valido sostegno: secondo alcuni rappresentanti va rimandata fino al momento in cui la rivoluzione “non avrà raggiunto i suoi obiettivi principali”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39297&lan=ita

Chiesa greco cattolica profanata a Qusayr: un segnale di allarme
Una banda di miliziani radicali ha fatto irruzione questa mattina nella chiesa greco-cattolica di Sant’Elia a Qusayr, cittadina nei pressi di Homs, profanandola. I miliziani hanno forzato la porta, hanno suonato le campane in segno di scherno, hanno deriso simboli sacri della fede cristiana con il solo scopo di compiere un’azione dimostrativa e deridere la comunità cristiana. “E’ la prima volta che, nel conflitto in corso, accade un episodio del genere, in cui si colpiscono deliberatamente simboli sacri”, nota con preoccupazione una fonte locale di Fides. Alcuni testimoni oculari hanno raccontato a Fides l’irruzione nella chiesa di Qusayr dicendosi “addolorati e terrorizzati". Il gesto è stato condannato da sacerdoti e autorità cattoliche che parlano di “segnale preoccupante, che conferma il tentativo di alcune bande armate di scatenare una guerra confessionale”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39298&lan=ita

lunedì 11 giugno 2012

Cristiani siriani nella guerra fra integristi e laicisti, sunniti e sciiti

11/06/2012 AsiaNews                 di Samir Khalil Samir
Al-Qabas, quotidiano kuwaitiano in lingua araba, ha pubblicato ieri un articolo in cui si afferma che decine di kuwaitiani hanno attraversato la frontiera turco-siriana per combattere il jihad a fianco del Free Syrian Army (Fsa), l'opposizione armata, contro il regime di Bashar el Assad.
Secondo fonti vicine a questi gruppi entrati in Siria, gli uffici del Fsa accolgono jihadisti e altri militanti provenienti da Arabia saudita, Algeria e Pakistan; forniscono loro documenti d'identità siriani, nel caso in cui fossero presi dall'esercito regolare, e domandano loro di lasciare i loro veri documenti d'identità alla frontiera turca.
Il Fsa dà loro le armi, dopo aver verificato che essi hanno seguito un addestramento militare nei loro Paesi di origine. Poi, li invia nelle diverse regioni della Siria, secondo i bisogni, a combattere contro le unità dell'esercito regolare. Il Fsa ha anche rimandato indietro nei loro Paesi un certo numero di jihadisti perchè questi avevano meno di 18 anni.
Da parte sua, la Giordania ha arrestato due militanti salafiti che cercavano di entrare in Siria, anch'essi per combattere accanto agli islamisti.
Intanto, la Direzione delle Fatwa [in Kuwait], presso il ministero dei Waqfs, ha emesso una ftwa (decisione giuridica islamica) che autorizza di anticipare la zakat (l'elemosina islamica obbliogatoria) prima del termine previsto per venire in iauto ai rifugiati e ai bisognosi della Siria.

Il mio commento
Vorrei far notare alcuni importanti particolari :
  • 1. L'informazione proviene da un quotidiano indipendente del Kuwait, il cui direttore, Mohammad Jassem Al-Sager ha ricevuto il premio dell'International Press Freedom Award, per la sua lotta a favore dei diritti umani. Egli è anche stato membro dell'Assemblea nazionel del Kuwait e presidente del parlamento arabo. Egli è tutto tranne che un alleato del regime siriano.
  • 2. Nel testo arabo, il jihâd significa in modo esclusivo la lotta armata contro il regime siriano. Più volte ritorna il termine qitâl, che significa «guerra», «lotta fino alla morte» (il verbo qatala significa «uccidere»).
  • 3. I combattenti sono addestrati - nei loro Paesi o altrove - prima di essere ingaggiati nel jihâd. Fra di loro vi sono anche dei minori, la il Fsa non li accetta, mostrando un certo senso di responsabilità.
  • 4. Non mancano le armi leggere. Esse sono immagazzinate in Turchia, vicino alla frontiera siriana.
  • 5. La Turchia contribuisce alla lotta contro il regime siriano non con combattenti, ma permettendone il passaggio e l'organizzazione.
  • 6. Tutti questi costituiscono un'alleanza di militanti islamisti sunniti. Il regime siriano è retto da alawiti (una ramificazione dello sciismo): lo scontro è dunque divenuto fra sciiti e sunniti. In più, essendo quello siriano un regime laico, l'opposizione raccoglie gli anti-laici, che sono i sunniti wahabiti e salafiti.
  • 7. Questo spiega la diffidenza dei cristiani verso l'opposizione al regime. L'opposizione, che all'inizio era contro la dittatura, la tortura, l'ingiustizia e a favore dei diritti umani, poco a poco ha virato verso la tendenza radicale islamista (Fratelli musulmani e salafiti) per divenire alla fine una lotta fra due tendenze musulmane: sunniti e sciiti. Fra due mali - la dittatura laica baathista e la dittatura religiosa wahhabita) i cristiani preferiscono la prima, che essi conoscono già e con la quale cercano di convivere da tempo.
  • 8. La sola vera soluzione sarebbe la rinuncia ad ogni dittatura( laica o religiosa) e l'edificazione di uno Stato liberale e democratico. Purtroppo, nel mondo arabo, questo sogno si è realizzato in modo modesto solo in Libano, forse per la presenza sostanziosa di cristiani, più preparati a tale evoluzione.
  • 9. Allo stato attuale, non sembra che la Siria sia capace di realizzare tale progetto. D'altra parte, l'occidente, che avrebbe potuto giocare un ruolo positivo, nei conflitti precedenti (Afghanistan, Iraq, Libia) non ha dato l'esempio di imparzialità e democrazia, ma di seguire piuttosto interessi nazionali sotto la copertura della democrazia.
http://www.asianews.it/notizie-it/Cristiani-siriani-nella-guerra-fra-integristi-e-laicisti,-sunniti-e-sciiti-24992.html

venerdì 8 giugno 2012

Gregorios III : Appello alla preghiera e al digiuno per la pace in Siria

Di fronte ai massacri e ai sanguinosi eventi vissuti negli ultimi tempi in Siria, Gregorios III Laham, Patriarca greco-cattolico melchita di Damasco, ha lanciato un accorato appello a tutti i fedeli perchè vivano un periodo di preghiera, astinenza e digiuno per la pace.
La Chiesa intende accompagnare la difficile situazione nel paese, perché “il Dio possa ristabilire la pace, l’amore fraterno e la solidarietà reciproca in Siria, in tutte le sue regioni e tra tutti i suoi cittadini”, recita il messaggio, inviato all’Agenzia Fides.
Nel messaggio, il Patriarca afferma: “Nella tradizione orientale della Chiesa, dopo la Pentecoste, nel mese di giugno si osserva il ‘digiuno dei Dodici Apostoli’, tra i quali Pietro e Paolo, che la Chiesa in Oriente e Occidente commemora il 29 giugno. Questo digiuno comincia quest'anno il 4 giugno e termina il 28 giugno. Ora, dopo l'escalation di violenza, in particolare la diffusa serie di omicidi e rapimenti a scopo di estorsione che ha colpito un gran numero di membri della Chiesa greco-melchita cattolica e gli altri, specialmente in Homs, chiediamo a tutti i figli della nostra Eparchia patriarcale di Damasco di digiunare e offrire speciali preghiere ogni giorno, a casa e in chiesa”.
Il Patriarca spiega: “Questa è la nostra risposta agli eventi dolorosi che hanno causato il pianto e la sofferenza, diffondendo immagini terrificanti e provocando odio e vendetta”. La speciale iniziativa, informa il Patriarca, è rivolta a tutti, clero, religiosi, fedeli laici, famiglie, che potranno rivolgere a Dio speciali intenzioni di preghiera: “per tutti i cristiani, che siano confermata nella vera fede vera e possano essere uniti nella Chiesa; per i leader e i membri del Parlamento, che possano essere illuminati e seguire vie di comprensione, compassione e cooperazione; per tutti gli abitanti della Siria, che i loro cuori possono essere confermati nella comprensione e nella pace. (Agenzia Fides )

http://pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Call-to-Prayer-and-Fasting-for-Peace-in-Syria

Ultimatum ai cristiani: “Via da Qusayr”
(Agenzia Fides) – Esodo dei cristiani nell'Ovest della Siria: la popolazione cristiana che era rimasta nella cittadina di Qusayr, nei pressi di Homs, è fuggita in seguito a un ultimatum lanciato dal capo militare dell’opposizione armata, Abdel Salam Harba. E’ quanto riferiscono fonti locali di Fides segnalando che, in seguito allo scoppiare del conflitto, dei diecimila fedeli che abitavano la cittadina, ne erano rimasti solo mille, che ora sono stati costretti a fuggire in fretta a furia. Alcune moschee della città hanno rilanciato il messaggio, annunciando dai minareti: “I cristiani devono lasciare Qusayr entro sei giorni, che scadono questo venerdì”.
Fonti di Fides ribadiscono che gruppi di estremisti islamici salafiti, che sono nelle file dell’opposizione armata, considerano i cristiani “infedeli”, ne confiscano i beni, compiono esecuzioni sommarie e sono pronti ad avviare una “guerra confessionale”. (PA) (Agenzia Fides 9/6/2012)

INFORMAZIONI DA ASIANEWS

 09/06/2012 12:37 Osservatori Onu sulla scena del massacro di Qubair. Nessuna certezza sugli autori.
Case distrutte, puzza di carne bruciata, brandelli di cadaveri, ma pochi corpi. Gli osservatori necessitano maggiori verifiche perché la situazione "non è chiara". Arabia saudita e Qatar continuano ad armare gli insorti, i fondamentalisti di al Qaeda e i salafiti. Attentati con autobomba a Damasco. Suggerimenti alla Turchia di guidare una forza di intervento Nato. Kofi Annan: si prepara una guerra civile in larga scala.

Diversi osservatori - fra i quali Chandra Muzaffar, presidente dell' International Movement for a Just World , dubitano dell'attribuzione ad Assad dei massacri: il piano di pace di Annan è per ora l'unica possibilità per lui di mantenere il potere. Molte parti della comunità internazionale spingono invece per la sua cacciata. Arabia saudita e Qatar - e secondo illazioni del Washington Post, anche gli Stati Uniti - stanno armando l'opposizione in modo pesante. Ad essa si sono uniti anche gruppi fondamentalisti legati ad al Qaeda e salafiti.
Ieri sono avvenuti almeno tre attentati con autobomba a Idlib, a Rif Dimashq e a Qudssaya, vicino a Damasco, uccidendo poliziotti, personale di sicurezza e civili.
Stati Uniti e Gran Bretagna premono su Cina e Russia, alleati della Siria, per far cadere Assad. Lord Owen, ex ministro degli esteri britannico, consiglia alla Turchia di guidare una forza di intervento Nato per cancellare la "devastante impotenza" della comunità internazionale. Kofi Annan ha dichiarato che la Siria sta raggiungendo un "punto di rottura. Il pericolo di una guerra civile in larga scala è imminente e reale, con conseguenze catastrofiche per la Siria e la regione".
http://www.asianews.it/notizie-it/Osservatori-Onu-sulla-scena-del-massacro-di-Qubair.-Nessuna-certezza-sugli-autori-24986.html

» 08/06/2012 Fonti di AsiaNews in Siria, anonime per motivi di sicurezza, spiegano che l'Onu si affanna a cercare una soluzione, ma nessuno ha compreso ciò che sta accadendo. Tutti gli stranieri non musulmani che giungono nel Paese - diplomatici, funzionari, giornalisti - sono in balia delle varie fazioni in lotta. Gli stessi osservatori Onu hanno enormi difficoltà ad agire sul territorio e ciò impedisce una visione chiara della situazione e le future strategie per una rapida conclusione del conflitto. Ieri, alcuni miliziani, di cui non è ancora nota l'identità, hanno sparato contro la delegazione delle Nazioni Unite incaricata di far luce sul massacro di al-Qubair costato la vita a 78 persone. In queste ore un gruppo di osservatori ha raggiunto la zona della strage, ma sembrerebbero sotto il tiro dei cecchini di entrambe le parti.

"La battaglia per la democrazia iniziata nel 2011 - affermano - è in realtà una lotta fra fazioni. Ciò è tipico del mondo islamico che confonde libertà con anarchia, rappresentanza parlamentare con supremazia del più forte. Le forze in campo si scontreranno finché una non prevaricherà sull'altra. La spirale di violenza proseguirà con o senza Assad, a farne le spese saranno tutti i siriani, che sono già vittime di sanzioni, rapimenti, omicidi, violenze delle milizie islamiche straniere che si stanno allargando anche a zone a tutt'oggi fuori dal conflitto, come ad esempio Aleppo ". L'unica soluzione alla guerra totale è la via diplomatica portata avanti attraverso il dialogo, anche duro, con il regime, che nonostante le violenze compiute è l'unico interlocutore in grado di controllare i suoi esponenti. L'opposizione del Consiglio nazionale siriano (Cns) appare come un insieme indistinto di correnti. Essi non hanno nessuna influenza sugli estremisti islamici che grazie alle armi fornite dai Paesi arabi continueranno a combattere prima contro Assad e gli alawiti e in seguito contro tutte le minoranze religiose presenti in Siria, soprattutto i cristiani. (S.C.)
http://www.asianews.it/notizie-it/Siria,-Kofi-Annan:-il-piano-di-pace-ha-bisogno-dell'intervento-del-Consiglio-di-sicurezza-24981.html

» 07/06/2012
Vicario apostolico di Aleppo: no alla morte dei bambini sfruttata per fini politici e strategici
Mons. Giuseppe Nazzaro condanna il massacro di Qubair e Mazzarzaf (Hama) costato la vita a 78 persone, fra cui donne e bambini. L'Onu ha il dovere morale di verificare il contesto, individuare gli autori e le ragioni della strage. Sanzioni economiche e guerriglieri estremisti islamici iniziano a fare più morti che i soldati del regime.
Mons. Nazzaro spiega che è in atto una vera campagna per distruggere la Siria: "L'accanimento contro il regime di Bashar al-Assad fomenta la spirale di violenza e impedisce alla popolazione e al governo la possibilità di un'apertura graduale alla democrazia e alle riforme. Come accaduto in Iraq e in Libia, i diritti umani vengono sfruttati per fini economici e di potere, non sempre per il bene della popolazione. Coloro che desiderano distruggere Assad - Qatar e Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo - governano i propri Paesi con pugno di ferro senza alcun rispetto per i diritti umani e libertà religiosa. Perché a tutt'oggi nessuno ha mai condannato le violenze contro gli sciiti in Bahrain o gli arresti e le condanne inflitte ai migranti di fede cristiana in Arabia Saudita e Kuwait?".
http://www.asianews.it/notizie-it/Vicario-apostolico-di-Aleppo:-no-alla-morte-dei-bambini-sfruttata-per-fini-politici-e-strategici-24967.html

Una testimonianza giunta ad AsiaNews afferma: "Ciò che era un movimento interno al Paese (rivendicazioni e proteste legittime per una maggiore libertà e democrazia), si è trasformato in uno scacchiere internazionale, dove si gioca a più mani un gioco sporchissimo, che nulla ha a che vedere con il bene della Siria e dei siriani, e che a questo punto rischia non solo di metter in ginocchio il Paese e il suo governo, ma anche di vanificare le aspirazioni pacifiche dei veri dimostranti, in una logica di violenza, intolleranza e guerra civile che passa sopra la testa ( e attraverso il sangue versato) di tutti. Troppi interessi in gioco, troppa informazione unilaterale che circola in Occidente. Si aggiunge ora il terrorismo fondamentalista, con le esplosioni devastanti che conoscete, e che si preannuncia lungo a sconfiggere, dato l'appoggio logistico ed ideologico che riceve da Arabia Saudita, Qatar, e non solo".
http://www.asianews.it/notizie-it/Accuse-reciproche-fra-Damasco-e-i-ribelli-sul-nuovo-massacro-di-Qubair-24961.html

mercoledì 6 giugno 2012

“La graduale trasformazione dell'opposizione siriana in un movimento diretto da musulmani estremisti, ispirato, alleato e coordinato con al-Qaeda non serve gli interessi dell'opposizione stessa in quanto la maggioranza dei siriani non si identifica con quei radicali”.

EDITORIALE ANALISI DIFESA
di Gianandrea Gaiani 


STRAGE DI HOULA: CASUS BELLI PER LA GUERRA ALLA SIRIA?

Tre stragi di civili a Homs, Hama e a Houla dove sono stati massacrate 108 persone, per metà bambini. Una strage subito attribuita dai media internazionali (in testa le immancabili al-Jazira e al-Arabya, organi di propaganda e disinformazione di Qatar e Arabia Saudita) ) e dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu alle forze governative siriane. Tutto è possibile in una guerra civile sempre più cruenta nella quale però le nefandezze abbondano tra i governativi come tra i ribelli. Inutile sottolineare che Bashar Assad dovrebbe essere impazzito per ordinare ai suoi di massacrare centinaia di innocenti a due passi dagli osservatori dell’Onu e sotto i riflettori dei media internazionali. I rapporti degli osservatori col basco blu guidati dal generale norvegese Robert Mood riferirono subito di persone colpite dalle schegge di granata, altre uccise con colpi a bruciapelo o a coltellate. Più tardi però, dopo il montare delle accuse a Damasco, hanno corretto il tiro riferendo di almeno una parte delle vittime colpite dai cannoni dei carri armati governativi. Damasco nega ogni responsabilità per una strage compiuta in una zona abitata da sunniti ma circondata da villaggi alauiti che sostengono il governo. Ce n’è abbastanza per sospettare della strage l’esercito e le milizie filo-Assad ma anche le molte anime della rivolta e i combattenti di al-Qaeda sempre più attivi in Siria provenienti dal vicino Iraq e che hanno già compiuto attentati e massacri. La dinamica della strage di Houla assomiglia infatti alle “spedizioni punitive” compiute dalle milizie di “al-Qaeda in Mesopotamia” contro villaggi sunniti iracheni che sostenevano collaboravano con le truppe statunitensi e con il governo di Baghdad. Quando al-Qaeda effettuò i primi attentati in Siria, contro sedi dei servizi segreti ad Aleppo e Damasco i ribelli ne attribuirono la responsabilità al regime di Assad, versione che ebbe ampia eco sui media (al-Jazira in testa, ancora una volta) finché lo stesso Dipartimento di Stato di Washington ammise che i terroristi di al-Qaeda erano entrati in forze in Siria per combattere il regime divenendo di fatto “alleati” ingombranti e imbarazzanti non solo dei ribelli ma anche dell’Occidente. La strage di Houla rischia di diventare quindi il “casus belli” per l’intervento militare internazionale da tempo chiesto da Turchia, Lega Araba e soprattutto dal Qatar e dai sauditi, sostenuti dagli anglo-americani e dai francesi. Anche se la Nato ha finora negato i preparativi di azioni belliche contro Damasco negli ultimi mesi sono emerse molte indiscrezioni che indicano il contrario incluse voci di pre-allerta di alcuni reparti alleati pronti a venire rischierati in Giordania, Libano o nelle basi britanniche a Cipro. Allo stesso modo negli ambienti diplomatici da tempo si sussurra che il Piano Annan è destinato a non riuscire a risolvere la crisi siriana ma può creare il contesto per un’azione internazionale che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu sembra pronto a varare. Indiscrezioni che trovano conferme anche in quanto rivelato dal Washington Post che ha sentito ribelli siriani e di funzionari statunitensi secondo i quali nelle ultime settimane gli insorti hanno ricevuto molte armi moderne fornite da Qatar e Arabia Saudita nell’ambito di un piano coordinato dagli Stati Uniti. Traffici gestiti da alcune basi alla frontiera con la Turchia (Idlib) e col Libano (Zabadani) senza dimenticare che in Giordania /dove l’Italia sta inviando un ospedale da campo) si è tenuta recentemente l’esercitazione internazionale Eager Lion che ha visto la presenza di 12 mila militari americani e alleati (anche qualche decina di specialisti italiani del 185° reggimento acquisizione obiettivi) che hanno simulato operazioni simili a quelle richieste da un intervento militare in Siria. Anche i Fratelli Musulmani siriani, come ha confermato il membro del comitato esecutivo della Fratellanza Mulham al-Drobi, si riforniscono di armi grazie ai fondi messi a disposizione da ricchi siriani o dai Paesi del Golfo. Sul regime di Assad sembrano sempre meno disposti a investire anche gli “sponsor” russi e cinesi se è vero, come racconta Haaretz che le forniture di armi e munizioni (anche nordcoreane) che arrivano via mare a Tartus e Latakia non godono più dei crediti agevolati di un tempo ma vengono pagate in anticipo da un fondo costituito dai petrodollari di Teheran, ormai l’unico vero alleato di Damasco. Ufficialmente Barack Obama ha chiesto la collaborazione di Mosca per gestire una “soluzione yemenita” con l’esilio di Assad e l’avvio di una transizione politica ma nei fatti Washington sembra puntare più a una “soluzione libica” e la strage di Houla potrebbe creare il contesto mediatico e sociale favorevole ad approvare un intervento bellico internazionale. Il Consiglio nazionale siriano (Cns), organo dei ribelli, chiede armi per difendere la popolazione e iniziative militari potrebbero venire presto varate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il presidente francese Francois Hollande pare deciso a emulare in Siria le gesta di Sarkozy in Libia e dopo aver sentito il premier britannico David Cameron ha dichiarato che “la follia omicida del regime rappresenta una minaccia per la sicurezza dell'area”. Il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi non esclude nessuna opzione contro il regime di Assad e il leader dei liberaldemocratici europei Guy Verhofstadt ha chiesto esplicitamente un intervento militare internazionale. Sono bastati poco più di un centinaio di morti, per metà bambini, per ventilare senza timidezze un intervento finora ufficialmente escluso dall’Alleanza Atlantica.
Eppure le truppe di Assad sono impegnate in veri e propri combattimenti contro ribelli appartenenti a gruppi diversi e spesso rivali ma che possono contare su armi sempre più moderne e che non si tratti di una guerra tra militari e civili indifesi lo si evince anche dal bilancio delle vittime redatto dall’Osservatorio dei diritti umani, emanazione dei rivoltosi, che ammette che su 13 mila morti oltre 3 mila erano militari di Assad e che molti dei più di 9 mila civili uccisi erano ribelli. Del resto non sarebbe la prima volta che eccidi e massacri, veri o “costruiti” ad arte, aprono la strada all’internazionalizzazione di un conflitto interno. Nel 1995 alla strage di Srebrenica seguì l’intervento dell’Alleanza Atlantica in Bosnia, nel 1999 le fosse comuni di Racak diedero il via all’intervento della Nato in Kosovo nonostante un team medico bielorusso avesse accertato che si trattava di cadaveri raccolti da più parti ai quali era stato sparato alla nuca post mortem. L’anno scorso l’intervento alleato in Libia è stato favorito dalle notizie, rivelatesi poi infondate, di fosse comuni, massacri di bambini e stupri di massa compiuti dai soldati di Gheddafi. Il parallelo con la Libia non è azzardato non solo considerando la mole di disinformazione diffusa mediaticamente in questi mesi dai ribelli siriani ma anche analizzando le ultime dichiarazioni politiche nelle quali la nota di linguaggio sembra essere “proteggere i civili”. La stessa motivazione che animò l’intervento della Nato in Libia battezzato Operazione “Unified Protector”. In quel caso vennero protetti a suon di bombe e missili anche i molti civili che sostenevano il regime di Gheddafi e anche in Siria pare che buona parte dei civili stia con Assad o quanto meno non abbia intenzione di lasciare il proprio Paese in mano a milizie armate, bande irregolari e jihadisti.
Difficile dargli torto guardando all’attuale situazione libica e alle leadership occidentali impegnate ai consegnare Damasco agli islamisti.
“Come già in Egitto, in Siria i Fratelli musulmani sono riusciti ad appropriarsi della rivolta, fino a costituirne ora la spina dorsale”: questa la valutazione espressa dall’esperto israeliano, Jacques Neriah, in una analisi pubblicata dal Jerusalem Center for Public Affairs (Jcpa). “Negli ultimi mesi - nota Neriah (in passato consigliere del premier Yitzhak Rabin) - sono scesi in campo i Salafiti e altre piccole organizzazioni islamiche ''in una sollevazione orchestrata ed alimentata da al-Qaeda”. Il principale gruppo di opposizione, guidato dal leader in esilio, Burhan Ghalioun, sembra entrato in “un processo di disintegrazione”. Ghalioun - secondo Neriah - non è riuscito ad imporre la propria autorità sull'Esercito della libera Siria (Fsa). Il carattere radicalmente islamico della insurrezione è nel frattempo divenuto più marcato, grazie anche - secondo Neriah - all'intervento di combattenti islamici accorsi da Afghanistan, Pakistan, Iraq, Libia, Tunisia e anche da Paesi europei.
“La graduale trasformazione dell'opposizione siriana in un movimento diretto da musulmani estremisti, ispirato, alleato e coordinato con al-Qaeda non serve gli interessi dell'opposizione stessa in quanto - secondo Neriah - la maggioranza dei siriani non si identificano con quei radicali”.

http://cca.analisidifesa.it/it/magazine_8034243544/numero129/article_456471347486735456425416671454_7505023515_0.jsp